Translate

giovedì 27 settembre 2018

Il ’68 … Agosto 1968 cinquant’anni fa (capitolo XXXIX)

08 – Il Movimento va in vacanza. In molti casi si tratta di “turismo rivoluzionario”. Chi può va a Cuba, chi resta in Italia va nel sud, considerato dall’ala marxista-leninista e terzomondista del movimento il punto più vicino all’esplosione.
10 – Le vacanze sono occasioni di contatti informali ma continui tra militanti delle diverse situazioni europee. Particolarmente frequenti gli scambi tra Italia, Francia e Germania.
11 – La polizia ferma in piazza Navona un giovane che raccoglie interviste sul movimento studentesco. Un altro fotografa la scena ma gli viene sequestrata la macchina fotografica. L’incidente si conclude con un doppio fermo e il sequestro del rollino.
12 – Due studenti italiani arrestati dalla polizia spagnola. Sono accusati di detenzione di armi da fuoco e sospettati di terrorismo.
14 – Il Ministro della Pubblica Istruzione rimuove dalla carica di preside della facoltà di Architettura del Politecnico milanese De Carli. Il preside si sarebbe reso colpevole di “atti illegali compiuti in esecuzione delle decisioni dell’assemblea degli studenti”
15 – Espulsi dalla Spagna i due studenti italiani arrestati. In una intervista a La Stampa il presidente del consiglio Leone attacca il movimento studentesco e minaccia dure risposte da parte dello stato se le agitazioni riprenderanno dopo le vacanze.
16 – Il movimento risponde all’attacco statale con manifestazioni in vari centri e con l’occupazione dell’università di Parma. A Riccione cariche della polizia contro un corteo studentesco.
17 – Volantinaggi e incontri con gli operai delle grandi fabbriche a Milano, dove il movimento cerca di organizzare la risposta alla destituzione del preside De Carli. 
18 – Protesta contadina nella zona di Asti. Diecimila persone manifestano e bloccano tutte le strade con centinaia di trattori.
20 – La polizia sgombra l’università di Parma.
22 – Il movimento non si mobilita sui fatti di Praga. La linea più diffusa fa propria la posizione di Pechino che vede nell’invasione lo scontro fra un paese imperialista e uno revisionista tendente alla socialdemocrazia e non si schiera con nessuno.

24 – Il consiglio d’amministrazione dell’università di Roma decide di sbarrare le finestre di Lettere, Legge e del Rettorato per evitare nuove occupazioni alla ripresa dell’anno accademico.
25 – Alla Bocconi di Milano riconfermata la decisione , già annunciata all’inizio del mese, di chiudere la facoltà di Lingue.
26 – Mobilitazione del movimento a Milano contro la minacciata chiusura della Bocconi. Convocata un’assemblea cittadina per il 29.
27 – Occupato Palazzo Campana. Il movimento, in un comunicato, attacca la strumentalizzazione dei fatti cecoslovacchi da parte del governo italiano.
28 – Sgombrato Palazzo Campana. Viene resa nota la posizione dell’Sds tedesca che, a differenza del movimento italiano, critica severamente l’invasione della Cecoslovacchia.
29 – Nonostante la solidarietà con Praga e le critiche rivolte all’URSS, la Cgil non partecipa agli scioperi e alle manifestazioni indetti da Cisl e Uil per protesta contro l’invasione.
30 – Assemblea di fronte alla Bocconi e manifestazione centrale del Movimento a Milano. Rinviato di una settimana il dibattito parlamentare sull’amnistia a studenti e operai. 

Il Comunalismo

Come diceva Errico Malatesta, gli anarchici ritengono che "la più gran parte dei mali che affliggono gli uomini dipende dalla cattiva organizzazione sociale", e proprio perché convinti di ciò, propongono quale alternativa alla società del dominio la costruzione di una società basata sulla libertà. 
Due sono, dunque, le forze propulsive dell'anarchismo, quella distruttrice e quella Costruttrice: abbattere dominio, costruire libertà. 
La prima non si riconosce nel presente, anzi lo delegittima, lo combatte e mira gradualmente a distruggerlo; la seconda invece è tutta intenta a prospettare di già il futuro: una società della libertà e dell'uguaglianza. Insomma, gli anarchici, convinti che le iniquità siano dovute all'organizzazione gerarchica della società, propongono che ognuno riprenda nelle proprie mani il destino e che tutti insieme riprendiamo in mano il destino dell'umanità, per renderci artefici di una società in orizzontale, che parta dall'individuo per giungere poi alla libera associazione fra individui, alla comune ed infine ad una federazione dal basso, che unisca le libere comuni dal territorio al mondo intero.
Ecco, è così che gli anarchici amano pensare il municipalismo o il comunalismo libertario, come dir si voglia: come una proposta radicale, rivoluzionaria, ma nello stesso tempo gradualista; una proposta che si colloca nelle conflittualità dell'oggi per la difesa degli interessi immediati delle classi subalterne, ma si prefigge, nel contempo, di iniziare a costruire nel "qui ed ora" le basi alternative su cui edificare la società libera del domani.

