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giovedì 12 giugno 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXXII

1968 

I tempi del Maggio

27 giugno - Il "Literàrny Listy" (Cecoslovacchia) pubblica un appello «a operai, contadini, impiegati, artisti, scienziati, tecnici e a tutti», nota come la lettera delle «Duemila parole», redatta dallo scrittore Ludvik Vacua «su suggerimento di uomini di scienza». Essa riflette le speranze suscitate dalla rigogliosa ma prematura «primavera di Praga» iniziatasi il 5 gennaio 1968 quando fu destituito Antonin Novotny, vecchio stalinista, dalla carica di segretario del partito comunista cecoslovacco e al suo posto venne eletto Aleksandr Dubcek. Benché dichiari: «Non vogliamo certo determinare l'anarchia o uno stato di generale insicurezza», la lettera propone tutti gli istituti della democrazia di base: elezioni di comitati locali, libertà per tutte le forze politiche attive, comitati per la difesa della libertà di parola. La «primavera» sarà spenta il 21agosto dalle truppe del Patto di Varsavia. Repressioni di studenti avvengono in Polonia e Germania. 

31agosto -3 settembre - A Carrara, congresso internazionale delle Federazioni anarchiche. Sono presenti delegati francesi, spagnoli, svizzeri, tedeschi, giapponesi, messicani, bulgari e cubani in esilio; tra gli italiani, presenti i vecchi militanti Umberto Marzocchi, Mario Mantovani e Alfonso Failla. Il congresso è caratterizzato da una sorta di spaccatura tra «giovani» e «anziani». Numerosi contrasti suscita l'intervento polemico del «giovane» Daniel Cohn-Bendit che parla della recente esperienza del movimento studentesco francese e del Maggio, sostenuto dagli studenti italiani che analogamente a quanto successo in Francia si stanno organizzando e hanno già dato vita a forti contestazioni nelle Università. I più tradizionalisti tra gli «anziani» rimproverano al leader francese di essersi presentato come erede di Bakunin ma di avere tradito l'eredità anarchica, tra l'altro per aver accettato suggestioni situazionistiche e marxiste e per avere dichiarato nel momento culminante della lotta a Parigi: «Vogliamo la libertà di espressione all'interno dell'Università, ma la neghiamo ai filo-americani ». Lo stesso Cohn-Bendit riconosce l'intreccio delle sue esperienze formative: «Teniamo ad affermare che la  nostra  "audacia" e "realismo"  avevano tra l'altro a fondamento le tesi espresse sulla rivista "Socialisme ou Barbarie"  da Claude Lefort, da Pierre  Chaulieu e da Daniel  Mothé... Cohn-Bendit non è che lo pseudonimo collettivo di riviste estremiste come  questa...» (Introduzione a L'estremismo, rimedio alla malattia senile del comunismo, scritto dai Cohn- Bendit e pubblicato ad Amburgo nel  '68). 


I MIGHT BE LYING - Eddie and the Hot Rods

E così tu sei contenta della tua nuova posizione, 

vai dicendo ch'era proprio ciò che desideravi. 

Ti sei data uno stile di vita tutto nuovo: 

beh! cerca di restare soddisfatta 

almeno per un po'... 

Deve farti molto ridere 

vedermi in piedi colle mie scarpe di plastica, 

col mio viso contro il vetro della tua finestra: 

la mia fiducia in te scivola giù nella fogna... 

Mi chiedo perché tu abbia cambiato il tuo nome, 

credo che in realtà sei sempre la stessa. 

Quando t'incontro di tanto in tanto, 

quando ti dico che sto benissimo, 

sai, forse sto mentendo... 

Ti vedo aspettare tranquilla nella Hall, 

il tuo nuovo, dolce «Zietto» ti sta chiamando: 

ti  vuole far fare un giretto sulla spiaggia, 

e ti compra tutto quello che vuoi; 

aria condizionata, appartamento con veranda, 

telefoni di diamante e un cappellino alla moda... 

Ora possiedi quello che volevi a tutti i costi: 

foto di copertina sulle riviste femminili... 

Ti vedo mentre guidi la tua limousine 

coi vetri tinti di porpora, 

bene, tu forse non ricordi 

tutti i  tuoi amici di un tempo. 

Credo che è difficile per te renderti conto 

del fatto che non ci sarà mai un «Bentornata!» 

E allora tu continua a prendertela comoda 

mentre io continuerò con le mie sciocchezze... 

Mi chiedo perché tu abbia cambiato il tuo nome, 

credo che in realtà sei sempre la stessa. 

Quando t'incontro di tanto in tanto, 

quando ti dico che sto benissimo, 

sai, forse sto mentendo... 


