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giovedì 25 marzo 2021

Bakunin e l’anarchismo russo - parte prima

L'anarchismo russo - sintesi del comunalismo e del sindacalismo - trasse il proprio orientamento dalle idee di Bakunin. Le comuni rurali furono considerate idonee per far fronte al problema di rivoluzionare l'economia contadina in un paese dove i contadini oppressi e scontenti costituivano, all'epoca di Bakunin, lo strato più vasto della popolazione. Le comuni urbane (talvolta denominate “città libere”) insieme ai sindacati industriali furono considerati come gli organi più adatti per occuparsi dei problemi derivanti dal processo di industrializzazione della Russia, avvenuto verso la fine del diciannovesimo secolo, problemi che divennero ancora più complessi con l'emergere di una nuova classe proletaria priva di radici. Il coordinamento dell'economia doveva essere raggiunto attraverso un sistema comunicante di federazioni - locali, distrettuali, regionali e nazionali - di comuni e sindacati. Kropotkin si considerava un discepolo di Bakunin: «...gli aspetti teoretici dell'anarchismo nella forma in cui cominciavano ad essere espressi nella Federazione del Jura - in modo particolare la critica bakuniniana del socialismo di stato, il timore del dispotismo economico, mi colpirono profondamente... ». Nella sua opera La scienza moderna e l'anarchia, Kropotkin affermò inoltre che «...in una serie di brillanti trattati Bakunin formulò quelli che furono i principi fondamentali dell'anarchismo...». In linea di massima l'anarchismo di Kropotkin, come anche quello di Bakunin, univa il comunalismo (Kropotkin ebbe a dire che Bakunin era "sostanzialmente comunista") ed il sindacalismo («...comuni indipendenti per l'organizzazione territoriale e federazioni dei sindacati a seconda delle loro funzioni...») integrati da associazioni volontarie di ogni genere, per l'organizzazione economica. Il programma dell'anarco-sindacalismo russo comprendeva dunque sia le idee di Bakunin che quelle di Kropotkin. Tutta la letteratura anarco-sindacalista nonché la dichiarazione di principi dell'Internazionale Anarco-Sindacalista tenutasi a Berlino nel 1922 pongono in rilievo tale fatto. Le idee di Bakunin penetrarono in Russia attraverso gli esuli (perlopiù in Svizzera) che si tenevano in stretto contatto con il movimento rivoluzionario clandestino. In Svizzera i profughi russi - che aderirono alla sezione russa dell'Internazionale . stampavano e distribuivano (tramite il  movimento clandestino) la letteratura propagandistica anarchica quale, ad esempio Stato ed anarchia di Bakunin, Lo sviluppo storico dell'Internazionale, L'anarchismo secondo Proudhon, ecc. A dimostrazione dell'alta stima di cui godeva Bakunin, una dichiarazione, in cui si protestava per la diffamazione di Bakunin da  parte di Marx, affermava: «...per quanto concerne la Russia, possiamo rassicurare il signor Marx che il nome di Bakunin è troppo noto e stimato per poter essere toccato da calunnie... ». La protesta recava le firme dei noti e stimati rivoluzionari russi V. Ozerov, N. Ogarèv, B. Zaitsev, Armand Ross (M. Sagin), Z. Ralli, A. Oelnitz e V. Smirnov. 




IV RAGGIO CELLA 71 – Sante Notarnicola

Nel cortile 

a  S. Vittore 

un  albero 

di  pietra. 


Nel "centro" 

a S. Vittore 

un Cristo 

di pietra. 


Nelle   celle 

a  S. Vittore 

tre fiori 

di  pietra. 


Pensieri  di pietra 

a  S. Vittore.

(S. Vittore 5 settembre 1970)

“Venni dal Sud con la mia valigia di cartone". Con questo suo verso in molti ricordano Sante Notarnicola, morto il 22 marzo 2021 a 82 anni: rapinatore, "bandito", come lui stesso si definì quando venne arrestato, comunista senza partito, poeta, scrittore, oste del Pratello, la strada dei locali nel centro di Bologna dove la festa più importante è quella del 25 aprile.


RIFLESSIONI – Murray Bookchin

L’interesse generale che deve stare alla base del nuovo programma libertario va riformulato tenendo presente quello che invece è il limite certo del capitalismo: il limite ecologico che il mondo naturale oppone alla crescita incontrollata. E se questo interesse generale può incarnarsi in una richiesta non gerarchica, questa è la richiesta femminile di una sostanziale uguaglianza dei disuguali, che espande gli ideali di libertà. Il punto è se il movimento ecologista e quello femminista saranno in grado di farsi interpreti di questa sfida storica. In altre parole, se sapranno estendersi fino a divenire un movimento sociale, dando vita ad una New Left libertaria che parli di un interesse umano generale, o se viceversa si frammenteranno in una molteplicità di interessi particolari dediti al parlamentarismo riformista, al misticismo nelle sue varie forme, allo sciovinismo sessuale.

