Translate

giovedì 30 dicembre 2021

Spoliticizzazione delle masse

Il dominio, il potere, nella politica e nella strada, in pace come in guerra, appartiene a chi è meglio equipaggiato tecnicamente. La borghesia è stata sostituita da una classe tecnocratica che non è nata da una rivoluzione antiborghese ma dalla crescente complessità sociale provocata dalla lotta di classe e dall’intervento statale. Sul cammino verso una nuova società basata sull’alta produttività procurata dall’automazione e sull’economia dei servizi, la borghesia si è trasformata in una nuova classe dominante. Questa non si basa sulla proprietà privata o sul denaro, ma sulla competenza e la capacità di gestione; la proprietà e il denaro sono necessari ma non determinanti. La forza della classe dominante non proviene esclusivamente dall’economia, né dalla politica e nemmeno dalla tecnica, ma dalla fusione delle tre in un complesso tecnologico di potere che Mumford chiamò “megamacchina”. Se la tecnica, diventata l’unica forza produttiva, ha permesso il trionfo dell’economia, ora l’economia, creando il mercato mondiale, ha spianato il cammino alla tecnica, e questa impone la dinamica espansiva della produzione di massa al mondo intero. A modo suo ha ridicolizzato la figura dello Stato, degradando la sua storia e il suo ruolo dopo che l’economia lo ha convertito nel padrone più grande e la tecnica lo ha trasformato in un macchinario di governo e di controllo delle masse. Dalla fine del XIX secolo la stabilità del sistema capitalista è stata ottenuta grazie all’intervento dello Stato, che ha messo in atto una politica economica e sociale correttrice. Lo Stato ha smesso di essere una sovrastruttura autonoma per fondersi con l’economia e presentarsi come un terreno neutrale in cui il confronto tra le classi poteva trovare soluzioni. Lo Stato diventava il garante dei miglioramenti sociali, della sicurezza e delle opportunità. Lo Stato “del benessere” fu un’invenzione che assicurava al tempo stesso la rivalorizzazione del capitale e l’acquiescenza delle masse. Al suo interno la politica si trasformava progressivamente in amministrazione, si professionalizzava, si orientava verso la soluzione di questioni tecniche. Quand’anche il regime politico fosse una democrazia, la politica non poteva essere oggetto di discussione pubblica: in quanto esposizione e risoluzione di problemi tecnici richiedeva da un lato un sapere specializzato – era una tecno politica – nelle mani di una burocrazia professionista, e dall’altro un allontanamento – una spoliticizzazione – delle masse. Il progresso tecnico ha ottenuto questa spoliticizzazione. Ha avuto la capacità di isolare l’individuo nella società, circondandolo di marchingegni domestici e immergendolo nella vita privata. D’altra parte, ciascuna tappa del cosiddetto progresso annulla la precedente, sviluppando un dinamismo compulsivo in cui la novità è accettata semplicemente per il fatto di essere una novità e il passato viene relegato all’archeologia. In questo modo crea un continuo presente in cui non succede niente dato che niente ha importanza e in cui gli uomini sono indifferenti.




Eroi o disertori nella prima guerra mondiale

Al Festival di Spoleto del 1964 la presentazione della canzone “disfattista” Gorizia suscita scandalo e le proteste ufficiali di varie associazioni d’arma, nonché alcune interrogazioni parlamentari e l’incriminazione dei responsabili per vilipendio delle Forze Armate (la strofa incriminata recitava: “Traditori signori ufficiali/ questa guerra l’avete voluta/ scannatori di carne venduta (e rovina della gioventù)”. 

Il gruppo dei grufoli

Il giorno 25 giugno del 1915, mentre il Caporal Maggiore passeggiava in via Cavour in Verona fu avvicinato da un soldato di Cavalleria che gli introdusse nella bottoniera della giubba un foglio di carta piegato. Apertolo e accortosi che si trattava di uno stampato “sovversivo” inseguì il distributore il quale, in compagnia di altri due soldati, proseguiva la via continuando a distribuire altri foglietti identici ai militari che incontrava. Insieme a M. L. era il sergente L. e vi si unì anche l’ufficiale di picchetto di Castelvecchio. I tre soldati, accortisi dell’inseguimento, si diedero alla fuga. Due furono raggiunti e identificati nelle persone dei soldati di Cavalleria F. P. e S. F., il terzo si dileguò né fu rintracciato. Iniziatesi le indagini e dopo una perquisizione furono identificati altri nuovi soldati del reggimento, i quali avevano “relazioni fra di loro ed erano collegati in opera criminosa tendente a scalzare la disciplina dell’esercito”. Come elementi a carico degli imputati, furono rinvenute delle lettere contenenti numerose espressioni di indole sovversiva e inneggianti a ideali rivoluzionari; tra le frasi più salienti furono notate: “Carissimo Grufolo saluta tutto il gruppo dei Grufoli” e l’indirizzo al soldato Grufolo Grufoletti, quinto Grufolini, all’interno frasi auguranti il trionfo dell’internazionale anarchica; in un’altra lettera, diretta ai “Carissimi Grufolini”, fu rinvenuto un articolo scritto per un giornale “sovversivo”; due fogli supplemento al “Libertario” intitolati Mentre la tragedia precipita; una foto di gruppo dove S. F. appariva con una fascia a bandoliera su cui si leggeva la parola “ANARCHIA”. Tutti i soldati incriminati furono giudicati colpevoli di propaganda sovversiva e condannati a pene variabili dai dieci ai venti anni di carcere.


L’utilizzo del consenso come abdicazione della libertà

La società dei consumi interiorizza semplicemente la costrizione sociale, trasformando la paura della repressione in vergogna della emarginazione. Il paradosso è che la libertà circolante nella democrazia dei consumi “libera” tutte le forme di licenza corruttrice ed oltretutto miope e contraddittoria in funzione di un unico scopo, quello dell’interesse esclusivamente individuale che, per corrispondenza all’abrasione sociale dell’individualità, elimina semplicemente la relazionalità come condizione e partecipazione all’umanità. Contestare le istituzioni significa, contestare questo monopolio espropriante che mantiene in uno stato di inferiorità e di dipendenza permanente anzi progressiva, gli individui che compongono la società e che invece di maturare attraverso e grazie ad essa sono costretti sempre più e in ogni campo ad obbedire a chi comanda con una giustificazione che riduce di molto la differenza tra metodi violenti e metodi democratici, quando questi si avvalgono di mezzi di persuasione che fanno del consenso una vera e propria abdicazione alla libertà di giudizio e cioè all’esercizio effettivo della coscienza. 


