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giovedì 29 ottobre 2020

Alle origini dell’anarchia - parte tredicesima

 1849 

Wilhelm Welding, artigiano autodidatta tedesco che ha ricevuto da Blanqui e trasmesso a Bakunin il gusto per le società segrete, autore di Garantien der Harmonie und Freiheit (1842) di derivazione fourieriana, parte per New York. Qui pubblica dal '50 al '54 il mensile "Republik der Arbeiter!” in cui critica le colonie utopiche e sostiene il mutualismo proudhoniano. 

1852 

Pubblicazione a Bogotà della prima esposizione del pensiero socialista e libertario stampata nell'America Latina: Analisis del Socialismo. Questo il sottotitolo: Exposiciòn clara, metòdica e imparcial de los principales socialistas antiguos y modernos y con especialidad los de San Simon, Fourier, Owen, P. Leroux y Proudhon, por Reybaud, Guepin, Villegardelle, Bogota: Libreria de S. Simonot. 1852, 308 pagine, 17 x 11 cm. Lo studio che riguarda Proudhon, presentato come anarchico, occupa le pagine 234-292, che formano il capitolo VIII, il più esteso. Tra i precursori del socialismo antiautoritario nell'America Latina figura Plotino C. Rhodokanaty, di origine greca, il quale sbarca a Veracruz, proveniente dalla Spagna ove aveva risieduto nel 1860, alla fine di febbraio del 1861. Rhodokanaty, nato ad Atene il 14 ottobre 1828, traduce Proudhon: Idea general de la Revolucidn en el Siglo XIX viene pubblicato in Messico dalla Biblioteca Socialista, Imprenta de la Sociedad Anónima Industrial, 382 pagine,nel 1877. È il primo classico dell'anarchismo pubblicato in Messico. L'anno precedente era uscito il Curso de Derecho Natural di Heinrich Ahrens, tradotto da Pedro Rodriguez Hortelano e Mariano Ricardo de Asensi (Paris-México: Libreria de A. Bouret e Hijo, 1876, 625 pagine 22,5 x 14 cm). Ahrens (1808-1874), professore di filosofia e diritto naturale e scienze politiche nelle Università di Bruxelles, Gratz, Lipsia, è un simpatizzante dell'anarchismo, e il suo libro è la prima opera d'orientamento libertario pubblicato nel Messico. Gli sviluppi anarchici sono analoghi nel Messico e in Spagna. Molti proudhoniani spagnoli sono costretti, come Rhodokanaty, a partire per l'America Latina, e vi portano le idee mutualiste. II 5 giugno 1853 viene fondata la “Sociedad Particular de Socorros Mutuos”, animata a Città del Messico da Epifanio Romero che dà anche vita a un “Banco del Pueblo”. Poco si sa invece di Rhodokanaty, di cui si ignora anche l'anno della morte. Forse usa lo pseudonimo di José Cosmas, del quale esce nel 1870 a Barcellona la traduzione della proudhoniana Idea generale della Rivoluzione presso l'editore Juan Pons, che viene distribuita in Messico  e nella restante America Centrale da due librerie dell'Avana. Rhodokanaty e Cosmas  sono la stessa persona, o il  greco ha rifatto nel '77 al Messico la
traduzione dell'opera del Maestro? 

La DEMOCRAZIA e il suo SPETTACOLO

La democrazia come ci insegnano sin da piccoli è di per se etica quindi va imposta con qualsiasi mezzo così come è stato per i modelli di civilizzazione occidentale.

Fuori dalle regole del gioco democratico c'è solo, all'esterno, barbarie e fanatismo e all'interno sovversione, terrorismo, demenza, delinquenza e follia.

La democrazia per tanto è la forma dello spettacolo al suo più alto grado di concentrazione ed efficacia e, nel contempo, di diffusione capillare. È la democrazia delle merci, più ancora che quella del lavoro. È il diritto di cittadinanza nel mondo della società del capitale che si, integra a livello planetario e pianifica le differenze.

Per democrazia si intende un regime in cui periodicamente vengono indette “libere” elezioni a cui prendono parte un certo numero di cittadini; a queste elezioni partecipano partiti apparentemente diversi fra loro in rappresentanza di ipotetiche ideologie o di gruppi sociali con interessi differenti, ma con unico scopo e con la medesima aspirazione quella del controllo e dell'amministrazione del potere.