Infine, qualunque sia stata in passato la prospettiva che presiedeva alla costruzione di una società libera ed ecologica, è certo che oggi questa società non potrà essere costruita se l’umanità non abbandona il concetto borghese di abbondanza e questo perché l’abbondanza è accessibile a tutti. Non viviamo più in un mondo che valuta più il dono dell’accumulazione di ricchezza, o dove ci sono vincoli morali che limitano la crescita. Il capitalismo ha distorto i valori del mondo antico a un punto tale che solo la prospettiva dell’abbondanza può eliminare il consumo insensato e insieme il senso di penuria esistente presso i ceti meno privilegiati […] Abbiamo di fronte non solo l’esigenza di migliorare la società, o modificarla, ma la necessità di ricostruirla. Le crisi ecologiche che dobbiamo affrontare e i conflitti sociali che ci hanno travolti (e che hanno trasformato il ventesimo secolo nel secolo più sanguinario della storia) possono essere risolti soltanto se riconosciamo che ciò che viene qui messo in discussione è la civiltà dominante e non semplicemente un assetto sociale malamente organizzato.


giovedì 18 marzo 2021

Dialogo tra Bakunin e un MARXista

MARXista: “Certamente, noi vi concediamo che ogni stato è un giogo, ma solo l'esercizio della dittatura del proletariato può creare la libertà del popolo.” 

Bakunin: “A questo noi rispondiamo che tutte le dittature non possono avere altro scopo che quello di durare il più a lungo possibile.” 

MARXista: “Per niente! Questa dittatura sarà temporanea e di breve  durata.” 

Bakunin: “Non è vero! Questa dittatura che voi pretendete transitoria, sfocerà inevitabilmente nella ricostituzione dello Stato, dei privilegi, delle disuguaglianze, di tutte le oppressioni statali, nella ricostituzione di un'aristocrazia governamentale, che ricomincerà a sfruttare ed a sottomettere il popolo, col pretesto del benessere comune o per salvare lo Stato. Invece di lasciare che il proletariato distrugga lo Stato, voi intendete consegnare questo nelle mani dei suoi benefattori, guardiani e professori, i capi del partito comunista.” 

MARXista: “Tale Stato sarà uno Stato proletario.”

Bakunin: “Più il suo despotismo si cela accuratamente sotto le  apparenze d'un ossequiente  rispetto per la volontà della classe operaia, più esso sarà assoluto. O l'uno o l'altro caso: o bisogna distruggere questo Stato, oppure è necessario aprire la strada alla più vile e temibile menzogna ch'abbia  prodotto il nostro secolo: la burocrazia rossa.” 

MARXista: “Una volta al potere, i capi del partito comunista non saranno dei burocrati.” 

Bakunin: “Prendete il rivoluzionario più radicale e sedetelo sul trono di tutte le Russie e in meno di un anno sarà peggiore dello stesso zar.” 

MARXista: “Se ho ben capito, voi negate la necessità di un'avanguardia cosciente? Confidate solo nella spontaneità delle  masse?” 

Bakunin: “No. Per il trionfo della rivoluzione contro la reazione è necessario che in mezzo all'anarchismo popolare, che costituirà la vita stessa e tutta l'energia della rivoluzione, l'unità del pensiero e dell'azione rivoluzionaria trovi un portavoce. Un gruppo più o meno numeroso d'individui ispirati dallo stesso pensiero e tendenti allo stesso scopo, deve esercitare un'azione naturale sulle masse. Ciò che dobbiamo costituire sono gli stati maggiori ben organizzati e   preparati dei capi del movimento popolare.” 

MARXista: “Che! Anche voi parlate di «capi», di «stati maggiori»!” 

Bakunin: “Certamente. Ma la nostra selezione di elementi scelti fra i più intelligenti e influenti, avrà per unico scopo di creare un'organizzazione rivoluzionaria conforme ai nostri principi libertari e mirante a diffonderli. Tutto il segreto della nostra influenza sta in questo. Gli anarchici devono essere come i piloti invisibili nel mezzo della tempesta popolare. Essi devono orientarla non tramite un potere sostensibile, bensì per mezzo d'una dittatura senza etichette, senza titolo ufficiale e, pertanto, più potente, in quanto non avrà nessuna delle apparenze del potere.” 

