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giovedì 28 maggio 2020

SALARI, PREZZI E MERCATI

"Da troppi anni ormai assistiamo alla impotenza dei governi nel determinare un certo equilibrio tra prezzi e salari: partiti, sindacati. associazioni. gruppi parlamentari, cooperative, non hanno mai studiato sufficientemente il problema ed ogni qualvolta si sono stentatamente  mossi è avvenuto l'urto con la dura resistenza degli speculatori e degli uomini che dal potere li favoriscono. Sempre quelle battaglie sono rimaste senza pratica efficacia; sempre i cartellini dei prezzi e le tariffe dei servizi hanno segnato e segnano inesorabilmente la sconfitta dei consumatori e la vittoria degli speculatori. Ciò significa che abbiamo sempre battuto una falsa strada, usato un metodo inefficace. Quel poco che stato ottenuto è il risultato di un'azione accorta e tenace dei consumatori stessi. 
Per determinare l'andamento del costo della vita è sufficiente incoraggiare o scoraggiare la speculazione: per incoraggiarla basta il lasciar fare; per scoraggiarla basta che si abbia la convinzione di trovarci di fronte ad una opinione pubblica avvertita e allarmata. La via giusta da seguire è l'azione diretta dei consumatori - da non confondere con l'azione diretta dei lavoratori, che è altra cosa-. In questa azione, nessun organismo od ente estraneo deve intervenire: né partiti, ne sindacati, né associazioni tipo di ogni genere. Solo i consumatori in quanto tali formano l'opinione pubblica interessata, e sono milioni, e fra questi nessuna intrusione politica deve intervenire, per evitare che nella compagine si creino contrasti di partito che la manderebbero in frantumi, compromettendo tutto. E ciò perché l'obiettivo resti quello e non altro da cui affiorino speculazioni di partito o sindacali. Gli anarchici dovrebbero in ogni località lanciare questa idea, farla circolare ovunque: nei luoghi di lavoro, nelle case, nei ritrovi; dovrebbero procurarsi degli alleati (individui e come  tali), promuovere assemblee di caseggiato, di rione. animare le massaie, far parlare la stampa, organizzare manifestazioni davanti ai mercati e alle prefetture, boicottare gli esercenti esosi. far gridare alla piazza il basta tanto desiderato, da tutti invocato ma da nessuno finora detto con risoluta energia".
(Umberto Marzocchi, Umanità Nova, 26 luglio 1969) 

Il vento della critica radicale

L'IS ha seminato il vento della critica radicale all'interno della società ed hanno rivelato in questa sindrome dell'apparenza la miseria profonda dell'umanità. Al pensiero mercificato, ideologizzato e indottrinato hanno opposto il gioco, le passioni, la creatività, l'indecenza che un giorno gli occhi della gente possano vedere davvero quello che non hanno mai visto, la schizofrenia in permanenza nella quale versa l'intera rete sociale. La critica situazionista ha smantellato tutte le facce morte dell'ideologia e le tombe simulacri della religione, è stata la premessa alla decomposizione dell'arte del profitto ed ha anticipato la miserabile vittoria dell'apoteosi mercantile sulla sopravvivenza generalizzata. I situazionisti hanno "disarmato" la critica affluente delle proprie certezze accademiche e si sono buttati ai bordi della vita quotidiana, hanno portato la la cultura nella strada e gettato la politica e la fede nelle fogne, le loro idee hanno contribuito ad abbattere i valori imposti della società alienata, la loro rivolta senza    programma era la miccia di una rivolta più larga che ancora sommuove e turba il prestabilito e la legalità della proprietà privata delle idee, preludio e sabotaggio della memoria storica disconosciuta. Mai nessuno aveva osato dire che "le rivoluzioni proletarie saranno delle feste o non saranno affatto, perché la vita 
che esse annunciano sarà essa stessa creata all'insegna della festa. Le uniche regole saranno: vivere senza tempo e godere    senza ostacoli". Le spiagge dell'Utopia colorano ancora i sogni di molti quando la realtà è di una mediocrità senza rimedio, l'Utopia possibile soffia sulla libertà che canta i propri morti e scoperchia le parole armate della ragione offesa. La distruzione situazionista di tutte le forme  di condizionamento della società esistente ha trasformato i percorsi accidentati della  quotidianità in "opere d'arte"; la pratica della verità situazionista si è posta contro la pianificazione della felicità e l'organizzazione del silenzio - vettori portanti dell’ordine costituito - pietrificato nelle mafiosità della 
partitocrazia, nelle cialtronerie della Chiesa e nei terrorismi  multinazionali della Borsa, la costruzione delle situazioni, la psicogeografia urbana, la deriva esistenziale, il détournement di tutte i segni/strumenti di comunicazione audiovisuale, il ribaltamento di prospettiva sociale, sono grimaldelli di sabotaggio della società  affluente che le giovani generazioni hanno preso a maneggiare bene perché hanno capito che la libertà di un uomo/donna passa per la libertà di tutti gli uomini/donne