La riduzione drastica del tempo di lavoro

La riduzione drastica del tempo di lavoro costituisce una prima protezione contro la flessibilità e la precarietà. Per questo motivo deve essere mantenuto e rafforzato il diritto del lavoro, oggi nel mirino dei liberisti in quanto fonte di rigidità. Questo non può che facilitare la decrescita. Bisogna difendere dei minimi salariali decenti, contro le teorie degli economisti della disoccupazione volontaria,  un'impostura del nostro tempo. E' indispensabile un ritorno alla "demercificazione" del lavoro. Il gioco attuale del "minor offerente sociale" è altrettanto inaccettabile di quello del minor offerente ecologico. Nel 1946 un salariato di venti anni doveva aspettarsi di lavorare un terzo della sua vita da sveglio; nel 1975 soltanto un quarto, oggi meno di un quinto. Abbiamo per questo la sensazione di esserci liberati dal lavoro? Probabilmente meno che mai. "Per il salariato - scrive Bernard Maris - non c'è la fine del lavoro, come sembrerebbe indicare la diminuzione tendenziale delle ore lavorate, ma piuttosto il lavoro senza fine, la precarietà, l'isolamento, lo stress, la paura e la certezza di perdere rapidamente il lavoro".
La riduzione del tempo di lavoro e il cambiamento del suo contenuto sono dunque innanzitutto scelte di trasformazione sociale, risultati della rivoluzione culturale che la decrescita richiede. Dilatare il tempo non soggetto a vincoli e obblighi per permettere la realizzazione personale dei cittadini nella vita politica, privata e artistica, ma anche nel gioco o nella contemplazione, è la condizione indispensabile per la creazione di una nuova ricchezza.  

giovedì 20 settembre 2018

Il '68 ... Gli insegnamenti della rivolta in Francia (capitolo XXXVIII)

