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giovedì 25 luglio 2019

RENZO NOVATORE poeta e anarchico - parte terza

Dopo l'entrata in guerra dell'Italia nel maggio 1915 a fianco di Inghilterra, Francia e Impero Russo l'attività anti-interventista di Novatore e compagni divenne illegale e pericolosa. Il cerchio delle autorità si strinse inevitabilmente attorno a quei contestatori tanto da impedire loro di fare spesso ritorno alle loro case, continuamente sottoposte a piantonamenti e perquisizioni.
Verso la fine del conflitto i vertici militari cercarono di rimpinguare le divisioni del regio esercito, decimate dalle tattiche ingenue e suicide di ufficiali dementi, schierando anche i giovanissimi (i famosi nati nell'anno 1899) e chi aveva ormai passato l'età di leva o era stato precedentemente congedato. In quest'ultima categoria figurava Novatore, che nel 1912 era già stato giudicato non idoneo a prestare servizio militare.
In quegli oscuri giorni di morte però si vide recapitare la cartolina di precetto. Il 26 aprile 1918 Abele Ferrari, 28 anni, si allontanava senza permesso dal suo reggimento in partenza per il fronte per non farvi più ritorno. In altre parole: diserzione.
Novatore, sparì dalla circolazione abbandonando anche la sua regione e rifugiandosi presumibilmente in Emilia-Romagna, tra la pianura e gli Appennini reggiani, sopravvivendo nell'ombra di casali abbandonati grazie ad espedienti frugali e all'aiuto di qualche vecchio militante e simpatizzante della causa antimilitarista.
Nel frattempo la legge marziale compiva il suo corso implacabile e veniva tempestivamente emessa una condanna a morte per diserzione ed alto tradimento a carico di Abele Ricieri Ferrari.
Il fuggiasco apprese la notizia ed agguantò carta e penna, buttò giù alcune righe che rimangono tuttora clamorosamente vere di fronte ad ogni guerra, ad ogni condanna a morte:
- La notizia giunse fredda, cinica, inesorabile… Condannato a morte! Ma come?! Condannato a morte! Ma per cosa? Per ordine di chi? Chi ha il diritto di uccidermi? Lo Stato? La Società? L'Umanità? Guardai gli uomini proprio giù dentro l'anima. Volli vederne l'intima verità. Molti plaudirono, altri furono indifferenti. Pochi, pochissimi, piansero. Ma coloro
che piansero, non piansero per solidarietà, per amicizia, per umanità. No: piansero per un'altra cosa. Ero solo. Solo colla morte! E pure era bella la vita. Bella, bella!.
Non riuscirono a catturarlo, Novatore. Il suo vecchio amico Auro raccontò in seguito che si arrivarono ad organizzare, tra Liguria ed Emilia, battute di caccia formate anche da centocinquanta armati intenti a perquisire casolari, pollai e fienili nel vano tentativo di scovare il “pericolosissimo bandito anarchico contro il quale avevano l'ordine di sparare a bruciapelo”.
Infatti, nonostante la guerra fosse finita e molti oppositori ritornavano al paesello natale dopo una lunga latitanza o dopo il confino, Novatore rimaneva irreperibile armato di due precise pistole Mauser per l'autodifesa, impegnato a scrivere i suoi soliti articoli sprezzanti su Il Libertario, intento a tramare nelle notti senza luna misteriosi piani sovversivi. Proprio in quel periodo, sul finire del 1918, morì per malattia uno dei suoi tre figli. Fu in quell'unica, tragica, occasione che Novatore abbandonò un attimo la sua proverbiale coerenza e corse a casa, sfidando soldati e polizia, per dare l'ultimo saluto alla piccola, pallida ed evidentemente amata salma del figlio. Nell'estate del 1919 scoppiarono in tutta Italia tumulti contro il carovita, la mancanza di lavoro, la fame. I sindacati erano in fermento ed in prima linea c'erano sempre gli anarchici; allo sfruttamento si rispondeva con lo sciopero, alla serrata padronale dello stabilimento si rispondeva con l'istituzione dei consigli operai di fabbrica e l'autogestione, alla violenza si rispondeva con la violenza. Su molte bocche, nelle piazze, serpeggiava la parola d'ordine “fare come in Russia” con evidente riferimento alla rivoluzione attuata dai bolscevichi di Lenin due anni prima. Novatore, che non poteva sopportare sindacalisti, socialisti e comunisti, decise senza pensarci troppo di unirsi a quelle prime scintille di rivolta perché, se anche il suo sogno non era riformare la società ma vederla scomparire per sempre dal mondo, un eventuale abbattimento dell'ordine costituito non poteva che renderlo felice.