È tempo di prendere coscienza

Bisogna imparare a scommettere sulla nostra creatività per affondare un sistema che si distrugge minacciandoci di distruzione. Quando avremo capito che il desiderio di una vita diversa è già quella vita, smetteremo di cadere nella trappola dei dualismi intellettuali - bene e male, riformismo e radicalismo, ottimismo e pessimismo - che ci distolgono dai nostri veri problemi. La disperazione è oggi insieme alla paura, l'arma più efficace per il totalitarismo mercantile. Questo è ormai arrivato a rendere redditizia la speranza, facendo quotidianamente della verità, del suo declino una verità universale che incita a una saggia rassegnazione, meglio accontentarsi di un oggi miserabile dal momento che il domani sarà peggiore. 
E' tempo di prendere coscienza delle occasioni offerte all'autonomia individuale e alla creatività di ciascuno. Secondo il parere dei suoi promotori, il capitalismo finanziario è condannato all'implosione a più o meno lunga scadenza. Ciononostante in una forma sclerotizzata si profila un capitalismo risanato che progetta di approfittare delle energie rinnovabili facendocele pagare allorché sono gratuite. Ci vengono proposti biocarburanti a condizione di accettare delle culture transgeniche di colza, l'ecoturismo getta le basi di un saccheggio della biosfera. A questi livelli è già possibile intervenire. Le risorse naturali ci appartengono, sono gratuite e devono essere messe al servizio della gratuità della vita. Toccherà alle comunità autonome assicurare la loro indipendenza energetica e alimentare liberandosi dal peso delle multinazionali e degli stati che sono loro vassalli. Ci è offerta l'occasione di riappropriarci delle energie naturali riappropriamoci della nostra stessa esistenza. 
Abbiamo troppo spesso concesso degli alibi alla disperazione che nasce dal sentimento di dover lottare contro un nemico troppo potente. In effetti non si tratta di affrontare quel che uccide, ma di battersi per vivere meglio. 

giovedì 21 maggio 2020

Due parole sul termine SPRECO

Un piccolo tentativo per precisare l'uso che del termine spreco si fa in opposizione al mero consumo. 
Preferiamo dire “sprecare”: poiché l'altro termine, consumo, che è quello che la moda ha imposto per indicare il modo d'essere della Nuova Società, è ancora incerto ed equivoca; e lo è soprattutto perché, mentre col verbo sprecare il nome davvero importante è quello dell'Oggetto (“Si sprecano i beni”), col verbo consumare il termine importante è quello del Soggetto (“Io  consumo” o “Gli abitanti consumano”), che si può propriamente sdoppiare in un Dativo (“Consumo per me” o “per il mio consumo”. “Consumano per loro”), cosa che evidentemente non si può fare col verbo “sprecare”. E si fa troppo onore al cliente dei nostri mercati quando lo si chiama consumatore: quando l'unica cosa che si esige da lui è che sia uno (tra i molti altri) degli strumenti, di spreco dei beni, necessario, pare, per il mantenimento di quest'Ordine. E tuttavia, ciò non toglie che l'ipocrita attribuzione di soggettività che ancora rimane nel termine di consumatore sia essenziale perché l'Individuo continui ad agire proprio come strumento di spreco. Ma il processo di svalutazione della Persona che nel processo di spreco è compreso (e subito si manifesta nello spreco delle persone stesse) è proprio fondato, sulla svalutazione (ed in certo modo annullamento) delle cose e dei beni che il suo spreco esige.