La rivolta che in questi giorni divampa in tutta la Francia ha un'importanza fondamentale per noi perché nasce da una situazione che è comune a tutti i paesi europei (cioè il crescente sfruttamento dei proletari e l'autoritarismo sempre più duro dei padroni), che, come oggi esplode in Francia, può esplodere domani in Italia, in Spagna, in Germania e in Inghilterra. Un regime che mantiene la forma della democrazia parlamentare, ma in cui le decisioni vengono prese esclusivamente dal grande padronato e dalla finanza, che hanno il loro massimo rappresentante in De Gaulle. Una politica dei redditi molto dura, con forte disoccupazione, taglio dei tempi, e la settimana lavorativa media più lunga dei paesi del MEC (45-46 ore). Una scuola di classe in cui si insegna a pensare come fa comodo ai padroni, e in cui solo i figli dei borghesi arrivano in fondo agli studi. Gli ultimi, mesi vedono una continua esplosione dì lotte operaie, specie tra i metalmeccanici e i tessili, lotte organizzate dal basso, da comitati di reparto e di officina sorti spontaneamente, lotte che i sindacati tengono separate e cercano di spegnere con compromessi e accordi rinunciatari, ma che spesso ricominciano subito dopo la firma dell'accordo, con fermate improvvise, cortei all'interno dei reparti, forme passive e a volte anche organizzate di sabotaggio della produzione. Spesso le lotte di categoria diventano massicce lotte di piazza, scontri durissimi con la polizia e attacchi alle prefetture: a Quimper sono i contadini, a Caen i giovani operai metalmeccanici. A Parigi infine sono gli studenti che, partiti dalle lotte per la riforma della scuola, sono arrivati rapidamente al discorso politico, rivoluzionario, alla lotta per il socialismo. 15mila dimostranti circondano di barricate il Quartiere Latino, disselciano le strade con martelli pneumatici e tengono testa a migliaia di poliziotti in assetto di guerra per tutta la notte. La ferocia dei CRS (la Celere francese) è incredibile: interi caseggiati rastrellati col metodo delle SS, posti di soccorso della Croce Rossa presi d'assalto bastonando medici e feriti, ragazze picchiate e denudate per scherno in mezzo alla strada. Poi una giornata di manifestazioni in tutte le città francesi insieme ai lavoratori (a Parigi i dimostranti sono 800mila), e il regime cede sulla questione della scuola: amnistia per gli studenti arrestati, libertà di occupare le università e le scuole, inizio della riforma subito. Ma a questo punto entrano in lotta tutte le categorie operaie, si occupano le fabbriche, si fermano i trasporti, al minimo la luce e il gas. E' la paralisi totale del paese. Si moltiplicano i comitati operai che sono i veri dirigenti della lotta, con i giovani alla testa. In molte fabbriche la direzione è stata fatta prigioniera, alla Sud Aviation le porte degli uffici sono state addirittura saldate, e la direzione viene rifornita di viveri dalle finestre. Il movimento cresce ancora, ritorna sulle piazze: mentre il generale De Gaulle tenta di riproporre la vecchia manovra del referendum, Parigi e altre città si riempiono di barricate, e sulle barricate operai e studenti si battono con violenza, sempre più esplosiva, che è destinata a crescere e che non sarà facile soffocare. Nelle campagne i contadini cominciano a muoversi, bloccano le strade con i trattori, abbattono i pali telegrafici, minacciano di
entrare nel vivo della lotta. Di fronte a tutto questo le organizzazioni ufficiali del movimento operaio, col PCF alla testa, continuano a parlare di riforme e di democrazia, sconfessano gli "estremisti" e gli "anarchici" che guidano la lotta studentesca; i burocrati sindacali bloccano gli studenti davanti alle officine Renault dicendo chiaro e tondo che di rivoluzione non vogliono sentirne parlare, che vogliono miglioramenti economici e normativi e basta; a Lione si rifiutano dì mandare i picchetti a rinforzare le barricate ma gli operai ci vanno lo stesso. Due dirigenti. nazionali della CGT (l'organizzazione sindacale della sinistra) si dimettono per protesta contro il tradimento della direzione della CGT che si arrocca su posizioni rivendicative minime mentre in tutto il paese divampa la rivolta.
NONOSTANTE CHE LE LOTTE OPERAIE SIANO DIRETTE DAL BASSO, DAI COMITATI OPERAI DI BASE, NONOSTANTE CHE SEMPRE PIU' NUMEROSI GLI OPERAI SCENDONO IN PIAZZA A BATTERSI CON GLI STUDENTI, MANCA L'ORGANIZZAZIONE RIVOLUZIONARIA CHE DIRIGA I PROLETARI VERSO LA DISTRUZIONE DELLO STATO BORGHESE, VERSO LA SOCIETA' SOCIALISTA.
Come andrà a finire? In questo momento mentre la lotta cresce e dilaga, è difficile fare previsioni. Probabilmente De Gaulle riuscirà a mantenersi al potere, concedendo qualche riforma e qualche miglioramento salariale, oppure scatenando la più violenta repressione. Ma anche se il regime gollista dovesse cadere, se le sinistre andassero al governo le cose non cambierebbero di molto. Avremmo molti discorsi sulla democrazia, sulla giustizia sociale, sui diritti dei lavoratori, ma resterebbero i padroni e con loro la miseria di sempre: lo sfruttamento, il carrierismo, l'ingiustizia della società capitalista
LA RIVOLTA CHE OGGI ESPLODE IN FRANCIA E' RICCA DI INSEGNAMENTI PER NOI.
SE VOGLIAMO CHE LE COSE CAMBINO, DOBBIAMO RADICALIZZARE LA NOSTRA LOTTA CONTRO I PADRONI, E INSIEME SOTTRARLA AL FRENO E ALL'INGABBIAMENTO DEI PARTITI RIFORMISTI: PER FARE QUESTO DOBBIAMO ORGANIZZARCI ALLA BASE, REPARTO PER REPARTO, FABBRICA PER FABBRICA, SCUOLA PER SCUOLA.
SE VOGLIAMO CHE LE COSE CAMBINO FINO IN FONDO, DOBBIAMO AVERE LA CHIAREZZA E IL CORAGGIO DI DIRE APERTAMENTE CHE IL NOSTRO OBIETTIVO E’ LA RIVOLUZIONE E LAVORARE IN QUESTA PROSPETTIVA.