Il progresso è distruggere il potere anziché servire il potere

Nei fatti si rischia che la terra non basti agli uomini, perché l'industria e l'agricoltura industrializzata stanno desertificando e avvelenando i terreni con la ricerca senza limiti del profitto.
La tragedia del genere umano sta per giungere al suo compimento, proprio con la desertificazione, il degrado e la reale morte della terra.
E' la Terra Madre di ciascuno di noi, terra singola, la terra da cui siamo nati, la terra che camminiamo, terra su cui ci adagiamo, la terra di cui cogliamo i fiori spontanei ed i frutti.
La terra degli ulivi e delle vigne, la terra che coltiviamo di fiori, di frutta e gli ortaggi, la terra che ci dà le raccolte, la terra su cui facciamo l'amore.
Sono stati così "capaci" e potenti da portarci al contrario di tutto.
Il progresso è distruggere il potere anziché  servire il potere.
"Un grido ha percorso le strade della nostra giovinezza: - no pasaran -  non passeranno, non prevarranno. Siamo stati smentiti dai fatti: hanno prevalso e prevalgono. Oggi sappiamo che l'unico modo che può capovolgere questa incontrovertibile realtà, sia pur ridotti al minimo dall'impegno del denaro dei più ricchi è quello di imporci di cogliere ogni occasione per l'insulto veritiero e feroce, per la critica, è quello di Resistere."

Le tragiche giornate di maggio a Barcellona 1937

Il problema bellico: fascismo od antifascismo? – era subordinato, direi quasi paralizzato, da un altro problema assai più fondamentale: Rivoluzione o Conservazione sociale?
Da una parte il Governo del Fronte Popolare - dove gli anarco-sindacalisti erano poco più che comparse – sorretto dagli avanzi della borghesia e dai politicanti socialisti e comunisti; dall’altra il popolo lavoratore nella sua grande maggioranza, il quale si è salvato dal fascismo e dalla tirannia opponendogli la rivoluzione espropriatrice e libertaria.
L’attacco del 3 maggio. 
Dopo avere preparato il terreno con una serie ininterrotta di aggressioni, di massacri e di provocazioni in ogni parte della  Spagna, i politicanti del fronte contro-rivoluzionario e gli alabardieri del marxismo in funzione di agenti provocatori, pensarono che il momento opportuno per l'attacco fosse arrivato ai primi di Maggio. 
Ecco come descrive l'attacco il “Boletin de Informacion” di Barcellona organo moderato dell'anarcosindacalismo:
Da  parecchio tempo, esisteva in Catalogna una certa tensione tra le forze che compongono l'alleanza antifascista. 
L'ultima crisi della Generalità durata tre settimane, fu risolta grazie ai sacrifici fatti dalla C.N.T. e dalla F.A.I.. Le concessioni fatte dalla nostra organizzazione erano superiori a quelle che la situazione economica del proletariato consentiva; ma la C.N.T. non ha guardato a sacrifici pur di mantenere l'unità antifascista. 
Lo stesso non si può dire degli altri settori antifascisti. Alcuni
individui che coprono cariche di responsabilità hanno fatto tutto il possibile per provocare la classe lavoratrice. Esistono prove che fin dai primi d'aprile si preparava il colpo di mano per eliminare le nostre organizzazioni — la C.N.T. e la F.A.I. — dalle loro posizioni di responsabilità. 
Malgrado il nostro compagno Antonio Martin Alcade di Puigcera, fosse stato assassinato, pareva che le cose dovessero mettersi a posto. 
Se non che una nuova provocazione avvenne il 3 maggio. Rodriguez Salas, Commissario Generale per l'Ordine Pubblico in Catalogna, esorbitando dalle sue  mansioni, effettuò un colpo contro la Centrale Telefonica di Barcellona. Verso le  tre del pomeriggio, Rodriguez Salas mandava tre camion carichi di guardie coll'ordine di occupare l'edificio telefonico. 
Questa Centrale è gestita da un Delegatodel Governo della Generalità, e diretta, d'accordo con questo delegato, da un Comitato composto di rappresentanti della C.N.T. e della U.G.T.  Le forze di polizia incontrarono resistenza da parte degli operai che si trovavano nell'edificio. Vi furono scontri violenti. Questi avvenimenti produssero una profonda impressione nella città. Una grande quantità di gente si raccolse in Piazza Catalunya. Le masse operaie, temendo che si occupassero altri edifici e desiderando impedirlo, corsero ad armarsi mettendosi a disposizione dei Comitati locali. In un paio d'ore la città assunse un aspetto diverso. Durante la notte  aumentò la tensione. 
La C.N.T. e la FAI., una volta occorsi i fatti, si disposero a negoziare al fine di pacificare la situazione, proponendo che tutte le forze armate fossero ritirate. Ma nella mattinata di ieri la polizia tentò di nuovo di occupare la Telefonica. Vi furono scontri e la polizia riuscì ad occupare soltanto il piano inferiore dell'edificio. 
I negoziati furono interrotti. Nel corso della giornata vi furono scaramucce tra operai e agenti di polizia. 
Dalla sede della Prefettura di Polizia furono sparati colpi d'arma da fuoco contro la casa della C.N.T. - F.A.I., che si trova sulla medesima  strada. Nella maggior parte dei rioni la polizia ha fraternizzato col popolo rifiutando di ubbidire agli ordini di capi faziosi. 