MARXista: “Ah! Voi usate secondo il vostro tornaconto il termine di  dittatura. Un'azione così organizzata non sarà forse — per usare per un momento il vostro linguaggio libertario — ancora un attentato alla libertà delle masse, un tentativo di creare un nuovo    potere autoritario?”

Bakunin: “Ma no! L'avanguardia cosciente non deve essere né il benefattore né il capodittatoriale del popolo, ma solo l'ostetrico che porge aiuto per la propria autoliberazione. Tutto ciò ch'essa può  fare è propagare fra le masse le idee che corrispondono ai suoi istinti, ma nulla di più. Tutto il resto non deve e non può essere fatto  che dal popolo stesso. Le autorità rivoluzionarie...” 

MARXista: “...Avete detto le autorità rivoluzionarie?” 

Bakunin: “Chiedo scusa per questo termine. Di autorità di questo  genere mi auguro che ce ne siano il meno possibile...” 

MARXista: “Però ammettete che non se ne possa fare a meno. Allora in cosa consiste la differenza fra il vostro anarchismo e il nostro socialismo scientifico?” 

Bakunin: “Le «autorità rivoluzionarie», dico io, devono non già imporre le rivoluzioni alle masse, ma contribuire a provocarle in seno a queste; non sottometterle ad una qual si voglia organizzazione, ma suscitare la loro organizzazione autonoma    dal basso all'alto.” 

MARXista: “Ma per far ciò manca ancora al proletariato l'organizzazione e la scienza. Proprio noi siamo obbligati a supplirvi...” 

Bakunin: “Oh! Certamente. L'Internazionale operaia non potrà diventare uno strumento di piena emancipazione che allorquando avrà fatto penetrare nella coscienza matura di ciascun lavoratore  che ne fa parte, la scienza, la filosofia e la politica del socialismo. E' a questo che dobbiamo adoperarci.” 



SLOOP JOHN B – The Beach Boys

Siamo saliti sulla corvetta 

John B, io e mio nonno. 

Remiamo vicino Nassau, ma 

o rotto il coltello e fatto a botte, 

mi sento a pezzi, voglio tornare, 

alza la vela del John B 

guarda come splende 

il nome sulla vela. 

Lasciatemi tornare a casa, 

mi sento a pezzi. 

Il primo marinaio si è ubriacato 

lo hanno buttato nella cabina del capitano. 

E' venuto un poliziotto a portarlo via. 

Sceriffo John Sloane lasciami in pace, 

sono a pezzi e voglio andare a casa... 

Il povero cuoco ha pescato un pesce 

e lo ha gettato in un secchio 

poi si è mangiato la mia razione. 

Questo deve essere il più brutto viaggio 

che ho mai fatto. 

Voglio andare a casa...

 

Raggiungere un equilibrio tra umanità e natura

Non è più possibile, oggi, considerare i problemi ecologici poco importanti, marginali, «borghesi». I dati sull’incremento planetario delle temperature dovuto al crescente tasso di anidride carbonica nell’atmosfera (il cosiddetto effetto serra) […] e l’inquinamento massiccio degli oceani, dell’aria, dell’acqua e del cibo, la diffusa deforestazione causata dalle piogge acide e dai tagli insensati, la disseminazione di materiale radioattivo lungo la catena alimentare […] tutto ciò ha dato all’ecologia un’importanza che non ha mai avuto in passato. La società attuale sta danneggiando il pianeta a livelli tali da superare le sue capacità di auto-risanamento. Ci stiamo sempre più avvicinando al momento in cui il pianeta non sarò più in grado di mantenere la specie umana e le complesse forme non umane di vita che si sono sviluppate in miliardi di anni di evoluzione organica. Ora, di fronte a questo scenario catastrofico, c’è il rischio (a giudicare dalle tendenze in atto in Nord America e in alcuni paesi dell’Europa occidentale) che ci si volga a curare i sintomi anziché le cause, che la gente impegnata ecologicamente cerchi soluzioni cosmetiche anziché risposte durevoli. Certo, la crescita dei movimenti verdi un po’ in tutto il mondo, compreso il Terzo Mondo, testimonia dell’esistenza di un nuovo impulso ad occuparsi correttamente del disastro ecologico. Ma ciò che appare sempre più chiaro è che non basta certo dare un «impulso». Per quanto sia importante fermare la costruzione di nuove centrali nucleari, di autostrade, di grandi agglomerati urbani o bandire l’uso di sostanze chimiche micidiali in agricoltura e nell’industria alimentare, bisogan rendersi conto che le forze che conducono la società verso la distruzione planetaria hanno le loro radici in un’economia mercantile da «crescere-o-morire», in un modo di produzione che deve espandersi in quanto sistema concorrenziale. Quello che è in ballo non è una semplice questione di «moralità», di «psicologia», di «ingordigia». Dato un mondo concorrenziale […] in cui ogni impresa deve espandersi in un contesto economico di cane-mangia-cane, la crescita illimitata è inevitabile. Essa acquisisce l’inesorabilità di una legge fisica che funziona indipendentemente dalle intenzioni individuali, dalle propensioni psicologiche, dalle considerazioni etiche.