La vita in società

La vita in società, permette agli animali più deboli, ai più deboli fra gli uccelli e i mammiferi, di resistere e di difendersi contro gli uccelli e gli animali da preda più terribili; rende possibile la longevità; consente alla specie di allevare i piccoli con il minor spreco di energie possibili e di mantenere più o meno costante il numero dei suoi membri nonostante un bassissimo tasso di natalità. Quindi, pur ammettendo che forza, rapidità, colori protettivi, astuzia e capacità di resistenza alla fame e al freddo, cioè le qualità indicate da Darwin e Wallace, sono altrettanti elementi a vantaggio dell'individuo o della specie in date circostanze, sosteniamo che in qualsiasi circostanza la socialità è il più grande vantaggio nella lotta per l'esistenza. Quelle specie che consapevolmente vi rinunciano sono destinate all'estinzione, mentre gli animali che meglio degli altri sanno vivere in società sono quelli che hanno maggior possibilità di sopravvivere e di evolversi, anche se sono inferiori agli altri in tutte le facoltà enumerate da Darwin e da Wallace, eccezion fatta per la facoltà intellettuale. 

giovedì 5 giugno 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXXI

1968 

I tempi del Maggio


28 maggio - Anche Mitterrand chiede al partito comunista d'intervenire. Il P.C. tramite la CGT annuncia una grande manifestazione per il 29. 

29 maggio - Riconciliazione Mendès-France-Mitterrand, che affretta la rottura tra Mendès-France e l'ala avanzata del movimento, del quale il PSU sempre più decisamente accetta e fa sue le tesi. Mercoledì 29 maggio è il giorno decisivo. E  arrivato il giorno in cui il  movimento è cosi esteso e in cui il governo è talmente paralizzato che il crollo del regime sembra soltanto questione di ore. La contestazione è dilagata in tutta la Francia. Il governo deve fare stampare in Belgio i suoi atti pubblici, perché in Francia non c'è più nessuno disposto a dargli credito. Mentre tre imponenti cortei stanno per attraversare Parigi chiedendo la testa di De Gaulle, il vecchio generale annulla la riunione del consiglio dei ministri che doveva svolgersi nella mattinata e parte all'improvviso per «destinazione ignota». In realtà lascia capire che va a Baden-Baden per parlare con i capi militari cui promette il perdono per i generali fascisti dell'OAS se gli daranno una mano. Con questa mossa De Gaulle intimidisce i comunisti, che fino al 27 godevano della sua fiducia. Tra il 27 e il 29 un vento di panico soffia negli ambienti governativi; ma De Gaulle con la sua mossa riprende l'iniziativa. Fa sapere ai capi della sinistra che attorno a Parigi si stanno ammassando truppe. Ma il P.C. ha già deciso: bisogna mettere la museruola alla rivoluzione. Tutta la crisi, che per i capi comunisti non ha sbocchi rivoluzionari o alternativi, deve risolversi con tangibili  aumenti salariali, in modo da poter annunciare una «grande vittoria operaia» e raccogliere una valanga di voti alle elezioni fissate per il giugno successivo. Cosi, le folle controllate dalla CGT  e dal P.C. gridano, dalle 3 alle 8 del pomeriggio, «Dimissioni di De Gaulle» e «governo popolare ». Sono presenti alcune migliaia di studenti, ma la maggior parte dei manifestanti di Charlety è assente. La giornata termina senza incidenti. L'UNEF, invitata dalla CGT alla manifestazione, aveva declinato l'invito, forse  per evitare tensioni e perdere il controllo delle masse studentesche, con la motivazione  ufficiale che la CGT non aveva ancora preso posizione contro l'espulsione di Daniel Cohn-Bendit (figlio di comunisti tedeschi) dalla Francia. Per solidarietà con L'UNEF anche  la CFDT (sindacati cristiani di sinistra) e la Federazione dell'istruzione nazionale non partecipano alla manifestazione che viene abbandonata cosi agli slogan del servizio d'ordine del partito comunista. Quest'ultimo e la CGT sono ora gli arbitri della situazione. Essi non hanno nessuna intenzione di spingere le masse contro l'Eliseo. La manifestazione è possente quanto al numero, pacifica quanto al comportamento, e inutile quanto ai risultati. Anche i militanti di base se ne rendono conto. Si comincia a dire: «Avevamo il potere a portata di mano e non l'abbiamo preso». In realtà la situazione non è cosi semplice. Al P.C. e alla CGT interessa soprattutto strappare miglioramenti salariali e normativi per parlare poi di «grande vittoria sindacale». E quanto accade. Le elezioni del 23 e 30 giugno successivi sanciranno la vittoria del gioco gollista, e premieranno in via subordinata e  adeguata la limitatezza dei calcoli comunisti. L'aumento dei prezzi eliminerà poi il beneficio dei miglioramenti salariali. 