 I COMPAGNI DEL POTERE OPERAIO

La realtà è quella che si decide che sia

Noi ci atteniamo alle forme morali e condizionali della libertà, mentre chi ha il potere di determinare la natura delle categorie di interpretazione del reale giunge sino alla forma incondizionale, parodistica, parossistica, di liberazione dell'immagine, di liberazione attraverso l'immagine. Non si vede perché l'immagine, una volta liberata, non dovrebbe avere il diritto di mentire. E' anzi probabilmente questa una delle sue funzioni vitali, ed è ingenuo pensare che si è liberata a profitto della verità.
L’immagine, e con essa l'informazione, non è legata ad alcun principio di verità o di realtà.
Il vero problema delle società attuali, allora non è più la sovrapposizione di beni, ma l'eccesso di produzione di informazioni nel sociale, che rovescia paradossalmente "la società dell'informazione in una società afasica”, sempre più incapace di parlare.
Il flusso incessantemente in crescita delle informazioni nel sociale instaura quindi il dominio di una forma circolatoria pura, votata radicalmente alla circolazione forzata e sempre più ravvicinata delle informazioni.
La comunicazione non si basa necessariamente sull'informazione, ma costituisce una dimensione a sé; è il puro collegamento, il contatto, tutte quelle forme di combinatoria relazionale che non hanno bisogno di messaggio. L’essenziale è essere collegati, anche se non si ha nulla da "dire".
Nell'informazione e nella comunicazione, il valore del messaggio è quello della sua circolazione pura, del fatto stesso che esso passa da immagine a immagine, da schermo a schermo.
L’informazione invece di fare comunicare si esaurisce nella messa in scena della comunicazione. Si gioca a parlarsi, a sentirsi, a comunicare, si gioca con i meccanismi più sottili di messa in scena della comunicazione.
La realtà è quella che si decide che sia, non quella che è.

Sulla solidarietà

Il processo rivoluzionario è tale proprio perché rende suo oggetto le leggi capitalistiche della produzione e dello scambio di merci, e non se stesso oggetto di quelle leggi. Esso non può essere misurato con i criteri di questo mercato. può esser misurato solo con criteri che allo stesso tempo mettono fuori causa i criteri di validità di questo mercato.
La solidarietà, non nascendo dai criteri del mercato, li mette fuori causa. La solidarietà è politica non solo come solidarietà nel politico, ma come rifiuto di agire sotto il controllo della legge del valore, cioè soltanto sotto l'aspetto del valore di scambio. La solidarietà per sua natura  un agire libero da dominio, e come tale è sempre resistenza contro  l'influssi della classe dominante sui rapporti reciproci fra gli uomini, e come resistenza contro la classe dominante è sempre giusta. Nel senso del sistema, le persone il cui agire non si orienta ai criteri di successo del sistema, sono sballate e imbecilli o fallite. Nel senso della rivoluzione chiunque si comporti solidarmente, chiunque sia, è un compagno. 
La solidarietà è un arma se è organizzata e conseguentemente usata; di fronte ai tribunali, alla polizia, alle autorità, ai capi, ai delatori, ai traditori. Se viene rifiutata con questi ogni collaborazione, se nessuna fatica gli viene risparmiata, nessuna prova facilitata, nessuna informazione regalata, nessuna spesa levata. Della solidarietà fa parte: combattere il liberalismo  all'interno della sinistra, trattare le contraddizioni all'interno della sinistra, come contraddizioni nel popolo e non come fossero la contraddizione di classe.
Ogni lavoro politico deve contare sulla solidarietà. Senza solidarietà esso è consegnato irreparabilmente alla repressione.
(Tratto da "Guerriglia urbana e lotta di classe" - Rote Armée Fraktion -)

giovedì 13 settembre 2018

IL ’68 … Pasolini e il Movimento (capitolo XXXVII)