Non credo che si possa giungere ad un equilibrio tra umanità e natura se non si trova un nuovo equilibrio – basato sulla libertà dal dominio e dalla gerarchia – in seno alla società. Per l’appunto, ho chiamato ecologica questa nuova società ipotizzata e ho definito il mio pensiero come ecologia sociale. L’ecologia sociale non è né ecologia umana né ecologia profonda, termini e concezioni che tendono a deviare la nostra attenzione dagli aspetti sociali dell’attuale crisi ecologica. E’ necessario affrontare onestamente il fatto che, se non trasformiamo la società in senso libertario, gli atteggiamenti e le istituzioni che ci spingono follemente verso il disastro ecologico continueranno a operare, nonostante tutti gli sforzi messi in campo per riformare il sistema sociale dominante.


giovedì 11 marzo 2021

Bakunin e i poeti: Georg Herwegh

In Occidente è iniziata  la più tragica  lotta della storia, quella che oppone la forza delle braccia, la dignità dell'individuo alla potenza nascosta  del denaro. In Germania  si mettono in luce dei nomi: Bauer, Becher, Hess, Marx, Wettling e altri ancora: dei tecnici che si interessano al pauperismo avanzando delle idee economiche, sociali, politiche. Michele, si interroga: come concretizzare l'amore ch'egli proclama? Se lo studio della povertà è campo di studio degli statistici, dei pensatori, degli osservatori, la voce stessa della  miseria s'innalza anche per bocca di un poeta: Giorgio Herwegh. Questi è nato nel 1817. A dodici anni scriveva sul giornalino scolastico che il professore è il docile servitore dello Stato, e che non ha altro scopo che quello di formare una nuova generazione di docili servitori. A vent'anni afferma che il poeta è in opposizione con lo Stato e che è ormai passato il tempo della poesia feudale. Ora, ventiquattrenne, è sul  punto di portare a termine a Zurigo una raccolta: Poesia di un vivente. Nelle sue riflessioni sull'arte, Herwegh considera che la bellezza è il vero veicolo del pensiero. Il messaggio politico, per essere inteso da tutti e in ogni tempo, deve essere anch'esso esposto in una forma perfetta. E' con questa perfezione ch'egli compone il suo Canto dell'odio. In esso dichiara: 

L'amore non può salvarci 

e  Tu, Odio, spezza le nostre catene! 

Assaliamo con ardimento i tiranni 

là dove  ce ne sono ancora … 

E scrive ancora: 

Fino a che  la nostra mano non cede 

non abbandoni la spada. 

Per troppo tempo noi abbiamo amato, 

noi vogliamo infine odiare 

In una forma altrettanto perfetta egli redige lo sconvolgente poema Die Kranke Lise, di cui ecco un breve estratto: 

I vostri principi hanno per i loro teneri nervi 

dei cuscini imbottiti di piume; 

io devo partorire in un fossato... 

è così che il popolo viene al mondo. 

