giovedì 12 giugno 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXXII

1968 

I tempi del Maggio

27 giugno - Il "Literàrny Listy" (Cecoslovacchia) pubblica un appello «a operai, contadini, impiegati, artisti, scienziati, tecnici e a tutti», nota come la lettera delle «Duemila parole», redatta dallo scrittore Ludvik Vacua «su suggerimento di uomini di scienza». Essa riflette le speranze suscitate dalla rigogliosa ma prematura «primavera di Praga» iniziatasi il 5 gennaio 1968 quando fu destituito Antonin Novotny, vecchio stalinista, dalla carica di segretario del partito comunista cecoslovacco e al suo posto venne eletto Aleksandr Dubcek. Benché dichiari: «Non vogliamo certo determinare l'anarchia o uno stato di generale insicurezza», la lettera propone tutti gli istituti della democrazia di base: elezioni di comitati locali, libertà per tutte le forze politiche attive, comitati per la difesa della libertà di parola. La «primavera» sarà spenta il 21agosto dalle truppe del Patto di Varsavia. Repressioni di studenti avvengono in Polonia e Germania. 

31agosto -3 settembre - A Carrara, congresso internazionale delle Federazioni anarchiche. Sono presenti delegati francesi, spagnoli, svizzeri, tedeschi, giapponesi, messicani, bulgari e cubani in esilio; tra gli italiani, presenti i vecchi militanti Umberto Marzocchi, Mario Mantovani e Alfonso Failla. Il congresso è caratterizzato da una sorta di spaccatura tra «giovani» e «anziani». Numerosi contrasti suscita l'intervento polemico del «giovane» Daniel Cohn-Bendit che parla della recente esperienza del movimento studentesco francese e del Maggio, sostenuto dagli studenti italiani che analogamente a quanto successo in Francia si stanno organizzando e hanno già dato vita a forti contestazioni nelle Università. I più tradizionalisti tra gli «anziani» rimproverano al leader francese di essersi presentato come erede di Bakunin ma di avere tradito l'eredità anarchica, tra l'altro per aver accettato suggestioni situazionistiche e marxiste e per avere dichiarato nel momento culminante della lotta a Parigi: «Vogliamo la libertà di espressione all'interno dell'Università, ma la neghiamo ai filo-americani ». Lo stesso Cohn-Bendit riconosce l'intreccio delle sue esperienze formative: «Teniamo ad affermare che la  nostra  "audacia" e "realismo"  avevano tra l'altro a fondamento le tesi espresse sulla rivista "Socialisme ou Barbarie"  da Claude Lefort, da Pierre  Chaulieu e da Daniel  Mothé... Cohn-Bendit non è che lo pseudonimo collettivo di riviste estremiste come  questa...» (Introduzione a L'estremismo, rimedio alla malattia senile del comunismo, scritto dai Cohn- Bendit e pubblicato ad Amburgo nel  '68). 


I MIGHT BE LYING - Eddie and the Hot Rods

E così tu sei contenta della tua nuova posizione, 

vai dicendo ch'era proprio ciò che desideravi. 

Ti sei data uno stile di vita tutto nuovo: 

beh! cerca di restare soddisfatta 

almeno per un po'... 

Deve farti molto ridere 

vedermi in piedi colle mie scarpe di plastica, 

col mio viso contro il vetro della tua finestra: 

la mia fiducia in te scivola giù nella fogna... 

Mi chiedo perché tu abbia cambiato il tuo nome, 

credo che in realtà sei sempre la stessa. 

Quando t'incontro di tanto in tanto, 

quando ti dico che sto benissimo, 

sai, forse sto mentendo... 

Ti vedo aspettare tranquilla nella Hall, 

il tuo nuovo, dolce «Zietto» ti sta chiamando: 

ti  vuole far fare un giretto sulla spiaggia, 

e ti compra tutto quello che vuoi; 

aria condizionata, appartamento con veranda, 

telefoni di diamante e un cappellino alla moda... 

Ora possiedi quello che volevi a tutti i costi: 

foto di copertina sulle riviste femminili... 

Ti vedo mentre guidi la tua limousine 

coi vetri tinti di porpora, 

bene, tu forse non ricordi 

tutti i  tuoi amici di un tempo. 

Credo che è difficile per te renderti conto 

del fatto che non ci sarà mai un «Bentornata!» 

E allora tu continua a prendertela comoda 

mentre io continuerò con le mie sciocchezze... 

Mi chiedo perché tu abbia cambiato il tuo nome, 

credo che in realtà sei sempre la stessa. 

Quando t'incontro di tanto in tanto, 

quando ti dico che sto benissimo, 

sai, forse sto mentendo... 


La vita in società

La vita in società, permette agli animali più deboli, ai più deboli fra gli uccelli e i mammiferi, di resistere e di difendersi contro gli uccelli e gli animali da preda più terribili; rende possibile la longevità; consente alla specie di allevare i piccoli con il minor spreco di energie possibili e di mantenere più o meno costante il numero dei suoi membri nonostante un bassissimo tasso di natalità. Quindi, pur ammettendo che forza, rapidità, colori protettivi, astuzia e capacità di resistenza alla fame e al freddo, cioè le qualità indicate da Darwin e Wallace, sono altrettanti elementi a vantaggio dell'individuo o della specie in date circostanze, sosteniamo che in qualsiasi circostanza la socialità è il più grande vantaggio nella lotta per l'esistenza. Quelle specie che consapevolmente vi rinunciano sono destinate all'estinzione, mentre gli animali che meglio degli altri sanno vivere in società sono quelli che hanno maggior possibilità di sopravvivere e di evolversi, anche se sono inferiori agli altri in tutte le facoltà enumerate da Darwin e da Wallace, eccezion fatta per la facoltà intellettuale. 

giovedì 5 giugno 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXXI

1968 

I tempi del Maggio


28 maggio - Anche Mitterrand chiede al partito comunista d'intervenire. Il P.C. tramite la CGT annuncia una grande manifestazione per il 29. 

29 maggio - Riconciliazione Mendès-France-Mitterrand, che affretta la rottura tra Mendès-France e l'ala avanzata del movimento, del quale il PSU sempre più decisamente accetta e fa sue le tesi. Mercoledì 29 maggio è il giorno decisivo. E  arrivato il giorno in cui il  movimento è cosi esteso e in cui il governo è talmente paralizzato che il crollo del regime sembra soltanto questione di ore. La contestazione è dilagata in tutta la Francia. Il governo deve fare stampare in Belgio i suoi atti pubblici, perché in Francia non c'è più nessuno disposto a dargli credito. Mentre tre imponenti cortei stanno per attraversare Parigi chiedendo la testa di De Gaulle, il vecchio generale annulla la riunione del consiglio dei ministri che doveva svolgersi nella mattinata e parte all'improvviso per «destinazione ignota». In realtà lascia capire che va a Baden-Baden per parlare con i capi militari cui promette il perdono per i generali fascisti dell'OAS se gli daranno una mano. Con questa mossa De Gaulle intimidisce i comunisti, che fino al 27 godevano della sua fiducia. Tra il 27 e il 29 un vento di panico soffia negli ambienti governativi; ma De Gaulle con la sua mossa riprende l'iniziativa. Fa sapere ai capi della sinistra che attorno a Parigi si stanno ammassando truppe. Ma il P.C. ha già deciso: bisogna mettere la museruola alla rivoluzione. Tutta la crisi, che per i capi comunisti non ha sbocchi rivoluzionari o alternativi, deve risolversi con tangibili  aumenti salariali, in modo da poter annunciare una «grande vittoria operaia» e raccogliere una valanga di voti alle elezioni fissate per il giugno successivo. Cosi, le folle controllate dalla CGT  e dal P.C. gridano, dalle 3 alle 8 del pomeriggio, «Dimissioni di De Gaulle» e «governo popolare ». Sono presenti alcune migliaia di studenti, ma la maggior parte dei manifestanti di Charlety è assente. La giornata termina senza incidenti. L'UNEF, invitata dalla CGT alla manifestazione, aveva declinato l'invito, forse  per evitare tensioni e perdere il controllo delle masse studentesche, con la motivazione  ufficiale che la CGT non aveva ancora preso posizione contro l'espulsione di Daniel Cohn-Bendit (figlio di comunisti tedeschi) dalla Francia. Per solidarietà con L'UNEF anche  la CFDT (sindacati cristiani di sinistra) e la Federazione dell'istruzione nazionale non partecipano alla manifestazione che viene abbandonata cosi agli slogan del servizio d'ordine del partito comunista. Quest'ultimo e la CGT sono ora gli arbitri della situazione. Essi non hanno nessuna intenzione di spingere le masse contro l'Eliseo. La manifestazione è possente quanto al numero, pacifica quanto al comportamento, e inutile quanto ai risultati. Anche i militanti di base se ne rendono conto. Si comincia a dire: «Avevamo il potere a portata di mano e non l'abbiamo preso». In realtà la situazione non è cosi semplice. Al P.C. e alla CGT interessa soprattutto strappare miglioramenti salariali e normativi per parlare poi di «grande vittoria sindacale». E quanto accade. Le elezioni del 23 e 30 giugno successivi sanciranno la vittoria del gioco gollista, e premieranno in via subordinata e  adeguata la limitatezza dei calcoli comunisti. L'aumento dei prezzi eliminerà poi il beneficio dei miglioramenti salariali. 



