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giovedì 31 dicembre 2020

Alle origini dell'anarchia - Parte ventiduesima


1887 

L'oculista polacco Lazarus Ludwig Zamenhof (nato nel 1859) pubblica dopo anni di  elaborazione il primo manuale della lingua internazionale Esperanto. Nel 1879 era stato pubblicato il Volapük, altra lingua internazionale elaborata dal sacerdote tedesco Johann Martin Schleyer. Il fine dell'esperanto sarà definito da Zamenhof «la fraternità e la giustizia fra tutti i popoli» (Congresso di Genova, 1906). 11 novembre. Viene costituita a Cittadella (Cremona) l'Associazione Agricola Cooperativa nota sotto il nome di Colonia Cittadella. Nel maggio 1886 era uscito a Brescia il primo numero del giornale "Lo Sperimentale" (uscirà fino al febbraio 1887). Il fondatore, il veterinario anarchico Giovanni Rossi (detto  Cardias), nato a Pisa nel 1885, propugna la fondazione di colonie socialiste. La prima, Cittadella, dura fino all'11 novembre 1890. Rossi e i cremonesi Giuseppe Mori, mazziniano che offre il podere sperimentale ai contadini salariati, Sacchi e Bissolati, non riescono però a  convincere gli arretrati contadini ad abolire le diverse categorie e ad adottare concimi chimici e mezzi moderni di lavoro della terra. 

1889 

14 luglio. Nella sala Pétrelle, in rue Rochechouart a Parigi, costituzione della II Internazionale, per iniziativa dei socialisti di tutta Europa convenuti al congresso organizzato dai seguaci di Jules Guesde. A Parigi si riuniscono anche i socialisti «possibilisti» seguaci di Paul Brousse. Brousse e Guesde, entrambi provenienti dall'anarchismo, sono ora in lotta tra loro per il controllo del socialismo parlamentarista in Francia. Gli anarchici decidono di intervenire ai due congressi: vanno alla sala Pétrelle l'inglese Frank Kitz,  Sébastien Faure, l'ex pastore Ferdinand Domela Nieuwenhuis e gli italiani Costa, Cipriani e altri. Al raduno «possibilista» partecipano l'avvocato Saverio  Merlino, giovane difensore degli anarchici italiani, e il carpentiere francese Joseph Tortelier, appassionato tribuno popolare sostenitore dello sciopero generale. Nieuwenhuis, proveniente dal partito socialista, siede alla vicepresidenza. 

1890 

20 febbraio. Gli sforzi dei socialisti «sperimentali» per creare comuni rivoluzionarie tra i contadini italiani cominciano a dare i primi frutti, ma gli intrighi del vecchio fattore di Cittadella  inducono Giovanni Rossi a partire per l'America Latina con Achille Dondelli per fondarvi una «vera colonia socialista e anarchica». Con pochi compagni i due anarchici danno vita alla colonia Cecilia, nel Paranà (Brasile), nelle vicinanze di Palmeiras. Nella primavera 1891 giungono altri coloni: la colonia conta 150 aderenti che  con duro lavoro  costruiscono le strutture necessarie alla vita comunitaria. È grave la penuria di donne, che genera malcontenti; nella famiglia come nucleo sociale Cardias individua l'origine degli egoismi che avvelenano la comunità. L'unica  soluzione, egli sostiene, è il libero amore. La  fine della famiglia monogamica consente nuovi, più sinceri rapporti interumani. Malatesta deplora l'esperimento del Rossi perché distoglie le masse dalla lotta rivoluzionaria. Dopo il fallimento della colonia Cecilia gli anarchici si dividono e formano in Brasile diversi gruppi militanti.


La libertà autentica

La libertà autentica non è definita da un rapporto tra il desiderio e la soddisfazione, ma da un rapporto fra il pensiero e l'azione; sarebbe completamente libero l'uomo le cui azioni procedessero tutte da un giudizio preliminare concernente il fine che egli si propone e il concatenamento dei mezzi atti a realizzare questo fine. Poco importa che le azioni in se stesse siano agevoli o dolorose, e poco importa anche che esse siano coronate da successo; il dolore e la sconfitta possono rendere l'uomo sventurato, ma non possono umiliarlo finché è lui stesso a disporre della propria facoltà di agire. E disporre delle proprie azioni non significa affatto agire arbitrariamente; le azioni arbitrarie non derivano da alcun giudizio e, se vogliamo essere precisi, non possono essere chiamate libere. Ogni giudizio si applica a una situazione oggettiva, e di conseguenza ad un tessuto di necessità. L'uomo vivente non può in alcun caso evitare di essere incalzato da tutte le parti da una necessità assolutamente inflessibile; ma, poiché pensa, ha la facoltà di scegliere tra cedere ciecamente al pungolo con il quale essa lo incalza dal di fuori, oppure conformarsi alla raffigurazione interiore che egli se ne forgia; e in questo consiste l'opposizione tra servitù e libertà. 