giovedì 18 luglio 2019

La società post-democratica o il neofascismo di domani,

I regimi liberali dell'Occidente avanzano lungo percorsi inesplorati verso un modello di gestione politica e organizzazione sociale che, in mancanza di un termine appropriato, è definibile come neofascismo o fascismo di nuovo conio. Le caratteristiche di questo regime socio-politico venturo che potremmo chiamare anche "post-democrazia" sono da un lato la spaventosa docilità della popolazione, dall'altro la progressiva inquietante dissoluzione della "differenza" (culturale e ideologica, esistenziale, soggettiva...) in mera "diversità" - versioni distinte dell'identico.
Percorsi di organizzazione sociale che condividono con i fascismi del passato due tratti fondamentali: in primo luogo, l'assenza di una critica interna, di una opposizione, di una resistenza da parte degli individui; e, in secondo luogo, una spinta alla belligeranza verso l'esterno, una foga espansionista, al giorno d'oggi anelito alla globalizzazione. La  società post-democratica, il neofascismo di un domani, probabilmente già odierno, si esplicita attraverso altre due caratteristiche, che lo contraddistinguono come una novità storica: la rapida de-politicizzazione della cittadinanza che volta le spalle alla democrazia come formula politica senza affrontarla, tollerandola con rassegnazione, scetticismo e fastidio; e la reticenza a mostrare le dinamiche autoritarie, rendendo invisibili i meccanismi con cui agiscono la costrizione e il dominio: istanze di auto vigilanza e auto addomesticamento, brillanti tecnologie di controllo sociale che cercano di far sì che ognuno diventi il poliziotto di se stesso, comunque complice dichiarato della propria coercizione.

Contesto storico nella breve esistenza di Renzo Novatore 2°

1910
In un'Italia dove la percentuale di analfabeti è del 48,6% i comizi itineranti diffondono le idee politiche e sindacali, mentre le riviste anarchiche e futuriste sono il primo veicolo delle idee più sovversive in campo politico ed artistico. Tommaso Marinetti ha da poco pubblicato il suo "Manifesto Futurista" per l'esaltazione degli elementi primordiali, della bellezza della lotta audace. Tutti elementi che, sebbene trasportati in una visione libertaria e quindi opposta alle teorie di Marinetti e D'Annunzio, non mancheranno negli scritti novatoriani degli anni successivi.
1911
Sotto le pressioni di nazionalisti, liberali e cattolici il governo presieduto da Giolitti decide l'intervento militare in Libia. Le pulsioni coloniali dell'Italia saranno soddisfatte al termine di una guerra (18 ottobre 1912) che come risultati principali offrirà 3430 morti, pesanti sacrifici economici per la popolazione e l'inasprimento dei rapporti con le potenze europee. L'eldorado libico tratteggiato dalla propaganda si rivelerà un miserevole "scatolone di sabbia" nel quale gli italiani non riuscirono nemmeno a trovare i redditizi giacimenti di petrolio. 
1914
"Settimana Rossa".
Durante una provocatoria manifestazione antimilitarista promossa il 7 giugno da anarchici e repubblicani un reparto di carabinieri apre il fuoco sulla folla in subbuglio ad Ancona, uccidendo tre manifestanti. Di conseguenza il 9 giugno è dichiarato lo sciopero generale senza nemmeno attendere l'effettiva delibera di CGdL e PSI. Alla chiusura di numerose attività e alla diserzione delle fabbriche si accompagnano manifestazioni che in molte città sfociano in tumulto e scontri con le forze dell'ordine. Nonostante gli ardori profusi dal socialista rivoluzionario Benito Mussolini, dal repubblicano Pietro Nenni e dall'anarchico Errico Malatesta nell'intento di conventire lo sciopero in rivoluzione contro il governo e la monarchia, le agitazioni cessano quasi ovunque tra il 12 e il 13 giugno. Più che per repressione governativa lo scioperò si esaurisce da solo per la disorganizzazione e la scarsa maturità delle capacità rivoluzionarie dei leaders estremisti, i quali non riescono a radicare nella maggioranza degli scioperanti la volontà di "andare fino in fondo". A tutto si somma la prevalente indifferenza di Confederazione sindacale e Partito Socialista.
Il 28 giugno, con l'assassinio a Sarajevo di Francesco Ferdinando d'Austria, comincia il valzer delle dichiarazioni di guerra che in pochi mesi porterà ad un immane scontro tra Germania, Impero Austro-Ungarico e Turchia da una parte e Inghilterra, Francia e Russia dall'altra. L'Italia, al momento legata agli Imperi Centrali da un trattato, decide inizialmente di non intervenire. Prendono il via nel frattempo trattative segrete con l'Inghilterra.
L'opinione pubblica, il mondo politico e gli ambienti intellettuali sono divisi da accese dispute tra interventisti e neutralisti. 
1915
Il 23 maggio l'Italia entra in guerra a fianco di Inghilterra, Francia e Russia. Le misure repressive contro dissidenti ed antimilitaristi s'inaspriscono; giornali e riviste sono sottoposti a censura. 
1917
In Russia il partito bolscevico di stampo marxista, guidato da Lenin, conquista il potere con un'insurrezione che sfrutta anche la pressione che grava sull'esercito a causa della guerra. Il sistema zarista, abbattuto, è sostituito da una forma di governo basata sui soviet, cioè consigli di cittadini, posti sotto il controllo bolscevico. Il primo effetto di questa Rivoluzione d'Ottobre è l'uscita di scena della Russia dalla guerra. Nel giro di pochi anni l'incapacità dei soviet di gestire effettivamente il vastissimo paese provocherà l'accentrameo del potere nelle mani del Partito, in una forte organizzazione burocratico-centralizzata di carattere dittatoriale. 
1918
L'11 novembre termina quel terribile scontro che sarà ricordato come la Prima Guerra Mondiale. Oltre ai 10 milioni di soldati uccisi (senza contare i civili) la carta politica d'Europa è ridisegnata, decretando la scomparsa dei grandi e secolari Imperi Centrali e l'affermazione di una nuova potenza industriale ed economica: gli Stati Uniti, che grazie alla guerra concluderanno lucrosi affari.
Intanto l'Italia, che nei colloqui di pace siede al tavolo dei vincitori, vede negarsi alcune delle concessioni, soprattutto a livello territoriale, che le erano state promesse al momento dell'entrata nel conflitto. Viene coniato il termine "vittoria mutilata" di cui si riempiranno la bocca soprattutto i nazionalisti, mentre sulle spietatezza economica di Francia, Inghilterra e Stati Uniti nell'infierire sulla sconfitta Germania farà poi leva Adolf Hitler nella sua scalata al potere. 