La democrazia si propone per tanto come forma, il suo contenuto, cioè il suo contenuto sociale risiede altrove: nei rapporti capitalistici, nell'autoritarismo dello stato, nella riproduzione costante ed accelerata dello spettacolo. Ipotizzare oggi organizzazioni societarie diverse da quella cosiddetta democratica si passa per provocatori o terroristi.

La merce ideologica denominata democrazia deve venire esportata ovunque e dovunque sotto le regole apparentemente flessibili dello spettacolo, e di quelle rigide e autoritarie del capitale.

Il totalitarismo ideologico raggiunge così il suo apogeo. Di fronte alla crisi di tutti i valori, due si presentano come fondamentali ed ineludibili: lo stato e la democrazia. Il capitale ne è la base materiale. lo spettacolo la rappresentazione totale.


Proverbi surrealisti

A Parigi, nell'ottobre del 1924, apriva il Bureau de Recherches Surréalistes. A novembre Breton pubblicava il Primo manifesto del surrealismo. Negli stessi giorni nasceva La revolution surréaliste, la rivista diretta da Pierre Naville e Benjamin Péret. La rivista pubblica, secondo il gusto del giorno, i proverbi surrealisti.

1. Prima del diluvio, disarmate i cervelli.

2. Gli elefanti sono contagiosi.

3. La dizione è una seconda punizione.

4. Sonno che canta fa tremolare le ombre.

5. I grandi uccelli fanno le piccole persiane.

6. I labirinti non sono fatti per i cani.

7. Il sole non brilla per nessuno.

8. Un po' più verde e meno di biondo.

9. Bisogna battere la propria madre finché è giovane.

10. Un'ombra è un'ombra quand'anche.

11. Il silenzio fa piangere le madri.

12. Chi non intende altro che me intende tutto.

13. Morire quando non è più il tempo.

14. La grandezza non consiste nelle astuzie, ma negli errori.

15. Se non ne rimane che uno è il fulmine.

16. Usare la propria corda per appendersi.

17. Un ubriaco per i curiosi.

18. Il mio prossimo, è ieri o domani.

19. A ciascuno la sua pancia.

20. Quando la strada è fatta bisogna rifarla.

21. Nel paesaggio, un bel frutto fa una gobba e un buco.

22. Non si è mai sbiancati che dalle pietre.

23. Tutto ciò che vola non è rosa.

24. Un granchio, non importa sotto quale nome, non dimenticherà il mare.

25. Una maestra ne merita un'altra.

26. Appeso alle ciliegie.

27. Non grattate lo scheletro dei vostri avi.

28. Quando la ragione non è là, i sorci ballano.

29. Mettersi una trottola sulla testa.

30. Passa o fila.



giovedì 22 ottobre 2020

Alle origini dell’anarchia - parte dodicesima

 

1848 

7 febbraio - Esce a Parigi il primo numero di "Le Représentant du peuple". Il primo  periodico anarchico regolare afferma: “Che cos'è il lavoratore? Nulla... Che cosa dovrebbe  essere? Tutto!” Con la collaborazione di Alfred Darimon, Amadée Langlois, Duchéne e Ramòn de la  Sagra,  Proudhon  dirige e   compila il  giornale che in un isolamento quasi totale dalle altre formazioni sostiene che “il proletariato deve emanciparsi da solo, senza l'aiuto del governo”, e organizza la Banca del popolo. È questo il primo gruppo anarchico funzionale, non fazione politica ma organizzazione economico-propagandistica. Nonostante la persecuzione governativa il giornale vende 40.000 copie e la Banca raccoglie 27.000 lavoratori. 

