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giovedì 26 settembre 2019

NEL NOME DEL PROGRESSO

Nel nome del progresso, lo sviluppo su scala mondiale e l'impero stanno schiavizzando l'umanità e distruggendo la natura, dappertutto. Il rullo compressore noto come globalizzazione ha assorbito quasi ogni opposizione, schiacciando la resistenza per mezzo di un sistema capitalistico e tecnologico implacabile e universalizzante. Un senso di fatalità prossimo al nichilismo viene accettato come risposta inevitabile alla modernità.
Ma le ragioni che stanno dietro al cambiamento globale si palesano agli occhi di chi voglia esaminarne i presupposti fondamentali. Il degrado della vita, che avanza a pieno ritmo in ogni ambito, deriva dalle dinamiche della civilizzazione stessa. L'addomesticamento degli animali e delle piante, un processo vecchio di appena diecimila anni, ha pervaso ogni centimetro quadrato del pianeta. Il risultato è l'eliminazione dell'autonomia e della salute individuale e comunitaria, oltre alla distruzione dilagante e accelerata, del mondo naturale. La globalizzazione non è una novità. La divisione del lavoro, l'urbanizzazione, la conquista, l'esproprio e le diaspore sono state parte integrante e fardello della condizione umana sin dall'inizio della civilizzazione. Ma la globalizzazione spinge il processo di addomesticamento a nuovi livelli. Adesso il capitale mondiale vuole sfruttare tutta la vita a disposizione; questo è uno dei tratti caratteristici e originali della globalizzazione. Agli albori del Ventesimo secolo, alcuni osservatori constatarono l'instabilità e la frammentazione che necessariamente accompagnavano la modernizzazione. Queste diventano ancora più evidenti nella fase attuale, molto probabilmente quella terminale. Il progetto di integrazione attraverso il controllo planetario provoca ovunque disintegrazione: maggior sradicamento, ripiegamento, inutilità... e nulla di tutto questo è comparso nel volgere di una notte. 

La Musica Ribelle 1969 PEACE & LOVE – parte terza

APRILE
I Who pubblicano TOMMY, "la prima opera della storia rock" (in realtà i Pretty Things hanno già pubblicato da qualche mese SF SORROW  e Ray Davies ha già scritto ma non ancora edito il suo ARTHUR, "declino e caduta dell'Impero Britannico”).
Frank Zappa, ancora con i Mothers Of Invention, inaugura la sua nuova etichetta Bizarre con il doppio UNCLE MEAT, riunendo nastri live e in studio degli anni precedenti. 
Dopo essere stato accusato di essere un zio Tom, James Brown si fa portavoce dell'orgoglio razziale con una canzone che fa il giro del mondo, Say It Loud, I’m Black I’m Proud.
Sly Stone gli fa eco con Don't Call Me Nigger, Whitey, incluso in un album epocale come STAND!
Leonard Cohen bissa il meraviglioso esordio di due anni prima con un L.P. altrettanto bello e intenso, SONGS FROM A ROOM; è l'album di Nancy, di Bird On The Wire.
Nuovi talenti crescono: debuttano i Taste del grande Rory Gallagher, Roy Harper firma FOLKJOKEHOPUS, i Savoy Brown si confermano maestri di rock blues con BLUE MATTER
Dusty Springfield va a Memphis come Aretha per un progetto di soul bianco che riesce a metà. DUSTY IN MEMPHIS sarà comunque un mito per molti e Son Of A Preacher Man una delle canzoni più ricordate del periodo.
Va di moda il rock sinfomèlo dei Moody Blues. Esce ON THE THRESHOLD OF A DREAM, seguito a novembre da un altro pasticcione ben venduto, TO OUR CHILDREN'S CHILDREN'S CHILDREN.
Nuove frontiere del blues texano; Johnny Winter debutta con due album in poche settimane, THE PROGRESSIVE BLUES EXPERIMENT e JOHNNY WINTER.
Giunti a un passo dallo scioglimento, i Soft Machine reagiscono con un ottimo VOLUME TWO. Nuova formazione in trio, Hopper. Ratledge e Wyatt non c'è più Kevin Ayers.
Bob Dylan sciocca il mondo musicale con NASHVILLE SKYLINEHa addomesticato la voce e relegato in un angolo il rock blues per una raccolta di canzoni sentimentali e country. 
MAGGIO
La Palma d'oro del festival di Cannes va a Easy Rider, il film di Dennis Hopper che consacra il nuovo mondo giovanile americano  e la sua musica preferita, il rock. La colonna sonora fa epoca, con canzoni di Steppenwolf, jimi  Hendrix Experience, Fraternity Of Man, Byrds e Roger McGuinn. 
Controffensiva della vecchia generazione: Frank Sinatra torna in classifica anche in Europa con My Way,  cover
firmata da Paul Anka di un brano di Claude  Francois. 
Anche Elvis reagisce allo strapotere hippy con una delle sue canzoni più  fortunate, In The Ghetto, che anticipa di qualche settimana un album tra i suoi migliori: FROM ELVIS IN MEMPHIS. Li presenterà dal vivo in estate nel corso di una serie di show a Las Vegas, tornando sulle scene dopo un'assenza di otto anni. 
Esce alla chetichella il primo album  di Joe Cocker con la Grease  Band, WITH A LITTLE HELP FROM MY FRIENDS.  
Uscita invece alla grande per il primo album dei Chicago Transit Authority: resterà nelle classifiche USA tre anni di fila, conquistando milioni di appassionati con il suo originale blend di pop. jazz e rock. Di lì a poche settimane la band sarà costretta ad abbreviare la sigla in Chicago per le proteste del sindaco Richard Daley (quello citato nella famosa canzone di Graham Nash).
Traffic non ci sono più ma la Island li onora con un LP di inediti e live, LAST EXIT
Neil Young pubblica il primo capolavoro, EVERYBODY KNOWS THIS IS NOWHERE, registrato con i neonati Crazy Horse. 
Un miraggio californiano: IT'S A BEAUTIFUL DAY, disco d'esordio dell'omonimo gruppo guidato dal violinista David La Flamme.
Esce l'album più bello e famoso dei Procol Harum, A SALTY
DOG. Secondo LP per Joni Mitchell, CLOUDS, con canzoni memorabili come Both Sides Now e Chelsea Morning
Una luminosa ipotesi di jazz folk rock: HAPPY SAD di Tim Buckley. 
Deluso dall'involuzione del movimento radicale, in crisi, depresso, Phil Ochs pubblica un album dal titolo eloquente: REHEARSALS  FOR A RETIREMENT,"prove di pensionamento”. 
Roscoe Mitchell, Joseph Jarman, Lester Bowie e Malachi Favors si trasferiscono da Chicago a Parigi e diventano l'Art Ensemble of Chicago. In tre anni incideranno una dozzina di LP e cambieranno il corso del nuovo jazz. 