La società tecnologicamente avanzata

L'uomo moderno è legato da un sistema di regole e regolamenti, e il suo destino da azioni di persone a lui lontane. Le cui decisioni egli non può influenzare. Tutto questo non è accidentale, né è il risultato dell'arbitrarietà di burocrati arroganti. È una condizione necessaria e inevitabile in qualsiasi società tecnologicamente avanzata. Il sistema, per funzionare, deve regolare attentamente il comportamento umano. Al lavoro si deve fare ciò che gli altri ti dicono di fare, altrimenti la produzione finirebbe nel caos. Le burocrazie devono essere rette secondo rigide regole. Permettere una qualsiasi discrezionalità personale a burocrati di medio livello danneggerebbe il sistema e porterebbe ad accuse di ingiustizia provocate dal modo in cui i singoli burocrati esercitano la loro discrezionalità. È vero che alcune restrizioni della nostra libertà ma, parlando in generale, la regolazione delle nostre vite da parte delle grandi strutture è necessaria per il funzionamento della società industriale-tecnologica. Il risultato nelle persone comuni è un senso di impotenza. Può anche darsi che i regolamenti formali vengano sostituiti sempre più da strumenti psicologici che ci inducano a fare ciò che il sistema ci richiede (propaganda, tecniche educative, programmi di “salute mentale”, ecc.). Il sistema deve costringere le persone a comportarsi in modi sempre più lontani dal modello naturale del comportamento umano. Per esempio il sistema ha bisogno di scienziati, matematici e ingegneri. Non può funzionare senza di loro. Così viene esercitata una pesante pressione sui bambini perché si distinguano in questi campi. Per un adolescente è innaturale passare la maggior parte del proprio tempo seduto a una scrivania, assorto nello studio. Un adolescente normale vuole trascorrere la sua giornata in contatto con la realtà circostante. Tra i popoli primitivi, le cose che venivano insegnate ai bambini erano in naturale armonia con gli impulsi naturali umani. Ma nella nostra società i bambini sono indotti a studiare materie tecniche che la maggioranza affronta malvolentieri. A causa della pressione incessante che il sistema esercita per modificare i comportamenti umani, il numero degli individui che non può o non vuole adattarsi alle esigenze sociali è in aumento: disoccupati di professione, bande di adolescenti, sette religiose, ribelli contro lo stato, sabotatori ecologisti, emarginati e oppositori di ogni tipo. 


giovedì 24 dicembre 2020

Alle origini dell'anarchia - Parte ventunesima

Varato il giornale, Serreaux intensificò il suo operato di spia e agente provocatore. Riesce a far passare una linea oltranzista, violenta, e sulle stesse colonne del giornale fa pubblicare nomi e indirizzi dei gruppi e dei più noti anarchici. Oltre a Gautier collaborano al giornale vecchi rivoluzionari come Louise Michel appena tornata dalla deportazione e anarchici italiani come Carlo Cafiero e il giovane Saverio Merlino. Altri persistono nella loro diffidenza, che trova conferma quando Andrieux lascia la Prefettura di Parigi e i fondi vengono a mancare e il  giornale deve chiudere. E durato esattamente un anno. (Gli anarchici restano senza un loro organo regolare fino al 1885, quando "Le  Révolté", che Jean Grave fa uscire a Ginevra, viene spostato a Parigi. Nel 1887 cambia testata in  "La révolte" e infine chiude nel marzo del 1894 sotto l'ondata dell'isterismo antilibertario e della repressione poliziesca scatenatasi dopo l'attentato al presidente della repubblica Sadi Carnot.) 

18 maggio. Cessa le pubblicazioni il foglio socialista libertario "Le Mirabeau", fondato a Verviers (Belgio) nel 1868, quando la I Internazionale era molto forte (42 sezioni nella sola regione di  Charleroi). Esule in Belgio nel 1858, Proudhon vi aveva portato le idee mutualistiche e autonomiste, espresse anche dal giornale "Liberté" (seconda serie). Tra i proudhoniani belgi sono attivi Guillaume, De Greef, Hector Denis, Victor Arnould, César Depaepe, Eugène Hins, che sostengono lo sciopero del Borinage nel 1869 e la manifestazione antimilitarista del 1870 a Verviers. "Le Mirabeau" e "L'Internationale"  protestano, con la sezione belga, contro l'esclusione di Bakunin e Guillaume dal Congresso dell'Aia (1872). Depaepe, De Greef e Denis entreranno successivamente nel Partito operaio belga (marxista) fondato nel 1885, quando gli anarchici, ridotti a esigua minoranza, saranno attivi solo a Liegi. 

1881 

13 marzo. Lo  zar Alessandro II, già sfuggito a diversi attentati, muore dilaniato da una bomba a San Pietroburgo. Il partito della Volontà del popolo (partito clandestino che reclama per il popolo russo «terra e libertà») pubblica l'indomani la sua condanna a morte. Il 9 aprile sono processati il chimico Nikolai Kibalcic (lontano parente di Victor Kibalcic - Victor  Serge, l'operaia Hessa Mirov Helfmann, la giovane nobile Sofia Petrovskaia, Nikolai  Rissakoff  (l'unico che abbia preso parte diretta all'attentato), Gabriel Mikhailoff, contadino di 21 anni, e lo studente Zeliaboff. Tutti rivendicano la propria parte nell'attentato, compiuto in nome del popolo russo per protestare contro la feroce repressione seguita alle prime riforme, e per «aprire il varco alla rivoluzione sociale». Tutti sono condannati a morte. Hessa Helfmann, incinta, andrà ai lavori forzati in Siberia. Aprile. Costa fonda a Cesena l'"Avanti!". Nell'agosto socialisti e anarchici ricostituiscono clandestinamente il Partito socialista in Romagna, che su proposta di Costa si chiama PS Rivoluzionario e si dichiara unitario nei confronti degli  anarchici di cui accoglie il principio federativo. 