IL SERPENTE E L’ARCOBALENO – Wes Craven

Dennis Allan è un giovane ricercatore scientifico americano: durante un viaggio in Amazzonia, assume da uno sciamano una droga che gli provoca terribili visioni e presagi di morte. Rientrato in patria, viene subito ingaggiato da un’azienda farmaceutica per una difficile missione: recarsi ad Haiti e scoprire la formula della cosiddetta “droga degli zombi”, una sostanza che gli scienziati sperano di poter utilizzare come anestesia. La società che finanzia la spedizione fornisce ad Allan la fotografia di un uomo morto anni prima ma visto di recente in un ospedale haitiano: tale foto è ritenuta una possibile prova dell’esistenza dei morti viventi, ed è proprio da questa persona che lo scienziato deve iniziare le proprie indagini, per scoprire il collegamento fra la droga e gli zombi. Ad Haiti incontra però un clima ostile, sia per la reticenza dei nativi riguardo la loro cultura, sia per la temutissima polizia militare del dittatore Duvalier, comandata dal crudele capitano Peytraud. La ricerca di Allan inizia dalla dottoressa Marielle Duchamp, direttrice della clinica dove è stato avvistato Cristophe, il presunto morto vivente della fotografia: la donna è legata alle superstizioni popolari e al culto del Voodoo, ma la sua mentalità aperta la induce ad aiutare lo scienziato. Scoprono così che Cristophe è stato trasformato in zombi dallo stregone Peytraud, attraverso la famigerata sostanza e un rito magico che gli consente di imprigionare la sua anima: così vengono eliminati coloro che osano opporsi alla dittatura. Oltre alla dottoressa, solo due bizzarri individui – Celine e Mozart – aiutano Dennis, che riesce a trovare la sostanza e la relativa formula ma viene catturato dalla polizia e rispedito negli Stati Uniti: la magia Voodoo lo raggiunge anche qui, e decide quindi di tornare ad Haiti per aiutare Marielle ed eliminare Peytraud. 
La storia è ambientata nel 1985 spiega la didascalia (escluso il prologo, che si svolge nel 1978): dunque il dittatore Duvalier a cui si fa riferimento è Jean-Claude Duvalier, figlio del famigerato “Papa Doc” François, che prese il potere alla morte del padre (1971) fino alla rivolta del 1986 che lo costrinse a lasciare il Paese – evento storico di cui troviamo traccia verso la fine del film. Duvalier instaurò un regime di terrore ricorrendo come il padre ai temutissimi “Tonton Macoutes”, la polizia militare i cui membri avevano la doppia valenza di poliziotti e stregoni, e di cui il personaggio di Peytraud è una perfetta espressione. Naturalmente Craven non ha la pretesa di mettere in scena una rigorosa descrizione storica, ma al contempo la situazione politica di Haiti si innalza al di sopra del semplice sfondo per diventare una componente fondamentale del film: il culto Voodoo e il terrore militare vanno di pari passo, e le camere di prigionia e tortura in cui riecheggiano le urla dei detenuti sono altrettanto inquietanti della dimensione magica, mettendo davanti agli occhi dello spettatore immagini molto crude. In una terra che è «all’80% cattolica e al 110% voodoo” e in cui anche le divinità delle due religioni coincidono e si confondono, il regista americano documenta la brutalità di un regime che proprio sulle credenze e i rituali religiosi fondava gran parte del suo potere e gli orrori di una polizia segreta che condanna alla «zombificazione» i dissidenti e gli oppositori. “The Serpent and the Rainbow” è liberamente tratto dal romanzo d’inchiesta omonimo scritto da Wade Davis, e Wes Craven immerge la sua Haiti in una penombra limacciosa color fango e tabacco e né legge gli ultimi giorni di Duvalier con una frenesia stilistica che ricorda da vicino il ritmo ossessivo di certi canti voodoo. Tamburi nella notte. Tam tam frenetici e monotoni. Fuochi e cimiteri. E poi allucinazioni, maledizioni, mutilazioni, torture. Più che un semplice ‘autore del terrore’, per quanto sovversivo e geniale, il Wes Craven del tempo sembrava infatti un etnologo partito alla caccia di incubi politici con cui provare a rovesciare alcuni luoghi comuni dell’immaginano vigente. Con la voglia di dimostrare che era il cinema della paura quello più capace di toccare le con tradizioni epocali del tempo e di assestare alcuni riuscitissimi manrovesci all’ottusità di quelli che avrebbero voluto illudere la gente di vivere nel migliore dei mondi possibili.



La necessità di una rivoluzione immensa

Si avverte la necessità di una rivoluzione immensa, implacabile, che venga non solo a sconvolgere il regime economico basato freddamente sullo sfruttamento, sulla speculazione e sulla frode, venga non solo a rovesciare la gerarchia politica basata sul dominio dei pochi, esercitato attraverso l'astuzia, l'intrigo e la menzogna, ma venga anche a smuovere la società nella sua vita intellettuale e morale, scuotere il torpore, rivoluzionare il costume, portare, fra le vili e meschine passioni del momento, il soffio vivificante delle nobili passioni, dei grandi slanci, delle generose dedizioni.



giovedì 29 maggio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXX

1968 

I tempi del Maggio

27 maggio - E PSU esperisce l'ultimo tentativo per conciliare vecchie e nuove scelte, il contropiano e i soviet, Mendès-France e Cohn-Bendit. I comitati popolari devono essere messi in grado di «rimettere in moto l'economia e la vita pubblica sostituendosi alle istituzioni ufficiali paralizzate e malsicure». I comunisti non apprezzano la formula del governo di transizione e sono ostili a Mendès-France presidente di una sinistra unita. De Gaulle punta su di loro per uscire dalla crisi. Ma egli teme che la loro moderazione possa saltare e che anche loro si spostino a sinistra, come i socialisti. Per questo dà ordine a Pompidou riunito in rue Grenelle con la CGT di fare concessioni paragonabili per importanza agli accordi Matignon del 1936. E quello che ci vuole per imbrigliare i comunisti: fare concessioni di carattere sindacale, in modo che i sindacalisti riformisti siano i primi a ricondurre gli operai in fabbrica senza perdere la fabbrica. Per questo le trattative iniziate il 25 in rue de Grenelle si concludono dopo 48 ore con un protocollo che comporta l'aumento garantito del 35 % di salario minimo inter-professionale, un aumento di tutti i salari del 7 % al primo giugno e del 10% al primo ottobre, il ricupero delle giornate di sciopero col versamento immediato di un anticipo del 50%, la promessa da parte del governo di riprendere appena possibile la discussione sulla previdenza sociale e di depositare un progetto di legge contenente una regolamentazione del diritto sindacale. Il protocollo è approvato la mattina del  27 alle 7,15. De Gaulle e il governo sono convinti che ora i delegati della CGT, che in pratica hanno condotto le discussioni, convinceranno gli scioperanti ad accettare il progetto di accordo. Grande è la loro sorpresa e l'irritazione quando, nel primo pomeriggio, apprendono che gli operai della Renault, della Citroen, della Sud Aviation, della Berliet, della Rhodiaceta, della SNECMA, e poco dopo quelli di tutte le fabbriche occupate, rifiutano  di riprendere il lavoro. Dunque i dirigenti comunisti della CGT hanno perso il controllo del movimento. Il 27 sera i foschi interrogativi che agitano la mente di De Gaulle e Pompidou sono aggravati dalla riuscita della manifestazione indetta allo stadio Charlety dall'UNEF. 50-60 mila persone partecipano alla manifestazione: studenti e insegnanti in maggioranza, ma anche una massa di circa 20 000 operai. La CGT viene criticata duramente. André Barjonet, che ha lasciato la CGT, dichiara allo Charlety: «La situazione in cui ci troviamo è veramente rivoluzionaria; oggi tutto è possibile». E presente, accanto agli oratori rivoluzionari, anche Mendès-France. Il partito comunista capisce che deve agire subito. 


