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giovedì 30 marzo 2023

Reclus gli anarchici e i marxisti – Parte I°

Reclus non ha avuto rapporti diretti con Marx ed Engels, che, comunque, l'hanno giudicato severamente. "Quel che pensano i socialisti che parlano francese mi diverte in modo particolare. Questi socialisti "che parlano francese" sono rappresentati, è noto, dalla triste figura dei fratelli Reclus (co-fondatori clandestini dell'Alleanza e assolutamente ignoti per quanto riguarda opere socialiste)" scriveva Marx a Bracke nel 1976. Ed Engels, scrivendo a Liebknecht l'anno successivo, affermava: "Eliseo è un generico compilatore e nient'altro. Visto che lui e suo fratello hanno partecipato alla creazione dell'Alleanza segreta, se vuole, può raccontarti più cose vere su quest'argomento di quante non possa dirgliene tu. Se sia o no nel campo di questi tipi, è assolutamente senza importanza: politicamente, è un pasticcione ed un impotente". Malgrado il disprezzo di Marx e di Engels, la scienza sovietica attuale riconosce qualche merito a Reclus, come dimostrano le varie edizioni della Bol'chava Sovetskaya Entsiklopedia. La presentazione più completa è quella della Enciclopedia filosofica che riportiamo integralmente: “Jean Jacques Elisée Reclus - 15 marzo 1830-4 luglio 1905. Francese, geografo e teorico dell'anarchismo. Nel 1865, aderì alla Prima Internazionale e sostenne Bakunin. Nel 1871, lottò al fianco dei difensori della Comune di Parigi. Dopo la sconfitta, fu bandito dalla Francia. Dal 1892 al 1905, insegnò geografia alla Nuova Università di Bruxelles, creata per sua iniziativa. Reclus acquistò fama universale per le sue opere geografiche, nelle quali la sua brillante capacità volgarizzatrice e letteraria si unisce a sconfinata scienza. Le opere di Reclus sono impregnate di idee di umanesimo e di solidarietà tra i popoli”. Nella sua opera L'Homme et la Terre (traduzione russa, 6 tomi, 1906-1909), Reclus ha cercato di dare un quadro complessivo dello sviluppo dell'umanità. Anche se Reclus esagerò l'influenza dell'ambiente sulla società umana, non fu un geografo determinista. Reclus rilevava la differenza tra l'ambiente statico (condizioni naturali) e l'ambiente dinamico (condizioni sociali), sottolineando che quest'ultimo modificava l'influenza del primo. Reclus ha insistito su tre "fatti sociali" o "leggi fondamentali" della storia: “la divisione della società in classi e la lotta tra di esse; la rivoluzione sociale, considerata come "la ricerca dell'equilibrio" tra le classi; ed il ruolo predominante dell'individuo. Reclus ha seguito la teoria soggettiva dell'eroe e dell'eroismo nella storia. La comparsa dei genì e la migliore utilizzazione delle qualità intellettuali degli uomini di genio da parte della società costituiscono il criterio del progresso”. La differenza tra l'evoluzione e la rivoluzione è stata trattata da Reclus in numerosi scritti. Secondo la definizione di Plechanov: per il carattere sociale delle sue riflessioni, Reclus richiama notevolmente gli enciclopedisti del XVIII sec. Intervenendo come teorico anarchico, Reclus ha aggiunto all'interpretazione anarchica la formula umanista di Rabelais: "Fà ciò che vuoi" ed è caduto in contraddizioni irrisolvibili, sforzandosi, attraverso un approccio anarchico, di risolvere il problema della libertà dell'individuo e la difesa dell'anarchismo".


Il Capitalismo attuale

Il capitalismo attuale è caratterizzato dal susseguirsi di crisi sistemiche, sia che si tratti di crisi indotte dall’instabilità finanziaria oppure da tensioni geopolitiche o da eventi sindemici. La regola della crisi come fatto perenne ha innervato l’intero sistema capitalistico così come si è sviluppato dagli anni Novanta fino ad oggi. Si tratta, non a caso, del periodo in cui i mercati finanziari hanno cominciato a svolgere un ruolo centrale e dominante nei processi di accumulazione e valorizzazione capitalistica. Ciò dipende dal fatto che i mercati finanziari oggi sono il cuore pulsante del capitalismo bio-cognitivo e delle piattaforme. Essi finanziano l’attività di accumulazione: la liquidità attratta nei mercati finanziari premia la ristrutturazione della produzione finalizzata allo sfruttamento delle conoscenze, il controllo di spazi esterni al business tradizionale e la messa a valore della vita (del bios).