[…] “Avete facce di figli di papà. Vi odio come odio i vostri papà. Buona razza non mente. Avete lo stesso occhio cattivo. Siete pavidi, incerti, disperati (benissimo!) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori, sicuri e sfacciati: prerogative piccolo-borghesi, cari.” “Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi poliziotti, io simpatizzavo coi poliziotti! Perché i poliziotti sono figli di poveri. Vengono da periferie, urbane o contadine che siano. Quanto a me, conosco assai bene, il loro modo di essere stati bambini e ragazzi, le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui, a causa della miseria, che non dà autorità. La madre incallita come un facchino, o tenera, per qualche malattia, come un uccellino; i tanti fratelli; la casupola tra gli orti con la salvia rossa (in terreni altrui, lottizzati); i bassi sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi caseggiati popolari, ecc. ecc. E poi, guardateli come si vestono: come pagliacci, con quella stoffa ruvida che puzza di rancio fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente, è lo stato psicologico cui sono ridotti (per una quarantina di mille lire al mese): senza più sorriso, senza più amicizia col mondo, separati, esclusi (in una esclusione che non ha eguali); umiliati dalla perdita della qualità di uomini per quella di poliziotti (l'essere odiati fa odiare). Hanno vent'anni, la vostra età, cari e care. Siamo ovviamente d'accordo contro l'istituzione della polizia. Ma prendetevela contro la magistratura, e vedrete! I ragazzi poliziotti che voi
per sacro teppismo (di eletta tradizione risorgimentale) di figli di papà avete bastonato, appartengono all'altra classe sociale. A Valle Giulia, si è così avuto un frammento di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte della ragione) eravate, i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto), erano i poveri". "Una sola cosa gli studenti realmente conoscono: il moralismo del padre magistrato o professionista, la violenza conformista del fratello maggiore (naturalmente avviato per la strada del padre), l'odio per la cultura che ha la loro madre, di origini contadine, anche se già lontane. Questo, cari figli, sapete. E lo applicate attraverso due inderogabili sentimenti: la coscienza dei vostri diritti (si sa, la democrazia prende in considerazione solo voi) e l'aspirazione al potere. Si, i vostri slogan vertono sempre la presa di potere". “Sì, i vostri orribili slogan vertono sempre sulla presa di potere. Leggo nelle vostre barbe ambizioni impotenti, nei vostri pallori snobismi disperati, nei vostri occhi sfuggenti dissociazioni sessuali, nella troppa salute prepotenza, nella poca salute disprezzo (solo per quei pochi di voi che vengono dalla borghesia infima, o da qualche famiglia operaia questi difetti hanno qualche nobiltà: conosci te stesso e la scuola di Barbiana!) Riformisti!” "Ecco, gli Americani, vostri adorabili coetanei, coi loro sciocchi fiori, si stanno inventando, loro, un linguaggio rivoluzionario 'nuovo'! Se lo inventano giorno per giorno! Ma voi non potete farlo perché in Europa ce n'è già uno: potreste ignorarlo? Sì, voi volete ignorarlo (con grande soddisfazione del 'Time' e del 'Tempo'). Lo ignorate andando, con moralismo provinciale, 'più a sinistra'. Strano, abbandonando il linguaggio rivoluzionario del povero, vecchio, togliattiano, ufficiale, Partito Comunista, ne avete adottato una variante ereticale ma sulla base del più basso idioma referenziale dei sociologi senza ideologia. Così parlando, chiedete tutto a parole, mentre, coi fatti, chiedete solo ciò a cui avete diritto (da bravi figli borghesi): una serie di improrogabili riforme, l'applicazione di nuovi metodi pedagogici, e il rinnovamento di un organismo statale. Bravi! Santi sentimenti! Che la buona stella della borghesia vi assista!" […]
Abbiamo deciso di non infierire su Pasolini dato che la sua poesia è stata smentita dalla storia. Tuttavia pensiamo che Pasolini, prima di scriverne un’altra, debba conoscere un po’ meglio i giovani di cui parla, andando per esempio sulle barricate (le occasioni non mancano, in tutta Europa), oppure leggere qualche riga. Citeremo un classico, per brevità, perché i classici sono chiari e risparmiano parole inutili. Lenin, ai primi del secolo nel Che fare?: «La dottrina del socialismo è sorta da quelle teorie filosofiche, storiche, economiche, che furono elaborate dai rappresentanti colti delle classi possidenti, gli intellettuali. Dal punto di vista sociale, i fondatori del socialismo scientifico contemporaneo, Marx ed Engels, erano degli intellettuali borghesi […]». Vorremmo inoltre che Pasolini rivolgesse speciale attenzione a questa frase: «Avevamo dunque contemporaneamente un risveglio spontaneo delle masse operaie, risveglio alla vita e alla lotta cosciente, e la presenza di una gioventù rivoluzionaria che, armata della teoria socialdemocratica, nutriva il desiderio ardente di avvicinarsi agli operai» […]. Quanto ai poliziotti, beh, Pasolini dovrebbe sapere che cos’è lo stato. E se non lo sa, dovrebbe leggersi Stato e rivoluzione di Lenin, dove si spiega abbastanza chiaramente come fa un’infima minoranza di sfruttatori a dominare più classi sfruttate.
Comunicato studentesco pubblicato in Vi odio cari studenti