Herwegh è giovane, bello e stimato. Beniamino dei salotti parigini, egli li abbandona per intraprendere un viaggio in Germania. Ovunque gli studenti e i democratici  avanzati organizzano delle manifestazioni in suo onore, fra cui quella di Colonia,  preparata da Hess e da Marx. Scrollare il giogo dei tiranni, liberare il popolo dalla miseria sono gli obiettivi capaci di orientare la vita di Bakunin. In giugno Varvara ritorna in Russia. Paul, che aveva raggiunto il proprio fratello e la sorella durante l'estate del 1841, se ne andrà poco dopo. Michele si  dirige verso Dresda dove era già stato per discutere con Ruge le modalità della sua collaborazione alla rivista Deutsche Jahrbücher für Wissenschaft und Kunst (Annali tedeschi di scienza ed arte). Nell'arco di pochi giorni, fra il 17 e il 21 ottobre 1842, nei numeri 247-250, appariva il suo geniale articolo: La reazione in Germania, firmato, come noto, Elysard, nome patronimico che vagamente ricorda la Kranke Lise. Nel testo è definita la situazione interna del partito conservatore di fronte al partito democratico e, inversamente, la situazione dei  partiti di sinistra di fronte al conservatorismo. Questo è il "positivo"  che  deve annullare il "negativo". La missione di quest'ultimo, precisa Bakunin, è «la distruzione senza pietà di  tutto ciò che costituisce il positivo». Nella vita di Bakunin, questo articolo è l'elemento cardine;  d'un uomo che fino allora poteva essere definito col termine di moralista, esso ne fa un uomo di lotta, un rivoluzionario. La prima parola del testo: "Libertà! "; l'ultima frase: «Il desiderio di distruggere è al tempo stesso un desiderio creatore». In Bakunin, si tratta di un rovesciamento quasi dogmatico. La concezione bakuniniana della libertà come espressione dell'amore non può stabilirsi che attraverso la distruzione del suo contrario, di ciò che, sotto tutte le sue forme, ostacola la libertà. Solo, rispetto alla natura dello scopo da raggiungere: la giustizia  può superare questo paradosso. In questo modo Bakunin si apre ai problemi sociali contemporanei. Egli scrive: «L'aria è pesante, tira vento di tempesta!». Herwegh e lui si ricongiungono nelle profondità del loro spirito. Si vedono in casa  di Ruge, a Dresda, da dove raggiungeranno la Svizzera. Sono insieme a Parigi, insieme nelle  lotte del 1848-49, insieme nel 1865, insieme nel 1871, accomunati da un disgusto per la barbarie tedesca. I pensieri incisivi, espressi nei poemi di Herwegh, hanno trovato un'eco che  nell'opera di Bakunin si plasma in un contesto politico e sociale. I rapporti che li legano, sia nel  pensiero come nelle azioni, non possono che costituire l'oggetto di uno studio particolareggiato. Nella vita pre-rivoluzionaria di Bakunin, tre poeti: il primo lo libera dalle coercizioni del suo ambiente; il secondo lo  conduce alla rinuncia personale; il terzo gli  addita la strada sempre aperta della rivoluzione.


APOSTROFE ALL’UOMO – Edna St. Vincent Millay

 
(pensando che il mondo sia pronto per un'altra guerra) 

Deprecabile  stirpe, annientati, scompari. 

Produci  più in fretta, avanza, usurpa, canta inni, 

costruisci più macchine  da guerra; continua a blaterare, 

per   monumenti, denaro, sfilate; ancora una volta 

trasforma la sbigottita ammoniaca  e la cellulosa perplessa 

in esplosivi; e in putridume gradito alle mosche 

corpi giovani pieni di speranza; esorta, prega, 

sdègnati, scrupolosa, accetta tutto tranne la sconfitta; 

fatti fotografare; consultati, raffina le tue formule; 

metti in vendita batteri nocivi alla pelle, 

metti pure la morte sul mercato; 

produci, avanza, usurpa, espanditi, annièntati e muori, 

'homo' cosiddetto `sapiens'.

Edna St.Vincent Millay, nata a Rocklnd il 22 febbraio 1892 morta a Austerlitz il 19 ottobre 1950 poetessa americana.

Il 22 agosto 1927 fu arrestata per aver protestato, davanti alla State House di Boston, contro l’esecuzione di Sacco e Vanzetti. “Capii che agiscono clandestinamente mostri dietro la democrazia”, disse. Scrisse, su “Outlook”, nel novembre di quell’anno, un articolo, Fear, di dichiarata potenza, contro il potere “ipocrita e avido”, contro “la bruttezza atavica dell’uomo, la sua crudeltà, la sua canonica faccia bugiarda”.

Al ritmo del foxtrot questa donna minuta, disinibita, indipendente, frivola, audace, piena di vitalità divenne la principessa del Greenwich Village di New York. Ebbe una incredibile lista di amanti, di entrambi i sessi, da Djuna Barnes a Salomón de la Selva, poeta discepolo di Rubén Darío. Anche Edmund Wilson fu uno dei suoi molti amanti, e un suo grande protettore, nonostante Edna avesse rifiutato la sua proposta di matrimonio. Non aveva paura di essere esuberante, ribelle, indifesa e indifferente, come una delle stravaganti eroine di Francis Scott Fitzgerald”.

Come la sua poesia, così la sua morte sarà all’insegna di una tragica, ironica leggerezza: scivolerà dalle scale la notte del 18 ottobre 1950, con un bicchiere di vino rosso in mano.