giovedì 23 dicembre 2021

La sociologia urbana di Murray Bookchin

Bookchin si forma da un punto di vista culturale e politico in coincidenza con la crisi economica del ’29, con la guerra di Spagna del ’36 e nel crogiuolo delle lotte operaie che si sviluppano durante il New Deal statunitense prima della seconda guerra mondiale. La sua formazione intellettuale, politica e sindacale è in questo periodo profondamente influenzata dal marxismo militante di quegli anni. Solo dopo la guerra, in corrispondenza con l’avvio della più grande fase di espansione economica capitalistica della storia, Bookchin assume decisamente dei punti di vista libertari, anarchici ed ecologici. Di fronte all’incapacità della sinistra marxista, dei socialisti e dei comunisti - che durante gli anni Trenta avevano conosciuto una vasta popolarità ed influenza sui settori di classe più colpiti dalla crisi, influenza testimoniata dai quasi due milioni di voti che complessivamente raccolgono alle elezioni del ’32 - di organizzarsi in opposizione politica e sociale radicale in un periodo segnato, tra l’altro, dalla famosa caccia alle streghe di McCarthy. Due sono i terreni di riflessione che Bookchin individua a dimostrazione delle evidenti potenzialità distruttive dello sviluppo capitalistico: la crisi della città e la degradazione dell’ambiente naturale. La potente trasformazione della città avviatasi agli inzi del ‘900, dalla quale hanno origine, come sostiene anche Mumford, le prime metropoli - ambienti urbani che si strutturano attorno ai ghetti e che si riproducono sulla base di separatezze, antagonismi e campanilismi - è il primo evidente processo di dissoluzione di un’antica solidarietà che era profondamente radicata tra le classi popolari, tra gli operai ed i proletari dei quartieri storici cittadini, solidarietà basata essenzialmente su un agire e su rapporti essenzialmente comunitari. L’utilitarismo ottocentesco, al quale si rifanno in sostanza le dottrine neo-classiche dell’economia di mercato, sosteneva che la società si fondava sulla messa in comune di scopi di utilità economica, come il guadagno ed il profitto, che a loro volta fondavano un sistema di rapporti contrattuali nei quali il principio del vantaggio reciproco diveniva implicito. Bookchin, invece, sostiene con forza che la coesione dei rapporti sociali si è fondata per lungo tempo sulla solidarietà, sul minimo irriducibile e sull’ usufrutto, concetti che potrebbero sostituire ancor oggi il nostro sacro concetto di possesso e di utilità. La fenomenologia della città ben rappresenta la regressione della comunità umana da consociazione liberamente scelta e fondata sul senso della socializzazione dell’agire politico, ad associazione sociale basata sull’interesse, sull’utilità e sulla delega allo stato della definizione della normatività sociale. Parallelamente all’analisi della città, Bookchin avvia la sua prima riflessione sulla questione ecologica. Per primo egli intuisce che la crisi ecologica è generata dai rapporti di produzione capitalistici; in definitiva è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo che giustifica ed organizza lo sfruttamento della natura Una società gerarchica, sostiene Bookchin, ha una visione gerarchica anche della natura; ma allo stesso tempo l’idea di una natura organizzata in modo autoritario, gerarchico e competitivo rafforza gli istituti dominanti della stessa società. Per questo, a suo avviso, occorre che si ritorni ad una visione diversa della natura, ad una filosofia della natura oggettiva che ne riporti i preponderanti caratteri di solidarietà, ricchezza, mutualismo ed abbondanza. Per Bookchin diventa  assolutamente necessario, per superare le secche in cui si dibatte il movimento, mutare il luogo stesso del conflitto sociale, trasferendolo dalla fabbrica alla società, cioè dal luogo della produzione, spazio che in realtà non è mai stato momento di liberazione, al luogo della socializzazione politica per eccellenza, la comunità cittadina.


SOUR TIMES - Portishead

Fingere che nessuno possa trovare

I difetti della rosa mattutina

Frutto proibito, occhi nascosti,

Cortesie che disprezzo in me

Ingannati, provaci adesso

 

Perché nessuno mi ama

E' vero

Non come te

 

Coperto dalla fede cieca

Che le fantasie di schermi peccaminosi

Sostengono i fatti, ne assumono il colore

Mettono fine alle promesse, non serve mentire, godi

Ingannati, provaci adesso

 

Perché nessuno mi ama

E' vero

Non come te

 

Chi sono io, cosa e perché?

Perché tutto ciò che mi è rimasto sono ricordi di ieri

Oh, questi tempi amari

 

Perché nessuno mi ama

E' vero

Non come te

 

Dopo un po' che il sapore amaro

Dell'innocenza, discreto o forte

Abbia sparso i semi, sotterrato vite

I misteri del nostro inganno ritornano

La circostanza deciderà...

 

Perché nessuno mi ama

E' vero

Non come te

 

Perché nessuno mi ama

E' vero

Non come te

Nessuno mi ama

E' vero

Non come te



Elisée Reclus pensatore vivente

Rinomata personalità della storia della geografia e del pensiero politico, Elisée Reclus dovrebbe essere studiato come un pensatore vivente, in quanto promotore di idee estremamente attuali. In primo luogo il geografo può essere definito come il primo grande “teorico dell’ecologia sociale”, avendo trasformato la geografia sociale in una complessiva visione del mondo, che individua gli stretti legami esistenti fra società e ambiente naturale. La sua opera precorre i tempi nell’analisi di diverse questioni ecologiche, come la deforestazione, la distruzione del paesaggio, gli abusi dell’agricoltura industrializzata e il bisogno di una ricostituzione ecologica dell’ambiente. Altrettanto pionieristica è la sua politica ecologica, che lega la soluzione di problemi sociali ed ecologici alla necessità di una radicale trasformazione politica ed economica della società. Reclus ci offre inoltre una delle più complete analisi del problema del dominio nella storia del pensiero politico, anticipando i risultati di studi successivi. Le sue convinzioni scaturiscono da una filosofia della storia sottile e dialettica, che cerca di svelare sia gli elementi di progresso sia quelli regressivi di ogni processo storico. Secondo Reclus ci si muove verso una società libera e solidale, basata sull’amore per l’umanità, per gli altri esseri viventi e per l’intero mondo naturale. Questa visione anarchica esprime una prospettiva morale che prefigura sotto molti aspetti l’etica della cura ed enfatizza l’importanza della trasformazione individuale per un più profondo cambiamento della società.




giovedì 16 dicembre 2021

Azione diretta

Detto semplicemente, vuol dire rompere con le infinite mediazioni burocratiche, risolvere i problemi da sé invece di appellarsi alle autorità costituite o di chiedere interventi esterni da parte delle istituzioni. Qualsiasi azione che mira a raggiungere degli obbiettivi scavalcando deleghe e rappresentanze è un’azione diretta. In una società dove il potere politico, il capitale economico e il controllo sociale sono centralizzati nelle mani di una élite, certe forme di azione diretta vengono scoraggiate, se non criminalizzate; e proprio queste pratiche sono di particolare importanza per chi lotta contro la gerarchia e contro la violenza delle istituzioni. Ci sono mille situazioni in cui puoi mettere in pratica l’azione diretta: forse i rappresentanti di una multinazionale stanno per invadere la tua città per un summit, e tu vuoi protestare contro di loro in forme che non siano soltanto il solito corteo in cui tenere in mano il solito cartellone; magari hanno già messo radici nel tuo ambiente da molto tempo, costruendo punti vendita che sfruttano i lavoratori e che devastano l’ambiente, e tu cerchi un modo per attirare l’attenzione pubblica o per intralciare i loro progetti; forse vuoi organizzare un evento pubblico festoso e comunitario come uno street party. Con l’azione diretta puoi far sorgere un giardino pubblico in un terreno inutilizzato oppure puoi difenderlo paralizzando i bulldozer, puoi praticarla per occupare gli edifici abbandonati e dare un tetto agli homeless o per mandare in tilt gli uffici governativi. Che tu stia agendo con pochi amici fidati o che tu stia agendo con migliaia di persone, i principi di base sono sempre gli stessi.