I Situazionisti e l’alcool

Che l’alcol abbia avuto una qualche importanza per i situazionisti è fuori di dubbio; la loro predilezione per questa sostanza psicoattiva – e non altre – è fuori discussione. Delle foto giovanili di Debord e compagnia una buona parte lo ritraggono con il bicchiere in mano; le derive psicogeografiche erano abbondantemente veicolate dagli alcolici e contemplavano frequenti e ripetute visite di caffè e bistrò; Debord ha bevuto abbondantemente per tutta la vita.

Ben pochi, però, per non dire nessuno, ha mai analizzato le idee situazioniste guardandole attraverso il fondo di un bicchiere. Anche Debord lo notava lamentandosi per un unico caso in cui veniva tacciato di essere un ubriacone da un gruppo di “giovani drogati”: «D’altra parte sono un po’ sorpreso, io che ho dovuto leggere così spesso, al mio riguardo, le più stravaganti calunnie o critiche molto ingiuste, di costatare che circa trent’anni, e più, sono passati senza che mai un malcontento abbia denunciato la mia ubriachezza come un argomento, almeno implicito, contro le mie idee scandalose; con un’unica eccezione, peraltro tardiva, di uno scritto di alcuni giovani drogati in Inghilterra, che intorno al 1980 diceva che oramai ero abbruttito dall’alcol, e che pertanto avevo smesso di nuocere». 

Una sorpresa , quella di Debord, probabilmente dovuta alla lontananza e l’incomprensione dei ”giovani drogati” per qualità della sua ubriachezza: «Dapprima ho amato, come tutti, l’effetto di leggera ebbrezza, poi ben presto ho amato quel che è aldilà dell’ebbrezza violenta, quando si è superato questo stadio: una pace magnifica e terribile, il vero sapore del passaggio del tempo» e della sua valenza creativa: «Si capisce che (il bere) mi ha lasciato ben poco tempo per scrivere, ed è proprio quel che conviene: la scrittura deve restare rara, prima di trovare l’eccellenza bisogna aver bevuto a lungo». Quanto a lungo, per andare “al di la dell’ebrezza violenta… per gustare il vero sapore del passaggio del tempo”? Può darci qualche indicazione un annotazione dello stesso Guy Debord, sul retro di una busta, in cui ha scrupolosamente annotato tutto quanto ha bevuto il 9 maggio 1962 tra le 14 h e le 6 h dell’indomani mattina. Miscuglio permanente di vino (rosé), di birra e di alcol (Calvados, Cognac) per una somma finale di tre litri di vino, due litri di birra e sei bicchieri di alcol (cioè mezzo litro). Ossia 5,5 litri di alcol in sedici ore. Ossia come media costante, circa 33 cl di alcol per ora.


Anarchia e la questione sociale

Se dovessi rispondere alla domanda: "Che cos'è la schiavitù", potrei con una parola rispondere: "E' l'assassinio", e tutti capirebbero immediatamente cosa intendo dire ... E a quest'altra domanda, dunque "Che cos'è la proprietà?" perché non potrei rispondere ugualmente: "E' un furto", con la certezza di essere compreso? Quest'ultima affermazione non è. infatti, che la prima, appena trasformata. (P.J. Proudhon)

Ecco degli operai che si danno da fare per prosciugare questo pantano, a strapparne alberi e cespugli, per dirla in breve a ripulire il terreno; essi vengono così ad aumentarne il valore ... Questo valore che essi vi aggiungono è loro ripagato sotto forma di alimenti e di salario giornaliero, ma diventa così definitivamente proprietà del capitalista  (P.J. Proudhon)

Anarchia assenza di padrone, di sovrano, è questa la forma di governo alla quale ogni giorno più ci accostiamo (P.J. Proudhon)


giovedì 22 maggio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXIX

1968 

I tempi del Maggio

20-26 maggio - Da alcune settimane il governo si dimostra incapace di ristabilire la «legalità». Le manifestazioni si svolgono senza autorizzazione. Sembra realizzarsi lo slogan «l'immaginazione al potere». Si parla, s'improvvisano spettacoli negli edifici pubblici abbandonati agli studenti. Mentre nelle strade di Parigi sorgono barricate, in tutta la Francia si scatenano senza preavviso gli scioperi, migliaia di imprese sono occupate dagli operai. Nella metà dei dipartimenti i prefetti, completamente isolati come del resto il governo, hanno perso tutte le leve del comando. A Parigi tutto prosegue alla giornata: un ministro cede senza discutere ciò che l'altro continua a rifiutare ostinatamente. La notte tra il 24 e il 25 è la seconda passata sulle barricate. La manifestazione alla Gare de Lyon comincia a denunciare i limiti di popolarità dello scontro stradale. Il centro e taluni ambienti padronali si rivolgono, anche loro a Mendès-France. "Le Monde" chiama Mendès-France al potere. Il 26 sera si riuniscono, nella casa di un medico parigino, i membri del direttivo nazionale del PSU, alcuni sindacalisti, il vicepresidente della UNEF (l'Unione degli studenti) Jacques Sauvageot, Mendès-France e Gilles Martinet, ex direttore di "Nouvel Observateur" e già segretario aggiunto del PSU. Per il 29 è annunciata una grande manifestazione allo stadio Charlety. La decisione da prendere è grave. Sauvageot respinge la soluzione dei politici tradizionali (Mendès-France, Mitterrand) ma propone, per rassicurare la popolazione e i lavoratori, non un altro governo «ma un potere efficace dei lavoratori nelle imprese. Devono essere loro a decidere. Guardate i comitati d'azione nei quartieri... Non si parla più di Soviet, perché è una parola passata di moda. Ma in pratica proprio di questo si tratta, con l'autogestione dei comitati». Questo linguaggio sembra irreale ai sindacalisti presenti. I comitati, dicono, sono praticamente inesistenti: la fabbrica non è ancora l'Università. Michel Rocard, con il temporaneo  appoggio di Martinet, insiste per il «governo provvisorio». Martinet precisa che si deve evitare l'impasse del movimento: per sviluppare le posizioni di potere già conquistate, l'importante è che l'iniziativa parta dal movimento stesso, non dagli stati maggiori tradizionali. Mendès-France si limita a dire che il governo provvisorio deve avere l'appoggio di tutta la sinistra, partito comunista  compreso che non aderirà mai a posizioni rivoluzionarie. La riunione si scioglie senza nulla di deciso. 


JANIGER OSCAR

Oscar "Oz" Janiger, cugino del poeta Allen Ginsberg, fu uno dei primi psichiatri a studiare il potenziale dell'LSD sulla creatività: si calcola che tra il 1954 e il 1962 abbia somministrato la sostanza a oltre 3000 volontari, tra cui gli scrittori Anais Nin e Aldous Huxley, gli attori Cary Grant e Jack Nicholson.

Assunse in prima persona la sostanza tredici volte, confessando che lo aiuto a vedere che molte, molte cose erano possibili.

L'interesse di Janiger nei confronti degli psichedelici non si limitò all'LSD, ma studiò attentamente anche la DMT (con Alan Watts e Humphreys Osmond), il potenziale allucinogeno del tabacco e il peyote (con Marlene Dobkin de Rios).