23 febbraio - Torna a Parigi da un viaggio negli Stati Uniti un misterioso personaggio che attraversa come una meteora il cielo della nascente anarchia: Anselme Bellegarigue. Di lui non si sa quasi nulla, anche se i suoi scritti rivelano una certa cultura. Nato tra il 1820 e il 1825 nella Francia meridionale all'estremità sud-occidentale, forse di origine basca, certo della zona dei Pirenei, ha frequentato il liceo di Auch. Ha passato il 1847 in America. Per la rivoluzione di febbraio è a Parigi: il suo nome figura tra gli iscritti al club di Blanqui, “la Societé républicaine centrale”, ma questo non vuol dire che sia un blanquista. Negli Stati Uniti ha conosciuto probabilmente il vigoroso individualismo di Thoreau e ha incontrato il presidente Polk su un battello del Mississippi, rimanendo molto colpito dagli aspetti di semplicità della democrazia americana, basata su un minimo di governo centrale e su forti autonomie locali che favoriscono il rispetto dell'individuo e l'assenza di boria gerarchica. La “rivoluzione” di febbraio non lo incanta, come non incanta Proudhon. Sente dire nelle strade: Questa volta i lavoratori non saranno derubati della loro vittoria! ma si rende conto che si tratta di un cambio della guardia e che gli imprenditori hanno già in mano le leve del potere. Si sposta quindi a Toulouse e qui, qualche

mese dopo, pubblica una brochure di 84 pagine in sedicesimo intitolata: Au fait! Au fait! Interprétation de l’idée démocratique; essa reca un esergo in inglese che sintetizza il pensiero violentemente anticollettivista (“l'uomo che possiede è un uomo libero”) e antistatalista di Bellegarigue: “ A people is always governed too much”, un popolo è sempre troppo governato. Nel marzo del '49, sempre a Toulouse, è redattore del giornale "La Civilisation" che tira da 1800 a 2500 copie ed esce fino al dicembre del '51: rappresenta la democrazia sociale più antiautoritaria del momento. Come nella monarchia, così nella repubblica Anselme vede la malapianta del governamentalismo francese: per paralizzarla propone l'astensione totale, la “théorie du calme” che si chiamerà poi “grève politique” All'inizio del '50, a Mézy, a Parigi, forma l'Associazione dei liberi pensatori, dispersa dalla polizia: nell'aprile fa uscire a Parigi il primo numero del mensile "L'Anarchie: journal de l'ordre". È il primo periodico che si (fregia dell'insegna anarchica, e dichiara sin dal titolo l'idea-base del fondatore: l'anarchia è  ordine, il governo è disordine, è guerra civile. Nel '51 scrive un romanzo e un saggio sulle donne americane, poi è costretto a emigrare, probabilmente nell'Honduras e in El Salvador.

Febbraio-giugno - Istituita dal governo, la Commission du gouvemement pour les travailleurs (nota come Commissione del Lussemburgo) è composta da operai e padroni. Questi ultimi non si fanno vedere e la Commissione diventa l'espressione dell'autoemancipazione dei lavoratori parigini. La Commissione viene sciolta dopo il soffocamento dell'insurrezione di giugno. 


LE PAROLE LIBERE

 

Le parole libere di esprimersi non devono essere messe al servizio della difesa dell’umano: esse appartengono, in quanto libertà, alla libertà dell’umano. Non è soltanto ciò che desta la coscienza e il portavoce del suo risveglio: è il linguaggio restituito al vivente, quello che esprime il modo in cui viviamo il mondo e lo stile con cui intendiamo viverlo.

Le parole libere ridanno vita al linguaggio, al contrario dell’economia che ne fa una lingua morta, rinsecchita, composta di vocaboli intercambiabili, oggetto di scambio e non elemento soggettivo e intersoggettivo, nato dalla magia, dall’incanto, dalla poesia. Infatti è nella natura del linguaggio il radicarsi nella vita, in quanto esperienza fondamentale dell’esistenza quotidiana, che diversifica gli esseri e le cose, che li allontana e li avvicina ma, costituendo la loro sostanza comune, non li separa mai. 

La libertà d’espressione smetterà di essere il surrogato della libertà d’azione quando la vitalità e l’efficienza che essa racchiude in sé scongiureranno e scoraggeranno le contraffazioni creando una consonanza tra la fraternità delle parole e la fraternità degli uomini. 

La libertà di dire tutto esiste soltanto se la si rivendica di continuo. Rinnega se stessa se si riduce a un consumo passivo di idee preconcette, la cui proliferazione caotica la soffoca.

Resta una libertà soltanto a patto che si restituisca alle parole quella vita inscindibile dal vissuto quotidiano, senza la quale una lingua si fossilizza e diventa stereotipo.