1886 

4 maggio. A Chicago scoppia una bomba in Haymarket Square, nel corso di un comizio dei lavoratori in lotta per le otto ore. La polizia spara sugli scioperanti, che rispondono al  fuoco. Decine di morti e feriti rimangono sul terreno. Accusati di essere gli ispiratori delle violenze, saranno impiccati l'11 novembre 1887 gli anarchici Spies, Parsons, Lingg, Fischer e Engel.



SONO Jean Paul Sartre

Sono sicuramente un mostruoso prodotto del capitalismo, del parlamentarismo, della centralizzazione e del funzionarismo. Volendo, in altri termini sono proprio queste le situazioni primitive attraverso le quali mi sono costruito. La separazione dalla classe del lavoratori senza per altro la partecipazione alla direzione della politica e dell'economia, la devo al capitalismo. Al parlamentarismo devo l'idea delle libertà civiche, che è all'origine della mia maniacale passione per la libertà. Alla centralizzazione devo l'assoluta ignoranza del lavoro agricolo, l'odio per la provincia, la mancanza di attaccamento regionale, la sensibilità al mito di Paris grandville come dice Caillois. Al funzionarismo devo la totale incompetenza in materia di denaro, certamente ultima incarnazione dell'“integrità" e del “disinteresse" di una famiglia di funzionari, gli devo anche l'idea dell'universalità della Ragione, dato che la vestale del razionalismo in Francia è il funzionario. A tutte queste astrazioni insieme devo il mio essere astratto e sradicato. Mi sarei forse potuto salvare se la natura mi avesse dotato di sensualità, ma, in questo, sono un freddo. Eccomi allora "per aria" senza alcun aggancio, non avendo conosciuto né l'unione con la tetra attraverso il lavoro dei campi, né l'unione con una classe per comunanza di interessi, né l'unione dei corpi per il piacere. La morte di mio padre, il nuovo matrimonio di mia madre e i dissapori col padrigno mi hanno sottratto molto presto all'influenza familiare, l'ostilità dei compagni di scuola mi ha insegnato a ripiegarmi su me stesso. Il mio corpo sano, vigoroso, docile e discreto non fa mai parlare di sé, salvo qualche volta rivoltarsi bruscamente in una crisi di coliche renali. Non sono  solidale in niente, nemmeno con me stesso, non ho bisogno di nessuno ne di alcunché. Così è il personaggio che mi sono costruito nel corso di trentaquattro anni di vita. 

“La libertà, come la ragione, non esiste e non si manifesta che attraverso la derisione incessante del proprio operato, perisce non appena viene idolatrata" (Proudhon, Confessioni di un rivoluzionario). (Tratto da Quaderni Intimi)



LA DIPENDENZA DEL SAPERE

La dipendenza, che tutti accettano come ovvia, nei confronti del sapere altamente qualificato prodotto dalla scienza, dalla tecnica e dalla politica, erode la fiducia tradizionale nella veracità del testimone e svuota di senso i modi con cui gli uomini possono scambiarsi le proprie certezze. Riponendo la propria fede nell’esperto, l’uomo si spoglia prima della sua competenza giuridica e poi di quella politica. Gli individui, che hanno disimparato a riconoscere i propri bisogni, come a reclamare i propri diritti, divengono preda del sistema che definisce in vece loro le loro esigenze e rivendicazioni. La persona non può più contribuire di suo al continuo rinnovamento della vita sociale. L’uomo arriva a diffidare della parola, pende da un sapere presunto. Il voto rimpiazza la discussione, la cabina elettorale il tavolino del caffè. Il cittadino si siede dinanzi allo schermo e tace.

Le regole del senso comune che permettevano alla gente di unire e scambiarsi le proprie esperienze sono distrutte. Il consumatore-utente ha bisogno della sua dose di sapere garantito, accuratamente preconfezionato. Trova la propria sicurezza nella certezza di leggere lo stesso giornale del vicino, di guardare la stessa trasmissione televisiva del suo padrone. Si accontenta di avere accesso allo stesso rubinetto di sapere del suo superiore, anziché perseguire l’uguaglianza di condizioni che darebbe alla sua parola lo stesso peso di quella del suo padrone. 