LE LACRIME NON PIANTE - Eleftherìa Sapountzì

Le lacrime non piante
diventano laghi bui
che dimorano sotto gli occhi.
Poi le ombre mangiano un po’ alla volta
tutte le altre strade del volto.
Arrivano alla bocca
unico ardito ingresso all’Ade
e si depositano come zolfo nei polmoni
finché mi affaccio al mondo
guscio di sé
senza che nessuno si accorga
di cambiamenti
di seppur minime alterazioni
circolo libera
solo fragile
solo il «non toccare» devo nascondere.
Eleftherìa in greco vuol dire Libertà ed Eleftherìa Sapountzì, nella sua breve vita, ha dato pieno senso al proprio nome. Eleftherìa Sapountzì è nata ad Atene, il 26 aprile del 1971. Ha studiato Psicologia e Arte Drammatica ad Atene e, grazie a una borsa di studio del governo tedesco, ha proseguito i suoi studi teatrali alla Hochschule der Künste di Berlino. È stata attrice, di teatro e televisione, aiuto regista e regista. Ha diretto Faccia di Fuoco, di Marius von Mayenburg e Dio è un DJ, di Falk Richter, opere da lei stessa tradotte. Il 22 settembre del 2000, Eleftherìa spira sul palco del suo teatro, Amore di Atene, durante le prove di Dio è un DJ.



Nessuna libertà è possibile con mezzi autoritari

Non esiste un’unica “Grande teoria anarchica”, poiché questa sarebbe contraria ai suoi stessi presupposti. E' diffusa invece una forza, una passione nel diffondere i valori condivisi che nasce nello spirito e nel cuore dei processi del partecipazionismo anarchico, nei piccoli gruppi di affinità che non è settaria o prevaricatrice o autoritaria. Ne deriva quindi il riconoscere il bisogno di differenti prospettive teoriche, unite da un insieme di impegni e analisi condivise, una discussione che si concentra su questioni pratiche, che tiene conto inevitabilmente di una serie di prospettive differenti, riunite dal desiderio condiviso di comprendere la condizione umana, in moto verso una libertà più grande. Pertanto prende forma una cosiddetta “teoria bassa”, piuttosto che una “teoria alta”, necessaria per fare i conti con i problemi reali e immediati che emergono nel corso di un progetto di trasformazione della realtà. Ad esempio: contro il concetto di “linea politica” che è la negazione stessa della politica, contro “l’anti-utopismo”; Una teoria sociale anarchica non può quindi che rifiutare in maniera consapevole ogni residuale avanguardismo. Il compito dei movimenti libertari è quindi guardare chi sta creando alternative percorribili, cercare di immaginare quali potrebbero essere le più vaste implicazioni di ciò che si sta già facendo, e quindi riportare queste idee, non come disposizioni, ma come contributi e possibilità.
Un progetto libertario dovrebbe avere due momenti: “uno etnografico e l’altro utopico, in costante dialettica fra loro, che siano in grado di produrre forme di contropotere: il mondo contemporaneo è pieno di testimonianze libertarie, di luoghi liberati, dei quali però non si rileva traccia nella narrazione ufficiale. Il contropotere prende forma nelle istituzioni tipiche della democrazia diretta, basate su determinati valori, quali la convivialità, l’unanimità, la prosperità, la bellezza, la gratuità.
E' ineluttabile che la dove esista un alto livello di disuguaglianza, tali valori assumano di per se valenza rivoluzionaria.
Un’azione rivoluzionaria è qualsiasi azione collettiva che affronti e respinga una qualche forma di dominio e di potere, e che nel contempo, alla luce di questo processo, ricostituisca nuove relazioni sociali. Le lotte contro le disuguaglianze tra Nord e Sud, le lotte contro il lavoro in quanto relazione di dominio, la negazione dell'autoritarismo, la resistenza alle regole imposte dalla società mercantile, l'affermazione della democrazia diretta sono i pilastri su cui si fondano le libere e autonome municipalità libertarie.
I movimenti libertari da sempre hanno fondato il loro agire sull'etica della pratica rivoluzionaria. E' necessario che i mezzi siano adeguati ai fini poiché c'è la consapevolezza che nessuna libertà è possibile con mezzi autoritari, al centro la necessità di dare forma concreta alla società che si desidera realizzare a partire dalle proprie relazioni personali. 