“L’ANTISTATO”, quaderni clandestini

Durante il periodo fascista, gli oppositori del regime studiarono molti sistemi per far propaganda fra la gente, preoccupandosi sempre di non incappare nelle maglie della polizia. Un modo abbastanza inusuale è stato quello adottato da Vincenzo Toccafondo che per quindici anni riuscì a compilare a cadenza mensile un bollettino scritto a mano da lui stesso e intitolato «L’Antistato - Rivista Mensile 
Libertaria», in unica copia su normali quaderni di scuola e passato di mano in mano fra persone fidate.Questo tipo di propaganda è risultato di assoluta sicurezza, infatti, pur costantemente vigilato, come risulta dai rapporti periodici della polizia, ora conservati nel Casellario Politico Centrale presso l’ Archivio Centrale dello Stato, riesce così bene a non destare sospetti che in una nota dell’ aprile 1931 (cioè sei anni dopo l’uscita del primo numero dell’«Antistato») la polizia può scrivere che: «Non risulta faccia propaganda sovversiva». L’uscita di questa rivista, dicevamo, è regolare fino al giugno 1940 mese in cui, come si legge sempre in una nota di polizia a lui dedicata : «Dato l’attuale stato di emergenza, essendo ritenuto capace di turbare l’ordine pubblico, viene fermato ed il 24 giugno 1940 tradotto nel campo di concentramento di Manfredonia».
Dopo una permanenza nella colonia di Pisticci, verrà liberato nel 1943 ed il 31 agosto di quell’anno farà ritorno a Genova ove continuerà a svolgere propaganda anarchica fino alla sua morte avvenuta nel 1980.
Nei bollettini è sempre presente una parte dedicata all’esame della situazione italiana, ma non mancano riferimenti agli anarchici del passato e alla loro attività. In alcuni numeri appaiono anche, in appendice, i Bozzetti sociali una specie di brevi racconti che se rapportati alla vita di sessant’anni addietro, possono senz’altro essere ritenuti efficaci nel propagandare l’idea anarchica fra la gente.