Dopo la messa fuorilegge dell'LSD (nel 1966), continuò a essere un fervente sostenitore del potenziale positivo della sostanza, ma giocoforza si vide costretto a impegnarsi in altre ricerche. Tra queste vale la pena ricordare un controverso studio sulle basi biologiche dell'omosessualità e alcune forme di depressione premestruale.

Nel 1986 cofondò la Albert Hofmann Foundation, società no-profit con lo scopo di conservare il patrimonio culturale e scientifico della ricerca psichedelica. Negli ultimi anni della sua vita (morì nel 2001), si occupò dello studio dei delfini nel loro ambiente naturale. 



L’essere che viene

L’essere che viene: né individuale né universale, ma qualunque. Singolare, ma senza identità. Definitivo, ma solo nello spazio vuoto dell'esempio. E, tuttavia, non generico né indifferente: al contrario, tale che comunque importa, oggetto proprio dell'amore. La sua logica: i paradossi della teoria degli insiemi, l'indiscernibilità di una classe e dei suoi elementi, di una cosa e del suo nome. La sua etica: essere soltanto la propria maniera di essere, potere unicamente la propria possibilità o potenza, far esperienza del linguaggio come tale. La sua politica: fare comunità senza più presupposti né condizioni di appartenenza, esodo irrevocabile dallo Stato, costruzione di un corpo comunicabile.   


giovedì 15 maggio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXVIII

1968 

I tempi del Maggio 

16 maggio - L'inizio dell'agitazione nelle fabbriche provoca un nuovo irrigidimento del partito comunista nei confronti dei giovani ribelli. L'agitazione è localizzata soprattutto nelle regioni occidentali della Francia, ed è guidata da giovani operai che già da alcuni mesi contestano la politica troppo prudente della CGT (sindacati controllati dai comunisti). I giovani che organizzano lo sciopero nella fabbrica della Sud Aviation a Bourguenais e alla Renault di Cléon hanno lo stesso slancio dei loro coetanei che in gennaio-febbraio si sono scontrati duramente con i CRS a Caen e a Le Mans. È chiaro che gli studenti non hanno «inventato» la rivoluzione, ma che gli avvenimenti del Quartiere Latino hanno funzionato da «detonatore». L'esplosione nelle fabbriche non si sarebbe verificata se non ci fossero state le condizioni oggettive di disagio: i giovani, che uscendo dalle scuole professionali, non trovano un posto adatto alla loro qualifica, che sono sottoposti a norme disciplinari superate e minacciati dalla disoccupazione, si collegano con gli studenti in lotta e con le organizzazioni minoritarie anarco-sindacaliste, trotzkiste e cristiane rivoluzionarie. È proprio questo che preoccupa i responsabili della CGT, che per riprendere il controllo della situazione ancora frammentaria, le danno una portata nazionale e formano attorno alle fabbriche un vero cordone sanitario che dovrebbe impedire il «contagio studentesco e rivoluzionario». 

19 maggio - L'associazione «Potere socialista» (minoritaria nel PSU, Partito Socialista Unificato), lancia un appello per la formazione di un governo di transizione, «secondo la procedura proposta qualche anno fa da Pierre Mendès-France». L'uomo chiamato in prima linea da un vuoto di potere è un anziano ma ancora energico ex presidente del consiglio, reputato il maggior esperto francese di economia. Appartiene al PSU, cioè al partito legato all'ala avanzata del movimento. Nel settembre 1961, partendo dall'ipotesi che il generale De Gaulle non la spuntasse con i ribelli destrorsi dell'OAS, Mendès-France riteneva che l'opposizione doveva dichiararsi pronta a formare un «governo di transizione» col compito di ristabilire la pace, restaurare le libertà e indire  nuove elezioni. Statista tecnico, alto-borghese, Mendès-France dal 1958 ha rotto con il centro radicale ed ha successivamente  aderito al PSU in segno di scelta da «vecchio repubblicano» contro l'autoritarismo gollista. 


The Times They Are A-Changin' di Bob Dylan

Venite intorno a me voi tutti

ovunque vagate

e ammettete che le acque

intorno a voi sono salite

e accettate che presto

sarete inzuppati fino all'osso

se per voi il tempo

ha qualche valore

allora è tempo di cominciare a nuotare

o affonderete come pietre

perché i tempi stanno cambiando

venite scrittori e critici

che profetizzate con le vostre penne

e tenete gli occhi bene aperti

non vi sarà data un'altra scelta

e non parlate troppo presto

perché la ruota sta ancora girando

e nessuno può dire

chi sarà designato

il perdente di adesso

sarà domani il vincente

perché i tempi stanno cambiando

venite senatori e deputati

ascoltate vi prego il richiamo

non vi fermate sulla soglia

non bloccate l’ingresso

perché colui che ha cercato di rallentare

ci rimetterà

c'è una battaglia

fuori che infuria

e presto scuoterà le vostre finestre

e farà tremare i vostri muri

perché i tempi stanno cambiando

venite madri e padri

da tutto il paese

e non criticate

quello che non potete capire

i vostri figli e le vostre figlie

non li potete comandare

la vostra vecchia strada

sta rapidamente invecchiando

andatevene vi prego dalla nuova

se non potete anche voi dare una mano

perché i tempi stanno cambiando

la linea è tracciata

la maledizione scagliata

l'uomo lento di adesso

sarà il più veloce domani

così il presente di adesso

sarà passato domani

l'ordine sta rapidamente

scomparendo

e il primo di adesso

sarà l'ultimo domani

perché i tempi stanno cambiando



L’individualismo

L'individualismo, va sottolineato, può essere inteso in almeno due modi. Il primo, il più comune, è la giustificazione ideologica dell'egoismo più rapace, l'idea che i rapporti tra gli esseri umani devono sottostare alla legge bruta della lotta per la vita. E il caso dell'economia liberale, che domina il mercato e difende il non intervento dello Stato negli affari delle imprese capitaliste, proprio a beneficio dei più forti. Quello che Emma Goldman chiamava «rude individualismo». L'altro - quello di Stirner e i suoi seguaci - è una corrente che, senza basarsi su dogmi o su una tradizione ereditata, fa appello solo alla coscienza individuale". Contro la morale dell'arrivismo e del dominio, questo individualismo rimanda a una rivoluzione interiore e dei sentimenti, a una maniera di stare al mondo che promuove la differenza e 'unicità delle persone, davanti alla dittatura del capitale. «La "libertà individuale"», scriveva Stirner,

che il liberalismo borghese vigila gelosamente, non significa affatto che io sono totalmente libero di autodeterminarmi liberamente, nel qual caso le azioni che compio diverrebbero davvero mie, ma indica semplicemente che io sono indipendente dalle persone. È libero individualmente chi non è responsabile di fronte a nessun uomo”. 

Tutto quel che non si vive direttamente, in prima persona - pensieri, azioni e rapporti umani - si trasforma in sacrificio, ideologia e sfruttamento. La vita autentica implica la rivolta permanente contro tutti i poteri separati.


giovedì 8 maggio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXVII

1968 

I tempi del Maggio 

3 maggio - Dopo che il preside ha per la seconda volta chiuso la facoltà di lettere di Nanterre, i 30 000 studenti che in aprile hanno occupato la facoltà si trasferiscono alla Sorbona (Parigi). 