giovedì 14 maggio 2020

La Ribellione come avversità ad ogni dominio

Ogni rivoluzione che vuoI essere veramente distruttiva dell' ordine esistente deve contenere almeno una parte della ribellione come superamento della storicità del dominio determinato; deve essere, in altri termini, pervasa da una dimensione metafisica. «Rivoluzione e ribellione non devono essere considerati sinonimi. La prima consiste in un rovesciamento della condizione sussistente o status, dello Stato o della società, ed è perciò un'azione politica e sociale; la seconda porta certo, come conseguenza inevitabile, al rovesciamento delle condizioni date, ma non parte di qui, bensì dalla insoddisfazione degli uomini verso se stessi, non è una levata di scudi, ma un sollevamento dei singoli, cioè un emergere ribellandosi, senza preoccuparsi delle istituzioni che ne dovrebbero conseguire. La rivoluzione mira a creare nuove istituzioni, la ribellione ci porta a non farci più governare da istituzioni, ma a governarci noi stessi, e perciò non ripone alcuna radiosa speranza nelle istituzioni. 
La ribellione, però, non è alternativa o indifferente alla rivoluzione perché è molto di più. Essa è sempre comprensiva dell'avversità ad ogni dominio storico, anche se, contemporaneamente, indica I'impossibilità per sé di auto-determinarsi in quanto negazione metafisica dell'onticità stessa del dominio.
La rivoluzione ordina di creare nuove istituzioni, la ribellione
spinge a sollevarsi, a insorgere. 
La natura profondamente anarchica della ribellione è dunque chiara: essa è diretta ad ottenere una situazione in cui gli individui non siano più governati da istituzioni (cioè da poteri stabiliti), ma si autogovernino da se stessi (modello perfetto dell'anarchia). 

Perché la vita - Federico Sirianni

Perché la vita è un’alchimia di notti brave
di tenerezze, sogni e sguardi ammaliatori
dell’ironia di chi si muove come deve
tra i fumi alcolici dei barman seduttori

Perché la vita è un sole nuovo che spaventa
che ci tenta e segna il ticchettio del battito del cuore
il sole cala mentre il battito rallenta
svelando vivaddio l’arcano incantatore

Voglio invecchiare con i tuoi difetti addosso
con l’incuria di me stesso
con la pelle secca che si sgrana fino all’osso

Voglio invecchiare con le tue parole accanto
con il pianto e l’innocenza che mi dà

Perché la vita è la passione che s’inventa
per temperare quello che la gente dice
è tutto quello di cui un uomo s’accontenta
per non voltarsi indietro e attendere Euridice

Perché la vita è un gioco di sentieri storti
di problemi gastroenterici per essere migliori
per chi non vuole camminare a culo ritto ed occhi aperti
e sbarra imposte per non sporgersi di fuori

Lascia che sia di natura alchemica, di lucida follia
vita sarà invecchiata come il vino nell’incanto che mi dà

Anima mia
trascolora gocce asciutte di poesia
vita vedrà i tuoi occhi oceano figlia al giorno che farà

Voglio invecchiare e diventare insopportabile
noioso ed irascibile
sentirmi dire che sono intrattabile

Voglio invecchiare con i solchi delle rughe
delle piaghe e della malasanità

Voglio invecchiare ed essere irriconoscibile
malato irreversibile completamente sbronzo e inattaccabile

Voglio invecchiare e ridere fino alle morte
fra le cosce di chi mi resisterà

Lascia che sia di natura alchemica, di lucida follia
vita sarà per vederti addormentare e risvegliarti a un’altra età

