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giovedì 5 giugno 2025

IL SERPENTE E L’ARCOBALENO – Wes Craven

Dennis Allan è un giovane ricercatore scientifico americano: durante un viaggio in Amazzonia, assume da uno sciamano una droga che gli provoca terribili visioni e presagi di morte. Rientrato in patria, viene subito ingaggiato da un’azienda farmaceutica per una difficile missione: recarsi ad Haiti e scoprire la formula della cosiddetta “droga degli zombi”, una sostanza che gli scienziati sperano di poter utilizzare come anestesia. La società che finanzia la spedizione fornisce ad Allan la fotografia di un uomo morto anni prima ma visto di recente in un ospedale haitiano: tale foto è ritenuta una possibile prova dell’esistenza dei morti viventi, ed è proprio da questa persona che lo scienziato deve iniziare le proprie indagini, per scoprire il collegamento fra la droga e gli zombi. Ad Haiti incontra però un clima ostile, sia per la reticenza dei nativi riguardo la loro cultura, sia per la temutissima polizia militare del dittatore Duvalier, comandata dal crudele capitano Peytraud. La ricerca di Allan inizia dalla dottoressa Marielle Duchamp, direttrice della clinica dove è stato avvistato Cristophe, il presunto morto vivente della fotografia: la donna è legata alle superstizioni popolari e al culto del Voodoo, ma la sua mentalità aperta la induce ad aiutare lo scienziato. Scoprono così che Cristophe è stato trasformato in zombi dallo stregone Peytraud, attraverso la famigerata sostanza e un rito magico che gli consente di imprigionare la sua anima: così vengono eliminati coloro che osano opporsi alla dittatura. Oltre alla dottoressa, solo due bizzarri individui – Celine e Mozart – aiutano Dennis, che riesce a trovare la sostanza e la relativa formula ma viene catturato dalla polizia e rispedito negli Stati Uniti: la magia Voodoo lo raggiunge anche qui, e decide quindi di tornare ad Haiti per aiutare Marielle ed eliminare Peytraud. 
La storia è ambientata nel 1985 spiega la didascalia (escluso il prologo, che si svolge nel 1978): dunque il dittatore Duvalier a cui si fa riferimento è Jean-Claude Duvalier, figlio del famigerato “Papa Doc” François, che prese il potere alla morte del padre (1971) fino alla rivolta del 1986 che lo costrinse a lasciare il Paese – evento storico di cui troviamo traccia verso la fine del film. Duvalier instaurò un regime di terrore ricorrendo come il padre ai temutissimi “Tonton Macoutes”, la polizia militare i cui membri avevano la doppia valenza di poliziotti e stregoni, e di cui il personaggio di Peytraud è una perfetta espressione. Naturalmente Craven non ha la pretesa di mettere in scena una rigorosa descrizione storica, ma al contempo la situazione politica di Haiti si innalza al di sopra del semplice sfondo per diventare una componente fondamentale del film: il culto Voodoo e il terrore militare vanno di pari passo, e le camere di prigionia e tortura in cui riecheggiano le urla dei detenuti sono altrettanto inquietanti della dimensione magica, mettendo davanti agli occhi dello spettatore immagini molto crude. In una terra che è «all’80% cattolica e al 110% voodoo” e in cui anche le divinità delle due religioni coincidono e si confondono, il regista americano documenta la brutalità di un regime che proprio sulle credenze e i rituali religiosi fondava gran parte del suo potere e gli orrori di una polizia segreta che condanna alla «zombificazione» i dissidenti e gli oppositori. “The Serpent and the Rainbow” è liberamente tratto dal romanzo d’inchiesta omonimo scritto da Wade Davis, e Wes Craven immerge la sua Haiti in una penombra limacciosa color fango e tabacco e né legge gli ultimi giorni di Duvalier con una frenesia stilistica che ricorda da vicino il ritmo ossessivo di certi canti voodoo. Tamburi nella notte. Tam tam frenetici e monotoni. Fuochi e cimiteri. E poi allucinazioni, maledizioni, mutilazioni, torture. Più che un semplice ‘autore del terrore’, per quanto sovversivo e geniale, il Wes Craven del tempo sembrava infatti un etnologo partito alla caccia di incubi politici con cui provare a rovesciare alcuni luoghi comuni dell’immaginano vigente. Con la voglia di dimostrare che era il cinema della paura quello più capace di toccare le con tradizioni epocali del tempo e di assestare alcuni riuscitissimi manrovesci all’ottusità di quelli che avrebbero voluto illudere la gente di vivere nel migliore dei mondi possibili.



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