STRANGE FRUIT di Abel Meeropol

Gli alberi del Sud portano uno strano frutto
Sangue sulle foglie e sangue alla radice
Corpi neri oscillano nella brezza del sud
Strani frutti appesi agli alberi di pioppo
Scena pastorale del prode sud
Gli occhi sporgenti e la bocca contorta
Profumo di magnolie, dolce e fresco
Poi l’improvviso odore di carne bruciata
Ecco il frutto da strappare per i corvi
Per la pioggia da raccogliere, per il vento da risucchiare
Per il sole a marcire, per gli alberi a cadere
Ecco un raccolto strano e amaro

(Strange Fruit è una canzone di denuncia antirazzista portata al successo da Billie Holiday, che la cantò per la prima volta nel 1939 al night club Café Society di New York, dandone subito un’interpretazione fortissima e per molti aspetti definitiva. L’autore, Abel Meeropol, comunista insegnante ebreo-russo che viveva nel Bronx, l’aveva scritta dopo aver visto una fotografia di Thomas Shipp e Abram Smith, due cittadini afro americani linciati a Marion, nell’Indiana. Strange Fruit divenne immediatamente una bandiera della lotta per i diritti civili, oltre che una specifica accusa nei confronti di una pratica, il linciaggio, che continuò ad essere realtà quotidiana negli Stati del Sud fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale.) 

Troppo presto si è perdonato

"Quando il popolo sottostà docilmente al alegge,
o la protesta è debole o platonica, 
il governo fa i comodi suoi senza curarsi dei bisogni popolari;
quando la prostesta diventa viva insistente, minacciosa,
il governo, secondo che è più o meno illuminato, cede o reprime." (Errico Malatesta)

Partigiani, Reduci, Cittadini! Ecco il bilancio dei primi 14 mesi di ...pace.
Abbiamo chiesto: Epurazione. 
Abbiamo avuto: 
- I maggiori responsabili dl fascismo non solo sono stati colpiti ma continuano ad avere denaro e potere.
- I criminali, gli speculatori di guerra si godono la vita.
- Gli alti funzionari fascisti sono rimasti ai loro posti di comando.
 - AMNISTIA per i briganti neri
(---) BASTA! Non è più possibile tollerare queste vergogne, sopportare queste umiliazioni, questi insulti al sacrificio dei nostri morti. Se i diritti del popolo, i sacrosanti diritti di chi ha sempre sofferto, di chi altro non chiede  che di poter lavorare e vivere in un mondo fatto di giustizia di eguaglianza di libertà non verranno immediatamente riconosciuti noi riprenderemo le armi per la seconda lotta di liberazione. 

(Volantino diffuso  ad Asti il 9 Luglio 1946 firmato dal Comando 1° GAP)



giovedì 6 settembre 2018

Il ’68 … Il Movimento*** (Capitolo XXXVI)

La ricerca che si svolge all’Università italiana non è ricerca ma è, specie nelle facoltà umanistiche, una dimostrazione accademica delle teorie dei «santi protettori», delle tesi di certe scuole ormai affermate, di dottrine che godono di tanto maggior prestigio quanto più sono conformiste e stereotipe. Ogni rivista pubblicata dagli istituti contiene articoli in cui si discutevano gli articoli pubblicati dalla prima rivista. Le pubblicazioni valevoli per il conseguimento di titoli accademici il più delle volte non sono che raccolte di detti articoli. Il circuito si chiude. La ricerca, ricerca se stessa, e le facoltà umanistiche diventano una torre di avorio completamente isolata dalla problematica culturale e politica del resto del mondo.
Le commissioni di studio come strumento di contestazione del potere accademico citato in G. Viale, Contro l’università
A Trento, il modo di vita era diverso da quello di tutte le altre università italiane. La comunità studentesca si era dilatata sull’intera città trasformandola in una specie di campus americano! Cioè un vero e proprio «campo di concentramento» per studenti e professori. Come ogni ghetto, da una parte segrega e dall’altra rinsalda i legami di solidarietà. Ma gli aspetti positivi finivano per prevalere su quelli negativi. La vita si svolgeva in un universo cncentrazionale molto ristretto: l’università ad un passo dal Duomo a sua volta ad un passo dal bar. Due passi per arrivare alla questura e quattro ci dividevano dalle fabbriche. Scoprimmo che il personale è politico perché eravamo costretti a stare sempre insieme anche al di fuori dell’università: nelle piazze, nelle strade, nei bar, negli appartamenti comunitari. […] Come in ogni ghetto anche qui c’era il rischio di totalizzare tutte le fasi dell’esistenza quotidiana perché si finiva per stare troppo insieme e per abolire ogni forma di privacy. Ogni appartamento era diventato un prolungamento dell’assemblea, oppure l’assemblea il prolungamento della vita in comune che si faceva fuori dall’università. 
A.Ricci, I giovani non sono piante    