IL SERPENTE E L’ARCOBALENO – Wes Craven

Dennis Allan è un giovane ricercatore scientifico americano: durante un viaggio in Amazzonia, assume da uno sciamano una droga che gli provoca terribili visioni e presagi di morte. Rientrato in patria, viene subito ingaggiato da un’azienda farmaceutica per una difficile missione: recarsi ad Haiti e scoprire la formula della cosiddetta “droga degli zombi”, una sostanza che gli scienziati sperano di poter utilizzare come anestesia. La società che finanzia la spedizione fornisce ad Allan la fotografia di un uomo morto anni prima ma visto di recente in un ospedale haitiano: tale foto è ritenuta una possibile prova dell’esistenza dei morti viventi, ed è proprio da questa persona che lo scienziato deve iniziare le proprie indagini, per scoprire il collegamento fra la droga e gli zombi. Ad Haiti incontra però un clima ostile, sia per la reticenza dei nativi riguardo la loro cultura, sia per la temutissima polizia militare del dittatore Duvalier, comandata dal crudele capitano Peytraud. La ricerca di Allan inizia dalla dottoressa Marielle Duchamp, direttrice della clinica dove è stato avvistato Cristophe, il presunto morto vivente della fotografia: la donna è legata alle superstizioni popolari e al culto del Voodoo, ma la sua mentalità aperta la induce ad aiutare lo scienziato. Scoprono così che Cristophe è stato trasformato in zombi dallo stregone Peytraud, attraverso la famigerata sostanza e un rito magico che gli consente di imprigionare la sua anima: così vengono eliminati coloro che osano opporsi alla dittatura. Oltre alla dottoressa, solo due bizzarri individui – Celine e Mozart – aiutano Dennis, che riesce a trovare la sostanza e la relativa formula ma viene catturato dalla polizia e rispedito negli Stati Uniti: la magia Voodoo lo raggiunge anche qui, e decide quindi di tornare ad Haiti per aiutare Marielle ed eliminare Peytraud. 
La storia è ambientata nel 1985 spiega la didascalia (escluso il prologo, che si svolge nel 1978): dunque il dittatore Duvalier a cui si fa riferimento è Jean-Claude Duvalier, figlio del famigerato “Papa Doc” François, che prese il potere alla morte del padre (1971) fino alla rivolta del 1986 che lo costrinse a lasciare il Paese – evento storico di cui troviamo traccia verso la fine del film. Duvalier instaurò un regime di terrore ricorrendo come il padre ai temutissimi “Tonton Macoutes”, la polizia militare i cui membri avevano la doppia valenza di poliziotti e stregoni, e di cui il personaggio di Peytraud è una perfetta espressione. Naturalmente Craven non ha la pretesa di mettere in scena una rigorosa descrizione storica, ma al contempo la situazione politica di Haiti si innalza al di sopra del semplice sfondo per diventare una componente fondamentale del film: il culto Voodoo e il terrore militare vanno di pari passo, e le camere di prigionia e tortura in cui riecheggiano le urla dei detenuti sono altrettanto inquietanti della dimensione magica, mettendo davanti agli occhi dello spettatore immagini molto crude. In una terra che è «all’80% cattolica e al 110% voodoo” e in cui anche le divinità delle due religioni coincidono e si confondono, il regista americano documenta la brutalità di un regime che proprio sulle credenze e i rituali religiosi fondava gran parte del suo potere e gli orrori di una polizia segreta che condanna alla «zombificazione» i dissidenti e gli oppositori. “The Serpent and the Rainbow” è liberamente tratto dal romanzo d’inchiesta omonimo scritto da Wade Davis, e Wes Craven immerge la sua Haiti in una penombra limacciosa color fango e tabacco e né legge gli ultimi giorni di Duvalier con una frenesia stilistica che ricorda da vicino il ritmo ossessivo di certi canti voodoo. Tamburi nella notte. Tam tam frenetici e monotoni. Fuochi e cimiteri. E poi allucinazioni, maledizioni, mutilazioni, torture. Più che un semplice ‘autore del terrore’, per quanto sovversivo e geniale, il Wes Craven del tempo sembrava infatti un etnologo partito alla caccia di incubi politici con cui provare a rovesciare alcuni luoghi comuni dell’immaginano vigente. Con la voglia di dimostrare che era il cinema della paura quello più capace di toccare le con tradizioni epocali del tempo e di assestare alcuni riuscitissimi manrovesci all’ottusità di quelli che avrebbero voluto illudere la gente di vivere nel migliore dei mondi possibili.



La necessità di una rivoluzione immensa

Si avverte la necessità di una rivoluzione immensa, implacabile, che venga non solo a sconvolgere il regime economico basato freddamente sullo sfruttamento, sulla speculazione e sulla frode, venga non solo a rovesciare la gerarchia politica basata sul dominio dei pochi, esercitato attraverso l'astuzia, l'intrigo e la menzogna, ma venga anche a smuovere la società nella sua vita intellettuale e morale, scuotere il torpore, rivoluzionare il costume, portare, fra le vili e meschine passioni del momento, il soffio vivificante delle nobili passioni, dei grandi slanci, delle generose dedizioni.