L’esperto non rappresenta il cittadino, fa parte di una élite la cui autorità si fonda sul possesso esclusivo di un sapere non comunicabile; ma questo sapere, in realtà, non gli conferisce alcuna particolare attitudine a definire i confini dell’equilibrio della vita. L’esperto non potrà mai dire dove si colloca la soglia della tolleranza umana: è la persona che la determina, nella comunità; e questo suo diritto è inalienabile.


giovedì 17 dicembre 2020

Il dominio del sapere come potere sugli altri

L’ideologia, la quale si fonda su ragioni superficiali ed esterne all’uomo, si presenta anch’essa come una soluzione-cura alla malattia di cui soffrono gli uomini (i famosi mali sociali). Essa riconosce che il corpo e la vita degli uomini sono malati, che c’è bisogno di cure, ed in questa prospettiva emerge la funzione del sacrificio. La scienza, venuta anch’essa a salvare l’uomo e il mondo dalle loro malattie, concepisce la vita e il vivere come un male da cui curarsi. Ne derivano altri mali, che nascono attraverso la cura, il progresso, la cura della natura. L’uomo e tutto il suo sviluppo non sono stati altro che decorsi di una più grande malattia: la soppressione della vita. La volontà di potenza è quindi intesa come rivolta degli uomini che, immaginandosi sani, vogliono vivere, liberati dalla grande ossessione di immaginarsi malati. La malattia è il non vivere, la cura è la soppressione della vita. La libertà parte dal riconoscersi sani, vivi, carichi di desideri da realizzare come godimento. Anche la democrazia presenta un aspetto molto comune: la malattia generalizzata fra gli uomini i quali si sentono rassicurati dal fatto che il vivere malati è di tutti. Nessuno gode, tutti si curano come meglio credono contro la vita. Tale è l’idea della democrazia: illudere gli uomini sulla impossibilità di godere, come condizione comune a tutti.

Siamo circondati da un mondo di "igienisti" del corpo e della mente. Sulle loro ragioni si sono costruite tutte le allucinanti prospettive degli uomini, volti permanentemente verso un compito di controllo e repressione della vita.

La nostra irresponsabile "follia" consiste nell’attaccare il concetto di "malattia" e, con questo, il concetto conseguente di "cura". E’ facendo perno su questa follia che possiamo veramente attaccare alla radice tutte le ragioni che sostengono il vecchio mondo, in quanto si rovesciano così tutte le prospettive dell’epoca attuale, basate sull’intenzione di mobilitare gli uomini contro se stessi, quindi di mantenere la dominazione come servitù volontaria.

Bruciare tutte le prospettive di un mondo forgiato sulle catene del sapere come potere sugli altri, significa avere messo a nudo le ragioni del dominio fra gli uomini, le quali si presentano sempre come ricerca di una soluzione per curare il mondo dei suoi mali. L’autoliberazione gioiosa di ciascuno e di tutti non può che forgiarsi sulla liberazione-realizzazione dei desideri individuali.


VERRÀ LA MORTE E AVRÀ ITUOI OCCHI - Cesare Pavese


Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

questa morte che ci accompagna

dal mattino alla sera, insonne,

sorda, come un vecchio rimorso

o un vizio assurdo. I tuoi occhi

saranno una vana parola,

un grido taciuto, un silenzio.

Così li vedi ogni mattina

quando su te sola ti pieghi

nello specchio. O cara speranza,

quel giorno sapremo anche noi

che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Sarà come smettere un vizio,

come vedere nello specchio

riemergere un viso morto,

come ascoltare un labbro chiuso.

Scenderemo nel gorgo muti.


Alle origini dell’anarchia - Parte Ventesima

1878 

11 maggio. Un lattoniere ventunenne di Lipsia spara a Berlino all'imperatore di Germania Guglielmo I, mancandolo. Emil Heinrich Maximilian Hiidel, di vaghe idee socialiste e anarchiche, intende protestare contro la misera condizione operaia e la disoccupazione dilagante. Condannato a morte per decapitazione, il giovane affronta coraggiosamente il supplizio e viene ucciso il 16 luglio. 2 giugno. Il filosofo Karl Eduard Nobiling ferisce Guglielmo I con due colpi di un fucile da caccia. Il cancelliere Bismarck approfitta del clima creato dagli attentati per far approvare un suo progetto di legge che colpisce i socialisti e tutta  l'opposizione. 25 ottobre. Il giovane operaio di Tarragona Juan Oliva Moncasi cerca di sparare al re Alfonso XII a Madrid ma viene disarmato dalla folla. Condannato a morte, Moncasi  rifiuta di chiedere la grazia al re, e viene strangolato dal garrote il 4 dicembre. 

17 novembre. Giunto a Napoli in visita, il re d'Italia Umberto I viene ferito leggermente durante un giro in carrozza dal pugnale di Giovanni Passanante, cuoco, nato in Basilicata (1847). Con dannato a morte e graziato da Umberto, Passanante morirà nel reclusorio di Montelupo nel 1910. 