È inevitabile che il discorso che noi portiamo avanti si collochi al di fuori della logica dei partiti. Innanzitutto per la carica eversiva che scaturisce da una contestazione violenta che mette in crisi una delle strutture portanti della società: la scuola. In secondo luogo, ci poniamo al di fuori del dibattito politico tra i partiti perché abbiamo rifiutato ogni ipoteca ideologica e ci dedichiamo a un lavoro di mobilitazione di massa. Noi contestiamo la società partendo da una struttura ben definita, nella quale siamo inseriti. Invece il tipo di scontro che avviene tra i partiti è essenzialmente ideologico, astratto: avviene al di fuori di ogni movimento, studentesco o operaio, capace comunque di dare concretezza al dibattito.
Studenti di Palazzo Campana Tavola rotonda sui ribelli di oggi e i goliardi di ieri
Gli studenti hanno smesso di chiedere materie diverse e hanno cominciato autonomamente a prendere coscienza dei compiti politici della loro lotta […]. Lo sciopero si è esteso a Pontedera, a Cascina, a Viareggio, a Livorno, a Massa, a Carrara, a Lucca, agli insegnanti; le masse studentesche hanno riaffermato il loro diritto ad usare i locali scolastici per i loro fini, rioccupando per tutto il tempo necessario i locali universitari e portando avanti la loro linea. Intanto la lotta cresce, in modo collegato, nel resto d’Italia a Torino, a Lecce, a Firenze, a Padova, ecc.
Registri e manganelli, in «Il Potere Operaio», n. 9

L’ideologia non incontra mai il proprio nemico. Entrambi vivono in una «realtà separata». Per questo ha continuamente bisogno di simboli: per rappresentare se stessa come per individuare l’avversario. La lotta antiautoritaria non si erige a sistema – o non lo fa al suo inizio – ma non le viene mai meno qualcosa o qualcuno contro cui combattere nella concretezza della vita quotidiana.
G. Viale, Il Sessantotto. Tra rivoluzione e restaurazione

Non ci siamo rifatti a un unico modello culturale, né la nostra azione è impostata, secondo precisi riferimenti ideologici. D’altronde le ideologie si sono ridotte a un insieme astratto di enunciazioni, di valori che prescindono dalla realtà sociale in cui impiantare una certa azione […]. L’originalità del movimento [è] la metodologia dell’azione, i nessi concreti con la struttura all’interno della quale agiamo.
La contestazione permanente

