È l'America amara della Depressione, dodici milioni di persone non hanno più lavoro. Sulla panchina d'un parco Bill incontra la bella Trina, affamata e sola, la prende sotto la sua protezione e la conduce nella propria casa, soltanto una baracca vuota nella New York più proletaria. Si innamorano, soprattutto è lei che s'innamora di lui, e cerca di fare della loro povera abitazione una fortezza domestica, un 'castello'. Bill invece ha presto voglia di fuggire, è provato e furioso per quella sopravvivenza stentata tra lavori occasionali; quindi incontra la ballerina Fay, predatrice un po'sguaiata, che gli promette una sistemazione più decente. Mentre pensa di lasciare Trina, viene fermato dalla notizia che lei è incinta. Si sposano, ma la tentazione di Bill resta quella di scappar via dalla nuova responsabilità e per lasciare a Trina un po' di denaro si riduce a rapinare l'ufficio contabile d'una fabbrica di giocattoli. Il colpo fallisce, e mentre il cerchio della polizia gli si stringe intorno e Trina gli è accanto, Bill comprende infine il senso del vero amore: prende la sua donna e, come tanti altri disoccupati, salta su un treno merci diretto all'Ovest, dove forse sarà possibile ricominciare. I protagonisti di Man's Castle sono personaggi profondamente provati dalla Depressione, che cercano di superare la crudeltà, l'amarezza e l'indifferenza connaturate allo stato della società in cui vivono. Memorabile, per patetismo, umorismo e sintetica analisi sociale la scena dell'incontro tra i due protagonisti: Loretta Young, affamata, è seduta in un parco e Spencer Tracy, vestito in frac, le siede accanto e comincia a nutrire gli uccelli, quindi invita la ragazza in un ristorante di lusso. Lui non mangia, ma lei avrà la cena più squisita della sua vita. L'identità sociale dell'uomo è un bluff, Tracy non ha un soldo in tasca, il suo vestito è elegante solo perché lui fa l'uomo-sandwich per una famosa marca di caffè; pure, quel vestito non è solo un inganno o una finzione, perché indica esattamente ciò che Tracy pensa di poter e dover essere. Un frac che simbolizza la schizofrenia del proletario, un'immagine in cui si concentrano tutti gli antagonismi dell'epoca.
Uno dei film più espliciti e a sfondo sessuale dell'era pre-codice della Depressione, con Loretta Young che mostra la sua faccia più coraggiosa in tutto questo, bevendo vino di tarassaco al suo triste matrimonio in una baracca. La povera "carica di ossa" Trina (Young) è così affamata che mangerebbe popcorn al piccione.
Frank Borzage, il nobile e romantico mistico del cinema americano, seppe spesso cogliere l’essenza dei temi più dolorosi del suo tempo, dalla Guerra mondiale, all’ascesa del nazismo e alla Depressione, quest’ultima mai descritta in modo così commovente come in Man’s Castle, un altro connubio tra poesia e dolore. Ancora una volta prevalgono i paradossi e le immagini inverosimili, a partire dal modo in cui Borzage illumina una vicenda che si svolge nel famigerato luogo-simbolo della Grande Depressione, la bidonville che prese il nome da un presidente incapace: Hooverville. Il ghetto del Lumpenproletariat è reale nel senso che la sua miseria è mortalmente presente. Nello stesso tempo la narrazione è un sogno fiero e romantico: è Hollywood in tutta la sua pienezza, con le vicende eteree della fede umana, le piccole vittorie, il prevalere degli uomini sulla tragica realtà materiale. Il tutto si svolge con seducente candore, senza facili compromessi. Sono le persone a contare: la loro presenza, il loro aspetto fiducioso, il modo in cui si toccano a vicenda. Le ultime immagini del film – sul treno – sono le più trionfanti del cinema romantico: niente al mondo è impossibile, nulla è improbabile.
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