Il carcere andando indietro nel tempo parte II°

La nascita dell'istituzione carceraria moderna

Nel secolo XVI si assiste ad un progressivo e sostanziale cambiamento del concetto di pena e si forma il nucleo dell’ideologia penale pre-illuminista. A poco a poco in Inghilterra i ladri e le prostitute, insieme ai vagabondi, ai poveri e ai ragazzi abbandonati anziché essere sottoposti alle comuni sanzioni dell’epoca vengono raccolti nel palazzo di Bridewell (concesso dal sovrano) e obbligati a “riformarsi” attraverso il lavoro e la disciplina. Nasceva così nel 1557 la prima “house of correction” o “workhouse”, caratterizzata dall’organizzazione rigida del tempo strutturato in gesti sempre uguali e ripetitivi. Questa situazione europea dura fino alla chiave di volta rappresentata dalla rivoluzione francese. Successivamente, le nuove teorie rivoluzionarie borghesi, politiche e sociali, favoriscono l’affermarsi di una nuova struttura giuridico-normativa (in Francia il codice rivoluzionario del 1791 e in Germania il codice bavarese del 1813) che stabilisce un’equivalenza tra delitto e pena cercando di sottrarre quest’ultima all’arbitrio. In questo clima vengono accolte con favore le teorie di alcuni “riformatori” inglesi tra cui spicca Jeremy Bentham, che assegna al carcere, prioritariamente, un carattere intimidatorio e di totale controllo al fine di realizzare il ruolo produttivo e risocializzante. E’ il progetto Panopticon basato sul “principio ispettivo” che i pochi (carcerieri) possano controllare i molti (detenuti), e il controllo possa essere esercitato su tutti gli atti del carcerato nell’arco delle ventiquattro ore giornaliere. Nasce così la nuova struttura architettonica del carcere moderno (carcere Benthaniano), fatta di “bracci” (o “raggi”) e rotonde, costruito cioè in modo che i carcerieri stando fermi nel posto di guardia posto sulla rotonda possano avere la visuale piena su un intero braccio di celle, o su più bracci (struttura a raggiera). Al contempo ogni detenuto sa che ogni suo movimento è controllato “a vista” con estrema facilità. Sul piano pratico vengono introdotte, dapprima in Inghilterra (legge del 1810 e il Goal Act del 1823) e poi in tutta Europa, alcune innovazioni: separazione tra i sessi, isolamento notturno e lavoro diurno in comune. Le condizioni di vita nelle carceri peggiorano, così come peggiorano le modalità di vita e lavoro per i poveri nelle “workhouses”. 

La formazione dei primi istituti carcerari

Nella seconda metà del XVII secolo si realizza una delle prime esperienze carcerarie moderne: a Firenze all’interno dell’Ospizio del S. Filippo Neri per giovani abbandonati viene istituita una sezione destinata fondamentalmente a giovani di buona famiglia con problemi di disadattamento. E’ il primo caso di isolamento cellulare a scopo correzionale: la sezione era infatti composta da otto cellette singole in cui i giovani erano rinchiusi in isolamento giorno e notte. A Milano alla fine del XVII secolo vengono realizzati una “Casa di Correzione” e un “Ergastolo”, nella prima vi vengono rinchiusi i colpevoli di reati minori tenuti in regime di separazione cellulare; nel secondo i condannati per gravi reati che non vivono in isolamento (diverrà obbligatorio in seguito) e vengono utilizzati in lavori di pubblica utilità. A Napoli è in funzione la Vicaria: vi sono rinchiusi un migliaio di prigionieri in condizioni terribili, molto al di sotto dei livelli di sopravvivenza. Altrettanto aberranti sono le condizioni della Casa dei poveri, il cosiddetto “Serraglio”. A Roma nel 1770 viene realizzato il carcere cellulare del San Michele (prigione vaticana).