Per un'autodifesa energetica

Nel corso del suo sviluppo, il capitalismo industriale aveva  favorito il fiorire di nuove invenzioni (elettricità, macchina a vapore, ferrovia). Quel che  restava di ricerca indipendente è ormai  sottomesso all'esteso controllo degli interessi di mercato che gestiscono i bilanci. Il capitalismo finanziario  produce un vuoto della scienza e della coscienza. Questo vuoto "di cui la natura ha orrore", rivela altre vie possibili, incoraggia l'esplorazione di un sapere originato dalla vita e non più dalla sopravvivenza com'è stato finora. Fisica, biologia, arte, medicina sono in cerca di una rifondazione radicale. Mentre gli ambienti scientifici, sotto lo choc del coronavirus, hanno perso credibilità per la loro incompetenza, le loro menzogne e la loro arroganza, la curiosità e il gusto della ricerca sono in cerca di un nuovo dinamismo. Tenuti al margine dalle lobbie scientifiche, molti ricercatori aspirano alla libertà di pescare nella vita inesplorata quel che può migliorare la nostra esistenza quotidiana e il suo ambiente. 

a) Le collettività locali e regionali devono sostenere progetti che contribuiscano alla gratuità dell'elettricità e del riscaldamento. Solo l'ingegnosità e l'ostinazione permetteranno di soppiantare l'egemonia delle mafie verde-dollaro sulle energie rinnovabili. 

b) Lo stesso vale per l'autorganizzazione della mobilità che richiede la messa a punto di trasporti gratuiti e non inquinanti. Non tocca forse alle collettività locali il compito di reinventare quel che lo Stato e le mafie petrolifere hanno distrutto? 

c) Non c'è nessun bisogno di visioni apocalittiche per capire che siamo nel cuore di una mutazione di civiltà. Se tutto cambia di base, ciò significa anche che le decisioni da prendere in materia di ambiente dipendono esclusivamente dalle assemblee comunali e regionali, tralasciando referendum patrocinati dallo Stato inquinatore.