RENZO NOVATORE poeta e anarchico - parte seconda

Abele si diede alla macchia, rimanendo latitante per alcuni mesi sino a che, il 30 settembre, fu arrestato e deferito all'autorità giudiziaria per atti vandalici.
Fu in questo periodo che il poeta-bandito conobbe Chiara Emma Rolla, che diventò poi sua moglie e madre di tre figli, uno dei quali morì molto piccolo nell'ultimo anno della Prima Guerra Mondiale. Abele amava Emma e i figli anche se la sua instancabile, coerente e determinata militanza tra le file anarchiche per la difesa della libertà individuale lo portarono spesso, nella sua breve vita, lontano dalla famiglia. 
Abele cominciava anche a scrivere interventi infuocati sui maggiori fogli libertari ed anarchici del Nord Italia come Cronaca Libertaria , Il Libertario , Iconoclasta! , La Testa di Ferro proclamando la sua visione dell'anarchismo in generale e del movimento anarchico italiano, stendendo intimi manifesti del suo stato d'animo e delle sue idee nei confronti della società, della monarchia, dello Stato, della religione e dei partiti, prediligendo componimenti in prosa apertamente ispirati nello stile alle avanguardie letterarie di quel periodo. Abele si firmerà sempre con una serie di pseudonimi di cui il più famoso è sicuramente Renzo Novatore, ma anche Brunetta l'Incendiaria, Sibilla Vane, Mario Ferrento e Andrea del Ferro.
Lo stile di scrittura di Abele si colloca senza dubbio nell'orbita del futurismo, il movimento che intese, agli inizi del ‘900, aggiornare drasticamente il linguaggio espressivo rompendo definitivamente col passato tradizionalista. 
In particolare, i testi di Novatore sono caratterizzati da un uso frequente di metafore liriche che hanno il compito di illustrate lo spirito aristocratico e libero dello scrittore, oppure le descrizioni di figure spregiudicate, soprattutto femminili, in funzione antimoralista ed individualista. L'uso di aggettivi caustici ed insoliti assicura poi un effetto “arrabbiato” alla scrittura che, unito ad un tono sempre contestatore e polemista, dona agli scritti di Abele una forza sufficiente a lasciarsi immediatamente odiare o amare dal lettore.
1914: anno di illusioni infrante, anno di guerra.
Mentre in Italia si spegnevano gli ultimi echi della “Settimana Rossa”, rossa per lo sciopero generale e i sollevamenti proletari, in tutta Europa la febbre dei moschetti e dei cannoni dilagava tra corti e ministeri. Politici, statisti, teste coronate e consiglieri smaniavano eccitati per dare inizio ad una carneficina “necessaria” che avrebbe dovuto portare alla caduta di imperi e regni secolari, all'affermazione dei nuovi padroni del continente, al riscatto di chi si sentiva ancora sotto il giogo dello straniero. Tristi e minacciose nuvole velenose si addensavano sulla testa di operai ma soprattutto contadini, pronte a risucchiarli e sputarli nella trincea omicida per la (vana)gloria della Patria. I politicanti italiani tentennarono, aspettando un anno prima di gettarsi nella mischia per individuare la fazione migliore insieme alla quale schierarsi, in cambio di concessioni territoriali che alla fine del conflitto non sarebbero state neppure rispettate.
Mentre l'Europa subiva la devastazione del ferro e del fuoco i maggiori partiti politici italiani si spaccavano tra sostenitori dell'interveto o della neutralità, tra manifestazioni di piazza ed accesi dibattiti.
Anche nel movimento anarchico emergevano i contrasti. Alcuni illustri militanti e soprattutto individualisti, per i più svariati motivi, abbandonavano le tradizionali posizioni antimilitariste e antiautoritarie indossando l'elmetto per inebriarsi delle poetiche guerresche di D'Annunzio.
Non Renzo Novatore. Egli, sin dai primi soffi pestilenziali che sapevano di polvere da sparo, si schierò dalla parte dei disertori e di coloro che giustamente in quello scontro fratricida tra proletari di diverse nazioni non vedevano progresso, onore e conquista ma solo litri e litri di sangue versato inutilmente mentre la situazione per chi fosse riuscito a tornare a casa, magari orrendamente mutilato, non sarebbe cambiata di un millimetro: oppressione, sfruttamento, miseria. Novatore si adoperò subito per imbastire sui giornali anarchici tartassati dalla censura una serie di articoli rabbiosi per insegnare alla gente, alla “plebe” come spregiativamente la chiamava lui, il rifiuto e la negazione del massacro a cui presto sarebbero stati chiamati. È anche verosimile una sua partecipazione ai numerosi comizi itineranti che, di paese in paese, avevano come scopo di parlare direttamente ai contadini per convincerli alla diserzione, col motto “non guerra, ma rivoluzione!”. Infatti in quel periodo Novatore nutriva ancora una certa fiducia nella capacità di organizzazione e determinazione dei lavoratori per rovesciare il sistema monarchico-statale.