giovedì 23 marzo 2023

Questioni Morali e Spirituali - Eliseo Reclus

Occorre sottolineare l'importanza che Reclus attribuisce alle questioni morali e alla spiritualità. Si può fondare una morale senza Dio? No. "Non è né sarà possibile fondare una morale popolare unicamente sulla ragione. Una cornice non ci può dare un quadro; la ragione, anche la più sagace, accompagnata da tutte le buone "ragioni" del mondo, non c'insegnerà mai come comportarci; all'esplicarsi della nostra morale occorrono tutte le forze dell'essere vivente. E tra queste forze, si trovano proprio quella dell'amore, dell'entusiasmo, che si mescolano in modo differente alla religione dei nostri antenati. Queste forze erano male utilizzate, poiché si perdevano nell'adorazione dell'ignoto". "Il bene comune, o meglio la felicità di tutti gli uomini nostri fratelli, diverrà naturalmente lo scopo principale della nostra vita rinnovata. Avremo così la nostra religione, che, ormai, non sarà più in disaccordo colla ragione, e questa religione, che d'altronde non è per niente nuova e venne praticata in ogni epoca dai migliori, implica tutto quel che le religioni passate avevano contenuto di buono". "Certo, la nostra delusione sarebbe grande se, nel nostro entusiasmo, ci aspettassimo un'evoluzione improvvisa degli uomini nel senso dell'anarchia. Noi sappiamo che la loro educazione di pregiudizi e di menzogne li terrà per lungo tempo ancora in schiavitù. Quale sarà la "spirale" di civiltà attraverso cui dovranno passare prima di comprendere finalmente che possono liberarsi dalle briglie o dalle catene? Non lo sappiamo, ma, a giudicare dal presente, questo cammino sarà lungo". "Per quanti anni, decenni o secoli ci separino dalla rivoluzione finale, non lavoriamo con minor fiducia nell'opera che abbiamo iniziato, studiando con cura la storia contemporanea, ma senza prendervi una parte che possa renderci traditori delle nostre convinzioni". Kropotkin ha descritto Reclus come "il tipo di vero puritano per la sua vita e di filosofo enciclopedista francese del secolo scorso per la sua mentalità; uomo che animava gli altri, ma che non ha mai comandato nessuno, né mai lo farà. È l'anarchico la cui fede è l'essenza della sua conoscenza vasta e profonda della vita umana in tutte le sue manifestazioni, in tutti i paesi e a tutti i gradi di civiltà".


Il Capitalismo è monetario e finanziario

Il capitalismo è diventato, dalla fine del XIX secolo, imperialismo. Non è lo stesso imperialismo di Lenin o Rosa Luxemburg perché non è più territoriale, ma monetario e finanziario. È un imperialismo ancora più sofisticato, predatorio, un imperialismo che, dopo altri, definisco del dollaro, in cui il profitto e la rendita tendono a confondersi. La sua azione non si limita a ciò che Marx chiama il «capitale», ma integra in una stessa macchina da guerra lo Stato, tanto la sua funzione politico-amministrativa quanto quella militare. Delle quattro caratteristiche principali dell’imperialismo di Lenin che possiamo ritrovare molto accentuate nel capitalismo contemporaneo, finanziarizzazione, colonizzazione, monopoli e guerra, quest’ultima ci sembra la più significativa perché costituisce una novità che il capitale di Marx non integrava ancora come condizione indispensabile dell’accumulazione capitalistica. L’imperialismo, in estrema sintesi, è moneta e guerra. Quando si dice che l’economia si è mangiata il politico, che la finanza detta le condizioni alla politica, si dice una cosa assolutamente falsa, perché la costituzione dell’imperialismo ha modificato radicalmente sia l’economia che la politica. Più precisamente, il capitale e il sistema politico statale (comprendente la burocrazia amministrativa e militare) si integrano, costituendo una macchina che però non annulla completamente le loro specificità. Funzionano insieme e in maniera complementare.


Il carcere andando indietro nel tempo parte I°

Il carcere nell’antichità

Il giorno in cui la società organizzata, per salvaguardare la pace e la sicurezza sociale, stabiliva di isolare dalla collettività coloro che avevano violato l’ordine costituito, rinchiudendoli in appositi istituti (carceri), nasceva il problema penitenziario. Tale problema, però, fu inizialmente avvertito solo dal punto di vista della custodia o della polizia carceraria, essendo la pena intesa come vendetta sociale e mirando gli ordinamenti penali ad annullare il colpevole del reato più che a rieducarlo. In tempi remoti il carcere era quindi sostanzialmente concepito come edificio atto a custodire il reo cui doveva essere inflitta la pena prevista per il crimine commesso. Le pene potevano distinguersi in: pene corporali (fustigazione, mutilazione, tortura, morte, ecc.) o pene pecuniarie (confisca di parte o tutti i beni del reo).

Il sistema punitivo romano

Il diritto romano conosceva pene di carattere privatistico per i trasgressori di norme di interesse individuale da comminarsi mediante processo civile, e pene di carattere pubblicistico per i trasgressori di norme di interesse collettivo da comminarsi mediante processo penale. Le pene private erano per lo più pene pecuniarie e consistevano in una somma da versare all’offeso in risarcimento del danno subito. Le pene pubbliche variarono nel corso del tempo: la più grave rimase quella capitale ma vennero applicate anche l’esilio, la fustigazione, le pene pecuniarie, la destinazione ai lavori forzati nelle miniere o ai giochi del circo. Il carcere non veniva mai preso in considerazione come misura coercitiva in quanto serviva in linea di principio “ad continendos homines, non ad puniendos”. Era quindi considerato solo come mezzo di coercizione, arresto o detenzione preventiva, allo scopo di assicurare il reo alla giustizia.