giovedì 4 marzo 2021

Bakunin e i poeti: Nicola Stankevitch

Bakunin non ha più che un desiderio: studiare a Mosca e diventare insegnante di matematica e filosofia. Rompe i legami che lo vincolano all'esercito russo e nel 1835 lo troviamo installato a Tver,  fremente, impaziente di gettarsi a corpo morto in una vita nuova. Alcuni amici di un tempo lo trascinano in uno di quei molteplici circoli che pullulano in tutta la Russia e nei quali i giovani cercano quale senso dare alla loro vita, in questa immensa patria oppressa dallo tzarismo. Quello in cui entra Bakunin, e in cui si formerà Bielinski, l'audace critico, è dominato dalla personalità di Nicola Stankevich, anch'egli poeta-filosofo. Questo pensatore, di un anno più anziano di Michele, scrive poco. La sua influenza si esercita a mezzo di conversazioni, scambi di lettere, l'esempio personale; un atteggiamento che si potrebbe definire socratico. Dotato di una eccezionale dirittura e di una grande bontà, egli esercita su chi l'avvicina un indiscutibile fascino. L'esigente Tolstoj, dopo aver letto la sua corrispondenza, noterà di non aver mai incontrato un essere così puro. Al suo contatto Michele si dedica, con tutta la forza della sua natura appassionata, al perfezionamento di se stesso. Stankevich avrà pochi anni da vivere. Bakunin veglierà sovente al suo capezzale. I loro legami diventeranno molto stretti giacché il poeta chiederà la mano di Ljubov, una sorella di Michele, che malata, morrà ben presto. Quando il poeta scomparirà, in Italia avrà  al suo capezzale un'altra sorella di Michele, Varvara. Bakunin deve  rinunciare ad entrare all'Università di Mosca, essendo troppo difficile il concorso di ammissione. Stankevich gli propone allora di partire con lui per Berlino; in quanto al denaro gli sarebbe bastato avere quello sufficiente per il viaggio. Sul posto egli si incaricherà del suo mantenimento, prelevando la somma necessaria dalla pensione che riceve. Pertanto il periodo moscovita di Bakunin s'incentra su due punti: ottenere da suo padre il denaro per la partenza e prepararsi a ricevere quella conoscenza che Vénévitinov faceva intravvedere e che Stankevich dipingeva come il benessere assoluto. Michele è in procinto di diventare il sacerdote esaltato di questa vita superiore. Tenterà di trascinarvi le sue sorelle, le sue amiche ed i suoi amici. La sua voluminosa corrispondenza ci mostra le tappe di questa lunga marcia verso la  "salvezza". Già il 7 maggio 1835 scrive da Tver: « ...la mano di Dio ha tracciato nel mio  cuore i caratteri sacri che devono plasmare la mia esistenza: Non vivrai solo per  te stesso. Voglio realizzare questo magnifico avvenire. Conto di esserne degno. Essere nella condizione di sacrificare tutto per questo santo scopo, ecco la mia unica ambizione ». Dipinge la vita come un'eterna aspirazione di tutte le  sue parti verso uno scopo che non è altro che Dio, l'idea fondamentale della vita essendo racchiusa nell'amore per l'umanità. L'anno seguente, da Mosca, scrive a Varvara (lettera del marzo 1836): «La mia  anima è tutta amore, mi sento un uomo, percepisco in me il paradiso». Più tardi (lettera, Mosca 6 aprile 1836) ad Alessandrina Beer: «...l'umanità ha Dio come guida e Dio come scopo... »; più tardi ancora (ad Alessandrina Beer, lettera aprile 1836):«grandi tempeste e uragani scuotete la terra, io non vi temo,   vi disprezzo dal momento che sono un uomo! La mia fiera e incrollabile volontà va tranquillamente attraverso tutti i vostri sconvolgimenti, al fine di raggiungere il mio alto destino! Io sono un uomo ed io sarò Dio...» Il che significa per lui ritrovare in se stesso la particella divina devoluta a ciascuno. Se, in seguito, Bakunin non  riconosce l'umanità se non come il prodotto della materia e l'amore  per gli esseri umani se non come l'espressione della dignità degli individui, è tuttavia indispensabile non ignorare il periodo moscovita nel processo della sua formazione morale. Le sue centinaia di lettere, quelle di Bielinski, di Stankevich ci ragguagliano in maniera  inequivocabile. Egli scrive anche « Dio è nella libertà ». E’ in nome di questa libertà che si ostina a voler emancipare la propria sorella  Varvara da un matrimonio sfortunato. Stankevich andrà a curarsi all'estero, Varvara lascerà la Russia, Michele assisterà alla morte di Ljubov e resterà a lottare perché suo padre gli accordi alcune migliaia di rubli, o almeno alcune centinaia. Michele, in quanto figlio  primogenito, è destinato dal costume e dalle leggi sull'eredità a diventare  l'amministratore di Priamouchino. Suo padre, che ha già ceduto per quanto concerne la rottura con la carriera militare, si opporrà finché gli sarà possibile, a questa partenza dalla Russia. Durante quel periodo, Michele scrive ai suoi amici Beer (lettera Mosca nella primavera del 1837): «La mia vita appartiene totalmente all'umanità...». Parla dell'odio come d'una cancrena, della vendetta come d'una decadenza dello spirito. Fa una netta distinzione fra liberalismo e libertà e precisa che l'individuo non è uomo fino a quando non si occupa degli altri. Nel 1840 (marzo,da Mosca) dichiara ai suoi genitori che la vita da lui scelta esige «una totale abnegazione di se. Con queste parole o quasi, termina il periodo moscovita. Per quanto riguarda il denaro, il padre di Michele non ha ceduto, ma Herzen, il pubblicista, è rientrato dall'esilio. Di colpo intuisce l'importanza, per un uomo come Bakunin, di allontanarsi dalla Russia tzarista, ed è lui che fornisce la somma necessaria per questa partenza. Nello stesso periodo, da Roma, Stankevich scrive: «Amico mio!... Tu mi concedi troppo spazio nel tuo processo interiore. Sono io, gli altri o i libri che hanno fatto questo? Sono soltanto dei motivi esteriori; le forze interiori hanno fatto tutto ». Ultima lettera, ultime parole. Quando Michele giunge a Berlino, apprende da sua sorella Varvara che Stankevich è morto. 



IL LADRO DELL’ARCOBALENO – Alejandro Jodorowsky

In una degradata città dell'Europa del Nord, il vecchio Rudolph, gaudente e ricchissimo, sprofonda in coma dopo l'ennesima orgia con le prostitute del bordello "Arcobaleno". L'anziano nipote ed erede Meleagre, dedito allo studio dell'Alchimia e dei tarocchi in un rifugio nel sottosuolo, e che parla con un fantoccio che rappresenta il suo cane Chronos, disperso nelle fogne, ha attirato l'attenzione di Dima, un simpatico ladruncolo, che lo serve e lo accudisce sperando in una cospicua donazione. In un Luna Park, dopo la dimostrazione di un insetticida ad opera di un clown, Dima ruba il fonografo al suo assistente nano, e prepara una sontuosa cena nelle fogne suonando una canzone di Edith Piaf, ma Meleagre lo colpisce violentemente. Ricompare il nano, con un amico alto due metri, che rivuole il suo fonografo, ma Dima riesce a scappare. Rientrato nel sottosuolo, Dima trova Meleagre appeso a testa in giù e lo salva. Dall'amica giornalaia Ambrosia apprende che lo zio Rudolph è morto e poi scopre che il vecchio ha lasciato tutto alle prostitute a patto che si occupino dei suoi cani. Meleagre afferma di non curarsi dei soldi, e Dima infuriato decide di prendere il treno che lo porterà alla nave per Singapore. Poiché inizia a piovere a dirotto Dima non volendo lasciare solo Meleagre nel sotterraneo che intanto si sta allagando torna a salvarlo: i due lottano con una furiosa piena, finchè l'anziano Meleagre esausto non affoga, abbandonandosi spontaneamente alla corrente. Cessata la bufera, da un ponte Dima scorge Chronos vivo e vegeto e con l'animale si allontana dalla città.