13 maggio - Prima grande manifestazione di massa. Dall'originaria,  contingente richiesta di agibilità completa dei locali di Nanterre, compresa la possibilità di usufruire delle proprie camere per gli incontri con i compagni e le compagne, il movimento studentesco è giunto a una contestazione globale del sistema universitario basato sulle baronie, la gerarchia e l'autoritarismo. Le masse studentesche che hanno occupato la Sorbona nella notte alzano le barricate nel Quartiere Latino. La polizia attacca gli studenti con estrema durezza, inseguendoli nei caffè e riempiendo i cellulari di ragazzi e ragazze. Si distinguono in questa opera repressiva i CRS (Corpi Repubblicani di Sicurezza), sotto lo sguardo della popolazione. Atti di violenza sono compiuti nei commissariati ai danni dei giovani catturati. Il comportamento della polizia suscita sdegno nella popolazione parigina, che non esita a prendere le difese degli studenti. Georges Marchais, vicesegretario del PCF, pubblica sull'"Humanité" un articolo, che sembra voler far leva su inconsci sentimenti anti-tedeschi, contro «l'anarchico tedesco Cohn-Bendit». Ma ormai una parte della gioventù operaia non crede più all'efficacia delle «giornate nazionali» di sciopero proclamato dai riformisti e delle relative lunghe passeggiate pacifiche, e riscopre le tecniche della guerriglia urbana che impegna forti contingenti di polizia e risulta vincente. Anche il governo si rende conto di essere estremamente impopolare e di «essersi messo dalla parte del torto». A partire dal 13 maggio smette di prendere l'iniziativa nelle azioni di piazza. L'occupazione vittoriosa dell'Università trascina dalla parte degli studenti le prime masse di giovani operai. Il partito comunista, che si era sbilanciato nella sconfessione degli studenti indicati come «provocatori» e «avventurieri», cambia tattica e modera gli insulti ai ribelli perché la base vede che l'azione diretta, decisa e anche violenta (difesa dalla polizia con lancio di pietre e bottiglie di benzina) dà i suoi frutti. Anche i parigini e persino alcuni turisti parteggiano per gli studenti. L'avanguardia studentesca, estremamente combattiva, non sarebbe mai riuscita a ottenere tale ampiezza di consensi  se la polizia non fosse penetrata nella Sorbona scatenando  una selvaggia caccia all'uomo, se i cortei studenteschi non fossero stati attaccati con estrema brutalità. 

14 maggio - Il governo non reagisce davanti alle occupazioni di fabbriche effettuate dagli operai più giovani che trascinano con sé anche gli anziani aderenti alle organizzazioni riformiste. La polizia riceve l'ordine di non cercare di riconquistare le facoltà occupate né il teatro dell'Odèon, gestito da un collettivo rivoluzionario. Il governo aspetta che la corrente rivoluzionaria si esaurisca o che la maggioranza  della  popolazione cessi di provare simpatia per il movimento delle occupazioni. Intanto, anche il partito comunista addolcisce le proprie posizioni nei confronti degli studenti. 


















on, gestito da un collettivo rivoluzionario. Il governo aspetta che la corrente rivoluzionaria si esaurisca o che la maggioranza  della  popolazione cessi di provare simpatia per il movimento delle occupazioni. Intanto, anche il partito comunista addolcisce le proprie posizioni nei confronti degli studenti. 



CALENDIMAGGIO - Giovanni Pascoli

Ben venga Maggio

e il gonfalon selvaggio!

Ma è una selva che si svelle,

la selva che da sè si schianta!

E viene, e seco ha le procelle

che l’hanno nell’inverno affranta,

e viene e canta

                    il gonfalon selvaggio!


Ben venga con la sua grande ombra

e col grande urlo dei torrenti!

È vivo il gonfalon che ingombra

la terra e si svincola ai venti;

ed ai dormenti

                    annunzia: È Maggio! È Maggio!


Ben venga Maggio

e il gonfalon selvaggio!

S’avanza sotto il cielo azzurro

il verde bosco che s’è mosso;

ha dentro un cupo suo sussurro,

ha dentro un rauco fiato grosso.

È rosso rosso

                    il gonfalon selvaggio!


Ben venga! È gente che sui capi

solleva il ramuscel d’ulivo;

e quel sussurro è ronzìo d’api

seguenti il ramo fuggitivo;

e il rosso vivo

                    è dei rosai di Maggio!


Ben venga Maggio

                    e il gonfalon selvaggio!


I NICHILISTI secondo Kropotkin

I nichilisti non erano terroristi, così diceva Kropotkin: "È tanto sbagliato confondere il nichilismo con il terrorismo quanto sarebbe confondere un movimento filosofico come lo stoicismo o il positivismo con un movimento politico come, poniamo, il repubblicanesimo. Il terrorismo nacque da alcune particolari condizioni della lotta politica in un determinato momento storico. Visse e morì. Potrebbe nascere e morire di nuovo. Ma il nichilismo ha lasciato la sua impronta su tutta la vita delle classi colte in Russia, e quell'impronta durerà ancora per molti anni. Prima di tutto il nichilismo dichiarò guerra a fondo contro tutte le "menzogne convenzionali della civiltà". La sincerità assoluta era la sua più notevole caratteristica, e in nome di quella sincerità abbandonò, e pretese che gli altri abbandonassero, quelle superstizioni, quei pregiudizi, usi e costumi che la ragione non poteva giustificare. Rifiutava di piegarsi di fronte a qualsiasi autorità che non fosse la ragione e nell'analizzare usi e costumi sociali si ribellava ai sofismi di ogni genere, più o meno mascherati".


giovedì 1 maggio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXVI

1968 

22 marzo - Nasce a Nanterre, cittadella universitaria alle porte di Parigi, il movimento 22 Marzo capeggiato dai fratelli Daniel e Gabriel Cohn-Bendit, i quali si rifanno all'esperienza anarchica della minoranza attiva con ruolo di fermento permanente e non di «avanguardia dirigente», e dell’azione diretta trasferita dalla fabbrica al campo studentesco. Nasce il movimento degli studenti rivoluzionari che darà origine al Maggio francese. 

21 aprile - Muore a Roma Armando Borghi. Nato a Castelbolognese nel 1882, aderi giovanissimo al movimento anarchico. Internato durante la prima guerra mondiale, arrestato, esule in Europa e negli  Stati Uniti durante il fascismo, scrisse numerose opere sul movimento operaio libertario. Rientrato in Italia nel 1945 diresse "Umanità Nova" a Roma per oltre 15 anni, fino al 1965. 

Maggio - A lato di quella rossa, la bandiera nera anarchica sventola sulla cupola della chiesa della Sorbona, a Parigi. Imponenti masse studentesche, cui si affiancano grandi masse di lavoratori, contestano l'autoritarismo della società borghese, i bassi salari, le forme di produzione alienanti e in generale una qualità della vita considerata disumana. Assieme alla civiltà borghese vengono duramente criticati i cedimenti e i compromessi del partito comunista e dei sindacati a esso legati. E appunto l'atteggiamento ostruzionistico dei sindacalisti e dei gerarchi comunisti a impedire, dopo l'ormai avvenuta generalizzazione e radicalizzazione della lotta, una più profonda saldatura studenti-operai, e una conseguente alternativa di potere. In realtà il Maggio francese più  che all'ottobre 1917 deve essere paragonato al 1905. 905 vuol dire una situazione che è già rivoluzionaria ma che ancora non contiene tutte le condizioni per un successo decisivo. Il regime da abbattere non ha esaurito tutte le sue risorse e le forze che potrebbero rovesciarlo non sono ancora perfettamente preparate a svolgere il loro compito. Si assiste quindi a una «prova generale», come in una certa misura  fu la rivoluzione del 1905. La crisi che scuote la Francia rivela le profonde insufficienze dell'organizzazione economica di una società industriale sviluppata ma ancora fortemente connessa, legata a figure paterne (De Gaulle e i capi d'azienda e di partito). Rivela altresi l'arretratezza di un sistema d'istruzione che la società «avanzata» ha ricevuto già pronto, e la arcaica ferocia di un regime poliziesco che essa si è lasciata imporre. Di qui il carattere complesso della crisi e la molteplicità dei  suoi aspetti. C'è la disoccupazione e l'insicurezza di un lavoro; ci sono salari mensili inferiori a 500 franchi, ci sono le cattive condizioni di lavoro, la mancanza di ferie adeguate, di adeguate pensioni e assistenze medico-sociali e più in generale gli aspetti arcaici della gestione delle imprese. Infine, c'è l'aumento enorme del numero degli studenti, la massa dei senza-lavoro universitari, la mancanza di sbocchi professionali dei quadri tecnici e la creazione di una sotto-intellighenzia, contemporaneamente con la sopravvivenza florida dei baroni universitari e dei medici. I sociologi parlano della gioventù come della nuova classe rivoluzionaria e di una «obiettiva esclusione» dei giovani. In particolare, nell'ambito francese, si presentano come fattori in qualche modo risolutivi l'arroganza della tecnocrazia gollista, il rifiuto del dialogo e il monopolio dell'informazione, uniti alla scarsa duttilità del partito comunista, incapace - a differenza di quello italiano - di tenere il contatto con le avanguardie e di addomesticarle al momento opportuno. L'elemento unificatore è dato dalla contestazione dei sistemi tradizionali d'impostazione autoritaria. Qui, senza che le formazioni libertarie classiche abbiano un ruolo predominante, l'anarchismo trova la sua attualità, cosi come l'anarco-sindacalismo - che le masse dominate dai partiti riformisti neppure conoscono -  si ripresenta nella prassi delle occupazioni, dell'azione diretta, dei picchetti. Ognuno, sia pure confusamente, vuole avere un ruolo, attivo e personalizzato: l'autoritarismo dello Stato interviene per ristabilire, aiutato dalle burocrazie sindacali e comuniste, le vecchie gerarchie e i vecchi ruoli. Il «Maggio» esce sconfitto nello scontro,  ma la sua lezione anti-autoritaria dilaga nella società, diventa un «modello» per l'avvenire e per una vita quotidiana diversa, di cui anche il Potere cerca d'impadronirsi per adeguarsi e sopravvivere. 