giovedì 11 luglio 2019

RENZO NOVATORE poeta e anarchico - parte prima

Abele Ricieri Ferrari più conosciuto con lo pseudonimo di Renzo Novatore nasce, il 12 maggio 1890. Con un futuro simile a quello di centinaia di contadini che nel paesello si guadagnavano da vivere nei campi e nei vigneti, oppure nelle officine e nei cantieri della vicina Spezia. Già perché il padre di Abele, contadino mezzadro, non aveva dubbi su cosa avrebbe fatto il figlio da grande, e in quel neonato vedeva sicuramente poco più che due preziose braccia utili ad alleviare le sue fatiche quotidiane.
Abele dimostrò presto una vivace intelligenza e una bruciante curiosità. Già durante la prima classe elementare dedicava molte ore a leggere libri di Pisacane, Salgari, Cattaneo, Barilli, Tolstoj e Cavallotti.
In quegli anni si manifestarono i primi segni di ribellione. Ribellione alle prime forme di autorità che generalmente si incontrano nella vita: il padre fra le mura domestiche ed i maestri a scuola. Abele le rifiutò entrambe. Per primi i maestri: il bambino, insofferente al rigido protocollo scolastico dell'epoca e allo scudiscio, finiva sempre rimproverato e relegato al “banco dell'asino”. Abbandonò dopo pochi mesi la scuola ma continuò a saziare la sua fame di conoscenza e nuovi stimoli con letture private, grazie ai libri presi in prestito al locale circolo mazziniano che frequentava assiduamente. 
Abele era diverso dai suoi coetanei, infatti a questo proposito dichiarò: - La gente mi chiamava “il pazzo”; mia madre mi chiamava “lunatico”, mio padre non si curava di me, ed i miei amici parlavano di me con sarcasmo ed ironia chiamandomi per scherno: “poeta”- .
L'ambiente di Arcola pullulava, in quei primi anni del XX secolo, di individui anticlericali, nemici giurati dello Stato e delle sue gerarchie, ostili ad essere incorporati anche in quel Partito Socialista che da un decennio si faceva portavoce delle istanze del proletariato italiano. In una parola: anarchici. Si ritiene che Abele, già frequentatore di circoli liberali e repubblicani, conobbe qualcuno che gli parlò per la prima volta dell'ideale libertario e dell'anarchia, indirizzandolo agli scritti di Malatesta, Kropotkin, Nietzsche, ai canti di Pietro Gori ma soprattutto a Max Stirner e alla sua concezione di individualismo come elevazione dell'Io a meta suprema di colui che egoisticamente si definisce “Unico”. Parole che scolpiranno come potenti ma precise martellate la personalità del futuro Novatore.
Nel 1910, la notte tra il 15 e il 16 maggio, un incendio distruggeva la chiesa della Madonna degli Angeli ad Arcola. Il mattino seguente il cardinale Pietro Maffi di Pisa avrebbe dovuto celebrare proprio là una importante cerimonia religiosa.
Le indagini dei carabinieri portarono presto all'identificazione di un gruppo di giovani anarchici del posto, tra i quali anche Abele Ferrari, con fama di irrequieto teppistello locale. Mentre Pasquale Binazzi, figura instancabile dell'anarchismo italiano, denunciava sulle pagine del suo giornale Il Libertario un presunto complotto clericale volto a scatenare una repressione generalizzata, Abele era tradotto dagli sbirri nel carcere di Sarzana non senza aver cercato in tutti modi di evitare la cattura nascondendosi e rendendosi irreperibile per alcune settimane.
Il processo che seguì i fatti dell'incendio alla chiesa vide il giovane anarchico di Arcola scagionato per mancanza di prove.
Nella primavera del 1911 Abele Ferrari è ricercato per furto e rapina. Il giovane ribelle considerava infatti il lavoro salariato soltanto una forma più raffinata di schiavitù, e non era difficile sentirlo esclamare, vedendo un manovale sfinito coperto di sudore e polvere: "Ma è costui un uomo?!". Per questo Abele riteneva lecito, secondo la sua personale filosofia di vita, l'esproprio nei confronti dei più abbienti di ciò che doveva servirgli per la sopravvivenza quotidiana, e usare la forza non era certo un problema. Come scriverà più tardi: - Non sono un mendicante io Mi approprio soltanto di tutto ciò che sono autorizzato ad appropriarmi con la mia capacità di potenza.