1880 

L'agente provocatore si fa chiamare Serreaux, ma in realtà è Egide Spilleux, nazionalità belga. Predica con violenza il ricorso all'azione violenta. Offre 3000 franchi per la fondazione di un giornale anarchico (la somma richiesta per legge), e un finanziamento di 1500 franchi al mese per sei mesi. Chi ci dà il denaro, domandano gli anarchici parigini. Una vecchia lady di Londra, una simpatizzante, risponde vago Serreaux, l'agente inviato nell'ambiente anarchico da Louis Andrieux, prefetto di polizia di Parigi. E lui che fornisce i fondi. L'anarchismo francese cerca in questi anni di sollevarsi dal «genocidio dei rivoluzionari» praticato dopo la sconfitta della Comune. Il terrorismo non è molto diffuso, né come prassi né come teorizzazione rivoluzionaria, anche se i gruppi anarchici hanno nomi terribili come «Les Vengeurs», «Ligue des Antipatriotes», «Les Indomptables», «L'Insurgé», «L'Interdit»; c'è anche il gruppo degli «Introvabili»... Il 27 dicembre 1880 il Parti Ouvrier Socialiste approva il Manifesto del comitato centrale elettorale, pubblicato l'indomani da "Le Prolétaire", «giornale repubblicano degli operai democratici socialisti». Il manifesto rivendica un programma di «partito operaio» di nuova costituzione, espressione dei congressi operai. Alle «candidature politiche» vengono opposte «candidature di classe». L'appello rivolto «ai lavoratori dei venti arrondissements di Parigi» termina con il motto della Prima Internazionale: «L'emancipazione dei lavoratori è possibile solo per opera dei lavoratori stessi», e l'incitamento: «Cosí, voi avrete dato il vostro contributo alla fondazione della vera Repubblica, la Repubblica sociale!». Il  linguaggio è indubbiamente «rivoluzionario», e parallelamente a quanto accade in Italia, destinato a far breccia nell'animo dei lavoratori. Bisogna quindi correre ai ripari, illuminare le masse sull'illusione delle riforme mediante il voto. E nel pieno della campagna elettorale, il 12 settembre 1880, che gli anarchici riescono a pubblicare il loro settimanale, che fin dalla testata cerca di strappare ai socialisti riformisti l'insegna della Repubblica sociale. Il giornale si chiama infatti "La Révolution sociale". È il primo foglio anarchico pubblicato in Francia dopo la Comune. Serreaux ha lavorato bene. Non è riuscito a convincere tutti gli anarchici con la storiella della lady simpatizzante, ma la sua astuzia ha avuto ragione di parecchie diffidenze. Gli esponenti dell'anarchismo francese, Elisée Reclus e Jean Grave, come pure Kropotkin e Malatesta, non abboccano, ma la spia ha convinto un noto libertario, Emile Gautier, ad andare a Londra a toccare con mano la consistenza della misteriosa benefattrice. Una complice, istruita da Serreaux recita a meraviglia la  parte della benefica ereditiera. Scriverà Andrieux nelle sue memorie: «Dare agli anarchici un giornale era come stabilire una linea telefonica diretta tra il centro cospirativo e l'ufficio del Prefetto di Polizia» (Louis Andrieux, Souvenirs d'un préfet de police, Parigi, 1906-1910). 



giovedì 10 dicembre 2020

Alle origini dell'anarchia - parte diciannovesima

1873 

Giugno. In Spagna re Amedeo di Savoia abdica e viene proclamata la repubblica. L'Internazionale, forte di 50 000 membri in prevalenza operai e contadini poveri del Sud, svolge un ruolo decisivo: Pi y Margall, impiegato di Madrid di origine catalana, traduttore delle principali opere di  Proudhon, già attivo nella rivoluzione spagnola del 1854, sostiene alle Cortes l'esigenza di una repubblica federale, di cui egli stesso diventa presidente. Durante la sua breve presidenza si avvia un  processo di decentralizzazione (movimento rivoluzionario cantonalista) in cui le regioni godono di una vasta autonomia amministrativa e in cui il potere della Chiesa viene drasticamente ridimensionato mentre le comunità contadine si accingono a prendere possesso dei latifondi incolti del Sud. L'insurrezione reazionaria dei carlisti al  Nord interrompe la trasformazione rivoluzionaria, mentre le grandi città dell'Andalusia e del Levante (Siviglia, Granada, Valencia, Cadice, Malaga e Cartagena) si dichiarano liberi cantoni. Sotto la guida di comitati di salute pubblica vengono chiuse le chiese e tassati i ricchi. Travolto dagli avvenimenti Pi y Margall si dimette e il governo provvisorio di Madrid invia truppe al sud a reprimere la rivolta; soltanto Cartagena resiste per quasi cinque mesi grazie alla solidarietà attiva dei federalisti dell'intera regione. Numerosi anarchici sostengono i federalisti a titolo personale, essendosi l'Internazionale pronunciata a  favore dell'astensione dall'intervento politico. Essi provocano rivolte in piccoli villaggi andalusi, espropriati a favore del popolo; si dichiara la giornata lavorativa di 8 ore. 

1874 

L'influenza degli avvenimenti spagnoli e l'aggravarsi delle condizioni di vita popolare in Italia spingono gli anarchici all'insurrezione: organizzati nel Comitato italiano per la rivoluzione sociale essi preparano un piano per la rivolta a Bologna, Firenze e in Puglia, che fallisce miseramente. 

1875 

Enrico Bignami fonda a Lodi il giornale socialista "La Plebe", subito interprete delle lotte operaie che vigoreggiano sull'onda della ripresa economica italiana causata dalla guerra franco-prussiana che ha paralizzato la produzione francese, fino a quel momento molto più importante di quella italiana e seconda solo  alla produzione inglese. 