giovedì 19 settembre 2019

Anarchismo e azione individuale

Per Emile Armand l’anarchismo è innanzitutto una filosofia di vita, non è solo un modo di praticare i rapporti sociali ma anche di vedere il mondo. Egli afferma che l’anarchico, nel senso forte della parola, è quell’individuo che esprime un’insofferenza esistenziale contro ogni forma d’autorità, che lotta contro il potere perché, prima di tutto, questo lo opprime direttamente, poi perché opprime anche gli altri. Naturalmente non vengono sottovalutate le possibili considerazioni sociali, collettive e inter-umane, ma il fattore determinante è rappresentato dall’azione condotta in prima persona, nel senso che è sempre il singolo soggetto l’alfa e l’omega di ogni riferimento giustificativo della prassi, la vera e unica certezza che dà valore agli scopi della lotta, la sola fonte che illumina la condotta umana.
L’azione individualistica anarchica consiste nello sviluppare l’odio, il disgusto, il disprezzo personale per la dominazione dell’uomo sull’uomo per mezzo dell’uomo, delle collettività sopra o per mezzo dell’individuo. Consiste nel creare uno spirito di critica permanente ed irriducibile verso le istituzioni che insegnano, mantengono, preconizzano la dominazione degli uomini sopra i loro simili. E non soltanto contro le istituzioni, ma altresì contro gli uomini che queste istituzioni rappresentano, poiché e per opera di quelli che conosciamo queste. Infatti l’autorità è un astrazione, la si conosce solo attraverso i suoi rappresentanti e i suoi esecutori, esiste, per ciascuno di noi, sotto-forma di deputati, giudici, gendarmi, carcerieri, agenti delle imposte, contribuenti, elettori.

La Musica Ribelle 1969 PEACE & LOVE – parte seconda

MARZO
Dopo il concerto del 1 marzo al Dinner Key Auditorium di Miami, Florida, Jim Morrison è denunciato per atti osceni in luogo pubblico, ubriachezza e altri reati minori. Un mese più tardi sarà arrestato a Los Angeles per avere cercato di sottrarsi alla giustizia. Sono due colpi fatali per la carriera dei Doors, da qui in avanti osteggiati da impresari e agenzie di spettacoli, e con popolarità in declino. 
Al Green pubblica il primo, timido L.P. BACK UP TRAIN
Esordio dei Colosseum con THOSE WHO ARE ABOUT TO DIE, SALUTE YOU. A novembre sono già pronti a bissare con quello che sarà considerato il loro capolavoro: VALENTINE SUITE
Primo album postumo dei Cream, GOODBYE, mix di pezzi in studio e live proprio come il vendutissimo WHEELS OF FIRE
I Quicksilver Messenger Service firmano il loro capolavoro, HAPPY TRAILS. Sono così ispirati che entro la fine del 1969 daranno alle stampe un altro L.P. SHADY GROVE, meno rock, più melodico. 
Ormai ridotti al rango di "has been", i Beach Boys pubblicano 20/20. lanciato da I Can Hear Music, cover di una vecchia canzone delle Ronettes. 
I Bee Gees esagerano, in tutti i sensi: la loro nuova opera è un doppio L.P. con una copertina di velluto rosso. ODESSA, con arrangiamenti di pop mélo. 
Diventato tiranno dei Byrds. unico tra i membri fondatori rimasto, Roger McGuinn mette alla frusta i suoi con due album in pochi mesi:  DOCTOR BYRD AND MISTER HYDE a inizio primavera e BALLAD OF EASY RIDER a dicembre. 
Esce per la Ricordi il primo LP di Lucio Battisti. che raccoglie 45 giri già usciti e sue versioni di brani prestati ad altri: ci sono Io vivrò, Non è Francesca, Un'avventura, 29 settembre.
Serge Gainsbourg impazza nelle classifiche europee con una scandalosa canzone erotica cantata con la compagna Jane Birkin, Je t'aime, moi non plus. Aveva già inciso lo stesso pezzo qualche mese prima con Brigitte Bardot ma il nuovo fidanzato dell'attrice si era opposto alla pubblicazione.
Debutta la nuova formazione dei Blood, Sweat & Tears, senza più Al Kooper, con David Clayton-Thomas. Il loro secondo L.P. rimane in testa alle classifiche USA quasi due mesi, stabilendo un nuovo standard di raffinato jazz rock orchestrale.
I Velvet continuano senza John Cale con il terzo, omonimo album. È il disco di Pale Blue Eyes, Candy Says, Beginning To See The Light
Secondo album per Roger Chapman e i Family: ENTERTAINMENT
Gli sconosciuti Genesis debuttano con l’altisonante FROM GENESIS TO REVELATION. Hanno aggiunto parti orchestrali per sembrare i Moody Blues ma non funziona: a fine anno, vuole la leggenda, la Decca contabilizza 650 copie vendute.  
Il 12 Paul McCartney sposa Linda Eastman. 
Il 20, al consolato britannico di Gibilterra, John Lennon si unisce in matrimonio con Yoko Ono. Un mese dopo, cambierà il suo nome da John Winston in John Ono. A maggio esce il secondo album della coppia, UNFINISHED MUSIC N.2 – LIFE WITH THE LIONS.