L’ordinamento penale medievale

Il sistema penale medievale, basato sui criteri della vendetta privata, non fu propizio allo sviluppo del regime carcerario. Con la caduta dell’impero romano d’occidente, il sistema punitivo classico, basato sulla pena pubblica inflitta dallo Stato e irrogata tramite processo, non trovò più applicazione e tornò a prevalere la concezione della pena privata. La pena tendeva al risarcimento del danno o alla riparazione dell’offesa in una composizione sostitutiva della vendetta in cui il potere pubblico generalmente restava assente.

L’ordinamento penale feudale

Nella società feudale il carcere inteso come pena, nella forma della privazione della libertà, non esiste. Il carcere medievale, punitivo e privatistico si fonda sulla categoria etico-giuridica del “taglione”, a cui si associa il concetto di espiatio, forma di vendetta basata sul criterio di pareggiare i danni derivati dal “reato”. L’unico tribunale è quello del signore, solo lui emana gli ordini, a lui debbono obbedienza tutti coloro che hanno in concessione la terra o che vivono sui suoi fondi. La prigione, o meglio la detenzione, era solo un passaggio temporaneo nell’attesa dell’applicazione della pena reale, cioè la privazione nei riguardi del “colpevole” di quei beni riconosciuti universalmente come valori sociali: la vita, l’integrità fisica, il denaro. La crudeltà e la spettacolarità assolvevano la funzione di deterrente nei confronti di coloro che intendevano trasgredire le regole imposte dal “signore”. Nell’epoca feudale, essendo la giustizia amministrata dal “signore”, le pene erano determinate in modo assai vario, secondo la volontà di questo. Le pene avevano carattere pecuniario o corporale, oltre all’esilio e alla galera, pena che prevedeva l’imbarco del reo come rematore nelle navi. Detenzione e tortura era principalmente mezzi istruttori per ottenere la confessione dell’imputato, considerata la prova necessaria alla condanna.


giovedì 16 marzo 2023

Resistiamo senza odio – Eliseo Reclus

Bakunin, in una lettera del 1875 ad Eliseo, scriveva: "Sì, tu hai ragione, la rivoluzione, per il momento, è rientrata nel suo letto, noi ricaschiamo nel periodo delle evoluzioni, ossia in quello delle rivoluzioni sotterranee, invisibili e spesso persino impercettibili". E Reclus stesso sottolinea questa idea nella prefazione della Conquista del Pane: "Certamente l'imminente rivoluzione, importante quanto può esserlo nel progresso dell'umanità, non differirà dalle rivoluzioni precedenti compiendo un brusco salto: la natura non ne fa. Ma si può dire che, per mille fenomeni, per mille modificazioni profonde, la società anarchica è già da lungo tempo in piena crescita". Nel suo unico libro politico (oltre agli opuscoli), L'evoluzione, la rivoluzione l'ideale anarchico, pubblicato nel 1897, Reclus spiega il suo punto di vista: "Bisogna diffidare non solo del potere già costituito, ma anche di quello che è in germe". Sui tentativi comunitari: "S'era avuto il fermo proposito di trasformare il mondo e a conti fatti ci si trasforma in bottegai. Tuttavia gli anarchici seri e sinceri possono trarre un grande insegnamento da queste numerosissime cooperative". Il capitolo conclusivo è notevole per le sue sfumature: "Noi non c'illudiamo affatto: sappiamo che la vittoria finale ci costerà ancora moltissimo sangue, fatica e sofferenze. All'Internazionale degli oppressi si contrappone un'Internazionale degli oppressori". La lucidità di Reclus spiega la sua triplice posizione di pazienza, di etica e di tolleranza nei confronti della violenza rivoluzionaria: "Tra il difensore della giustizia e il complice del crimine non ci son vie di mezzo! In questo campo, come in tutte le altre questioni sociali, si pone il grande problema che si discute tra Tolstoi e gli altri anarchici, quello della non-resistenza o della resistenza al male. Da parte nostra, pensiamo che l'offeso che non resiste consegna in anticipo gli umili ed i miseri agli oppressori ed ai ricchi. Resistiamo senza odio, senza rancore né spirito di vendetta, con tutta la dolcezza serena del filosofo e la sua volontà intima in ciascuno dei suoi atti, ma resistiamo!" (...) "Dal punto di vista rivoluzionario, mi asterrò dal preconizzare la violenza e sono desolato quando degli amici trasportati dalla passione si lasciano andare all'idea della vendetta, tanto poco scientifica, sterile. Ma la difesa armata di un diritto non significa violenza" (...) "Quotidianamente si compiono tante ingiustizie, tante crudeltà individuali e collettive che non ci si stupirebbe di vedere nascere continuamente tutta una messe di odii... e l'odio è sempre cieco" (...) "Naturalmente, ammiro la nobile personalità di Ravachol, come si è andata rivelando persino durante gli interrogatorii di polizia. È pure superfluo aggiungere che considero ogni rivolta contro l'oppressione come un atto buono e giusto. "Contro l'iniquità la rivendicazione è eterna". Ma dire che "i mezzi violenti sono gli unici davvero efficaci", oh no, sarebbe come dire che la collera è il più efficace dei ragionamenti! Essa ha la sua ragion d'essere, ha il suo giorno e la sua ora, ma la lenta penetrazione della parola e dell'affetto nel pensiero ha tutt'altra potenza. Già per definizione, la violenza impulsiva non vede che lo scopo; sollecita la giustizia con l'ingiustizia; vede "rosso", ossia l'occhio ha perduto la sua chiarezza. Ciò non impedisce affatto che il personaggio di Ravachol, così come lo vedo io e come lo tramanderà la leggenda, non sia una figura grandissima".