Anima mia
trascolora gocce asciutte di poesia
vita vedrà i tuoi occhi oceano figlia al giorno che farà

Essere surrealisti una filosofia di vita Arturo Schwarz

Essere surrealisti significa, in primo luogo, essere anarchici, con tutto ciò che il termine comporta,e cioè pura rivolta cosciente, rifiuto di ogni principio di autorità, di ogni sistema, di ogni gerarchia,di ogni violenza. Il Surrealismo, ricordiamolo, è amore, poesia, rivoluzione. Al pari del poeta, dell’innamorato,dell’alchimista, il surrealista è un paria, un solitario, anche quando milita in un gruppo,e allora lo stesso gruppo è un gruppo emarginato, fuori dal sistema, del quale nega le regole del gioco. La solitudine del surrealista è quella di Nietzsche e di Stirner, dove il confine tra solitudine ed egoismo è difficile da ritrovare. Perché l’amore del prossimo è operante solamente nella misura in cui il prossimo si ritrova nel Sé.. L’amore del Sé è il presupposto alla consapevolezza del Sé, e capire se stessi significa capire e amare l’altro. La trasformazione della società passa necessariamente dalla trasformazione dell’individuo; pensare l’inverso significa collocarsi in una prospettiva cattolica o marxista, per cui la felicità non è mai una realtà da conquistare per sé, ma una promessa per altri che dovrebbe realizzarsi in un ipotetico futuro, a patto, evidentemente, che si accetti di rinunciare oggi a quello che ci viene promesso per domani, esattamente come l’oste il cui cartello precisa: “Domani si fa credito”. L’egoismo
del surrealista è individualismo nel senso etimologico primo della parola “individuo” (in-dividuus), e cioè in-diviso: il surrealista aspira alla totalità, lotta per incarnare la lettera e lo spirito della rivoluzione, per essere verbo e azione, per conciliare il sogno e la realtà. Sui muri della Sorbonne una mano anonima aveva tracciato nel ’68: “Prendo i miei desideri per realtà perché credo nella realtà dei miei desideri”. Più che di Surrealismo il termine implica già il concetto di scuola, di movimento organizzato si dovrebbe parlare di surrealisti, o, meglio ancora, di spirito surrealista, così come si parla di spirito anarchico. Il surrealista, che è l’Unico (nel senso di Stirner), nasce in qualsiasi situazione perché egli è il Ribelle per antonomasia. Ascolta il suono della luce che cambia. Surrealismo e Dadaismo sono gli unici movimenti dell’avanguardia storica che siano nati non per impulso dei pittori ma dei poeti: di poeti che erano teorici anche della pittura. Per i surrealisti e i dadaisti l’arte andava intesa come attività totale, sottratta alla distinzione di arte e vita, alla divisione del lavoro, all’opposizione di teoria e prassi, sogno e veglia ecc. Ricordiamo una delle più citate “insegne” del Surrealismo, quel verso di Lautréamont per cui “la poesia deve essere fatta da tutti e non da uno”. 