Noi riconosciamo la piena e completa libertà dell'individuo

Il principio egualitario riassume gli insegnamenti dei moralisti; ma contiene anche qualcosa di più. E questo qualcosa  il rispetto dell'individuo. Proclamando la nostra morale egualitaria e anarchica, noi rifiutiamo di arrogarsi il diritto che i moralisti hanno sempre preteso di esercitare - quello di mutilare l'individuo in nome di un certo ideale che credevamo buono. Noi non riconosciamo a nessuno questo diritto; nè lo pretendiamo per noi.
Noi riconosciamo la piena e completa libertà dell'individuo; noi vogliamo la pienezza della sua esistenza, il libero sviluppo di tutte le sue facoltà. Noi non vogliamo imporgli nulla, e ritorniamo così al principio che Fourier opponeva alla morale delle religioni, quando diceva: “Lasciate gli uomini  assolutamente liberi; non lì diminuite - le religioni lo hanno già fatto abbastanza. Non temete nemmeno le loro passioni: in una società libera esse non presenteranno alcun pericolo. Purché voi stessi non abdichiate alla vostra libertà; purché voi stessi non mi lasciate asservire dagli altri; purché voi opponiate alle passioni violente e antisociali di qualche individuo le vostre passioni sociali, altrettanto vigorose; allora voi non dovrete temere nulla della libertà”.
L'uomo che si ribella alla vista di un'ingiustizia senza temere le conseguenze, e nel momento in cui tutti curvano la schiena, smaschera invece l'iniquità, colpisce lo sfruttatore, il piccolo tiranno dell'officina o il garantiranno dell'impero.

giovedì 12 settembre 2019

LA TOLLERANZA di Camillo Berneri

La tolleranza ha, dunque, due piani di possibilità: quello intellettuale e quello morale. Quanto al primo è tollerante colui che conoscendo il valore dello scambio di idee, della loro fusione o contrasto, non respinge aprioristicamente le ideologie altrui, ma si accosta ad esse e tenta penetrarle; per trarne ciò che vi è di buono.
Questa tolleranza è abbastanza frequente fra le persone colte e chi prova l’assillo del pensiero riesce ad acquistarne l’abito. La naturale conseguenza di questa tolleranza sarà il rispetto per qualsiasi espressione di qualsiasi credo religioso, filosofico, estetico.
Quanto al secondo è tollerante colui che, pur avendo fede in un gruppo di principi e sentendo profondamente la passione di parte, comprende che altri, per il loro carattere, per l’ambiente in cui vivono, per l’educazione ricevuta, ecc., non partecipa alla sua fede e alla sua passione. La distinzione tra il male e il malvagio, tra la tirannide e gli oppressori è scolastica, e chi concepisce la vita come lotta per il bene e per la libertà deve combattere coloro che intralciano la sua opera di redenzione. Ma il suo spirito, pur negando come formalistica la distinzione sopracennata nei riguardi del problema morale dell’azione, giunge a combattere senza l’odio bruto che non sa la pietà e non aspira ad un mondo in cui la violenza non sia più necessaria.
Tolleranza, dunque, non è scetticismo intellettuale né apatia morale.
Parrà ad alcuno che, dati i tempi che corrono e data la nostra condizione di vinti, sia inutile e fors’anche fuori di luogo il trattare della tolleranza. Mi pare, invece, proprio questo il momento opportuno. L’intolleranza degli altri ci mostra la sua faccia briaca. Guardiamola, prima che la bufera trascini anche noi.
I fascisti che bruciano i giornali di opposizione sono, per lo più quegli stessi sovversivi che non leggevano che i giornali del proprio partito e ci giuravano sopra. I fascisti che fanno a pezzi le bandiere rosse sono, per lo più, quelli che non volevano che i preti suonassero le campane, che disturbavano le processioni, che offendevano gli ufficiali, ecc. Là dove l’ineducazione sovversiva era maggiore il fascismo s’è sviluppato prima e più largamente. Perché l’intolleranza della violenza spicciola è il portato della miseria e grettezza intellettuale e di una scarsa e deviata sensibilità morale.
Che cosa hanno fatto i dirigenti dei partiti di sinistra per combattere l’intolleranza bruta? Ben poco. Erano quasi tutti tribuni.
E il tribuno è il servo della folla.
L’intolleranza cieca e brutale ha disperso in mille sensi l’energia aggressiva delle avanguardie. Invece di concentrarsi sui punti vitali delle difese borghesi e statali s’è divisa e suddivisa in piccole azioni sporadiche.
Piccoli fuochi di paglia, bastanti a svegliare il cane di guardia ed insufficienti a dar fuoco alla casa. Bisogna che i rivoluzionari coscienti non si lascino intenerire dalle violenze inutili, dalle malvagità. La rivoluzione è una guerra, e chi l’accetta non può perdersi dietro all’episodio singolo. Ma in un periodo pre-rivoluzionario è necessario che la tolleranza dei coscienti costringa per quanto può la violenza acefala nei limiti di un’azione diretta contro nemici reali e in un periodo post-rivoluzionario è necessario che i tolleranti intervengano contro le inutili e vili rappresaglie, che servirebbero di pretesto alla dittatura.
La tolleranza è un concetto squisitamente nostro, quando non si intenda con questo termine il menefreghismo.
L’anarchia è la filosofia della tolleranza.