Man’s Castle (Vicino alle stelle) – Frank Borzage

È l'America amara della Depressione, dodici milioni di persone non hanno più lavoro. Sulla panchina d'un parco Bill incontra la bella Trina, affamata e sola, la prende sotto la sua protezione e la conduce nella propria casa, soltanto una baracca vuota nella New York più proletaria. Si innamorano, soprattutto è lei che s'innamora di lui, e cerca di fare della loro povera abitazione una fortezza domestica, un 'castello'. Bill invece ha presto voglia di fuggire, è provato e furioso per quella sopravvivenza stentata tra lavori occasionali; quindi incontra la ballerina Fay, predatrice un po'sguaiata, che gli promette una sistemazione più decente. Mentre pensa di lasciare Trina, viene fermato dalla notizia che lei è incinta. Si sposano, ma la tentazione di Bill resta quella di scappar via dalla nuova responsabilità e per lasciare a Trina un po' di denaro si riduce a rapinare l'ufficio contabile d'una fabbrica di giocattoli. Il colpo fallisce, e mentre il cerchio della polizia gli si stringe intorno e Trina gli è accanto, Bill comprende infine il senso del vero amore: prende la sua donna e, come tanti altri disoccupati, salta su un treno merci diretto all'Ovest, dove forse sarà possibile ricominciare. I protagonisti di Man's Castle sono personaggi profondamente provati dalla Depressione, che cercano di superare la crudeltà, l'amarezza e l'indifferenza connaturate allo stato della società in cui vivono. Memorabile, per patetismo, umorismo e sintetica analisi sociale la scena dell'incontro tra i due protagonisti: Loretta Young, affamata, è seduta in un parco e Spencer Tracy, vestito in frac, le siede accanto e comincia a nutrire gli uccelli, quindi invita la ragazza in un ristorante di lusso. Lui non mangia, ma lei avrà la cena più squisita della sua vita. L'identità sociale dell'uomo è un bluff, Tracy non ha un soldo in tasca, il suo vestito è elegante solo perché lui fa l'uomo-sandwich per una famosa marca di caffè; pure, quel vestito non è solo un inganno o una finzione, perché indica esattamente ciò che Tracy pensa di poter e dover essere. Un frac che simbolizza la schizofrenia del proletario, un'immagine in cui si concentrano tutti gli antagonismi dell'epoca.

Uno dei film più espliciti e a sfondo sessuale dell'era pre-codice della Depressione, con Loretta Young che mostra la sua faccia più coraggiosa in tutto questo, bevendo vino di tarassaco al suo triste matrimonio in una baracca. La povera "carica di ossa" Trina (Young) è così affamata che mangerebbe popcorn al piccione. 

Frank Borzage, il nobile e romantico mistico del cinema americano, seppe spesso cogliere l’essenza dei temi più dolorosi del suo tempo, dalla Guerra mondiale, all’ascesa del nazismo e alla Depressione, quest’ultima mai descritta in modo così commovente come in Man’s Castle, un altro connubio tra poesia e dolore. Ancora una volta prevalgono i paradossi e le immagini inverosimili, a partire dal modo in cui Borzage illumina una vicenda che si svolge nel famigerato luogo-simbolo della Grande Depressione, la bidonville che prese il nome da un presidente incapace: Hooverville. Il ghetto del Lumpenproletariat è reale nel senso che la sua miseria è mortalmente presente. Nello stesso tempo la narrazione è un sogno fiero e romantico: è Hollywood in tutta la sua pienezza, con le vicende eteree della fede umana, le piccole vittorie, il prevalere degli uomini sulla tragica realtà materiale. Il tutto si svolge con seducente candore, senza facili compromessi. Sono le persone a contare: la loro presenza, il loro aspetto fiducioso, il modo in cui si toccano a vicenda. Le ultime immagini del film – sul treno – sono le più trionfanti del cinema romantico: niente al mondo è impossibile, nulla è improbabile.




Il Sistema Parlamentare

Mentre da ogni parte noi assistiamo allo sfacelo del parlamento e da ogni lato sorge una critica ai principi stessi del sistema - non più soltanto alle sue applicazioni - come può mai accadere che dei socialisti rivoluzionari difendano questo sistema, condannato a morte?

Elaborato dalla borghesia per far fronte alla monarchia, e insieme per accrescere il suo dominio sui lavoratori, il sistema parlamentare è, per eccellenza, la forma del regime borghese.

I fautori di questo regime non hanno mai seriamente sostenuto che un parlamento o un consiglio nazionale rappresenti la nazione o la città; i più intelligenti fra essi sanno che ciò è impossibile.



giovedì 24 aprile 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXV

1967 

In seguito ai contrasti e alle polemiche particolarmente accese negli anni 1966-67, in Italia diversi gruppi si dichiarano autonomi dalla FAI, mentre giovani anarchici di Milano, Torino, Brescia e Vicenza si staccano dalla Federazione Anarchica Giovanile Italiana (FAGI) e costituiscono i Gruppi Anarchici Federati. I GAF fonderanno nel 1969 la sezione italiana della Croce Nera anarchica e sempre a Milano nel febbraio 1971 "A - Rivista anarchica", un mensile che si colloca tra le pubblicazioni libertarie più qualificate. - L'anarchico inglese Stuart Christie, reduce da una lunga detenzione in Spagna ove aveva introdotto materiale esplosivo, ricostituisce a Londra la Croce Nera anarchica (nome assunto dal Soccorso Rosso anarchico dopo l'involuzione burocratica della rivoluzione russa). Scopo principale è l'aiuto agli antifranchisti detenuti, la diffusione di notizie riguardanti l'attività rivoluzionaria in Spagna, la lotta al franchismo. Sezioni della Croce Nera nascono anche in Irlanda e successivamente in diversi paesi. 

1967-68 

Escono a New York i saggi American Power and the New Mandarins di Noam Chomsky, dedicati «Ai coraggiosi giovani che rifiutano di combattere in una guerra criminale». In essi il grande linguista americano d'origine russa si collega alla tradizione anarco-sindacalista e luxemburghiana per criticare il ruolo degli intellettuali anche di sinistra nel quadro delle complicità imperialistiche che legano gli Stati Uniti all'Unione Sovietica. 


PARLANO LE DONNE PARTIGIANE

Staffette

Durante il periodo della lotta clandestina, condotta nella nostra città dalle forze antifasciste, vivo e attivo è stato l’apporto dato da alcune donne. Compagne vere di ogni azione e rischio. Esse sono state utilizzate principalmente per i necessari collegamenti tra gli organi direttivi e quelli periferici, sia durante il periodo preparatorio sia durante la lotta in città. Che alcune donne abbiano preso parte attiva per la cacciata può forse far fuggire sulla bocca di alcuni eroi dell’ultima ora che hanno valorosamente resistito per mesi rinchiusi nelle loro più segrete stanze, magari una frase ironica, se non imbecillemente sapida. Ma noi che abbiamo conosciuto che cosa volesse dire la cospirazione e l’azione che questo pericolo – pur conoscendolo – lo abbiamo affrontato, noi che non nelle nostre cantine, ma in campo aperto, abbiamo lottato e combattuto, noi tutti possiamo riconoscere appieno il loro sacrificio. Ragazze che alla vita casalinga e a balletti cicalecci hanno volontariamente anteposto lotta di rischio e di fatica; ragazze che magari, con il cuore in tumulto e il sorriso sulle labbra portavano le armi che avrebbero abbattuto i nazifascisti; ragazze che ritornando dal mercato avevano strane spese di pomodori che nascondevano gli ordigni più vari; ragazze che incuranti della stanchezza presente e delle fatiche successive mai hanno rifiutato un incarico, mai si sono rifiutate. Cosi sono state le nostre compagne. 