Rompere con il vecchio sistema di sfruttamento che ci ha dominati finora significa restituire al linguaggio quella vocazione poetica dotata in origine, del potere di influire sulle circostanza e sul destino degli esseri.


Un mondo dove la gratuità è peccato

In un mondo che proibisce assolutamente solo la gratuità, tutto è lecito fuorché il godimento. Agli occhi delle religioni, ogni piacere era peccato. Così, traducevano nel cielo della merce, Io sguardo  castratore della necessità di produrre. Ma tanto va il profitto che ormai i piaceri si emancipano dal peccato: si riacquistano comprandoli, e la loro apparente libertà è un assoggettamento ancora più grande all'economia resa alla sua verità terrena. Come il salariato, essi hanno il prezzo di costo di una vita di proletario. Non ci sarà emancipazione  del proletariato senza emancipazione  reale dei piaceri. Il godimento non ha frontiere, e noi intendiamo premunirci contro tutto ciò che tenta di limitarlo. Quando il desiderabile cede al necessario, noi lo sfuggiamo come un lavoro. Ciò che si accanisce a distruggerci ci indica assai bene che non c'è piacere all'infuori dell'affermazione della vita.                                            


giovedì 15 ottobre 2020

Alle origini dell’anarchia - parte undicesima



Si calcola che a questa data oltre quaranta gruppi si siano creati in America per costituire falansteri fourieristi. Gli Stati Uniti. con le loro immense terre disabitate, diventano un grande vivaio di esperimenti comunitari. Robert Owen si era recato in America nel 1824 e vi aveva iniziato il movimento owenista che conta ben presto almeno dodici comunità, la più nota delle quali è New Harmony nell'Indiana. Albert Brisbane ha portato da Parigi il fourierismo, che si afferma contemporaneamente con il grande risveglio religioso della metà del secolo. Si calcola che il numero dei membri di queste comunità sia di oltre 1500, forse di più, “addirittura centinaia di migliaia di componenti” (Morris Hillquit, History of American Socialism). Le comunità oweniste e fourieriste da sole occupano circa cinquantamila acri di terreno. Alcune  sono esclusivamente americane, altre, come quella degli icariani francesi (seguaci di Etienne Cabet, autore di Voyage en Icarie, uscito qualche anno prima), giunti a New Orleans nel mano 1848, e come i gruppi religiosi germanici, sono costituite interamente da immigrati. Alcune sono credenti, altre atee. In certe comunità si pratica la castità totale, in altre vige il libero amore; altre ancora sono vegetariane. Talune mirano al comunismo integrale della proprietà e degli utili, mentre le falangi fourieriste sono organizzate come società per azioni; ci sono comunità che hanno abolito il denaro e vivono di scambi in natura. Prospera a Long Island (New York) il villaggio di Modern Times fondato da Josiah Warren sul principio della sovranità  individuale che esclude ogni potere delegato e regolamento. 

1840-1850 

Aleksandr Herzen diffonde le idee di Proudhon nei gruppi rivoluzionari di Mosca. Herzen salda la tradizione democratico-radicale russa che risale ai decabristi, alla polemica anarchica contro il socialismo autoritario.

1843 

Il socialista tedesco Moses Hess espone in Die Philosophic der Tat la  sua «anarchia» individualista, rispettosa degli impulsi dell'uomo ma che non esclude, tra gli strumenti politici, il suffragio universale e la creazione di laboratori nazionali. 

1844 

Giugno - Scoppia la rivolta spontanea dei lavoratori tessili della Slesia, occupati a domicilio  ma soggetti a una forma di sfruttamento brutale come quella della fabbrica e forse di più. La rivolta viene soffocata dall'esercito prussiano dopo durissimi scontri. Novembre - Pubblicazione dell'opera L'unico e la sua proprietà del filosofo individualista tedesco Max Stirner, giovane ribelle bohème del gruppo berlinese: I Liberi. 

1845 

Un discepolo spagnolo di Proudhon, Ramòn de la Sagra, pubblica in Galizia, a Coruna, uno dei primi giornali anarchici, "El Porvenir", subito proibito dalla polizia 

1847-1879 

Comunità di Oneida (New York), fondata da John Humphrey Noyes, un religioso perfezionista che vuole liberare l'uomo dal “peccato originale”. Noyes elabora una pratica anticoncezionale. Per lui infatti l'idea del godimento sessuale deve essere dissociata da quella del peccato: i rapporti sessuali devono essere liberi e felici, non condizionati dall'obbligo della riproduzione. Sul piano economico la comunità adotta un socialismo produttivo che si realizza non solo nell'agricoltura ma anche nell'industria. Una di queste imprese (Community Plate) sopravvive fino al secolo ventesimo.