Contesto storico nella breve esistenza di Renzo Novatore 1°

1892-1893
Si costituisce il Partito dei Lavoratori sotto la guida di Filippo Turati, di vaga ispirazione marxista e con l'intenzione di organizzare politicamente le classi più povere e sfruttate. Contadini e operai italiani si trovano, in questo periodo, indietro di parecchie lunghezze rispetto agli standard salariali dei loro equivalenti di Francia, Inghilterra e Germania (per fare qualche esempio). All'interno del partito trovano spazio innumerevoli correnti (da quella riformista parlamentare a quella rivoluzionaria passando per quella anarchica) e nel 1893 il nome cambia ufficialmente in Partito Socialista Italiano. Il partito raccoglie da subito grandi consensi nelle masse cosiddette proletarie, impotenti di fronte alla repressione selvaggia e alle disposizioni antisindacali del governo presieduto da Francesco Crispi che, dal canto suo, cercherà di ostacolare in ogni modo il PSI e l'operato dei suoi membri. 
1894
Nel tentativo si sedare la rivolta dei cavatori di marmo in Lunigiana, appoggiata dai numerosi anarchici attivi nella zona, il presidente del Consiglio Crispi dichiara lo stato d'assedio e fa emanare le cosiddette "tre leggi anti-anarchiche" di stampo dittatoriale, molto più severe di quelle emanate in seguito dal fascismo. 
1898
A Milano, durante una grande manifestazione di protesta contro i continui rincari sul prezzo del pane, il generale Fiorenzo Bava Beccaris, che ha l'ordine di porre fine ai tumulti, ordina di fare fuoco con i cannoni sulla folla provocando ottanta morti. Il generale sarà in seguito decorato dal re per l'omicida fermezza dimostrata in quell'occasione. 
1900
A Monza, il 29 luglio l'anarchico Gaetano Bresci uccide con tre colpi di pistola il re Umberto I, ritenuto simbolo dell'ingiustizia e massimo complice delle numerose repressioni statali a danno del popolo. 
1904
Il governo presieduto di Giovanni Giolitti si dichiara disposto ad elargire concessioni e a collaborare attivamente con socialisti e sindacalisti organizzati e moderati, nel tentativo di creare un clima di dialogo ed armonia fra le parti sociali.
Il 16 settembre si svolge il primo sciopero generale della storia italiana. Coordinato dalle varie Camere del Lavoro presenti sul territorio, l'agitazione è l'esasperata risposta della gente ai ripetuti eccidi di lavoratori (242 morti in tre anni) perpetrati dai regi carabinieri durante scioperi e manifestazioni. Tra gli episodi più gravi sicuramente i fatti di Buggerru, Sardegna, dove il 4 settembre le pallottole statali lasciarono sul terreno tre minatori e numerosi feriti.
Lo sciopero generale si svolge senza grossi incidenti anche per l'ordine di Giolitti di non provocare o caricare i manifestanti. Lo sciopero perde lo slancio dei primi giorni anche per la profonda disorganizzazione delle varie Camere del Lavoro, e così le agitazioni cessano il 21 settembre senza aver ottenuto nessun sostanziale risultato. 
1906
29 settembre. A Milano nasce la CGdL (Confederazione Generale del Lavoro). La Confederazione riunisce tutte le Organizzazioni di Mestiere e le Camere del Lavoro preesistenti sul territorio nazionale. Lo scopo dichiarato è quello di formare un fronte compatto dei lavoratori, che agisca a livello nazionale in modo organizzato e capillare nell'interesse di tutti. L'impronta generale è comunque di stampo riformista che preferisce il dialogo tra le varie parti sociali, anche se l'ala rivoluzionaria rimane attiva e numerosa ma sostanzialmente isolata.
La CGdL, forte di un apparato direttivo accentrato e burocratico, si assume da quel momento l'organizzazione e la direzione degli scioperi e delle vertenze sindacali, stabilendo in più un rapporto speciale col PSI che, se da un lato si impegna a farsi portavoce in Parlamento delle istanze sindacali, dall'altro si riserva l'ultima parola sull'effettiva valenza politica che avranno tutti i futuri scioperi.
A livello locale, nelle Camere del Lavoro, rimanevano ugualmente elementi anarchici o comunque favorevoli all'intransigenza rivoluzionaria e ad una concezione di sciopero "alla Sorel". 

Uomini di lettere, di cultura e di scienza. Comprati.