 

Una luce c’è in primavera - Emily Dickinson

Una luce c’è in primavera

non presente nel resto dell’anno

in qualsiasi altra stagione –

Quando marzo è appena arrivato

un colore appare fuori

sui campi solitari

che la scienza non può sorpassare

ma la natura umana sente.

Indugia sopra il prato,

delinea l’albero più lontano

sul più lontano pendio che tu sappia

quasi sembra parlarti.

Poi come orizzonti arretrano

o il mezzogiorno trascorre,

senza formula di suono

esso passa e noi restiamo –

e una qualità di perdita

tocca il nostro sentimento

come se a un tratto il guadagno

profanasse un sacramento.


Moneta e guerra, la faccia dell'Imperialismo

I

l capitalismo è diventato, dalla fine del XIX secolo, imperialismo. Altra categoria problematica, rifiutata da Negri e Hardt, o ignorata da Deleuze e Foucault. Non è lo stesso imperialismo di Lenin o Rosa Luxemburg perché non è più territoriale, ma monetario e finanziario. È un imperialismo ancora più sofisticato, predatorio, un imperialismo che possiamo definire del dollaro, in cui il profitto e la rendita tendono a confondersi. La sua azione non si limita a ciò che Marx chiama il «capitale», ma integra in una stessa macchina da guerra lo Stato, tanto la sua funzione politico-amministrativa quanto quella militare. Delle quattro caratteristiche principali dell’imperialismo di Lenin che possiamo ritrovare molto accentuate nel capitalismo contemporaneo, finanziarizzazione, colonizzazione, monopoli e guerra, quest’ultima ci sembra la più significativa perché costituisce una novità che il capitale di Marx non integrava ancora come condizione indispensabile dell’accumulazione capitalistica. L’imperialismo, in estrema sintesi, è moneta e guerra. Quando si dice che l’economia si è mangiata il politico, che la finanza detta le condizioni alla politica, si dice una cosa assolutamente falsa, perché la costituzione dell’imperialismo ha modificato radicalmente sia l’economia che la politica. Più precisamente, il capitale e il sistema politico statale (comprendente la burocrazia amministrativa e militare) si integrano, costituendo una macchina che però non annulla completamente le loro specificità. Funzionano insieme e in maniera complementare.


