1968
I tempi del Maggio
20-26 maggio - Da alcune settimane il governo si dimostra incapace di ristabilire la «legalità». Le manifestazioni si svolgono senza autorizzazione. Sembra realizzarsi lo slogan «l'immaginazione al potere». Si parla, s'improvvisano spettacoli negli edifici pubblici abbandonati agli studenti. Mentre nelle strade di Parigi sorgono barricate, in tutta la Francia si scatenano senza preavviso gli scioperi, migliaia di imprese sono occupate dagli operai. Nella metà dei dipartimenti i prefetti, completamente isolati come del resto il governo, hanno perso tutte le leve del comando. A Parigi tutto prosegue alla giornata: un ministro cede senza discutere ciò che l'altro continua a rifiutare ostinatamente. La notte tra il 24 e il 25 è la seconda passata sulle barricate. La manifestazione alla Gare de Lyon comincia a denunciare i limiti di popolarità dello scontro stradale. Il centro e taluni ambienti padronali si rivolgono, anche loro a Mendès-France. "Le Monde" chiama Mendès-France al potere. Il 26 sera si riuniscono, nella casa di un medico parigino, i membri del direttivo nazionale del PSU, alcuni sindacalisti, il vicepresidente della UNEF (l'Unione degli studenti) Jacques Sauvageot, Mendès-France e Gilles Martinet, ex direttore di "Nouvel Observateur" e già segretario aggiunto del PSU. Per il 29 è annunciata una grande manifestazione allo stadio Charlety. La decisione da prendere è grave. Sauvageot respinge la soluzione dei politici tradizionali (Mendès-France, Mitterrand) ma propone, per rassicurare la popolazione e i lavoratori, non un altro governo «ma un potere efficace dei lavoratori nelle imprese. Devono essere loro a decidere. Guardate i comitati d'azione nei quartieri... Non si parla più di Soviet, perché è una parola passata di moda. Ma in pratica proprio di questo si tratta, con l'autogestione dei comitati». Questo linguaggio sembra irreale ai sindacalisti presenti. I comitati, dicono, sono praticamente inesistenti: la fabbrica non è ancora l'Università. Michel Rocard, con il temporaneo appoggio di Martinet, insiste per il «governo provvisorio». Martinet precisa che si deve evitare l'impasse del movimento: per sviluppare le posizioni di potere già conquistate, l'importante è che l'iniziativa parta dal movimento stesso, non dagli stati maggiori tradizionali. Mendès-France si limita a dire che il governo provvisorio deve avere l'appoggio di tutta la sinistra, partito comunista compreso che non aderirà mai a posizioni rivoluzionarie. La riunione si scioglie senza nulla di deciso.
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