La Musica Ribelle 1969 PEACE & LOVE – parte prima

GENNAIO
Gli stupidissimi Marmalade e Scaffold in testa alle classifiche GB  (Ob La Di Oh La Da e Lily The Pink). In USA primo è Marvin Gaye con I Heard It Through The Grapevine
Ultima  performance  dei Beatles, sul terrazzo degli Apple Studios a Saville Row, durante le riprese del film Get Back.
Il 13 Elvis Presley torna a registrare a Memphis per la prima volta dai tempi della Sun Records. In due serie di sedute, gennaio e febbraio, agli American Sound Studios, registra un paio di album e una mezza dozzina di singoli che riscuoteranno grande interesse. 
Con Proud Mary esplode il fenomeno Creedence Clearwater Revival. Il 1969 sarà l'anno santo dei fratelli Fogerty e del loro neo rockabilly: due album nei negozi e ben tre singoli di successo (Bad Moon Rising, Green River, Fortunate Son). 
Anno santo anche per i Fairport Convention, che in 12 mesi offrono agli appassionati di folk revival tre album memorabili: WHAT WE  DID ON OUR  HOLIDAYS, UNHALFBRICKING e LIEGE AND DEE
Gli Spirit confermano il momento di grazia con THE FAMILY THAT PLAYS TOGETHER, il loro secondo album. Proseguiranno a luglio con CLEAR, lasciando tiepido il grande pubblico ma entusiasmando i fan.
Joan Baez rende omaggio all'"amico Bob" con un doppio LP di sue cover — ANY DAY NOW
È l'anno dei Ten Years After: escono a distanza di pochi mesi STONEDHENGE e SSSSH.
Peter Green e i Fleetwood Mac volano a Chicago e coronano  un sogno registrando ai Ter-Mar Studios con alcuni musicisti della Chess Records, da Otis Spann a Willie Dixon. Ne viene un celebre doppio, Fleetwood Mac IN CHICAGO.
Non  si chiama ancora Prog ma ci siamo: i Van der Graf Generator pubblicano AEROSOL GREY MACCHINE
Il Festival di San Remo è molto più bruttino degli ultimi anni. Gli unici brividi vengono da Lucio Battisti, che in coppia con Wilson Pickett canta un R&B, Un'avventura. Intanto Mogol e Battisti volano a sorpresa nelle classifiche britanniche grazie a If Paradise Is Half As Nice, cover de II Paradiso a opera degli Amen Corner. 
FEBBRAIO
Uno dei più grandi album rock di tutti i tempi: il primo LED ZEPPELIN. Esce prima negli Stati Uniti, dove la band si sta facendo le ossa con un lungo tour di spalla a meteore come Vanilla Fudge e Iron Butterfly. 
Marianne Faithfull smette di fare la Joan Baez dei poveri e svela la sua vera anima con un 45 giri crudo e scandaloso, Something  Better/ Sister Morphine
Al  Kooper debutta come solista con I STAND ALONE
Seduta a Nashville della strana coppia Bob Dylan/Johnny Cash. Sul disco nuovo di Dylan apparirà una rilettura in duo di Girl From The North Country
Tornati  in patria, i Fleetwood Mac assistono all'uscita di ENGLISH  ROSE mentre preparano un  nuovo album che sarà pubblicato a settembre, THEN  PLAT ON. Nel corso dell'anno il gruppo cambierà formazione, etichetta e pelle: Peter Green passa dal blues al pop visionario di Man Of The World e Oh Well
Alla Royal Albert Hall di Londra, il giorno 18, grande show con Mason Capaldi Wood & Frog, i Soft Machine e la Jimi Hendrix Experience. Mason e Wood si uniscono in scena a Jimi per alcuni brani, ripresi da una troupe cinematografica per un documentario che non uscirà mai.