giovedì 9 marzo 2023

Ho girato il mondo da uomo libero – Eliseo Reclus parte IV°

Sempre per la redazione della sua Geografia universale visita l'Egitto, soggiorna varie volte nel Maghreb, (una delle sue figlie sta con la famiglia in Algeria); in Spagna, in Portogallo, dove consulta gli archivi della colonizzazione dell'America del Sud allo scopo di accrescere la sua documentazione. Nel 1889, parte per gli Stati Uniti. Ritorna in Louisiana, ma scopre soprattutto nuove regioni, i grandi Laghi, New York e lavora moltissimo anche in biblioteca. Nell'estate del 1890, Reclus lascia la Svizzera e rientra a Parigi pur continuando a viaggiare moltissimo. Non rimane che quattro anni a Parigi, dove l'istituzione universitaria non gli offre alcun posto d'insegnamento. Naturalmente non ha titoli accademici ma la sua notorietà eccezionale gli poteva aprire le porte del Collegio di Francia. Non è così: si deve considerare che questo geografo di talento, ma libertario e abbastanza originale, non trova collocazione nell'istituzione. Dopo l'uscita dell'ultimo volume della Nuova Geografia universale, nel 1894, viene chiamato dall'Università libera di Bruxelles. In realtà, l'arrivo di un geografo libertario viene contestato e in definitiva respinto da numerosi docenti. Così Eliseo, suo fratello Elia e qualche altro insegnante dalle stesse idee, fondano la Nuova Università di Bruxelles, che d'altronde coesiste pacificamente per vent'anni con l'Università libera. I professori non vengono pagati dallo Stato e questa università non riceve alcuna sovvenzione. Così Reclus deve darsi da fare per guadagnarci un po' di denaro con le sue pubblicazioni e i suoi lavori di cartografo per assicurare delle entrate al corpo insegnante che lavora con lui. È anche assorbito moltissimo nella realizzazione di un gigantesco globo in rilievo, perché Eliseo Reclus s'è sempre preoccupato dei problemi connessi ad un'esatta riproduzione della terra. Ma soprattutto dedica le sue ultime forze a un'opera che egli considera come il coronamento delle sue fatiche. L'Uomo e la Terra, in 6 Tomi. Reclus la definisce "Un'opera di geografia sociale" in cui tratta tre temi da lui considerati fondamentali: "La lotta tra le classi, la ricerca dell'equilibrio e il ruolo primario dell'individuo". È un vasto affresco storico delle lotte e dei progressi dell'umanità dalla preistoria fino agli inizi del XX secolo. Ma è pure (i due ultimi tomi) un trattato di geografia umana generale. Malato da qualche tempo, muore a Thourout, in Belgio, il 4 luglio 1905. Suo nipote Paolo Reclus, figlio di Elia, si incaricherà di far uscire gli ultimi cinque volumi e gli succede alla testa dell'Istituto di geografia della Nuova Università di Bruxelles, che scompare nel 1914.


WUMME - Faust

Non posso avere soddisfazione

ciò di cui ha bisogno è amore                  

lentamente cammina l’oca

vedi delle scarpe nello specchio della tua mente

il trucco va veloce

interrogo il tuo specchio cieco sugli economisti stanchi

viaggio attraverso la lingua

pronto a cadere 

ding  dong e un bel risultato - 

per me c'è uno spuntino sul prato 

e la congiura che ho 

e il cancello che ho 

e la partita che ho 

una magnifica ragione senza senso 

per stare in riga mantenendomi in riga 

tenendomi  su 

spacca il suono 

hai perso l'opportunità 

di capire 

l'incidente rosso 

sei una forchetta da frutta 

e i soldi che cerchi 

e la dama che cerchi     - 

e il centro che cerchi 

una magnOca  ragione senza senso 

per stare in riga mantenendomi In riga 

tenendomi  su 

spacca il suono

hai perso l'opportunità 

di capire 

l'incidente è rosso                               

supponiamo  di essere o non essere 

disse l'angelo alla regina 

alzo la mia sottana quando fa la ruota 

mentre parla la sua bocca è piena di aglio 

bianco si bianco 

la nostra sfortuna                                   ' 

si disse di essere libera 

e tu hai obbedito 

dobbiamo   decidere ciò che è importante 

una  guerra che  non vedremo  mai 

o una strada così nera  che i bambini muoiono 

un sistema e  una teoria 

o il nostro desiderio di essere liberi 

di  organizzare e analizzare 

e alla fine capire che nessuno sa 

se è  veramente successo. 

(dal LP Faust, 21 settembre 1971)


Benvenuti nell’era del progresso

Viviamo tempi bui, minacciosi: siamo testimoni di guerre in costante proliferazione e genocidi perenni, di un capitalismo globale predatorio, di un militarismo aggressivo, di una sorveglianza e  di una repressione senza precedenti da parte dei governi, di un'ipocrita "guerra al terrorismo" che in realtà funge da copertura per attaccare il dissenso e le libertà, del rischio incessante di crolli finanziari e depressioni economiche a livello mondiale, della sesta grande estinzione nella storia della Terra, del cambiamento climatico e di un tracollo sistemico a livello planetario. Gli scienziati dicono che siamo giunti al punto critico di un collasso ecologico globale, e forniscono i dati sulla rapidità sconcertante con cui si verificano alcuni catastrofici mutamenti, come lo scioglimento dei ghiacciai e la desertificazione delle foreste. Benvenuti nell'era del "progresso". Ideologia modernista per eccellenza, il progresso è sempre stato visto  come l'espandersi dell'impero umano   sugli animali e sulla natura; come assoggettamento all'uomo di altre specie e del mondo naturale; come superamento dello stadio  "primitivo", "selvaggio e "barbaro" dell'esistenza urnana premoderna. Il progresso viene misurato sulla base del dominio sulle altre specie e sull'ambiente, e come passaggio da  culture premoderne “sottosviluppate" ad avanzate società tecnico-scientifiche, meccanicistiche e  dominate dal mercato.