1876 

26 giugno. Muore a Berna, mentre è diretto a Napoli, Mikhail Bakunin. Molto malato, dal 1874 si era ritirato a Lugano ove cercava di campare con l'orticoltura. 

1877 

Aprile. La «banda del Matese» (internazionalisti guidati da Cafiero, Malatesta e Pietro Cesare Ceccarelli) libera una serie di comuni agricoli e montani tra Benevento e Campobasso, proclama la repubblica sociale, abolisce la tassa sul macinato, la proprietà  privata e ogni ingerenza dello Stato. Catturati dall'esercito regio, gli internazionalisti vengono processati e assolti. Gli avvenimenti del beneventano danno al governo italiano il pretesto per sciogliere l'Internazionale, che si ricostituisce clandestinamente. L'isterismo anti-internazionalista vede agitatori dappertutto. Il 17 luglio la malavita di Firenze, armata di coltelli e bastoni, organizza la caccia agli internazionalisti. L'Internazionale risponde con  una  grande manifestazione di massa. Una colonna di cinquecento anarchici armati di bastoni ripulisce la città dai teppisti. La polizia arresta gli esponenti dell'anarchismo che vengono processati per cospirazione contro la sicurezza dello Stato. Le retate della polizia  e i continui processi sconvolgono l'organizzazione. 

Centri di propaganda e agitazione anarchica sono creati in Tunisia da Niccolò Converti, il quale fonda anche un giornale, "L'operaio, organo degli anarchici di Tunisi e della Sicilia", e in Egitto, a opera di italiani che danno vita nello stesso anno al foglio "Il lavoratore", e dove nel 1882 Malatesta, Ceccarelli e Marocco cercheranno di infondere contenuti sociali nell'ostilità anti-inglese. 



IN THE LAND OF GREY AND PINK - Caravan

Nella terra di grigi e rosa, dove solo i ragazzini si fermano a pensare

Torneranno di nuovo, quei laidi orchi puzzolenti

E scivoleranno giù dal camino e proveranno ad entrare

Per prendere i tuoi soldi, non è un peccato, sono così sottili

Hanno secchi neri nel cielo, non lasciare tuo padre sotto la pioggia

Le sigarette bruciano brillando nella notte, saranno tutte lavate giù per le fogne


Così andremo via solo per un giorno nella terra dove cresce l’erba

Non avremo bisogno di soldi, solo le dita delle mani e dei piedi

E quando si farà buio la nostra barca ormeggerà su una terra calda e verde

Prenderemo la nostra erba e fumeremo fino a farci male, 

questo è tutto quello di cui avremo bisogno

Durante la navigazione nella luce del mattino ci laveremo i denti in mare

E quando il giorno diventa veramente luminoso, andremo a bere il tè al mare


E noi ce ne andremo,  solo per un giorno,  nella terra dove cresce l'erba

Non avremo bisogno di soldi, solo le dita delle mani e dei piedi

E quando si farà buio la nostra barca si ormeggerà su una terra calda e verde

Prenderemo la nostra erba e fumeremo fino a farci male, 

questo è tutto quello di cui avremo bisogno

Hanno secchi neri nel cielo, non lasciar tuo padre sotto la pioggia,

I tizzoni delle sigarette brillano stanotte e andranno tutti giù per le fogne.



La gratuità appartiene alla tradizione contadina e operaia

La felicità non si paga, si strappa alla società che la vende. 

I rossi mattini sono meno importanti della scintilla che li accende.  

L’emancipazione dei godimenti porta in sé la gratuità universale di cui perirà la civiltà mercantile.

Siamo così abituati ad aspettare, anche nei piaceri più ludici, il giro di manovella, lo scatto della ruota della fortuna, il conto da che il risultato infelice di ogni sovversione è già incluso nell’avventura. Pertanto, lo spirito di sconfitta e di disperazione è sempre sul punto di mordersi la coda come il cerchio vizioso della merce. La passione della distruzione ha cessato di essere una passione creatrice, ne è semplicemente un surrogato. In fondo alla disperazione dove ci hanno trascinato le società industriali, la gratuità comincia a farsi strada. Quando uno sciopero della cassiera libera i clienti dal loro ruolo e li aiuta a prendere e a dare senza contropartita, quando gli operai si mettono a distribuire le merci dei magazzini, quando la gente rifiuta di pagare l’affitto, la luce, i trasporti, quando l’esproprio abbandona la rabbia della disinibizione per giocare alla distribuzione festosa dell’abbondanza, possiamo domandarci se la proletarizzazione, attraverso lo scambio permanente, non trascini con sé anche la sua radicale liquidazione. Del resto il lasciarsi andare alla gratuità appartiene alla tradizione contadina e operaia.