LETTERA Al MIEI AMICI... - Jean-Luc Godard

(Lettera ai miei amici per imparare a fare il cinema insieme)

Io gioco 

Tu giochi 

Noi giochiamo 

Al cinema 

Tu credi che ci sia 

Una regola del gioco 

Perché sei un bambino 

Che ancora non sa 

Che si tratta di un gioco e che 

Riservato ai grandi 

Dei quali tu fai già parte 

Perché hai dimenticato 

Che si tratta di un gioco per bambini 

In che cosa consiste 

Ci sono diverse definizioni 

Eccone due o tre 

Guardarsi 

Nello specchio degli altri 

Dimenticare e sapere 

Presto e lentamente 

Il mondo 

In se stessi 

Pensare e parlare 

Che strano gioco 

E' la vita




Gli anarchici e l’emigrazione italiana in Brasile

L’esodo delle masse lavoratrici europee che nella seconda metà dell’800 emigrarono nelle Americhe portò con sé tutti quegli elementi culturali che contraddistinguevano le popolazioni che ne furono protagoniste, compresa quella serie di apparati filosofici e ideologici sorti dopo la Rivoluzione francese, fra cui spiccavano per importanza e diffusione il socialismo e l’anarchismo. Chi professava in patria queste dottrine era spesso soggetto alla persecuzione delle oligarchie dominanti e “l’esilio” nelle Americhe poteva rappresentare una valida alternativa al carcere. Questo esilio, più o meno volontario, degli attivisti anarchici europei era spesso visto di buon occhio dagli stessi governanti, che potevano considerare l’emigrazione come un’ottima valvola di sfogo per alleggerire la pressione sociale in Europa. Per quanto riguarda gli italiani, l’emigrazione di massa nei primi anni si diresse maggiormente verso l’America Latina, e in modo particolare verso il Brasile. Accadde così che numerosi piccoli intellettuali della penisola, militanti di ideologie ritenute sovversive o in qualche modo foriere di rinnovamento sociale, si ritrovassero nel Paese sudamericano a svolgere la propria propaganda in un contesto completamente nuovo, in cui le oligarchie dominanti erano costituite essenzialmente dalla nobiltà di origine coloniale (ma non solo), mentre gli strati socialmente più bassi della popolazione erano formati dai nativi, spesso ex schiavi neri, a cui si aggiungevano gli emigrati di origine europea. Nella città di São Paulo la propaganda anarchica veniva svolta tramite conferenze, dibattiti, rappresentazioni teatrali di carattere didattico (i testi più frequentemente rappresentati erano i drammi di Pietro Gori, benché anche i militanti locali producessero una discreta quantità di letteratura didascalica), ma soprattutto tramite la redazione di giornali e foglietti di propaganda. Nel periodo che va dal 1892 al 1920 si contano più di venti differenti testate italiane dichiaratamente  anarchiche, alcune delle quali ebbero durata pluriennale, come a “La Birichina”, “La Battaglia” o “La Lotta Proletaria”. Il tentativo di coinvolgere il proletariato in forme di lotta collettiva si scontrava fondamentalmente con due difficoltà, una endogena e l’altra esogena rispetto alla società brasiliana. La prima era costituita dalle caratteristiche pre-moderne dei rapporti di lavoro nelle fazendas brasiliane (le piantagioni di caffè): la proprietà della terra era fortemente concentrata e i latifondisti, ancora in possesso di una mentalità schiavista (l’economia caffeicola brasiliana si era fondata sul lavoro servile fino alla sua definitiva abolizione, avvenuta solo nel 1888), esercitavano un potere assoluto di stampo feudale nei propri possedimenti. La visione classista della società propugnata dagli anarchici veniva da questi additata come priva di fondamento, una “pianta esotica” portata da pochi agitatori europei in una realtà che non rispondeva a questa lettura. La seconda difficoltà era data dalle aspettative di arricchimento ed emancipazione individuale che gli immigrati in generale avevano, e la scarsa ricettività che un messaggio di rinnovamento sociale da attuare attraverso una lotta collettiva poteva avere presso di loro, per lo meno nei primi anni di emigrazione di massa. Per questo l’opera degli attivisti anarchici fu efficace quando riuscì a inserirsi nelle dinamiche più quotidiane del proletariato, sostituendo con la pratica collettiva dell’azione diretta (scioperi, boicottaggi, danneggiamento dei mezzi di produzione) le pratiche convenzionali con le quali il contadino (divenuto operaio nelle fabbriche di São Paulo) era solito affrontare le avversità dell’esistenza, in particolare le pratiche religiose, la ricerca di sicurezza nel clan familiare e le prospettive individuali di ascesa sociale.



giovedì 9 dicembre 2021

LA STRAGE DI PIAZZA FONTANA

La strage di p.za Fontana non ci è giunta del tutto inattesa. Da molto tempo prevedevamo e temevamo un attentato sanguinario. Era nella logica dei fatti. Era nella logica dell’escalation provocatoria  iniziata il 25 aprile. Per giustificare la repressione, per seminare la giusta dose di panico, per motivare  la diffamazione giornalistica e scatenare l'esecrazione pubblica ci voleva del sangue. E il  sangue c'è stato. Purtroppo, come avevamo previsto, la repressione mascherata da “democratica” tutela dell'ordine contro gli opposti  estremisti ha continuato la sua  marcia. Solo noi anarchici sembravamo accorgercene. Per mesi abbino gridato nelle piazze, scritto sui muri, sui manifesti, nei volantini, ripetuto nei nostri giornali che era solo l'inizio. E sulle pane ci ritrovavamo soli, manganellati, fermati, denunciati e per di più ignorati dai marx-leninisti, dal M.S. e dagli altri “neo-rivoluzionari”, i quali ritenevano di avere cose più importanti di cui occuparsi, ben lieti in fondo che polizia magistratura stampa se la prendessero con gli  anarchici. Poi, come avevamo previsto, la repressione si è estesa, con igliaia di denunce a operai, centinaia di fermi, perquisizioni ecc. Per la prima volta a Milano è stato violentemente impedito un corteo del  Movimento Studentesco (quelli anarchici erano stati sempre dispersi brutalmente)... Anche un cieco  avrebbe potuto capire cosa stava succedendo e sembrava che anche i giovani dilettanti della rivoluzione marx-leninista cominciassero finalmente a capire. E invece no. Eccoli a gridare — facendo coro con la sinistra parlamentare, ben altrimenti interessata — che la repressione non passerà. Come se la repressione non fosse già passata, come se fosse normale routine democratica tutto quello che da qualche mese sta' succedendo, come se fosse normale routine democratica che i fermati dalla polizia “cadano” dal 4° piano della questura e diecimila operai vengano denunciati e decine di militanti di gruppi extraparlamentari vengano incriminati e condannati rispolverando i famigerati articoli 270-71-72 del codice fascista... Come se fosse  normale routine democratica che per gli attentati scopertamente  reazionari vengano immediatamente accusati gli anarchici (cfr. dichiarazione del poliziotto dr. Calabrese) e fermati, interrogati, perquisiti 588 (cinquecentoottantotto) militanti della sinistra extraparlantentare e 12 fascisti (rilasciati per primi dopo essere stati trattati con ogni riguardo)... A quanto pare i nostri scientificissimi “cugini” marxisti riconoscono la repressione ed il fascismo solo quando porta il fez (e solo, naturalmente, quando li colpisce direttamente). In questo bollettino non abbiamo potuto raccogliere per mancanza di tempo e spazio tutta la documentazione sull'estendersi della repressione (già del resto ampiamente documentata dalla stampa). Ci siamo limitati al campo anarchico, trovando in esso non solo la nostra specifica funzione di Crocenera, ma anche purtroppo sufficiente materiale. Perché la repressione si è estesa, ma continua a colpire sempre e pesantemente gli  anarchici. Anarchico era Pinelli, la prima vittima prescelta della repressione (dopo i morti di Avola e Battipaglia, vittime “casuali”);   anarchico è Valpreda, capro espiatorio della montatura provocatoria;  anarchici in larga parte i fermati ed i perquisiti (oltre settanta solo a Milano); anarchico il movimento politico scelto come primo più facile bersaglio della calunnia dei pennivendoli... (da  Crocanera n. 5, febbraio 1970)


UN FATTO DI CRONACA

Nel 1973 quando era in prima media, Claudia Pinelli, la minore delle due figlie di Licia e Pino, raccontò la sua versione dei fatti in un compito in classe. 