giovedì 7 maggio 2020

Dalla società gerarchica alla società ecologica

L’originalità del suo pensiero consiste soprattutto nella convinzione dell’origine sociale del problema ecologico e nell’individuazione della causa della rottura dell’equilibrio tra esseri umani e natura nella logica del dominio sviluppatasi nel graduale passaggio dalle prime società organiche alle società gerarchiche. Per ripristinare l’equilibrio tra esseri umani e natura è necessaria quindi una radicale trasformazione sociale che sostituisca all’attuale società gerarchica una società ecologica. Bookchin evita sia il dualismo natura/società che il riduzionismo dell'una nell'altra inserendo l’emergere della società umana all’interno del processo evolutivo naturale ed elaborando un naturalismo dialettico che considera la società come una seconda natura emersa dalla prima. Bookchin ritiene dunque fondamentale la costruzione di una società ecologica e razionale, non gerarchica e resa possibile dall’emergere di una nuova sensibilità e di una nuova etica che si inseriscano in una prospettiva di umanesimo ecologico in cui assume un ruolo centrale la definizione di una nuova tecnologia. Bookchin auspica inoltre lo sviluppo di una politica di base, fortemente ispirata alla democrazia ateniese: la società ecologica deve dunque essere caratterizzata dalla pratica della democrazia diretta, basata su assemblee popolari con pieno potere decisionale. 
L’applicazione politica dell’ecologia sociale è costituita dal municipalismo libertario il quale auspica lo sviluppo di libere municipalità di dimensioni contenute, decentrate e caratterizzate dalla democrazia diretta. Al municipalismo si affianca il confederalismo che rende possibile la realizzazione della Comune non-autoritaria delle comuni e la costituzione di un potere realmente alternativo a quello statale e con esso fortemente in contrasto. Infine la società ecologica non può prescindere neppure da un radicale cambiamento economico che sostituisca all’attuale economia di mercato un’economia municipalizzata, caratterizzata dai principi della reciprocità e dell’interdipendenza.
Per la comprensione di Bookchin è importante la sua interazione con alcuni importanti movimenti:
 – l’ecologia profonda: mentre l’ecologia profonda adotta una prospettiva biocentrica, Bookchin rifiuta nettamente tale prospettiva che a suo parere nega l’unicità del ruolo degli esseri umani all’interno dell’evoluzione naturale e impedisce di comprendere le autentiche radici della crisi ecologica giungendo a considerare colpevole l’umanità intera.
 – i Verdi: da un lato Bookchin rifiuta la loro trasformazione in partito e la scelta della via parlamentare, dall’altro apprezza le istanze radicali e l’attenzione per tematiche solitamente non affrontate dai partiti tradizionali.
 – il marxismo: Bookchin da un lato critica gli aspetti autoritari e centralisti insiti nel concetto marxista di organizzazione e la lettura classista della società incapace a suo parere di cogliere le problematiche sociali emerse in epoca recente; dall'altro, non abbandona mai completamente le idee fondamentali del marxismo dal quale eredita alcuni importanti elementi come la concezione della libertà concreta e il pensiero dialettico di derivazione hegeliana.
– l’anarchismo: Bookchin nella sua elaborazione riprende numerosi elementi della tradizione anarchica tra cui l’attenzione all’individuo, la pratica della democrazia diretta, il principio della spontaneità, la fiducia nella capacità del singolo di autogestirsi, il decentramento. 