Il potere ha utilizzato - con un vero e proprio capovolgimento dei propositi -  ciò che era nei nostri sogni, anziché far l'uomo più libero con il progresso, la scienza, la macchina, la cultura eccetera, renderne più rapido è sicuro l'asservimento. 
Ogni scoperta ed ogni o invenzione - nate tutte dal proposito di essere vantaggiose all'uomo - sono state deviate ed utilizzate contro l'uomo. Basta guardarsi attorno, con un minimo di senso critico e morale e ci si accorge che tutto, ma proprio tutto, viene attuato per renderci servi.
Un tentativo che - pur essendo tutt'altro che escluse le violenze e le atrocità dei vari fondamentalismi (sotto le tante maschere, religione ed etnia in primis) - aggredisce l'uomo, con i mezzi suadenti delle comunicazioni di massa. 
Chiaro ed orrifico il fine: non più individui, non più cittadini, non più un popolo, ma milioni di uomini e donne, senza volto né storia, servi.
Ripeto: la macchina del potere ha posto al proprio servizio gli uomini di lettere, di cultura e di scienza, i giovani "più in vista" e i politici.
Uomini di lettere, di cultura e di scienza. Comprati.
I giovani più in vista. Utilizzati come paladini dell'industria e del capitale, i migliori nello sport, nello spettacolo, nel trattenimento e nelle arti. Giovani che, per denaro, esaltano -forse inconsapevoli -  una programmazione emmerdosa
I politici nazionali e no... La comunità europea - in cui avevamo pur posto speranze -  ha emanato norme subdole e fintamente igieniche per mettere fuori gioco, a favore di industria, conserve, salse, formaggi e salumi, prodotti in modo artigianale senza rischio reale alcuno, da millenni.
In modo più spettacolare continuo, i mass-media, le pubbliche relazioni, le promozioni e la pubblicità.
Ad ogni ora del giorno persuasori tutt'altro che occulti esaltano ciò che dovrebbe civilmente essere condannato. Fanno consumare le stesse cose in ogni angolo del mondo, costringono a consumi non necessari anche i più poveri, impongono alimenti geneticamente manipolati di cui si ignorano gli effetti a tempo lungo sull'organismo umano - i cosiddetti alimenti transgenici, che ci propongono l'uniformità dei gusti - ed annullano il mutare delle stagioni.

giovedì 4 luglio 2019

Francesco Saverio Merlino e l’anarchia possibile

Francesco Saverio Merlino nacque nel 1856 a Napoli, dove si laureò giovanissimo in giurisprudenza. Ancora studente aderì al movimento anarchico, divenendone in breve tempo uno degli esponenti di maggior rilievo. Per circa venti anni condusse una instancabile attività di militante e di organizzatore rivoluzionario, a cui affiancò lo studio e la elaborazione di opere che misero in luce la sua solida preparazione culturale e le non comuni qualità di teorico. Dal 1884 visse in esilio in Inghilterra, con frequenti viaggi e periodi di permanenza in altri paesi europei e negli Stati Uniti. Nel 1894 rientrò clandestinamente in Italia, ma venne arrestato e dovette trascorrere in carcere due anni per scontare una vecchia condanna. Giunse a maturazione in questo periodo un processo di ripensamento e di revisione ideologica che lo portò nel 1897 a distaccarsi dal movimento anarchico, nel corso di una lunga e celebre polemica con Malatesta. Dopo una breve adesione al Partito Socialista, da cui si allontanò deluso dalla logica manovriera e rinunciataria di molti leader del partito, egli rimase per il resto della sua vita un senza partito ed anche se negli anni precedenti il fascismo si riavvicinò al movimento anarchico (del quale, comunque, come avvocato aveva sempre difeso gratuitamente i militanti) lo fece rimanendo un indipendente. Come teorico e intellettuale Merlino ebbe un ruolo di primissimo piano nei decenni a cavallo del passaggio fra l’800 e il 900 ed indubbiamente influenzò sia pensatori come Georges Sorel e Edward Bernstein, dei quali fu a lungo anche corrispondente, che tendenze politiche come il revisionismo marxista (non a caso, pur non essendo egli mai stato marxista, ritroviamo in molti dei cosiddetti "revisionisti" tesi originariamente enunciate proprio da Merlino) o il liberalsocialismo. Per tutta la sua vita Merlino fu "dalla parte giusta", come scrisse Malatesta nel necrologio per l’amico-avversario, e cercò di delineare quali potessero essere le forme di un socialismo non fondato, come il marxismo, su una filosofia della storia, e nemmeno necessariamente legato, come l’anarchismo, a concezioni palingenetiche della rivoluzione e della società da realizzare. Il socialismo che Merlino cercò di teorizzare è infatti un socialismo in cui la giustizia sociale passa anche attraverso la permanenza del mercato e di forme di iniziativa privata - sia questa opera di singoli individui o di cooperative - e si accompagna alla più ampia libertà politica e individuale, mentre l’organizzazione politico-giuridica, radicalmente democratizzata e decentralizzata anche se istituzioni come il parlamento vengono mantenute in forme nuove, ha come suo corollario necessario il fiorire di una molteplicità di associazioni popolari in grado di controllare quanto le istituzioni fanno. Questo socialismo, cui Merlino stesso si riferiva denominandolo "socialismo libertario" o "anarchia possibile", fu abbastanza discusso negli anni a ridosso della vittoria del fascismo, ma con essa venne messo a tacere ed anche nel dopoguerra, complice la predominanza politico-culturale del comunismo marxista sull’intera sinistra.