Tema: Un  fatto di cronaca 

Svolgimento 

Erano verso le h. 4 del pomeriggio, a un tratto echeggiò una esplosione, molta gente accorse dove si era sentito il boato; davanti a loro stavano le macerie di una banca distrutta e qua e là corpi straziati. Così avvenne quella che noi ora definiamo: La strage di Piazza Fontana. La polizia non sapeva dove mettere le mani, così decise di addossare la colpa agli anarchici. Li vennero a prendere per portarli in questura. In quelle tragiche notti perse la vita il ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli fermato dalla polizia come tanti altri suoi compagni. La moglie (Licia Pinelli) ora si sta battendo per scoprire la verità sulla morte del marito, perché lei è convinta con le sue figlie, che Giuseppe Pinelli non si è suicidato, ma sia stato ucciso. La  polizia, vedendo la reazione della moglie, si affrettò subito a dire che Pinelli era un bravuomo e che il giorno seguente lo dovevano liberare. Ma  alla vedova Pinelli non bastavano le loro assicurazioni; ora era sola e doveva provvedere  al mantenimento delle sue due bambine, Silvia di 9 anni e Claudia di 8. Intanto  per la strage di Piazza Fontana  era stato accusato  Valpreda. Sono passati tre anni dalla strage di Piazza Fontana e Valpreda è stato rilasciato in libertà provvisoria senza un vero processo (ben due processi sono stati rinviati). Speriamo che il terzo processo sia quello che faccia trionfare la giustizia liberando gli innocenti e imprigionando i veri colpevoli.

 

La Strategia eversiva e i suoi responsabili

Apparentemente, la strategia eversiva sarà condotta sul terreno da un  coacervo di forze di destra civili, settori dell'economia, strutture militari e paramilitari e vere centrali terroristiche come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale — che ne saranno gli effettivi bracci armati — ma non mancheranno addentellati con la mafia, sempre  vicina ai servizi americani. Vere coordinatrici e promotrici della strategia si riveleranno però alcune organizzazioni politico-militari, formalmente clandestine ma con altissimi livelli di copertura politica e cospicui mezzi economici. Si tratta di strutture eversive ufficialmente non istituzionali, ma di fatto para-istituzionali, parastatali si potrebbe dire, avendo al loro interno funzionari ed esponenti di spicco delle realtà economiche, politiche, istituzionali e militari. Questi organismi controllano ingenti depositi di armi e centri  di addestramento attrezzati per operazioni clandestine e di sabotaggio  e fanno capo direttamente o indirettamente a una più vasta rete "coperta" e ramificata, creata negli anni '50 in ambito Nato-Cia, nota come Stay Behind Net, "la rete che sta dietro", una rete in origine pensata per essere attivata in caso di invasione sovietica, ma che avrebbe potuto tornare utile anche in caso di vittoria o possibile vittoria elettorale di partiti comunisti, e/o qualora ci fosse la necessità di ristabilire un ordine sociale. Fa parte formale  della rete, fin dal lontano 1956, la Gladio, struttura paramilitare "coperta" coordinata dal Ministero della Difesa, mentre vi si riferiscono in modo non formale altre strutture più recenti, dai nomi  ormai noti. composte sia da civili che da militari, fra le quali l' "Aginter Presse", la loggia massonica "P2", l'organizzazione "Rosa dei venti", il "Movimento azione rivoluzionaria" (Mar), l'"Anello" noto anche come  "Sid parallelo" o 'Noto  servizio", i "Nuclei di difesa dello Stato" ed altri gruppi minori. Dietro e/o dentro queste organizzazioni si muovono oltre ai servizi "di capi di governo, Ministri (di Interno e Difesa in particolare), politici di primo piano (della Dc, del Psdi e del Msi  in primis), pezzi di magistratura e molti alti funzionari dell'esercito, della finanza, della polizia e dei carabinieri — specifico di questi ultimi è nel 1964 il famoso "Piano solo" — oltre a giornalisti, spie, giornalisti-spia, cani sciolti, ex repubblichini e nuovi fascisti, in un reticolo di connessioni, complicità e ricatti i cui intrecci, nonostante le numerose inchieste giudiziarie, rimangono in gran parte avvolti da una spessa nebbia. Consultando i documenti dell'UAAR si rimane sconcertati dalla quantità di gruppi e organizzazioni, dichiaratamente fasciste e più o meno colluse con strutture istituzionali, sulle quali i burattinai dell'eversione e il "partito americano" potevano contare e che potevano agevolmente  manipolare. Certamente i servizi di sicurezza e i loro settori segreti e supersegreti, nazionali e non, vi giocarono un ruolo primario, ma ricordiamo sempre che nessuno di loro giocava in modo autonomo come si è poi cercato di far credere. I fantomatici servizi deviati avevano tutti, direttamente o no, un referente istituzionale, che in molti casi era lo stesso Presidente del Consiglio in carica. "Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l'Anello", ha detto in una intervista nel 2011 il  capo della P2 Licio Gelli. È  ormai risaputo che le supposte deviazioni rispondevano in realtà a vertici politico-istituzionali ed a esigenze di ordine sovrannazionale (leggi Nato, Cia...) legate alla logica dei blocchi, alle quali questa Repubblica era sottomessa. Dopo il fallimento della strategia della tensione e delle stragi, tanto i "fascisti" quanto i "servizi deviati" saranno il comodo alibi dello Stato e dei suoi apparati. (Tratto da “La finestra è ancora aperta” Gabriele Fuga - Enrico Maltini)



giovedì 2 dicembre 2021

Kropotkin - Le ragioni e il metodo di una scienza della morale

Kropotkin iniziò ad occuparsi di scienze naturali durante la giovinezza, mentre prestava servizio con i Cosacchi nell’estremo oriente siberiano. Iscrittosi poi alla facoltà di scienze, intraprese alcune importanti spedizioni naturalistiche come geografo nella penisola scandinava. Attraverso le osservazioni e i dati raccolti in questi viaggi egli riuscì in seguito a fornire delle spiegazioni esatte dell’orografia euroasiatica e delle fasi dell’era glaciale in Europa, che gli valsero la nomina a segretario della sezione geofisica della Società russa di geografia – incarico che rifiutò poiché “Tutte le belle parole sono inutili, quando gli apostoli del progresso si tengono lontani da quelli che pretendono spingere in avanti”3. Proprio nel corso di questi viaggi in luoghi remoti, selvaggi e solitari l’interesse naturalistico si lega a quello etico-politico, fino a portare Kropotkin ad elaborare un metodo filosofico transdisciplinare ed una filosofia di vita rivoluzionaria e ribelle. Gli uomini primitivi appresero dunque dall’osservazione degli animali immersi nel proprio habitat delle vere e proprie lezioni di socialità e di etica. Essi impararono che gli individui e i gruppi, tranne rare eccezioni, sono inseparabili l’uno dall’altro, che essi non si uccidono quasi mai l’uno con l’altro, e che le specie più deboli possono, grazie all’unione e alla fiducia l’uno nell’altro, affrontare avversari ben più forti di loro. I nostri antenati poterono senz’altro osservare che in molti gruppi animali sono presenti sentinelle che si alternano a fare la guardia nei momenti in cui il gruppo è esposto ad un possibile pericolo; si può ragionevolmente ipotizzare che l’uomo, ancora nomade, abbia capito proprio dall’osservazione di animali riuniti in colonie tutti i vantaggi di una vita stabile, oppure aver compreso da alcune specie animali l’utilità di una riserva di cibo, o ancora l’importanza del gioco per rinsaldare la fiducia reciproca. Secondo Kropotkin, esiste una doppia tendenza “caratteristica della vita in generale”: “da un lato la tendenza alla socialità; dall’altro, come risultato di questa, l’aspirazione a una più grande intensità di vita, da cui il bisogno di una più grande felicità per l’individuo”. Tale duplice aspirazione costituisce “una delle proprietà fondamentali e uno degli attributi necessari a qualsiasi aspetto della vita sul nostro pianeta”. Nell’uomo  questa doppia tendenza risponde a due bisogni e a due sentimenti contrapposti: da un lato il bisogno di unione e il sentimento di reciproca simpatia – che porta gli uomini ad unirsi in gruppo “per attendere con uno sforzo comune all’attuazione di ciò che non è possibile realizzare da soli” – e dall’altro il bisogno di lotta e di autoaffermazione, che spinge gli uomini a “dominare i loro simili per scopi personali”. Tuttavia, poiché nella natura animale “gli istinti più durevoli prevalgono sugli istinti meno persistenti”, la nostra coscienza morale “è il risultato di una lotta durante la quale un istinto personale meno forte cede all’istinto sociale più costantemente presente”; il risultato di una comparazione tra il proprio desiderio personale e gli istinti sociali – che sono prevalenti perché ereditari, riconosciuti da tutti i membri del gruppo e riconoscibili nelle altre specie. Si cerca allora di rendersi conto di quel sentimento morale che s’incontra ad ogni passo, senza averlo ancora spiegato, e che non si spiegherà mai finché lo si crederà un privilegio della natura umana, finché non si discenderà sino agli animali, alle piante, alle rocce per comprenderlo. (P. KROPOTKIN, La morale anarchica)