Viviamo in un mondo dove nulla è a misura dell’uomo

Viviamo in un mondo dove nulla è a misura dell’uomo; c’è una sproporzione mostruosa tra il corpo dell’uomo, lo spirito dell’uomo e le cose che costituiscono attualmente gli elementi della vita umana; tutto è squilibrio. Non esiste categoria, gruppo o classe di uomini che sfugga a questo squilibrio divorante, ad eccezione forse di qualche isolotto di vita più primitiva.

Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale all’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato e certi presentimenti del futuro, l’essere umano ha una radice. Partecipazione naturale, cioè imposta automaticamente dal luogo, dalla nascita, dalla professione, dall’ambiente. Ad ogni essere umano occorrono radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasi tutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale tramite gli ambienti cui appartiene naturalmente.

Si può intendere per libertà qualcosa di diverso dalla possibilità di ottenere senza sforzo ciò che piace. Esiste una concezione ben diversa della libertà, una concezione eroica che è quella della saggezza comune. La libertà autentica non è definita da un rapporto tra il desiderio e la soddisfazione, ma da un rapporto tra il pensiero e l’azione”.

Disporre delle proprie azioni non significa affatto agire arbitrariamente; le azioni arbitrarie non derivano da alcun giudizio e, se vogliamo essere precisi, non possono essere chiamate libere. Ogni giudizio si applica a una situazione oggettiva, e di conseguenza a un tessuto di necessità. L’uomo vivente non può in alcun caso evitare di essere incalzato da tutte le parti da una necessità assolutamente inflessibile; ma, poiché pensa, ha la facoltà di scegliere tra cedere ciecamente al pungolo con il quale essa lo incalza dal di fuori, oppure conformarsi alla raffigurazione interiore che egli se ne forgia; e in questo consiste l’opposizione tra servitù e libertà.

Perché tutto il resto può essere imposto dal di fuori con la forza, compresi i movimenti del corpo, ma nulla al mondo può costringere un uomo a esercitare la sua potenza di pensiero, né sottrargli il controllo del proprio pensiero.