UN GIARDINO DI RIFIUTI - Mark Saba

Non datemi fiori che orlino il cortile

con colori troppo puri per essere veri.

Non datemi luce solare non interrotta

dal tempo inclemente, luce che splende sull’erba

verde come nel primo giorno della creazione.

Non recatemi aromi irresistibili

e neppure i petali vellutati del desiderio della Terra. 

Preferisco starmene seduto in un giardino sotto la luna

pieno di molle di materassi e di automobili arrugginite,

con cuscini schiacciati sparsi qua e là, 

stufe elettriche abbandonate e telefoni a disco

tutti sporchi; e magari un orecchino smarrito

(che chissà quante potrebbe raccontarne) e le scarpe di mio nonno.

È a questi oggetti che mi sento più affine

e a coloro che li hanno fabbricati. Voglio ridere del giardino perfetto,

voglio maledirlo, prima che quei petali vellutati

mi risucchino, e prima che la Terra mi racchiuda silenziosamente

nell’ultima risata.


Il consenso come abdicazione della libertà

La società dei consumi interiorizza semplicemente la costrizione sociale, trasformando la paura della repressione in vergogna della emarginazione. Il paradosso è che la libertà circolante nella democrazia dei consumi “libera” tutte le forme di licenza corruttrice ed oltretutto miope e contraddittoria in funzione di un unico scopo, quello dell’interesse esclusivamente individuale che, per corrispondenza all’abrasione sociale dell’individualità, elimina semplicemente la relazionalità come condizione e partecipazione all’umanità. Contestare le istituzioni significa, contestare questo monopolio espropriante che mantiene in uno stato di inferiorità e di dipendenza permanente anzi progressiva, gli individui che compongono la società e che invece di maturare attraverso e grazie ad essa sono costretti sempre più e in ogni campo ad obbedire a chi comanda con una giustificazione che riduce di molto la differenza tra metodi violenti e metodi democratici, quando questi si avvalgono di mezzi di persuasione che fanno del consenso una vera e propria abdicazione alla libertà di giudizio e cioè all’esercizio effettivo della coscienza. 


giovedì 8 ottobre 2020

Alle origini dell’anarchia parte decima

 

1837 

10 ottobre. Muore a Parigi Charles Fourier. Nato a Besancon nel 1772, commerciante ricchissimo rovinato dalla Rivoluzione, militare nei cacciatori a cavallo, impiegato, piazzista, cassiere, nel 1799 dovette, per ordine del padrone, distruggere un carico di riso per mantenere alti i prezzi. Esperienze del genere lo fecero meditare sui mali  della società, della  proprietà, del commercio, e Io spinsero a teorizzare e cercare di mettere in pratica una nuova società. In piena Restaurazione, tra il 1820 e il 1840, pubblica le sue teorie sull'associazione agricola, sull'industria, sull'unità universale. Vede la possibilità di tradurre nella pratica l'organizzazione di un “falansterio”, comunità di 1600-1800 persone, nelle iniziative americane di Robert Owen. Libertà delle vocazioni, umanizzazione del lavoro, soppressione di una autorità centrale, i grandi temi della sua “utopia” anticipano nodi fondamentali della società futura. 