L’ULTIMA ONDA – Peter Weir

David Burton è un tranquillo avvocato di Sidney, tutto lavoro e casa ove è atteso dalla moglie Annie e dalle figliolette Susan e Grace. Quando la polizia accusa alcuni aborigeni di avere ucciso uno di loro, certo Billy Corman, il reverendo Burton, un pastore, padre di David, lo induce ad assumerne la difesa nonostante non sia solito accettare cause penali. Per meglio difendere i suoi clienti, David chiede informazioni a Chris, uno di loro che lo mette in contatto con l'anziano e misterioso Charlie. Nel frattempo accadono fatti inspiegabili nella natura australiana quali piogge a ciel sereno, grandinate con chicchi colossali, discesa dal cielo di petrolio e ranocchi; e il giovane avvocato compie dei sogni che gli danno l'impressione di esser già vissuto in altra epoca. Chris, infatti, gli chiede se non sia un "mulkurul", cioè uno di quegli esseri che compaiono ciclicamente sulla terra per annunciare la fine di un'era e l'inizio di un'altra dopo una immane catastrofe. David, dopo avere cercato di mettere in salvo la famiglia, perde la causa, penetra nei sotterranei ove gli aborigeni metropolitani hanno conservato i segreti della loro ancestrale cultura e scopre quanto sta per accadere. Uscito dalle fogne, assiste al sorgere di una enorme ondata che porrà fine alla vita attuale. L'ultima onda delinea una strategia esorcistica nei confronti di un evento la cui irruzione spaventosa è continuamente profetizzata e rinviata nel corso del film.
L'evento è nettamente definito e precisato: si tratta di un diluvio di cui la cultura aborigena strutturata attorno a una concezione circolare del tempo prevede l'inevitabile ritorno, mentre la cultura bianca-occidentale a tempo lineare-progressivo assiste con crescente inquietudine e con impotenza al graduale  manifestarsi dei segni che ne preannunciano l'arrivo. L'ultima onda è, a tutti gli effetti, un film d'acqua. L'acqua irrompe quasi  in ogni  inquadratura, dolce, aggressiva, dilagante, insinuante. Muta la visione del mondo quotidiano. Immerge il mondo e le sue immagini nello stato della liquidità provocando il venir meno di ogni solida certezza. Si pensi alla sequenza - davvero splendida - in cui l'avvocato protagonista si trova  in macchina e d'improvviso uno scroscio di pioggia sul vetro del parabrezza muta la sua visione soggettiva delle cose: ancora una volta il cinema di Weir è  un lavoro sullo sguardo  e sulla possibilità di guardare le cose in modo diverso. In particolare, ne L'ultima onda, Weir  ci invita a non pretendere di svelare a tutti i costi i misteri che stanno dentro le cose, quanto piuttosto ad accarezzarli, ad accoglierli, ad entrare in affettuosa intimità con essi. Il protagonista de
L'ultima onda critica più volte il padre-prete perché ha passato la vita nel tentativo di spiegare i misteri. I misteri non vanno spiegati. Basta dare loro un nome o un segno per non  temerli, per non sentirsi più dominati da loro. Proprio come fa l'aborigeno all'inizio del film, quando dipinge l'onda terrificante sulla 
roccia, trasformandola in segno e dominandola attraverso una pratica tipica di tutte le culture animiste. Anche Weir fa un'operazione analoga col cinema: (ri)produce l'immagine di ciò che fa paura per esorcizzarlo. L'onda elettronica e fantascientifica, coloratissima, palesemente finta, che chiude il film è anche il segno linguistico dell'evento che il film, non ci mostrerà. Il monstrum resta fuori dal film, arroccato ai suoi margini, come un'ombra sinistra che, dall'esterno, attira verso di sé lo svolgersi degli eventi. Ma gli  eventi messi in scena dal film terminano, per l'appunto, prima di precipitare nel monstrum  che li ha sollecitati e determinati. Weir si ferma prima, non si limita ad evocare un'assenza, ma esorcizza un evento  preciso e ne disinnesca la potenzialità paurosa attraverso un'operazione di significazione. Dare un segno o un nome a ciò che fa  paura significa non avere più paura di lui. Gli aborigeni lo fanno attraverso i loro graffiti preistorici. 



Walker C. Smith sul sabotaggio

Nel suo opuscolo Smith dedica una prima parte alla ricostruzione della storia del sabotaggio sia come pratica, nata contemporaneamente allo sfruttamento umano, sia come termine, scelto per indicare un metodo di lotta sociale solo a partire da Congresso confederale di Toulouse del 1897 (prima in Inghilterra e Scozia tale pratica era indicata con il nome “Ca’ Canny”, cioè “andare piano”). Indica anche tre possibili versioni sulla sua origine lessicale, tutte riconducibili alla parola sabot: nella prima ipotesi il riferimento è riconducibile all’episodio in cui un operaio francese utilizzò il suo zoccolo per danneggiare un macchinario, oppure potrebbe derivare dal fatto che i sabot si presentano come calzature pesanti e ciò causerebbe rallentamenti nel lavoro, infine l’ultima possibilità è che la parola sabotaggio derivi da un termine dello slang che indica lo sciopero fatto senza lasciare il proprio posto di lavoro. Alla base dell’idea di sabotaggio sta innanzi tutto una critica al mercato del lavoro, alla disparità di potere tra padroni e operai che, restando tagliati fuori dalla legge della domanda-offerta, si trovano stretti in un sistema senza stabilità salariale: “Sabotaggio significa, quindi, che i lavoratori combattono direttamente le condizioni imposte dai padroni secondo la formula ‘salari bassi-cattivo lavoro' ” (Walker C. Smith). Danneggiare la merce, scioperare o rallentare il lavoro e le consegne delle merci prodotte attraverso lo sfruttamento sono tutti metodi di sabotaggio. Non sempre però tale mezzo è messo in pratica a beneficio dei lavoratori, anzi spesso sono gli stessi imprenditori che ne impongono l’uso per aumentare il valore della merce. Smith porta come esempio, tra gli altri, i carichi di patate distrutti in Illinois, o le mele lasciate marcire sugli alberi dei frutteti di Washington, o ancora le mistificazioni dei documenti ai danni dei concorrenti della Standard Oil Company. Tali azioni altro non sono che “sabotaggio capitalista”, come già le aveva chiamate tre anni prima William Trautmann. Se divenisse una pratica diffusa tra gli operai, secondo Smith il sabotaggio potrebbe fermare le guerre e bloccare gli arresti di chi sciopera; per riuscirci però dovrebbe diffondersi la coscienza del potere che porterebbe, per conseguenza, alla solidarietà tra lavoratori. Come pratica di massa, se utilizzata da ogni operaio di ogni comparto produttivo, permetterebbe addirittura di giungere alla fine delle classi, dello Stato e della produzione come mezzo di profitto anziché di prodotti di utilità. Attingendo alla tradizione anarcosindacalista europea, Walker C. Smith adatta l’idea di sabotaggio alla situazione statunitense del primo Novecento, rendendolo applicabile da una classe lavoratrice in balìa delle leggi della speculazione, sfruttata, vilipesa e molto spesso massacrata dalle milizie padronali.