MANGIA IL RICCO – Peter Richardson

“Dai piccola, mangia il ricco,
dai un morso a quel figlio di  puttana,
non tergiversare, non deludermi,
Dai bimba, mangia il ricco
Dai bimba, mangia il ricco
Dai dolcezza, mangia la tua cena,
dai bimba, mangia quel gonzo!”
(Eat the rich – Motorhead)
La trama è complessa, si intrecciano due storie quella di Alex, cameriere nero e quella di Nosher primo ministro in conflitto con il capo del controspionaggio ex (o no!) KGB, L’epicentro della storia è il ristorante dove lavora Alex. 
A Londra nel locale per ricconi "Bastards" la situazione per il cameriere di colore Alex si fa sempre più difficile: sembra che  tutti ce l'abbiano con lui, sia i colleghi di lavoro, sia il gestore del locale sia gli stravaganti clienti. Alla fine dopo una clamorosa scenata Alex viene cacciato e buttato in strada senza una casa e senza un soldo. Alex medita vendetta mentre il potente ministro della difesa, personaggio ambiguo e violento, conquista un crescente favore popolare. La situazione politica precipita e Alex decide allora di fare la rivoluzione con alcuni amici. 
Alex esasperato per la sua situazione, dopo una sparatoria all'ufficio di collocamento, ha trovato un amico, ex buttafuori e con lui vuole organizzare una rivoluzione popolare contro la società dei ricchi.  Proseguendo nella loro intenzione Alex e il suo amico si armano di tutto punto e soprattutto di potenti archi e frecce e riescono a conquistare alla loro causa anche un ex pianista e la giovane Fiona abbandonata incinta da un riccone.
Alex con i suoi amici si recano nel locale "Bastards" e fanno una strage. Si impossessano del ristorante e Alex ne diventa il nuovo padrone dandogli un nuovo nome "Eat the rich" (mangiate i ricchi). Non è solo un nome: in quel posto veramente si mangia carne umana di gente ricca. Anche il primo ministro viene offerto in pasto ai clienti stupiti per lo strano comportamento dei nuovi gestori. Chiaramente nessuno sospetta che si tratta di carne umana: tutti pensano che sia tutto uno scherzo.
Un pastiche di commedia e horror che ha come bersaglio la classe dirigente inglese, tanto arrogante quanto sciocca (e di moralità a dir poco elastica). Un cameriere di colore si trova preso in mezzo nella guerra privata fra il primo ministro (un "duro" che picchia personalmente gli oppositori) e il capo del controspionaggio che cerca in tutti i modi di rovinarlo. Non riuscendoci lo uccide. Purtroppo non prima che il cameriere ci sia andato di mezzo.
Mangia il ricco è ua satira sgangherata di stampo anarcoide e antiborghese, ricca di trovate paradossali, in bilico tra la satira autentica di gusto anglosassone e il  road movie, che utilizza fino in fondo i principi della contestazione e del movimento punk degli anni ottanta. A tale riferimenti si aggiunge quello del cinema spionistico cavallo di battaglia dell’immaginario popolare britannico, con l’introduzione della figura ambigua dell’agente al servizio dei sovietici, che in nome del suo comunismo non esita ad assistere al duello finale e alla morte del cameriere omosessuale. Un trash movie, insomma, pieno di umori contrastanti, provocatoriamente incredibile, i cui meriti risiedono nel ritratto aggressivo e irriverente di una gioventù ribelle ed in piena rivalsa sociale che spinge sino alle estreme conseguenze il dramma della propria emarginazione.







Il rifiuto di essere schiavo

Bisogna tenere sempre presente che le istituzioni non sono sorte per caso, ma per compensare la debolezza di chi vi partecipa. E in questo assolvono una funzione storica. Ogni istituzione si fonda sul sacrificio dei suoi membri, si nutre di vita umana. Si tratta quindi di porgere un invito a mordere, incamminarsi verso i giorni della gioia dove ogni individuo potrà sfoderare il proprio sogno nei colpi di ritorno contro i potentati che tengono le briglie e i giochi del proletariato arreso. Occorre muoversi nei percorsi accidentati del contrasto e andare a produrre un disordine linguistico/figurale dell’ordine apparente. 
La rivolta è una filosofia della strada che si riconosce e si sviluppa ai bordi della storia. La rivolta mette a fuoco la realtà autorizzata, semina teoria della ribellione nel rovesciamento di forme e mitologie sovvenzionate dal mercato della verità ideologizzata. La rivolta si apre al rischio di vivere pericolosamente il rapporto tra idea e azione. Il gesto estremo, a volte disperato dei ribelli, coglie nel coraggio di minoranze bastonate, carcerate, uccise, le tracce di una differente esistenza. 
La persona che si ribella e che poi tende al rivoluzionamento lo fa, come causa prima, in risposta ad esigenze ed emozioni in origine del tutto personali e di stretta contingenza alla sua condizione. Solo in un successivo, secondo tempo le sue medesime esigenze ed emozioni, incontrandosi, integrandosi, completandosi con analoghe situazioni reclamanti altre necessità e scaturenti da altrettante motivazioni, daranno luogo alla collettivizzazione dell’atto, che da rivoltoso si tramuterà così in rivoluzionario.
Occorre di mettersi di taglio alla costellazione della miseria delle democrazie formali. Infrangere lo spettacolo delle ideologie nelle teste di legno della società opulenta. 
Cancellare dalla mente gli incubi di schiavo, per diventare il re dell’incubo, finalmente superiori a tutti gli altri, chiusi ciascuno nella sua superiorità. Diventare il produttore del film della propria vita. 
Il rifiuto di essere schiavo è ciò che veramente cambia il mondo.