1840 

Pierre-Joseph Proudhon (1811-1865) pubblica Qu'est ce que la propriéte? ou Recherches sur le principe du droit et du gouvernement - premier mémoire. L'opera di Proudhon anche per i suoi aspetti contraddittori e paradossali, eserciterà notevole influenza su diverse posizioni politiche, soprattutto in Francia, sugli anarchici, sui comunardi, sul sindacalismo rivoluzionario di Sorel (e perfino su cattolici come Péguy e su monarchici come Maurras). Il federalismo comunitario di Proudhon, assieme alla sua concezione del credito, ne fanno un teorico della piccola proprietà contadina. Autodidatta (e per questo ferocemente attaccato dal “dottor” Marx), rivoluzionario, ha nel '48 una curiosa debolezza per il parlamento e in giugno viene eletto con 77 000 voti grazie all'appoggio, tra gli altri, del poeta Charles Baudelaire che pubblica un giornaletto, "La Tribune nationale". (Proudhon ricorderà il periodo parlamentare come il peggiore della sua vita: il migliore, quello del  carcere.) La delusione parlamentare lo fa evolvere in senso classista. Sente che gli anarchici devono stare dalla pane del proletariato, non soltanto della vaga entità sociale chiamata popolo. Cosi, la nuova serie del suo giornale, "Le Représentant du peuple", esce dopo essere stato sequestrato, con una nuova manchette il 31 agosto: «Che cos'à il capitalista?  Tutto! Che cosa dovrebbe essere?
Nulla!” Proudhon di una netta caratterizzazione classista ai suoi interventi in favore dei rivoluzionari, e prima ancora di essere privato dell'immunità parlamentare non fa mai il semplice deputato all'assemblea nazionale ma vi si comporta in modo duro e coerente che viene apprezzato anche da Marx. Condannato per un attacco a Napoleone III, esule in Belgio ritorna a Parigi per vedere la propria fidanzata, l'operaia Eufraise Pigard, e viene arrestato e incarcerato. Fa tre anni di prigione. Liberato il 4 giugno 1852, matura le sue idee politiche definitive: federalismo mutualistico, astensionismo politico, rivoluzione sociale per giungere all'anarchia (esposte nella sua opera principale De la justice dans la rivolution et dans l’Eglise, 1858, negli scritti federalistici e in De la capaciti polltique des classes ouvrieres, prima esposizione del principio dell'autogestione operaia). Nel 1851, ancora in carcere, aveva pubblicato Idee generale de la rivolution au  XIX siècle. 


CUT MY HAIR – The Who

 

Perché dovrebbe importarmi

se non devo tagliare i capelli,

devo essere alla moda

o essere escluso.

So che dovrei combattere

ma il vecchio non sta bene

e così abito ancora a casa,

anche se non durerà.

Vesto bene, giacca bianca

aperta di lato e lunga cinque pollici.

Sono ancora sulla strada

e sto saltando

ma non riesco a spiegarmi

quella sensazione di incertezza

che ancora domina nel mio cervello.

  


Senza espansione della felicità niente sviluppo economico

Non c’è un tempo, non c’è un luogo, un’esperienza umana dove la supremazia dell’economia abbia mai prodotto alcuna soluzione globale. L’economia al posto di comando significa inesorabilmente disarmonia e conflitto, perché ogni volta che essa funziona, funziona soltanto per un settore o per una parte oppure banalmente solo per LORO. Bilanci, fatturati, e indici di produzione appartengono a una grande bugia, perché nel mondo sottomesso all’economia, in testa a tutte le classifiche c’è la produzione di infelicità. Questa è la merce definitiva, il prodotto dei prodotti. Perché l’economia non domina soltanto l’esistenza sociale, ma è scivolata ben dentro le menti, i comportamenti, le relazioni personali: guadagno, risparmio, investimenti, ricavi e costi, sono categorie che l’umanità è arrivata ad applicare a ogni circostanza; in questo senso l’economia è la più diffusa e micidiale delle sostanze inquinanti, la vera droga pesante con miliardi di tossicodipendenti. Il prezzo antropologico che l’umanità paga per qualche dose/bustina di benessere economico è lo sterminio e la depressione delle ricchezze vitali. Non è certo nelle mani degli economisti che c’è un futuro, perché come tutti coloro che pretendono di seguire una fredda oggettività, gli economisti costruiscono una disciplina estranea alla ricchezza vitale. E ormai sempre più una disciplina separata, specializzata, freddamente oggettiva e razionale, non è soltanto odiosa, è anche profondamente stupida.

Alleggerire l’economia da ogni primato e da ogni privilegio è il solo modo per riservarle una possibilità di salvezza. È in una dimensione di ricerca globale di nuove forme di vita, che ci potrà essere una terapia per l’economia. Alla borsa, nelle banche e nelle menti andrebbe messo un cartello con scritto: senza espansione della felicità niente sviluppo economico.