Collaboratrici 

Accanto al gruppo di donne che hanno combattuto assieme ai partigiani sta una più grande schiera di compagne che – non potendosi accingere a tale rischio quotidiano – ha pur tuttavia rappresentato un sicuro aiuto per l’organizzazione dei Partigiani. Il patriota decide, nel sicuro del suo cuore, di salire alla montagna e abbracciati babbo e mamma, fratelli e fidanzata si unisce ai partigiani. Ed è da questo momento che inizia il lavoro umile, paziente, faticoso, segreto delle donne per i figli, fidanzati e compagni. È un lavoro segreto nella sua organizzazione e perciò tanto difficile. Difficoltà nella ricerca dei materiali, difficoltà nella propaganda, difficoltà ancor più grandi nella raccolta e nell’invio. Gli occhi della spia sono attenti giorno e notte; una sola parola può perdere tutto, ma la volontà delle Compagne ha saputo comprimere il battito del cuore, ha saputo superare, mai trepidando, le varie situazioni e nell’assoluta certezza ha compiuto sempre il proprio dovere. Ogni punto al fazzoletto rosso, alla fondina per la rivoltella è stato seguito dallo sguardo dell’amore più puro, ogni parola scritta per essi è stata dettata dal profondo dell’animo, ogni momento della giornata è stato un ricordo e un augurio continuo per il partigiano. E quando, con il 4 agosto, i nostri più cari Compagni sono entrati a Firenze, il lavoro delle Compagne ha potuto finalmente svolgersi apertamente, quanto esse hanno potuto fare lo hanno fatto nulla hanno negato; dall’indumento scucito alla camicia che di tale indumento aveva solo più il nome, dai piedi doloranti a tutte le altre necessità, per tutto hanno dato, spontaneamente, con il cuore, con gioia, con gli occhi brillanti di amore o amicizia. E l’abbraccio del partigiano è stato il premio più caro ai sacrifici e alle privazioni e per il partigiano caduto ogni donna ha eletto nel proprio cuore a figli e fidanzati imperituri tutti i Garibaldini di Firenze, della Toscana, dell’Italia intera.


Gli anarchici torinesi nella prima resistenza antifascista


Nel capoluogo subalpino i libertari federati nell’Unione anarchica piemontese, con numerosi militanti e dirigenti di primo piano nella Fiom e nell’Unione sindacale italiana locali, sono protagonisti del movimento consiliari sta dando forte impulso, insieme alla frazione comunista del Psi guidata da Antonio Gramsci, alla agitazione metallurgica e alla grande occupazione delle fabbriche del settembre 1920, propugnando una soluzione espropriatrice e rivoluzionaria. Organizzati nel corpo delle Guardie rosse con gli ordinovisti e nei Gruppi rivoluzionari d’azione, promossi dall’Unione anarchica italiana e aperti alla base operaia delle altre forze sovversive, gli antiautoritari torinesi sono tra i primi ad esporsi per difendere le industrie autogestite dai lavoratori dalla repressione governativa e dalle prime provocazioni e violenze delle squadre fasciste, sorte anche a Torino dall’arditismo di guerra con il patrocinio padronale. Proprio due giovani miliziani dell’Usi, Raffaele Van Dijck, anarchico belga, e Alfonso Garamella, emigrato pugliese, operai calzaturieri di presidio allo stabilimento chimico Capamianto, cadono vittime il 12 di quel settembre in uno scontro a fuoco con l’industriale Francesco De Benedetti, finanziatore del Fascio torinese, capo squadrista e proprietario della attigua omonima fonderia, tra i ritrovi delle prime bande nere. Già a questi tragici episodi sarebbe dunque possibile far risalire la primogenitura anarchica dell’antifascismo d’azione torinese. La smobilitazione delle occupazioni, concertata dai vertici riformisti di Psi e Cgil con il governo Giolitti e gli industriali, sancisce la sconfitta del movimento dei Consigli di fabbrica e chiude il Biennio rosso rivoluzionario. Dall’ottobre 1920 dilagano infatti la repressione statale e il terrore borghese contro gli operai, sempre più esercitato attraverso lo strumento della violenza squadrista, inaugurando il tragico Biennio nero. Presto si scatena la caccia agli arsenali messi al sicuro dalle avanguardie di fabbrica in vista della resistenza e di una nuova rottura rivoluzionaria, con una infruttuosa perquisizione al Circolo libertario “Francisco Ferrer” di Barriera di Milano e con successivi sequestri di armi, arresti e denunce a carico di diversi attivisti. Con il 1921 le brutalità fasciste si fanno sempre più gravi e frequenti. «Ricordo », testimonia Maurizio Garino, dirigente anarchico della Fiom, «che c’erano gli operai della
Fiat che uscivano e gli squadristi, quando individuavano un membro del Consiglio di fabbrica, o qualcuno che era un rosso... allora via! Giù! Bastonate!». A farne le spese, con i comunisti, sono in primo luogo i libertari, tra i quali il giovane meccanico Giovanni Barberis. Il corrispondente torinese di «Umanità Nova» denuncia la complicità delle autorità con i fascisti capeggiati dall’ex-anarchico interventista Mario Gioda, lasciati agire indisturbati e coperti, e fornisce puntualmente notizie sulle violenze delle camicie nere e sulla conseguente risposta organizzata del proletariato. Già in marzo, infatti, l’assemblea dei delegati dei Consigli di fabbrica, l’Uap, l’Usi e il neonato Partito comunista d’Italia danno vita ad un Comitato contro il fascismo, primo passo verso la costituzione di un fronte rivoluzionario d’azione antisquadrista in città. In anticipo su altre città Torino vede dunque rapidamente approntarsi la resistenza dei lavoratori. Sotto il fuoco delle squadre di Cesare Maria De Vecchi si trovano innanzitutto le strutture sindacali più combattive. Le sedi dell’Usi di via San Domenico 34 e di vicolo Pappagalli sono essere colpite tra le prime. Il 25 aprile anche la Camera del lavoro confederale, al 12 di corso Siccardi, viene attaccata e devastata dopo forte resistenza. Nel tentativo di vendicare le spedizioni punitive l’anarchico Mario Facta, giovane meccanico disoccupato, resta ucciso di lì a poco nel fallito attentato esplosivo contro il già noto ingegnere fascista De Benedetti, assassino confesso dei due miliziani sindacalisti caduti in settembre alla Capamianto occupata ma mai perseguito penalmente. Con l’inizio dell’estate, mentre l’artigiano individualista Guglielmo Casassa
Mont, ex minatore, è arrestato per il ferimento di una camicia nera, le “teste di morto” assaltano nuovamente la sede confederale, stavolta respinte, e alcune sedi del Pcd’I. La risposta operaia non si fa attendere e il 7 luglio «Umanità Nova» annuncia: «Corre voce che anche a Torino si stanno organizzando gli Arditi del Popolo. Di lì a poco, il 15 luglio, ai funerali di due militanti comunisti caduti in una rappresaglia, presenti migliaia di lavoratori, fanno per la prima volta la loro comparsa duecento Arditi del popolo che, inquadrati militarmente, sfilano dal Cimitero Monumentale per essere poi dispersi dalla Regia Guardia a Porta Palazzo. Per iniziativa della Lega proletaria dei mutilati e reduci di guerra, a maggioranza comunista, con l’adesione di numerosi miliziani delle Guardie rosse e dei Gruppi rivoluzionari d’azione e con l’appoggio dei partiti e delle organizzazioni economiche di classe, il 19 luglio si costituisce la sezione cittadina del «nuovo esercito di Difesa Proletaria». «Gli Arditi del Popolo costituiti a Torino». Aderiscono da subito anche l’Uap e l’Usi, che già organizza squadre di militanti a presidio delle proprie sedi, auspicando che l’arditismo popolare, forma militare dell’auspicato fronte unico rivoluzionario, «sappia nel momento della lotta unificare il proletariato». Oltre al comunista Mandelli, segretario politico cittadino della Lega proletaria, la Questura individua tra i comandanti degli Arditi del popolo del capoluogo gli anarchici antiorganizzatori Raffaele Schiavina, noto propagandista già redattore con Luigi Galleani del periodico «Cronaca Sovversiva», e Ilario Margarita, detto “Barricata”, muratore militante del Gruppo “Germinal” e dirigente locale Ilario Margarita, dell’Usi. Tra i miliziani libertari più noti figurano anche i libertari Giulio Guerrini, romano di nascita, falegname, ex combattente e ferito di guerra, iniziatore degli Arditi del popolo torinesi e responsabile della squadra del Pilonetto, spesso erroneamente citato dalle fonti e in letteratura come iscritto al Partito comunista; Carlo Peroni, tipografo novarese, già caporalmaggiore di fanteria e prigioniero di guerra; Giuseppe Odello, operaio metallurgico alla Fiat Lingotto, attivista del Circolo “Ferrer” e della Fiom, già guardia rossa; il barbiere Pietro Gibellino, immigrato dal vercellese; Domenico Rubatto, tornitore: tutti di età media sui trent’anni e appartenenti alle varie tendenze del movimento anarchico. Ma non pochi altri devono essere gli antiautoritari aderenti agli Arditi del popolo, come forse il fonditore di origine pisana Arduilio D’Angina, vicepresidente della Società di mutuo soccorso della categoria, decorato di guerra e capoguardia delle milizie consiliariste, per i quali non si hanno però ad ora riscontri certi dalle carte di polizia. Il ruolo dei libertari risulterebbe dunque niente affatto trascurabile, tanto che il labaro delle formazioni cittadine vede recare su un fronte le loro insegne rosse e nere. Marce, ronde ed esercitazioni si svolgono in queste settimane nei sobborghi operai e a Collegno, mentre gli scontri con le camicie nere si moltiplicano nel centro cittadino, a Moncalieri e in Borgo San Paolo, dove il libertario siracusano Umberto Consiglio, segretario della Cooperativa dell’Industria del Legno, tenente di fanteria nel recente conflitto mondiale, è tra i promotori della resistenza popolare, e per questo in seguito arrestato e condannato. Il direttorio torinese della nuova formazione antifascista si schiera intanto contro il trattato di pacificazione sottoscritto dai socialisti con Mussolini e plaude al Pcd’I, agli anarchici e all’Usi chiedendo ulteriore sostegno politico e materiale per l’organizzazione dei battaglioni. Forti di ventimila aderenti a livello nazionale, gli Arditi del popolo contano in Piemonte circa milletrecento miliziani suddivisi in otto sezioni territoriali tra le quali quella del capoluogo, con quasi un quarto degli effettivi dell’intera regione e nuclei in via di costituzione in provincia a Bussoleno e Carmagnola, primeggia per consistenza ed efficacia. L’organizzazione è però da subito nel mirino del capogabinetto Bonomi. A metà agosto un nuovo corteo delle centurie è ancora una volta sciolto con la forza dalla Guardia Regia al Parco del Valentino