NOSTRA SIGNORA DEI TURCHI di Carmelo Bene

Il Palazzo Moresco, voce di Carmelo Bene che annuncia un'autobiografia, musica di Musorgskij. Le immagini si deformano e si intersecano con quelle della Cattedrale di Otranto, nella cappella ossario dove sono conservate le ossa di duecentosessanta martiri. Come loro, il protagonista avrà ancora il teschio coperto di carne tanti secoli dopo la morte? E gli occhi? Oggetti senza senso ma non insignificanti, gesti di un "(sono) io" che è difficile decifrare. Un doppio, più doppi, un gangster. Compare il primo personaggio femminile, la serva-bambina. Voli impossibili da un balcone che si affaccia sul mare: cadute, letteralmente. Brindisi al proprio riflesso distorto. Vocazione al martirio e primi amori, inginocchiati. Ancora la sua voce implicitamente ironica: l'invasione di Otranto da parte dei tur(isti)chi. Colori in libertà, una lettera al Ministero del Turismo e dello Spettacolo. Gli oggetti sono ostacoli. Presto apparirà Santa Margherita e Arnoldo Foà recita García Lorca. Giunge la Santa che seduce il protagonista, lui resiste, poi cede, lei adesso fuma e legge la rivista "Annabella". Lui si agita nel vuoto, ferito e bendato, mima gli oggetti, li interpreta e vi si trasforma. Piazza di
Santa Cesarea Terme: interni ed esterni tendono a confondersi. L'idiozia inizia a manifestarsi, si chiudono i cassetti e si inchiodano le finestre e le porte. Una serva, un editore preoccupato di utili e perdite, ancora le ferite (del protagonista come della pellicola) e un funerale, quello della Madonna. Quindi il morto è lui, finalmente guarito. Altri doppi, due frati, una gita in barca con la Santa. Adesso il protagonista è un cavaliere in armatura, la serva e la Santa si scambiano impressioni, quest'ultima sta perdendo l'amore e si cristallizza, mentre il protagonista afasico si addormenta o muore. 
Il cinema si allontana.
Carmelo Bene, personaggio estremamente eccentrico, uomo di teatro e regista dai caratteri unici, Carmelo Bene è stato insieme irriverente eppure colto nella scelta dei modelli prescelti. Estremamente provocatorio verso il pubblico e la critica, nell'usare il medium teatrale, cinematografico, e infine televisivo, è stato capace di strutturare un sistema estetico e filosofico del tutto coerente. Inoltre, elettivamente anti-tragico, in lui è stata dominante la negazione dell'eroismo
nella sua declinazione italica, che da sempre è dominata da un quiescente patetismo. Nel rapportarsi allora con la tradizione, la storia patria, ma anche quella coeva, la vena distruttiva prevale, utilizzando la diffusa irrisione dei miti passati e presenti, come forma costante di problematizzazione della realtà circostante.
"Nostra Signora dei turchi", ovvero della dissipazione del soggetto nella totale perdita di senso.
Film a basso costo, privo di tradizionale sceneggiatura e inizialmente girato in 16mm (poi gonfiato in 35mm presso la Microstampa), "Nostra Signora dei turchi" era originariamente scaturito dal progetto di creare tre cortometraggi nel Salento. La prima versione prevedeva una durata di 160 minuti, ma quella attualmente in circolazione deriva dalla sua riduzione (125') per la XXIX Mostra del Cinema di Venezia (in cui ha vinto il Premio speciale della giuria). Il soggetto, sempre a opera di Bene, è stato concepito dall'autore in diverse varianti, una letteraria, una filmica e due teatrali (quella messa in scena nel 1966 e quella del 1973). 
Nella prima metà del film lo stupore spalanca la bocca e diverte, nella seconda metà bisogna effettivamente legarsi alla sedia per resistere, nella consapevolezza che se è stata coniata l’espressione “ne valeva la pena” è perché le cose troppo facili non danno la stessa soddisfazione.

La Tecnologia

La tecnologia è qualcosa di più di cavi, silicio, plastica e acciaio. È un sistema complesso che comprende la divisione del lavoro, l'estrazione di risorse e lo sfruttamento, a vantaggio di coloro che la rendono operante.
Il punto di contatto e il risultato della tecnologia sono sempre una realtà alienata, mediata e distorta. A dispetto di quanto affermano gli apologeti del postmodernismo e altri tecnofili, la tecnologia non è neutra. I valori e gli obiettivi di coloro che producono e controllano la tecnologia sono sempre inglobati in essa. 
La tecnologia si distingue dai semplici attrezzi sotto molti aspetti. Un semplice attrezzo equivale a un utilizzo temporaneo di un elemento nell'ambiente immediatamente circostante per uno scopo specifico. Gli attrezzi non richiedono sistemi complessi che alienano l'utilizzatore dall'azione. Questa separazione è insita nella tecnologia e crea un'esperienza malsana e mediata, che sfocia in varie forme di autorità.
Il dominio aumenta ogni volta che viene creata una nuova tecnologia "che fa risparmiare tempo", poiché si rende necessaria la costruzione di altra tecnologia per sostenere, alimentare, mantenere e riparare quella originaria. Ciò ha portato con grande rapidità all'instaurazione di un sistema tecnologico complesso, che sembra avere un'esistenza indipendente dagli esseri umani che l'hanno creato.
I sottoprodotti di scarto della società tecnologica stanno inquinando il nostro ambiente sia fisico che psicologico. Siamo derubati della vita a favore della Macchina e degli effluenti tossici del combustibile che alimenta il sistema tecnologico: ci stanno soffocando in un ambiente concepito esclusivamente ai fini dell'efficienza meccanica e dell'espansione tecnologica.
Il sistema tecnologico distrugge, elimina o subordina metodicamente il mondo naturale, costruendo un mondo adatto solo per le macchine. L'ideale verso cui tende il sistema tecnologico è la meccanizzazione di tutto ciò che incontra.