giovedì 3 dicembre 2020

Alle origini dell'anarchia - parte diciottesima

Il comunardo non è però un sanculotto parigino dell'89, patriota, artigiano sciovinista e repubblicano a oltranza (anche se questi tratti sono ancora evidenti in superficie, nell'«ideologia» del piccolo comunardo). Infatti, anche le piccole imprese artigianali non sono un relitto del passato ma si situano in un rapporto funzionale alla produzione del plusvalore delle grandi industrie moderne. 17-22 settembre. Conferenza di Londra dell'Internazionale. La frazione marxista approva una serie di risoluzioni che tendono ad accentuare in senso centralista, autoritario e burocratico, le funzioni del Consiglio generale (sorta di comitato centrale dell'AIT). Vengono presi provvedimenti disciplinari nei confronti dell'Alleanza della democrazia socialista e della Federazione del Giura. 1-5 novembre. Congresso operaio di Roma ispirato da Mazzini: Cafiero e Tucci diffondono  tra i delegati  un manifesto di Bakunin contro le tesi nazionaliste e democraticiste dei repubblicani di osservanza mazziniana. All'interno del movimento operaio l'anarchismo comincia a differenziarsi sia dal repubblicanesimo borghese sia dall'«autoritarismo e determinismo economicistico marxisti». 

1872 

Maggio. Cafiero e Fanelli s'incontrano a Locarno con Bakunin. Vengono gettate le basi per un'alleanza delle sezioni italiane dell'AIT con la linea espressa da Bakunin. 4 agosto.  A Rimini, conferenza nazionale delle 21 sezioni italiane dell'Internazionale. Si decide la costituzione di una Federazione italiana dell'Internazionale, e di rompere ogni rapporto sul piano ideologico e pratico con il Consiglio generale di Londra. Carlo Cafiero, Andrea Costa  e il giovane Errico Malatesta sono gli uomini di punta di questa tendenza libertaria e antiparlamentarista del movimento socialista. Essi propongono a tutte le sezioni che non condividono l'autoritarismo del Consiglio Generale, di inviare i delegati, il prossimo 2 settembre, non all'Aia al congresso dell'Internazionale, ma a Neuchatel, in Svizzera, « per 

ivi aprire il Congresso Generale anti-autoritario». 2 settembre. Il congresso dell'Aia dell'AIT decide l'espulsione di Bakunin e Guillaume, il conferimento di più ampi poteri al Consiglio generale e il suo trasferimento a New York per sottrarlo all'influenza delle federazioni libertarie (Italia, Spagna e Giura). Quello dell'Aia è l'ultimo congresso della Prima Internazionale. 15-16 settembre. Si tiene nella cittadina di Saint-Imier (Svizzera) un congresso  internazionale antiautoritario. La delegazione italiana (di cui fanno parte Cafiero, Costa, Fanelli,  Malatesta, Ludovico Nabruzzi e Bakunin) è la  più numerosa. Il congresso approva quattro risoluzioni che diventano la piattaforma pratico-ideologica del movimento anarchico. I punti fondamentali sono il rifiuto dei poteri legislativi e direttivi dei congressi, a garanzia della libertà d'azione delle sezioni e la critica alla dottrina marxista dello stato: «il proletariato, impadronendosi del potere politico, diventerebbe egli stesso una classe dominante e sfruttatrice ». Dicembre. Il congresso generale di Còrdoba approva all'unanimità le risoluzioni di Saint-Imier. All'interno della Spagna viene adottato lo stesso tipo di organizzazione decentralizzata proposto per l'Internazionale anti-autoritaria: le sezioni sono autonome e il consiglio regionale assume le funzioni di ufficio di corrispondenza.



I MISERABILI – Ladj Ly

Si inizia con la felicità. Un’enorme, possente vibrazione collettiva. Parigi, la Francia ha vinto i Mondiali. Bandiere tricolori ovunque, una folla che ribolle di gioia e di grida. Un immenso respiro collettivo. Volti, sorrisi, grida. Forse sono qui, in questa gioia collettiva, in questo enorme sussulto di emozione, le parole chiave della rivoluzione francese: liberté, legalité, fraternité. Vediamo la folla, l’Arc de triomphe. E mentre vibriamo anche noi di questa gioia, imponente, implacabile, il titolo: I miserabili. Intanto la storia: tre poliziotti con la missione professionale di tenere sotto controllo un infuocato quartiere dell’hinterland parigino percorso dalle tensioni e pulsioni di ogni tipo, venato di criminalità grande e piccola, di una cronica patologia sociale. Uno è buono, uno è cattivo, uno 50 e 50. Il buono, Stéphane, è appena arrivato da un’altra città, è al suo debutto in quella squadra, crede nella legge e nella possibile emancipazione degli ultimi. Il cattivo, ovviamente il capo del trio, è brutale, crede solo nella forza, è corrotto e colluso con i vari poteri occulti del quartiere, poteri al
limite e oltre la legalità. Perlustrano, controllano, minacciano: la minaccia come deterrente e strategia di prevenzione del disordine. Ragazzini di strada. Famiglie complicate. Boss della droga e della prostituzione. Commercianti taglieggiati. Una comunità di Fratelli Musulmani con un imam ex galeotto riscattatosi grazie alla fede e leader indiscusso del quartiere, adorato e ammirato per la sua integrità, rettitudine, forza. E ancora: la figura ambigua di colui che viene chiamato il sindaco, un ruolo immagino semi-istituzionale ai bordi tra il caos e l’ordine delle istituzione, un “uomo del popolo” investito di quel pomposo titolo per dialogare, intercettare i germi dello scontento prima che si tramuti in rivolta, fare da cerniera tra il basso e l’alto. Poi abbiamo Buzz, che con un drone sorvola il quartiere e spia le proprie coetanee, e Issa, che si mette sempre nei guai per piccoli furti. Proprio i due ragazzini sono la miccia dell’esplosione drammaturgica: Issa ruba un cucciolo di leone da un circo provocando tensione tra i proprietari di origine gitana e la comunità di colore, mentre Buzz riprende per puro caso con il suo drone il ferimento di Issa da parte dei poliziotti quando lo fermano per recuperare l’animale. Così inizia una caccia al video che potrebbe rovinare la vita dei colpevoli e macchiare la reputazione della polizia. La parte finale de “I miserabili” mostra la rivolta dei ragazzi che organizzano un’imboscata contro i tre poliziotti e si vendicano di tutti gli adulti coinvolti nei soprusi capitanati da Issa, umiliato e ferito il giorno prima per aver preso il cucciolo di leone. Il film riesce ad esplodere tutta la sua rabbia e la tensione accumulata, conducendo ad un finale di grande impatto. Ma Ly non ce lo racconta, chiude sul nero, e lascia all’oblio quella miseria a cui non è riuscito a dare giustizia.