 

giovedì 2 marzo 2023

Ho girato il mondo da uomo libero – Eliseo Reclus parte III°

Nel 1864, Reclus conosce Bakunin e aderisce, col fratello, alla società segreta "La Fratellanza Internazionale", lo segue nelle attività dell'Internazionale dei lavoratori, in cui incontra i sostenitori di Marx, coi quali gli anarchici entrano ben presto in contrasto. Marxisti ed anarchici divergono sul cammino da seguire per arrivare alla liberazione dei lavoratori. I primi ritengono che non si debba trascurare la via legale e attribuiscono un ruolo primario all'organizzazione, mentre gli anarchici son convinti che sia illusorio progettare la rivoluzione per tale cammino. Marx ed Engels del resto parlano dei fratelli Reclus in termini ironici e spregiativi. Le idee anarchiche di Eliseo Reclus si radicalizzeranno ancor più all'epoca della Comune di Parigi. Naturalmente, segue con partecipazione gli inizi del moto, coi suoi fratelli Elia e Paolo. Dinanzi all'atteggiamento rinunciatario dei versagliesi nei confronti dei prussiani, i fratelli Reclus entrano in un battaglione di federati. Ma per Eliseo Reclus il combattimento è brevissimo, perché vien fatto prigioniero fin dai primi d'aprile del 1871 e imprigionato nella rada di Brest. La sua fama di scienziato gli permette di godere di condizioni detentive relativamente favorevoli. Può persino disporre di una parte della sua documentazione per proseguire il suo lavoro. È in prigione che negozia con Templier, delle edizioni Hachette, il suo contratto per la redazione di una Geografia universale. Nel novembre del 1871, viene condannato alla deportazione in Nuova Caledonia. Questa condanna non passa sotto silenzio e un gruppo di scienziati stranieri (inglesi ed americani) ottiene dal governo francese, nel febbraio del 1872, la commutazione della sua pena in dieci anni di esilio. Reclus ammanettato, lascia la Francia per la Svizzera, dove raggiunge suo fratello maggiore che vi si era già rifugiato. Ben presto Reclus riprende i contatti con i suoi amici anarchici (Bakunin è a quel tempo a Zurigo), ma si dedica soprattutto al suo lavoro di geografo. Nell'estate del 1872 ha firmato un contratto con le edizioni Hachette per la redazione di una Nuova Geografia universale. Deve conservare questo lavoro e guadagnarsi da vivere. Per entrare in possesso di informazioni aggiornate, Reclus non esita ad andare nei paesi che deve descrivere. Quindi viaggia enormemente, s'informa presso i suoi amici geografi o anarchici. Quando costoro riuniscono ambedue le qualità, è l'ideale. È il caso di Kropotkin. I due si incontrano nel 1877 e resteranno amici fedelissimi. Kropotkin ha aiutato moltissimo Reclus nella redazione del volume della Geografia universale dedicato alla Russia. Insieme, collaborano pure a mettere in piedi un nuovo orientamento del movimento anarchico, l'anarchismo comunista, che condanna la proprietà privata: "Il nostro comunismo non è né quello dei falansterii, né quello dei teorici autoritari tedeschi. E il comunismo anarchico, il comunismo senza governo, quello degli uomini liberi. È la sintesi dei due fini perseguiti dall'umanità nei secoli, la libertà economica e la libertà politica". (Kropotkin, La Conquista del Pane). Malgrado l'interesse che ha verso il movimento anarchico, Reclus non ha tempo da dedicargli. Tuttavia scrive qualche articolo e sostiene finanziariamente alcune pubblicazioni anarchiche. La massima parte del suo tempo va alla stesura della Nuova Geografia universale, opera colossale: 19 grossi volumi. Insegna anche all'università di Neuchâtel dove per parecchi anni tiene conferenze di geografia sul Mediterraneo. Nel 1879, la Camera dei deputati vota un'amnistia parziale che si applica ai fratelli Reclus, ma Eliseo rifiuta di rientrare in Francia finché tutti i comunardi non saranno amnistiati: bell'esempio di rettitudine politica.