giovedì 25 novembre 2021

Kropotkin – La morale

Noi non chiediamo che una cosa: eliminare tutto ciò che nella nostra società ostacola il libero sviluppo di questi due sentimenti, tutto ciò che travia il nostro giudizio: lo Stato, la Chiesa, lo sfruttamento; il giudice, il prete, il governo, lo sfruttatore. Oggi, quando vediamo un Jack lo Squartatore sgozzare dieci donne tra le più povere e le più miserabili - e moralmente superiori ai tre quarti delle ricche borghesi - il nostro primo sentimento è quello dell'odio. Se noi lo avessimo incontrato il giorno in cui ha sgozzato quella donna che voleva farsi pagare da lui i sei soldi del suo tugurio, noi gli avremmo sparato una palla nel cranio, senza riflettere che la palla sarebbe stata meglio nel cranio del proprietario del tugurio. Ma quando ci ricordiamo di tutte le infamie che hanno condotto Jack lo Squartatore a questi assassinii, quando pensiamo alle tenebre nelle quali egli vaga, perseguitato dalle immagini viste in libri immondi e da pensieri attinti da libri stupidi, - il nostro sentimento si sdoppia. E il giorno in cui sapremo che Jack è finito nelle mani di un giudice il quale ha massacrato freddamente uomini, donne e bambini, dieci volte più di tutti i Jack; quando lo sapremo tra le mani di questi maniaci a sangue freddo, o di quelle persone che mandano un delinquente qualsiasi in galera per dimostrare ai borghesi che vigilano sulla loro salvezza - allora tutto il nostro odio contro Jack lo Squartatore sparirà, e si rivolgerà altrove, e diventerà odio contro la società vile e ipocrita, contro i suoi rappresentanti riconosciuti. Tutte le infamie di uno squartatore si dileguano davanti a questa serie secolare di infamie commesse nel nome della Legge. Ed è questa che che noi odiamo. Oggi il nostro sentimento si sdoppia continuamente. Noi sentiamo che tutti siamo più o meno volontariamente o involontariamente i sostegni di questa società. Noi non osiamo più odiare.  


UBRIACO 1: LUSSURIA – Massimo Bontempelli

Odore del camminamento

odore

odore

di cadavere usato merda fango

ricordi

ricordi

quando all’entrare

tu mi buttavi le braccia al collo

io sguazzando sul graticcio

mi piegavo sotto l’abbraccio

lottavo di forza con te

prima di amarti?

Entra la nausea per la bocca

scende nel cuore

si pigia si pesta fermenta

mentre vo sui graticci sbattuti

sotto le traiettorie che guaiscono

a capo chino.

Ma la nausea si fa mosto e vino

nel vuoto del cuore.

Lo ubriaca l’odore

odore

odore del camminamento.

Vi aizza la gioia.

Gioia di camminare

camminare

camminare nel putridume

d’essere presi a sassate

dal rumore delle granate

di perdersi a destra a sinistra

cinquanta volte

e inciampare abbracciati all’odore

cinquanta volte

e rialzarsi col fango in bocca

per arrivare a vedere

la carne tedesca cadere

afflosciati testa in giù

porci insaccati

nel budellame dei cappotti blu.


Il Movimento Reale

 

Non si tratta di togliere alle lotte ancora prigioniere della separazione  ogni senso vivo, si tratta, liberandole dalla loro schiavitù al senso morto, di scoprire ciò che le sottende, ma che esse non arrivano ad esprimere nella sua interezza e totalità. Il movimento reale non è l'esercito rivoluzionario annidato in una latenza ineffabile, ma l'articolarsi vivente, nelle contraddizioni dell'esistente e nell'inganno delle lotte fittizie, di una emergenza che le trapassa senza morirvi, che si rinnova e rafforza al di là delle tagliole allestite per catturarla e deviarla. A emergere, è una certezza senza precedenti storici: la consapevolezza  di un comunismo  realizzabile senza  "transizione", sulla base materiale conquistata dalle forze produttive; strappato che sia il mondo degli uomini alle mani di chi sta devastandolo pur di perpetuare una  rapina  secolare. L'umanizzazione del pianeta e dell'universo naturale, e  l'umanizzazione dell'uomo stesso, è il possibile che traspare al di là dei diagrammi del collasso capitalista, al di là della mostruosità imposta al mondo e agli uomini  da un modo  di produzione necrotizzante, fondato sulla valorizzazione del falso storpiando il vero sin dal seme e sin dalla culla. La produzione di profitto mortifero e di sottouomini a esso incatenati deve aver fine, o finirà ogni progetto umano. Questa certezza realizza e incarna, nel movimento reale, il contenuto  delle "teorie rivoluzionarie" del passato, superando la loro forma ancora  idealisticamente coscienziale. li passaggio in armi dalla speranza alla certezza, dalla "coscienza' alla esperienza vivente, alla vera gnosi, è la transizione necessaria. La certezza fatica a liberarsi dalle forme vuote in cui l'ideologia la trattiene; a mano a mano che la falsa guerra sceneggiata dall'ideologia mostra ai rivoluzionari la corda con cui strozza il loro furore, la certezza avanza, la vera guerra procede. È questo il compito della critica radicale. (Giorgio Cesarano, Piero Coppo,  Joe  Fallisi, Cronaca di un ballo mascherato, 1974)


giovedì 18 novembre 2021

Kropotkin il mutuo appoggio – parte seconda

Con il Mutuo Appoggio Kropotkin ci offre una storia totale poiché “la storia scritta fino ad oggi, non è per così dire, che una descrizione delle vedute e dei mezzi con i quali la teocrazia, il potere militare, l’autocrazia e più tardi la plutocrazia sono stati stabiliti e mantenuti. Le lotte tra queste differenti forze formano l’essenza stessa della storia. Possiamo dunque ammettere che si conosce già il fattore individuale nella storia del genere umano. (....) al contrario il fattore del mutuo appoggio non ha attirato nessuna attenzione. Era dunque necessario mostrare la parte immensa che questo fattore rappresenta nell’evoluzione del mondo animale e in quella della società umana.”93. La storia dell’uomo, per il principe ribelle non è altro che una variabile della grande storia della natura, “tutta la storia dell’umanità può essere considerata, in definitiva come la manifestazione di due tendenze: da una parte la tendenza degli individui o dei gruppi a impadronirsi del potere per sottomettere le grandi masse al loro dominio; dall’altra, la tendenza a mantenere l’uguaglianza e resistere a questa conquista del potere, o a, limitarla.”94. L’età comunale e l’età moderna sono i due poli di questa filosofia della vita, la prima rappresenta l’epoca delle decentralizzazione, dello sviluppo culturale ed artistico, della collettività produttiva, della democrazia dal basso che fonda l’idea di collettività nazionale, del mutuo appoggio; la seconda è l’epoca della volontà di potenza, dello stato che penetra in ogni ambito della vita individuale e collettiva, dell’individualismo sfrenato, dell’oppressione delle masse violenza. Allo stesso modo, in questo dualismo evolutivo, a fare la storia, per Kropotkin, non sono i grandi uomini ma le masse anonime che attraverso la spontanea solidarietà collettiva contribuiscono a costruire la società. “Nella pratica del mutuo appoggio, che risale fino ai più lontani principi dell’evoluzione, troviamo così la sorgente positiva e sicura delle nostre concezioni etiche; e possiamo affermare che il grande fattore del progresso morale dell’uomo fu il mutuo e non la lotta. Ed anche ai giorni nostri, è in una più larga estensione di esso che vediamo la migliore garanzia per una più alta evoluzione della nostra specie”95. Siamo dinanzi alla formulazione dell’idea che la società è un fenomeno naturale esistente fin da prima dell’apparizione dell’uomo, e che l’uomo per sua natura è portato a rispettarne le leggi senza bisogno di regolamenti artificiali. Kropotkin “vuole confermare l’esistenza di una spontanea autofondazione della società quale premessa storica decisiva per concepire la possibilità di una sua edificazione anarchica”96. Ma come è possibile giungere ad una condizione di mutuo appoggio collettivo che favorisca la nascita della società anarchica? E’ necessaria un’etica realistica ed umana.