Adolescente nella cité des Bosquets a Montfermeil (a est di Parigi), Ladj Ly ha acquistato a diciassette anni la sua prima videocamera per registrare le tensioni sociali e raccogliere le prove dei metodi della polizia contro i ragazzi del suo quartiere. Un giorno del 2008, la violenza ordinaria passa il limite e Ly filma il pestaggio di un minore ammanettato. Segue uno scandalo, un’indagine e la sospensione dal servizio di alcuni agenti. Quel video è l’origine dei Miserabili, declinato in un cortometraggio nel 2017 e nella versione in lungo due anni dopo. Un film sulla violenza della polizia, sul disagio di una moltitudine sociale capace di far collassare le istituzioni, e sulle disparità economico-culturali che specialmente in Francia sono giunte a un punto di non-ritorno. Non ci sono cattivi e non-cattivi, ma solo la cattiva volontà delle classi dirigenti. Dei politici, dei magistrati, dei ricchi, di quelli che in altri tempi avremmo genericamente chiamato “i padroni”. Che nel film non vediamo neanche in televisione, ma di cui i tre poliziotti sono tuttavia il “braccio armato”.

Il regista Ly ambienta la rivolta del suo film nel sobborgo parigino di Montfermeil, lo stesso in cui si trovava coinvolto Jean Valjean nei Miserabili di Victor Hugo nell’insurrezione repubblicana del giugno del 1832, quando il popolo cercò di rovesciare la monarchia. Tentativo fallito. Il giovane Hugo era già un repubblicano schierato e sedici anni dopo, in quel “quarantotto”, uomo e autore affermato, entrò a far parte della politica attiva come deputato dell’Assemblea Costituente, pronto a opporsi a Luigi-Napoleone quando da Presidente si elesse Imperatore. Hugo fu animatore del Comitato di resistenza repubblicana, in un tentativo, abortito, di sollevare il popolo parigino. I suoi “Miserabili” sono un manifesto, e una sintesi di tutti gli ideali libertari di cui era testimone.    

Il film di Ly si chiude con una citazione del maestro: “Amici miei, tenete a mente questo: non ci sono né cattive erbe né uomini cattivi. Ci sono solo cattivi coltivatori.”



Mistificazione e occultamento la tecnocrazia

Mistificazione e occultamento sono i metodi con cui la tecnocrazia devia, inibendoli, i bisogni reali dalla realtà, fa della realtà la riserva di caccia dei suoi esperimenti di laboratorio, dell’umanità un frammento della realtà frantumata, e della totalità organizzata la macchina inconsapevole che lavora alla propria autodistruzione. Scienze della produzione e scienze della natura, scienze dei mezzi e dei fini, sotto la direzione dell’economia, organizzano il grande spettacolo della conquista del tutto: il regno delle macchine come regno della libertà, l’ibernazione come conquista dell’eternità. Il progetto finale della scienza è ormai, in modo non più occulto il dominio totale dell’oggetto sul soggetto, della macchina sull’uomo, del non-essere, spacciato come dover-essere, sull’essere. Per poter realizzare questo suo compito, la macchina della scienza deve operare in modo da deviare in un primo tempo ogni conoscenza verso un’applicazione parziale della realtà sussumendola alla sua parcellizzazione, e occultare in un secondo tempo la realtà stessa, quando essa tende troppo esplicitamente verso il pensiero. L’attività alienata della scienza si presenta anche come il MITO dell’attività alienata. Ma la separazione totale dell’individuo da sé, la sua reificazione completa, non sarebbe possibile se non articolando la separazione attraverso tutta la scala delle specializzazioni, per cui tutti i livelli dello spettacolo si compensano con un minimo d’attività: il minimo necessario per credere. Il mitico rispetto scientifico dei popoli per il dato che essi stessi producono continuamente finisce per diventare, a sua volta, un dato di fatto, la roccaforte di fronte a cui anche la fantasia rivoluzionaria si vergogna di sé come utopismo e degenera in passiva fiducia nella tendenza oggettiva della storia.