giovedì 5 settembre 2019

Sacco e Vanzetti e la solidarietà degli anarchici torinesi

Quando nel luglio del 1921 gli anarchici italiani Sacco e Vanzetti furono condannati a morte negli Stati Uniti, la loro causa divenne quella del proletariato mondiale. In tutto il mondo vi furono enormi manifestazioni. Anche nell’Italia fascista, in varie località, si tentò di realizzare delle iniziative in loro favore. Il regime, sebbene da un lato – a causa del fatto che in fondo si trattava di due italiani vittime della demoplutocrazia – avesse ufficialmente assunto una tiepida difesa dei due condannati, dall’altro impediva e reprimeva ogni azione pro Sacco e Vanzetti.
Anche a Torino gli anarchici si attivano in sostegno dei loro compagni condannati a morte in America.
Dal giornale «L’Ordine Nuovo»: “Ieri mattina, nel Teatro del Popolo di corso Galileo Ferraris, ebbe luogo l’annunciato comizio pro Sacco e Vanzetti indetto dall’Unione Anarchica della nostra città. Davanti a un foltissimo pubblico apre il comizio il compagno Acutis per gli anarchici torinesi, il quale dimostra il valore e la necessità delle manifestazioni che in tutta Italia si vanno svolgendo.
Finito il comizio, alcune centinaia di operai si recarono a gruppi davanti al Consolato degli Stati Uniti. Quantunque non fosse avvenuto alcun incidente, il solo fatto di vedere alcune centinaia di sovversivi riuniti in una via fece uscire dai gangheri i tutori dell’ordine.
Dal giornale «La Stampa»: “Un gruppo di anarchici si diresse verso il Consolato Americano in via S. Tommaso 29 per iniziarvi una dimostrazione ostile al grido di ‘Viva Sacco! Viva Vanzetti!’, due detenuti in America sotto l’accusa di omicidio. L’ufficio della squadra politica della Questura aveva però stabilito un servizio di polizia ed i manifestanti furono subito sciolti. Il vicecommissario cav. Pailla operò l’arresto di quattro individui.
Nonostante che il corteo fosse sciolto con la forza dalla polizia, un gruppo di manifestanti, alla spicciolata, cerca ugualmente di raggiungere l’obiettivo. Prendendo per diverse vie si riunirono nuovamente nei pressi del Consolato Americano in via S. Teresa, ma il funzionario ivi di servizio li disperse prima che avessero tempo di tentare qualsiasi manifestazione ostile. Furono arrestati 14 individui quasi tutti anarchici.
Dal giornale la «Gazzetta del Popolo»: “Essendo corsa la parola d’ordine di portarsi in corteo fin sotto le finestre del Consolato americano i dimostranti dovettero rinunciare al loro proposito, distolti dal grande apparato di forze stazionanti in corso Galileo Ferraris e adiacenze. Però una ventina di giovani, in maggior parte anarchici, riuscirono ugualmente passando da parti diverse (via Bertola e via Arsenale), ad avvicinarsi inosservati all’angolo di via Santa Teresa, dove si trova il Consolato. Quivi i carabinieri, che erano stati predisposti in forte numero, impedirono ai dimostranti di procedere, sospingendoli verso via XX settembre. Accorrevano intanto dalla questura centrale altri nuclei di Regie guardie e di agenti investigativi. Nei paraggi del Consolato fu operato il fermo di cinque persone e altre nove furono arrestate in via XX settembre. Tutti gli arrestati furono condotti in Questura e quivi trattenuti. Pare che saranno deferiti all’autorità giudiziaria. Nel pomeriggio furono operate delle perquisizioni al domicilio degli arrestati, perché, come si è fatto notare, trattasi per lo più di elementi anarcoidi. In una di queste, e precisamente nell’abitazione di certo Giuseppe Prato, il vice commissario avvocato Camilleri ha sequestrato una bomba SIPE”.
Il giornale «L’Ordine Nuovo»conclude il suo articolo sui fatti del 17 ottobre del 1921, dicendo: “Da quanto ha riferito la questura nella casa di un anarchico furono trovati molti libri sovversivi ed una bomba. Finora non è ancora avvenuto il rilascio degli arrestati. A quanto pare se in America si piange in Italia non si ride”.

EASY RIDER di Dennis Hopper

Il film ci racconta la storia di due capelloni, l'uno soprannominato «Capitano America» l'altro Billy, che con i soldini messi insieme vendendo la droga decidono, inforcati certi loro possenti trabiccoli a motore, di lasciare Los  Angeles e andare a trascorrere il carnevale a New Orleans. Il viaggio è lungo e avventuroso, ma proprio per questo i due l'hanno intrapreso; per sentirsi giovani e liberi, e scoprire il mondo. Infatti son presto accontentati: respinti dagli albergatori, i quali diffidano della loro tenuta e di quella pessima carta di credito che è la loro rombante, minacciosa motocicletta, sono costretti a passare la notte all'addiaccio, e gli incontri divengono presto bizzarri. Da bravi altruisti quali sono nonostante il gran consumo di marijuana, hanno offerto un passaggio a un autostoppista: eccoli, per cominciare, insieme a lui, in un accampamento di hippie misticheggianti. Un'esperienza che li conforta nel rifiuto della civiltà borghese, ma non li distoglie dal proseguire, dopo una breve sosta con quei bravi ragazzi. Accodatisi a un corteo, finiscono in galera, e qui conoscono un coetaneo alcolizzato, che li aiuta a uscire dal carcere e in cambio ottiene  d'essere iniziato ai piaceri della droga e di unirsi a loro per il resto del viaggio. Mal gliene incoglie, perché nottetempo muore  bastonato da un gruppetto di sconosciuti, simbolo dei benpensanti che si difendono, uccidendo i ribelli, dalla paura della libertà. Arrivati a New  Orleans, i superstiti visitano un bordello di lusso, sfilano con i carri mascherati, e insieme a due ragazze finiscono col drogarsi in un cimitero. Chiusa la cupa cerimonia, costellata
di gemiti e di giaculatorie, decidono di tornarsene a casa.
Senonché, lungo il viaggio, un automobilista sconosciuto li
prende a fucilate e li ammazza. Con questo si vuol dimostrare come ormai l'America, colpita da isterismo inguaribile, abbia minato la statua della libertà, e identifichi l'odio per i giovani col disprezzo della fantasia.