SOLITARIE ABBAZIE – Pier Felice Castrale

solitarie abbazie autostradali 

autogrill 

fantasmi 

di  giganteschi azzurri 

d'elettrico 

qualcuno raccoglieva scorie 

ai bordi 

ma la fatica d'amore 

era rientrata — in ritardo 

per una giovane sposa  mancata 

gli ultimi canti achei 

si ritorcevano in tragica 

vanità veritiera 

onde di mare 

lei sbarrava il sorriso 

d'un tratto 

duro 

maturando come il cigno 

in primavera.


Una definizione di post-anarchismo

La prima cosa che viene in mente è una persona che inizia un viaggio, senza una traiettoria ben precisa, senza una destinazione stabilita, ma che ha di fronte una serie quasi infinita di possibilità, ed è mossa da un forte desiderio di libertà e autonomia: se la strada davanti a questa persona è ostruita, allora ne sceglie un’altra; se è bloccata da entrambi i lati, scava un tunnel o scavalca il muro. Magari questa persona non sa esattamente dov’è diretta, o dove finirà, ma sa che dovrà continuare a muoversi; incontrerà sempre ostacoli, ma sa che li potrà superare. Il Post-anarchismo è una politica che inizia e non finisce con l’anarchia. Cioè presuppone una certa libertà ontologica, una molteplicità di azioni e di possibilità. È fondata sulla possibilità sempre presente di pensare e di agire differentemente, non importa quali siano le restrizioni. Non è «strategica» nel senso di essere diretta verso la cittadella dell’anarchia – perché in essa potrebbero esserci altre restrizioni – ma piuttosto pensa tatticamente: nei termini delle pratiche quotidiane, nel momento presente. 

Il punto non è fissare delle «istruzioni per l’uso», o delle regole definitive su cosa sia l’anarchismo o cosa debba aspirare ad essere, o su come dovrebbe apparire una società anarchica. Ci sono diverse possibilità, che possono essere più o meno appropriate a seconda delle circostanze, e sono queste circostanze che definiscono il rapporto tra questo tipo di anarchismo e l’etica. Allo stesso tempo, però, bisogna stare attenti a non confondere il post-anarchismo con un’interpretazione troppo realista della politica, una realpolitik. Le questioni etiche sono tutte ancora lì, sul piatto. Non vanno mica evitate. Anzi, il post-anarchismo ha a che fare soprattutto con l’etica delle nostre vite, con il modo in cui ci rapportiamo agli altri, in cui ci confrontiamo con le relazioni di potere, con il grado di vulnerabilità che ognuno di noi ha nei confronti della dominazione che gli altri ci impongono. Semplificando, potremmo dire che il modo in cui il post-anarchismo mette in connessione la politica con l’etica si gioca sul campo della «servitù volontaria»: il desiderio di dominare e quello di essere dominati sono due volti della stessa medaglia.


giovedì 11 novembre 2021

Kropotkin e il mutuo appoggio – parte prima

L’anarchico russo sulla base di indagini etologiche condotte personalmente sul campo e sulla scorta di altri studi affini, cerca di dimostrare che nell’evoluzione animale il ruolo della competizione e del conflitto va notevolmente ridimensionato. La sua valenza, poi è assolutamente insignificante qualora si considera il fenomeno evolutivo all’interno di una stessa specie. Secondo lo scienziato russo, infatti, il processo evolutivo rende manifesto il dispiegarsi di un logos assai più determinante: il mutuo appoggio. I fattori che hanno permesso l’evoluzione della specie, la sopravvivenza di alcune e la scomparsa di altre, sono i meccanismi di collaborazione e aiuto reciproco che avevamo permesso alla specie, e ai singoli componenti di ciascuna di essa, di sopravvivere e riprodursi. Si tratta, per il principe ribelle, di dimostrare scientificamente non solo la possibilità della socievolezza come condizione del vivere sociale, ma anche chiarire come la socievolezza sia già in atto nel mondo della natura e nello sviluppo dell’uomo. Rifiutando sia il pessimismo Darwiniano sia l’ottimismo di Rousseau, Kropotkin dà vita ad un grande affresco del mondo animale ed umano con il chiaro intento di mostrare che la “sociabilità è una legge di natura tanto quanto la lotta tra simili” ma allo stesso tempo che “come fattore dell’evoluzione, la prima ha probabilmente un’importanza molto maggiore, in quanto favorisce lo sviluppo delle abitudini dei caratteri eminentemente atti ad assicurare la conservazione e lo sviluppo della specie; essa procura inoltre, con minor perdita di energia, una maggiore somma di benessere e di felicità a ciascun individuo.” Grazie agli studi del valente zoologo russo Kessler e alla sua attività di geologo, Kropotkin giunge alla conclusione che la legge di natura è una legge di cooperazione, di mutuo appoggio, piuttosto che di lotta. La vita delle formiche, delle api, delle termiti, degli uccelli, nei mammiferi, delle scimmie e di altri animali, minuziosamente analizzate dall’anarchico russo nel Mutuo Appoggio, dimostrano che nell’evoluzione del regno animale il mutuo appoggio e l’iniziativa individuale sono due fattori infinitamente più importanti della lotta reciproca, ed inoltre che la vita  in società è l’arma più potente per sopravvivere in quanto “la vita in comune rende i più deboli insetti, i più deboli mammiferi, capaci di lottare e di proteggersi contro i più terribili carnivori e contro gli uccelli rapaci; essa favorisce la longevità; rende le diverse specie capaci di allevare la loro prole con un minimo di perdita di energia”79. L’anarchico russo ritiene che la principale causa della diminuzione della popolazione animale, non sia la competizione, ma la forte influenza degli ostacoli naturali; le terribili tormente di neve che si abbattono al Nord dell’Eurasia alla fine dell’inverno, i geli e le tormente di neve che ritornano ogni anno nella sperduta terra siberiana, le piogge torrenziali, dovute ai monsoni, che piombano sulle regioni più temperate, le terribili condizioni in cui si dibatte la vita animale nell’Asia Settentrionale, sono la massima testimonianza che i più grandi nemici degli animali sono i bruschi cambiamenti climatici, le malattie contagiose, la siccità e le carestie. Quelli che Darwin descrive come ‘gli ostacoli naturali’ all’eccessiva moltiplicazione hanno una valenza superiore alla lotta per i mezzi di esistenza; coloro che sopravvivono a questi ostacoli naturali non sono, per Kropotkin, i più forti o i più sani ma solo i dotati di maggiore resistenza nell’affrontare un mondo di privazioni. Gli ostacoli naturali da affrontare nel vivere quotidiano sono già così tanti che “nella grande lotta per la vita - per la più grande pienezza e per la più grande intensità di vita, con la minore perdita di energia - la selezione naturale cerca sempre i mezzi di evitare la competizione quando è possibile”.







SEEKERS WHO ARE LOVERS – Cocteau Twins

Sfiorato con grazia

Un amore grande come un rischio

Ti riempie

E non riesci a guardare ancora Il fiato di Dio nella mia bocca

Un amore che puoi assaporare

Devo prendere della colla

Lui e Io, fiato a fiato

Con un manto di saliva

Guarisco tramite il tuo braccio

Non riesco a fare a meno di desiderare la diversità

 Ho dimenticato l’utilizzo

La mia testa cade dalle nuvole

E si è schiantata sui miei palmi

Gesù, Dio, Valentino

Amore in punta di piedi

Ai vecchi fiumi mancano gli altri dolci profumi

Così dolci

Sei una donna proprio quanto sei un uomo

Strisciare sul gas è una magia simile all’amore

Come un volo, una cima nuvolosa

Stavo soffocando con il sangue

Le cui coperture, la mancanza d’anima

Il cui fuoco nebbioso, rimugina anime

Inginocchiandosi per il dolore

Che è promettente

La sua essenza povera, sotto la verità

L’amore e il cuore si lucidano da soli

Sono scivolata dai tacchi ma ho corso lentamente

Perciò manda Lucifero all’inferno

Amore in punta di piedi

Ai vecchi fiumi mancano gli altri dolci profumi

Così dolci

Sei una donna proprio quanto sei un uomo

Amore in punta di piedi

Ai vecchi fiumi mancano gli altri dolci profumi

Così dolci

Sei una donna proprio quanto sei un uomo

Amore in punta di piedi

Ai vecchi fiumi mancano gli altri dolci profumi

Così dolci

Sei una donna proprio quanto sei un uomo




Vivere o sopravvivere

Deve essere sempre chiara la differenza tra sopravvivere e vivere.