e un’ondata di arresti colpisce con l’accusa di costituzione di banda armata almeno una cinquantina di militanti comunisti e libertari tra i quali Guerrini e Schiavina, in realtà estraneo alla struttura ardito popolare e contrario al carattere gerarchico e paramilitare di questa, che trovano su «Umanità Nova» la solidarietà dell’Uai. La stretta repressiva del governo porta dunque in Ottobre alla crisi definitiva del giovane mo-vimento antisquadrista cittadino, messo fuori legge e indebolito dalla defezione dei comunisti autoritari che ne avevano costituito la spina dorsale, i quali ora anche a Torino cedono al diktat dell’esecutivo nazionale spezzando il fronte antifascista e ripiegando nei ranghi delle squadre armate di partito, forti di ottocento effettivi. Due di queste resteranno tuttavia intitolate agli anarchici Mario Facta, e Vincenzo Todeschini, giovane operaio tipografo disoccupato iscritto alla Fiom caduto alcuni mesi prima in una disperata azione individuale contro la sede della Questura. Solo in seguito, talvolta molti anni più tardi, i dirigenti comunisti torinesi Gramsci, Tasca e Terracini produrranno una seria autocritica sul mancato sostegno all’organismo unitario ardito popolare e sugli evidenti limiti delle proprie formazioni esclusive nel contrasto al fascismo. Le forze residue degli Arditi del popolo e dell’antifascismo d’azione non irrigimentato dal Pcd’I devono tentare di riorganizzarsi in forme spontanee e semiclandestine intorno a Margarita, appena rientrato da Brescia, dove in qualità di segretario della Camera del lavoro sindacalista rivoluzionaria ha contribuito a dar vita al nucleo ardito-popolare locale, e a pochi altri. I fascisti si scateneranno in autunno e nell’inverno del 1922 in nuove provocazioni e violenze contro i tranvieri, i ferrovieri e gli operai della Fiat, tra i quali l’Usi e l’Uap hanno un significativo radicamento e che si contrappongono spontaneamente agli assalti, e colpiranno le sedi comuniste e anarchiche di Vanchiglia, in via Mongrando 30, e di Barriera di Casale, al 7 di via Casalborgone, difese dai militanti e dagli abitanti della zona. A fine aprile le camicie nere si riuniscono al Teatro Balbo per poi attaccare ancora una volta la Camera del lavoro. In settembre i lavoratori resistono ancora alle incursioni squadriste a Nichelino, a Moncalieri, a Pozzo Strada e alla Casa del popolo di Borgo Vittoria, in strada Lanzo 101, sede del Gruppo anarchico rionale “Bruno Filippi”. Nelle continue aggressioni resta ferito anche il libertario Giovanni Vaudano, mentre Consiglio e Peroni sono costretti ad abbandonare la città. Schiavina e Guerrini risultano intanto assolti insieme a una decina di militanti comunisti nel processo contro gli Arditi del popolo. Ma ormai tutto è perduto. Il 28 ottobre 1922 Roma è presa dai fascisti e il 31 la Camera del lavoro torinese, dove hanno sede l’Uap e il Gruppo anarchico “Centro”, è ridotta a un rogo. Cadono anche le ultime Case del popolo, le cooperative, i circoli e i giornali operai e rivoluzionari. L’11 novembre ventimila squadristi piemontesi sfilano in un imponente corteo. L’opposizione dei lavoratori è definitivamente spezzata, per prendere Torino si attende solo l’ordine di Mussolini. Tra il 18 e il 20 dicembre i “lanzichenecchi”, come spesso usa chiamarli «Umanità Nova», calati in città agli ordini del console Brandimarte, detto “Procellaria”, investono la città causando undici vittime operaie. Tra queste il segretario comunista libertario della Fiom cittadina Pietro Ferrero e Giovanni Massaro, manovale disoccupato dello Scalo Dora e simpatizzante anarchico, oltre a Carlo Berruti, massimo dirigente torinese del Sindacato dei ferrovieri passato di recente dalle file antiautoritarie, alle quali aveva aderito giovanissimo, al Pcd’I; mentre l’operaio Probo Mari, secondo alcuni studi anch’egli anarchico e militante dell’Usi, era riuscito a sopravvivere all’esecuzione. Scampati alla strage, Margarita e Guerrini riparano presto oltreconfine continuando la lotta antifascista. Come loro, lavoratori coscienti e uomini liberi, altri anarchici torinesi, nativi o acquisiti, saranno ancora protagonisti nel fuoruscitismo, nella cospirazione interna contro il regime, nella guerra rivoluzionaria contro la reazione in Spagna, nel maquis in Francia e nella Resistenza partigiana.