The Walk – Robert Zemeckis

Il film ricostruisce infatti la folle ambizione e i folli sforzi di Philippe Petit, di fare delle torri gemelle ancora in costruzione, nel 1974, il teatro di una performance da consumare nell'arco di pochi minuti, durante i quali egli sarebbe passato da una torre all'altra camminando in equilibrio su di una corda tirata tra l'una e l'altra. È il protagonista stesso a raccontare le sue imprese in flashback, guardandoci dritto negli occhi attraverso l'obbiettivo, da sopra la Statua della Libertà, con le torri digitalmente ricostruite sullo sfondo. Quella di Petit è una vita con tanti ostacoli: la sua famiglia non approva il suo interesse verso i giochi circensi e il funambolismo, arrivando a cacciarlo di casa, la paura fa la sua parte e i divieti delle forze dell’ordine si fanno insistenti. Ma mai come questa volta, il suo progetto diventa una sfida e, infine, una vittoria. Questo film, diretto da Robert Zemeckis, racconta la storia vera di una giovane sognatore, il funambolo Philippe Petit, che diventerà famoso per la sua traversata storica e molto pericolosa: attraversare le Torri Gemelle del World Trade Center su di un filo d’acciaio e senza nessuna sicurezza. Un sfida contro tutti. 

Il funambolismo è per Petit è un viaggio, è un confronto faccia a faccia con la morte.…

Ma il funambolismo non è un’arte della morte, ma un’arte della vita, della vita vissuta al limite del possibile. Ovvero della vita che non si nasconde alla morte, ma la guarda dritta in faccia.…

Il funambolismo è un’arte solitaria, è un modo di affrontare la propria vita, nell’angolo più oscuro e più segreto di noi stessi. Il libro è la storia di un’esplorazione, un racconto esemplare dell’umana ricerca di perfezione».

Il funambolismo, dunque, come metafora perfetta della fragilità e precarietà della vita umana, vissuta sempre ad un passo dal baratro, ma non per questo meno degna di essere vissuta, con lo scopo di trasformare questa passeggiata su un filo in un’opera d’Arte. E durante il percorso scoprire e trascendere i propri limiti. «Entro in un mondo mistico e misterioso quando cammino nel vuoto. Il mondo del Vuoto è abitato da energie e divinità, non è affatto vuoto e lo visito il più spesso possibile. Quando prendo il bilanciere e inizio a camminare nel vuoto, quello è il mio Altro Mondo. È un luogo caratterizzato da grande sicurezza, bellezza e silenzio. Sono totalmente assorbito e presente a me stesso. Per la maggior parte del mio tempo non vivo qui sulla terra. Vivere con i piedi per terra, lo trovo pericoloso e spesso spiacevole. E dopo mesi e anni a preparare la mia performance, finalmente arriva l’attimo in cui sto per entrare nell’Altro Mondo. Ho questo pazzo mondo che mi aspetta ed è tutto mio, totalmente creato da me e sono felice! Divento metà uccello e metà uomo, questa è la mia dimensione». (Philippe Petit)






Stiamo perdendo la guerra

Stiamo vincendo qualche battaglia nella lotta per costruire un mondo dignitoso e vivibile per gli esseri umani, gli animali e l'ambiente. Però stiamo perdendo la guerra. La guerra contro l'avidità, la violenza, l'accaparramento, il profitto e il dominio. La guerra contro la supremazia classista, il potere gerarchico, la repressione statale, le multinazionali, le banche mondiali, l'aggressione imperialista e il militarismo. La guerra contro i sistemi in metastasi della crescita economica, dello sviluppo tecnologico, della sovrapproduzione e del consumismo. La guerra per fermare il tracollo biologico e l'eco-disastro planetario. La guerra per salvare le foreste, gli oceani, i fiumi, le paludi, le  montagne e il suolo. La guerra per tutelare la biodiversità. La guerra contro l'olocausto animale. La guerra  contro i signori della guerra e il loro implacabile assalto al pianeta e a tutte le forme di vita. Dobbiamo concentrare il nostro sguardo su una scomoda verità. Nonostante l'impegno dei movimenti sociali, animalisti e ambientalisti degli ultimi quarant'anni, e dei movimenti anticapitalisti negli ultimi due secoli, stiamo perdendo terreno nella battaglia per la democrazia, l'uguaglianza, l'autonomia, l'ecologia, la pace e la sostenibilità. Negli ultimi trent'anni il neoliberismo e il capitalismo globale hanno distrutto le socialdemocrazie, ampliato il divario tra ricchi e poveri, cacciato gli agricoltori dalle loro terre, attaccato i popoli indigeni e imposto il mercato al mondo intero, intensificando intanto la guerra agli animali e l'aggressione a tutti gli ecosistemi e alla Terra intera.