Dobbiamo portare a termine un capovolgimento di prospettiva nella nostra vita e nel mondo. Niente deve essere giusto per noi, al di fuori dei nostri desideri, della nostra volontà di esistere. Rifiutiamo ogni ideologia di potere legata alla macchina ed ai suoi addentellati, con le loro miserabili relazioni sociali cardine di questa ultramoderna società computerizzata a nuovo ordine mondiale: il sogno è di capovolgere questo paesaggio teatrale della merce feticcio, delle proiezioni mentali, delle separazioni e delle ideologie, arte, urbanistica, etica, cibernetica, spille da attaccare all’occhiello, stazioni radio o messaggi televisivi che dicono di amarti e detersivi che hanno compassione delle tue mani. 

Ogni giorno la gente è privata di una vita autentica, ed in cambio le viene venduta la sua rappresentazione.

Perché non liberare una volta tanto ciò che nella maggior parte della giornata sentiamo continuamente dentro di noi, la spinta a distruggere il sistema che ogni giorno con mezzi diversi ci schiaccia il cervello? Bisogna far esplodere dal loro ruolo la nostra maniacale resistenza passiva, la rabbia soggettiva del suicida, i bamboccioni sul divano, l’omicida solitario, il teppista vandalo di strada, l’automobilista pirata, il neo-dadaista, il malato senza il letto, l’alienato di professione; in modo che tutti possano, che tutti possiamo partecipare alla distruzione come progetto rivoluzionario, per poter cambiare poi la sostanza stessa della nostra vita attraverso la trasformazione delle macerie rimaste. 


giovedì 4 novembre 2021

Kropotkin, Scienza e Anarchia

Scrive Kropotkin: «L’Anarchia è il risultato inevitabile del movimento intellettuale nelle scienze naturali movimento che cominciò verso la fine del XVIII secolo». La identificazione kropotkiniana fra scienza e progresso sociale e fra scienza e anarchismo, stabilisce così il primato assoluto della conoscenza e della ragione nel processo dell’emancipazione umana, un processo quindi strettamente condizionato dallo sviluppo scientifico. Specificamente l’identificazione è fra il metodo dell’anarchia e quello induttivo delle scienze naturali. Lo scopo è quello di evidenziare, nell’accostamento metodologico, la sostanziale analogia fra natura e anarchia. Scrive infatti Kropotkin: «studiando i progressi recenti delle scienze naturali e riconoscendo in ogni nuova scoperta una nuova applicazione del metodo induttivo, vedevo nello stesso tempo, come le idee anarchiche, formulate da Godwin e Proudhon e sviluppate dai loro continuatori, rappresentavano pure l’applicazione di questo stesso metodo alle scienze che studiano la vita delle società umane». Kropotkin però non si limita a una identificazione attinente al campo metodologico, ma amplia tale identificazione al campo più vasto della concezione anarchica e della concezione della natura, fondendo così Scienza e Anarchia in una weltanschauung di forte significato: «l’Anarchia è una concezione dell’universo, basata sulla interpretazione meccanica dei fenomeni, che abbraccia tutta la natura, non esclusa la vita della società». Addirittura essa si delinea come strumento generale di comprensione scientifica in grado «d’elaborare la filosofia sintetica, ossia la comprensione dell’Universo nel suo insieme». Per Kropotkin, dunque, si può assegnare alla scienza non solo una funzione ideologica in senso progressista e libertario, ma anche, per converso, assegnare all’anarchismo il compito di una comprensione scientifica che si identifichi con quella delle scienze naturali. Natura, spontaneità, libertà, ecco i tre termini delineati sopra qui uniti dal filo della spiegazione scientifica come giustificazione della loro duplice sequenza progressiva, perché se si può arrivare all’anarchia partendo dalla natura, si può ritornare a spiegare questa partendo dall’anarchia. E ciò per il particolare significato che Kropotkin assegna alle scienze naturali, quelle scienze, appunto, in grado di operare l’accostamento fra natura e cultura, fra scienza e valori. L’accostamento è spiegato da Kropotkin in questo modo. Dopo la rivoluzione copernicana – che ha dato un colpo mortale al geocentrismo – ogni scoperta scientifica confermerebbe il fatto che la struttura dell’universo non ha un centro specifico di forza e di direzione della forza. Spingendo in questa direzione è possibile trovare un riscontro obiettivo il quale confermi che la struttura oggettiva della natura, della materia e dell’intero universo è costituzionalmente non gerarchica: «il centro, l’origine della forza, trasferito una volta dalla terra al sole, si trova ora sparpagliato, disseminato: è dappertutto e in nessun luogo». Pertanto la struttura dell’universo è costituzionalmente non gerarchica perché si basa su un’armonia «che è la risultante degli innumerevoli sciami di materia, che si muovono ognuno dinnanzi a sé tenendosi l’un l’altro in equilibrio». Il significato ideologico che Kropotkin dà a questa scoperta scientifica è evidente: è cioè una spiegazione descrittiva tesa a giustificare un valore normativo. Basti pensare al concetto di federalismo anarchico così come, ad esempio, è definito da Proudhon: «il centro politico è ovunque, la circonferenza in nessun punto». Il passaggio dalle scienze della natura alle scienze umane non trova quindi ostacoli per Kropotkin, perché questa costituzionale non gerarchia della materia è confermata non solo dall’astronomia, ma da «tutte le scienze senza eccezione quelle che trattano della natura, .. quelle che si occupano dei rapporti umani». Esse si informano al criterio che non esistono leggi naturali prestabilite, che l’armonia della natura è la risultante fortuita e temporanea di un processo di scontri e incontri all’interno della struttura materiale. Ciò che chiama legge non è altro che un rapporto fra certi fenomeni, i quali hanno un carattere condizionale di causalità: se un certo fenomeno si verifica in certe condizioni ne seguirà un altro e così via. Se un tale fenomeno dura dei secoli, «è perché ha impiegato secoli per stabilirsi; un altro non durerà che un attimo, se la sua forma di equilibrio è nata in un attimo». Pertanto non c’è «nessuna legge, ma il fenomeno: ogni fenomeno governa quello che gli succede, non la legge». Possiamo osservare anche qui una continuità fra il pensiero kropotkiniano e il pensiero anarchico in questa interpretazione antigerarchica della natura. Bakunin aveva scritto che in essa «non esiste alcun governo e quelle che si chiamano leggi naturali non sono altro che il normale svolgersi dei fenomeni e delle cose che si producono in modo a noi ignoto nel seno della causalità universale» La sostanziale supposta analogia fra l’anti-gerarchia della natura e l’anti-gerarchia della società umana è da realizzare, è per Kropotkin imposta dallo sviluppo scientifico, precisamente dalla sua metodologia che tende a costruirsi non attraverso sistemi generali precostituiti, ma secondo una continua analisi di divisione della materia in cellule autonome sempre più piccole e interdipendenti. Per cui se un tempo «la scienza studiava i grandi risultati e le grandi somme (gli integrali direbbe il matematico), oggi studia gli infinitamente piccoli, gli individui che compongono le somme e di cui ha finito per riconoscere l’indipendenza e l’individualità, contemporaneamente alla loro stessa intima aggregazione».