Il film racconta in forma ermetica - e quindi si  esprime attraverso simboli - l'educazione spirituale di Dima da parte di Meleagre, suo padrone-maestro. Quest'ultimo vive nella sua casa-laboratorio posta all'interno della terra, rappresentazione simbolica che la ricerca dell'oro filosofico a cui l'iniziato tende, cioè la ricerca della vera essenza della  vita e dell'esistenza, deve partire da "dentro", dalla trasformazione della materia impura (il rapporto allegorico con le fogne è evidente). Suo compagno è il cane Chronos (il  Tempo) che seppure morto fisicamente prende vita da Meleagre stesso, divenendo rappresentazione del suo Io Superiore,  capace di indagare nei recessi più nascosti del suo inconscio e porsi contemporaneamente come "maestro  di coscienza". 

Jodorowsky, maestro nella interpretazione dei Tarocchi. Ha realizzato il film come uno specchio. I Tarocchi  sono uno specchio, ma a differenza dei normali specchi, che riflettono solo l'apparenza e la realtà esteriore, i Tarocchi rispecchiano qualcosa di più profondo: la nostra realtà interiore. Fare le carte è più di un gioco, è un'avventura, poiché le  immagini dei Tarocchi rispecchiano realtà che hanno  profonde radici nella nostra psiche; quanto più a lungo si fa esercizio di introspezione, tante più cose si scoprono su noi stessi e sulla nostra vita. Come  funziona uno specchio?  Lo specchio si limita a riflettere la realtà visibile senza giudicarla; esso mostra l'orribile ed il meraviglioso, il piacevole e o spiacevole: non può andare  oltre. Se non ci piacciono le immagini riflesse, possiamo nascondere lo specchio o addirittura romperlo, ma non sarà certo questa azione a modificare il nostro aspetto. Questa criptica allegoria sui tarocchi consiste soprattutto di geniali quanto ossessive riprese, fotografate ottimamente, di ambienti portuali e fognari dove sembra di sentire l'umidità ed il tanfo che tali luoghi emanano. I protagonisti "sguazzano" dal principio alla fine nelle simboliche acque oscure che dovrebbero, trasmutate alchemicamente, dare l'oro: è evidente che mentre il carnale e materialista Dima cerca l'oro di metallo, il suo diafano e misterioso padrone, che dissemina tarocchi al suo passaggio, cerca la pietra filosofale, ossia la saggezza interiore. Il cane, che rappresenta (stando al nome) il tempo e che svanisce nel nulla vorrebbe simboleggiare che durante la ricerca della verità il tempo non conta più nulla. Il clown, il nano ed il gigante; le pietre che costui si coccola; la barchetta ed i bambini; il topino bianco che mendica cibo da Dima; la grassa giornalaia; gli alani di Rudolph in contrapposizione all'unico cane grigio di Meleagre, sono solo un piccolo saggio della quantità di possibili simboli disseminati nel film ai quali è arduo dare un significato particolare. Valide le immagini epiche dell'alluvione dell'ipogeo e spesso straordinari la fotografia ed il colore. La grottesca sequenza della seduzione ad opera di un gruppo di prostitute e l'indole della vicenda motivano la valutazione.



Contro la manipolazione della paura

Il timore suscitato dalla comparsa di un virus, insolito e prevedibile allo stesso tempo, è stato deliberatamente amplificato dal potere a fini ormai evidenti: Tentare di occultare le disastrose condizioni delle strutture sanitarie, diventate aziende a scopo lucrativo. Realizzare su scala planetaria un distanziamento sociale delle popolazioni che nessun regime totalitario era mai riuscito a imporre. La libertà, già ridotta al lavoro (arbeit macht frei) e al consumo, oggi è chiamata a uno scontro fittizio in cui la millanteria dei "negazionisti" del virus sfida l'isteria di chi, in preda al panico, ne esagera gli effetti. Stimolare lo sviluppo del settore della sicurezza, che  alimenta i  buoni affari del populismo di stampo fascista (razzismo, sessismo, paura dell'altro), e fa comodo anche a una sinistra, ben felice di dover lottare sul fronte delle ideologie piuttosto che su quello sociale, dove ha perso credibilità. Il terrore in cui ognuno si isola gioca a favore della principale  preoccupazione dei governi: durare  il più a lungo  possibile, a costo di marcire sul posto.