Per comprendere al meglio la forza sovversiva dell’immaginario di Easy Rider dobbiamo però rileggere il contesto di quell’epoca. Siamo nel 1969 e gli Stati Uniti si trovano in uno dei periodi più bui della propria storia’, iniziato qualche anno prima con l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy: da una parte la guerra del Vietnam è arrivata alla massima escalation di violenza (proprio quell’anno la presenza americana raggiunse il picco storico di 550.000 soldati), dall’altra le tensioni interne esplodono in un cortocircuito che è sì razziale e sociale, ma anche e soprattutto generazionale. In quell’anno, Dennis Hopper e Peter Fonda diedero vita, anima e corpo, a una delle opere
più profonde e genuine sulla libertà, sulla sua essenza più autentica. Easy Rider non è solo un inno disincantato e rabbioso di un'era, ma un caposaldo assoluto per una generazione, o per chi, figlio o soltanto nipote di essa, vi senta ancora di appartenergli. Una ribellione nella società americana del tempo incentrata su dogmi e regole morali che tendevano a evitare, o meglio ostracizzare con ogni mezzo possibile, qualsiasi alito di "stravaganza" per via di un'ottusa paura del diverso, che essa possa essere identificata nel razzismo o in un diktat religioso impresso negli ambienti clericali. Considerato da molti datato, citato più volte come la pellicola simbolo della hippy generation, Easy Rider non è mai stato troppo amato dalla critica, che spesso si è più volte limitata ad analizzare il contenuto nei minimi dettagli, senza comprendere veramente il messaggio e la qualità di una storia attuale e fruibile da chiunque si senta libero di pensiero
e di vivere la vita come meglio crede. Diretto e critico, ma abilmente astuto nel suo finto immobilismo, atto d'accusa contro l'universo dei benpensanti, la pellicola di Dennis Hopper è un emblema di tutte libertà, incluse quelle di scegliere il proprio destino, senza esprimere giudizi di sorta sulle gesta altrui finché esse non intaccano il quieto vivere. Infarcito di frasi ad effetto, ma quanto mai condivisibili, sul puro valore dell'indipendenza di pensiero, Easy Rider è un vibrante urlo di pacifismo e di protesta contro l'assoggettarsi a voleri comuni e incanalati in cieche dighe mentali, un'idilliaca utopia di concetti genuini ma dalla difficile realizzazione. Più memorabile per il suo spirito, che per la mera realizzazione tecnica, senza dubbio meritevole ma non indimenticabile, è come guardare in uno specchio che mostra le brutture e le violenze, psicologiche e materiali, dell'umanità alle prese con le proprie paure e insicurezze, mascherate da presunta "saggezza morale". I sogni possono essere spezzati o infranti, ma non sono mai destinati a morire finché qualcuno avrà ancora la voglia di afferrarne un pugno. Rincorrerli sempre, contro il vento sferzante della vita.
E poi c’è forse l’innovazione più iconica di tutte: l’utilizzo della colonna sonora. Easy Rider è stato uno dei primi film della storia del cinema moderna a fare interamente uso di musiche “non originali”, ovvero non scritte appositamente per la pellicola.

L'industria alimentare è un controsenso - di Luigi Veronelli

"Se vogliamo andare molto, molto avanti, dobbiamo tornare un passo indietro.
Ho scritto e scrivo dei prodotti della terra non solo perché necessari alla sopravvivenza, soprattutto perché esemplari di come un uomo capace possa vivere, e far vivere i propri familiari, in condizioni di benessere. I prodotti - sostengo anche quelli dei luoghi più ostili,  per la durezza delle condizioni ambientali - se portati a compimento della loro terra, se assumono in sé e per sé a causa dell'inimitabilità, valori alti che trovano collocazione ed acquisto alla sola condizione che siano proposti. Proprio da ciò scende l'affermazione: le aziende agricole industriali, quelle che hanno puntato anziché sui contadini,  sui mezzi,  non hanno nei fatti ragione di esistere. Il mezzo, qualsiasi mezzo, che non abbia l'assistenza fisica e intellettuale del singolo uomo, contadino esperto porta a un degrado,  se non ad un  degrado è un'omologazione in qualche modo dannosa. 
Lo stesso identico, per ciò che riguarda la trasformazione dei prodotti della terra. L'industria alimentare è un controsenso da che porta alla pressoché immediata decadenza delle valenze naturali. A parte il fatto che un'industria, per definizione, non può non tendere al profitto senza il purché minimo cedimento da ciò che è "sentimentale". Il contadino e l'artigiano mettono un certo incontro profitto senza il quale non avrebbero la possibilità di vivere e far vivere,  ma ci aggiungono sempre,  per ragioni storiche e culturali, inalienabili contro ogni tentativo,  la volontà del bene eseguito e del coinvolgimento appunto sentimentale."