FACCIA DI SPIA di Giuseppe Ferrara

Il film racconta molti eventi politici degli ultimi 50 anni, con particolare attenzione al ruolo della CIA, e all'ingerenza degli USA nelle politiche di altri Paesi e, le grandi imprese finanziarie che nell'ultimo ventennio si sono messe, per interesse, a servizio delle forze reazionarie e delle controrivoluzioni. Gli episodi affrontati sono molti dalla guerra civile in Guatemala: fu una guerra civile che venne combattuta dal 1960 fino agli accordi di pace firmati il 29 dicembre 1996 dopo una lunga trattativa durata 4 anni. Il conflitto vide contrapporsi, da un lato il governo del  Guatemala e dall'altro diversi gruppi di ribelli politicamente orientati a sinistra. Quest'ultimi erano sostenuti dalla popolazione Maya e ladina, le quali formavano insieme la classe povera di contadini. Le forze governative del Guatemala sono state condannate per aver commesso genocidio nei confronti della popolazione Maya e per violazione dei diritti umani verso i civili. Le elezioni democratiche tenutesi nel 1944 e nel 1951, durante la Rivoluzione del Guatemala, portarono al governo le formazioni della sinistra popolare. Gli Stati Uniti, però, ne rovesciarono l'esito organizzando un Colpo di Stato nel 1954 che portò ad un regime militare retto da Carlos Castillo Armas, al quale seguirono altri dittatori militari. Lo sbarco del 1961 nella Baia dei Porci di Cuba: L'invasione della baia dei
Porci fu il fallito tentativo di rovesciare il regime di Fidel Castro, messo in atto da un gruppo di esuli cubani e di mercenari, addestrati dalla CIA, che progettavano di conquistare Cuba a partire dall'invasione della parte sud-ovest dell'isola. L'operazione, programmata dal direttore della CIA Allen Welsh Dulles durante l'amministrazione Eisenhower, fu lanciata nell'aprile 1961, neanche tre mesi dopo l'insediamento di John Fitzgerald Kennedy alla Presidenza. Le forze armate cubane, equipaggiate e addestrate dalle nazioni filo-sovietiche del blocco orientale, sconfissero la forza d'invasione in tre giorni di combattimenti. L'assassinio dei Kennedy nel 1963 e 1964. L'azione del Che Guevara in Bolivia nel 1967: L'8 ottobre 1967 venne ferito e catturato da un reparto antiguerriglia dell'esercito boliviano assistito da forze speciali statunitensi costituite da agenti speciali della CIA a La Higuera, nella provincia di Vallegrande (dipartimento di Santa Cruz). Il giorno successivo venne ucciso e mutilato delle mani nella scuola del villaggio. Il suo cadavere, dopo essere stato esposto al 
pubblico a Vallegrande, fu sepolto in un luogo segreto. Il caso di Ben Barka: Ben Barka fu sequestrato il 29 ottobre 1965 a Parigi, da agenti della polizia francese, mentre si stava recando ad un appuntamento col cineasta Georges Franju per la preparazione di un film sulla decolonizzazione. Da allora non si sono più avute sue notizie. L'inchiesta giudiziaria che seguì, stabilì che Ben Barka era stato portato in una casa di un villaggio vicino, dove era stato torturato fino alla morte da agenti marocchini e mercenari francesi, si presume secondo le direttive dell'allora Ministro degli Interni del regno Alauì, Mohammed Oufkir, che pare avesse anche partecipato di persona. Nel film si parla anche di Debré, Lumumba, Pinochet e Allende; le vicende del Brasile, del Congo, del Vietnam della Grecia. La seconda parte della pellicola è pressoché riservata agli episodi italiani legati ai nomi di Valpreda, Pinelli, Calabresi e Feltrinelli. Nella parte dedicata alla strage di Piazza Fontana Pietro Valpreda interpreta se stesso.
Nel film Faccia di Spia attaccato e censurato, Ferrara ha il coraggio di fotografare fino al golpe cileno del ‘73 le malefatte dell’attività della CIA nel mondo, Italia compresa.
Utilizzando immagini crude e violente come l’amputazione di entrambe le mani tramite un’accetta; come due infermieri segano via una mano per conservarla nella formalina al cadavere del “Che, come gli aguzzini dei servizi segreti del Marocco si divertono ad affondare un lungo stiletto, nelle spalle, nel ventre, fino al colpo finale con cui spaccano il cuore di Ben Barka, torture con bruciature ai capezzoli o al pene, violenze e stupri su prigionieri indifesi, intercalandole a spezzoni di documentari e telegiornali dell’epoca. I metodi investigativi sono solo parzialmente accennati, ma bastano per far intendere che la brutalità delle dittature non ha confini, la sottile linea tra interrogatorio e barbarie è lieve. Suggestiva anche l'ultima immagine dei grattacieli della CIA macchiati di sangue, come anche la denuncia degli interessi per direttissima (azionisti) di molti membri della politica e dei servizi segreti nelle attività delle multinazionali tese a sfruttare il terzo mondo.

Statuto delle Piante

art 1 
La terra è la casa comune della vita. 
La sovranità appartiene di ogni essere vivente
art 2
La Nazione delle Piante riconosce e garantisce i diritti inviolabili delle comunità naturali come società basate sulle relazioni fra gli organismi che le compongono
art 3
La Nazione delle Piante non riconosce le gerarchie animali, fondate su centri di comando e funzioni concentrate, e favorisce democrazie vegetali diffuse e decentralizzate
art 4
La Nazione delle Piante rispetta universalmente i diritti dei viventi attuali e di quelli delle prossime generazioni
art 5
La Nazione delle Piante garantisce il diritto all'acqua, al suolo e all'atmosfera puliti
art 6
Il consumo di qualsiasi risorsa non è ricostituibile per le generazioni future dei viventi è vietato.
art 7 
La Nazione delle Piante non ha confini. 
Ogni essere vivente libro di transitarvi, trasferirsi, vivervi senza alcuna limitazione
art 8
La Nazione delle Piante riconosce e favorisce il mutuo appoggio fra le comunità naturale di essere viventi come strumento di convivenza e di progresso.​