 

giovedì 1 ottobre 2020

Alle origini dell’anarchia parte nona

1830 

Viene usato per la prima volta in Gran Bretagna il termine “Trade Unions”. I tessitori e i muratori del Lancashire e dello Yorkshire tentano per primi di organizzarsi sul piano nazionale. L'Unione dei tessitori di cotone riesce ad avere un ampio sviluppo.

1831 

Muore Georg Wilhelm Friedrich Hegel, filosofo idealista tedesco assertore dello “Stato etico”. Dalla corrente dei “giovani hegeliani”, sorta di ala sinistra dell'hegelismo, escono rivoluzionari come Karl Marx, Friedrich Engels, Max Stimer e Mikhail Bakunin. In Europa intanto si fanno più sensibili le conseguenze economico-sociali della rivoluzione industriale: crescita delle città, sviluppo dell'industria e del commercio, concentrazione del proletariato, pauperizzazione e proletarizzazione dell'artigianato. 

1833 

Esce a Cincinnati (Stati Uniti) il primo giornale anarchico del mondo. "Tne Peaceful Revolutionist". Si tratta di un settimanale di quattro pagine in piccolo formato, fondato e diretto da Josiah  Warren (1798-1874) che aveva già collaborato con Robert Owen. In armonia con quanto affermato da classici della “disobbedienza civile” americana come On the duty ol Civil Disobedience  di Henry David Thoreau (1849) e The Science of Society (1851) di Stephen Pearl Andrews, il primitivo anarchismo americano rivendica i diritti dell'individuo. L'individualismo si manifesterà come posizione anti-kropotkiniana (cioè anticomunista e anticollettivista) nel giornale "Liberty", fondato nel 1881 da Benjamin Tucker, che nel 1883 tradurrà Dio e lo Stato di Bakunin, l'opera che fin dal titolo originale (L'Empire knoutogermanique et la Révolution sociale, Neuchatel, maggio 1871) rivela l'intento polemico nei confronti dell'apparato statale-religioso, cattolico o protestante, come pure dei “preti laici” alla Robespierre e dei “sofismi storici dei comunisti tedeschi”. Contro il tuckerismo o stirnerismo “all'americana” (ma che affascina e conquista anche parecchi europei), si batterà verso la fine dell'Ottocento l'italiano Errico Malatesta, che in un dibattito sarà anche ferito da un individualista italo-americano. Nel 1881 un gruppo di anarchici di Boston sostenitori dello sciopero di Pittsburgh si staccherà dal tuckerismo per dar vita a "The Anarchist-Socialistic Revolutionary Review" di cui uscirà un solo numero, in quegli anni, con l'arrivo del  tedesco Johann Most apologeta della linea violenta, l'anarchismo americano si calerà nella dura realtà dei conflitti sociali. 


LA POLVERIERA - Goran Paskaljevic

Belgrado, notte. Nebojsa, un tassista che fuma troppo, accompagna Mané, un uomo che ritorna dopo un lungo periodo passato all' estero ma non ha una meta precisa. Alex, giovane automobilista, guidando a velocità elevata, urta la macchina di Jean e poi, all'arrivo della polizia, scappa. Ma Jean lo raggiunge a casa e qui comincia ad alzare la voce, a rompere oggetti, a minacciare i genitori. In una palestra, due pugili si scambiano confidenze sui rapporti avuti con la moglie dell 'altro. Sembrano scherzarci sopra ma finisce che uno uccide l'altro. Dimitri, un ex poliziotto ormai invalido, al tavolo di un bar viene avvicinato dal tassista che, in un crescendo di accuse reciproche, gli rivela che é stato lui a farlo arrestare e a rovinargli la carriera. Su un autobus fermo al capolinea mentre il conducente sta bevendo un caffé, un giovane spazientito decide che é il momento di reagire, prende di mira i passeggeri, in particolare la giovane Ana, poi si mette alla guida e parte. Dietro una curva la corsa si infrange contro un palo. Intanto Mané, dopo essere stato in chiesa ad accendere un cero per i propri morti, va da Natalia, la sua ex fidanzata, nel tentativo di tornare con lei. Ma Natalia, troppe volte ingannata, non ne vuole sapere. Kosta, l'uomo con cui vive ora, sembra tenersi in disparte ma, quando capisce che Mané può avere qualche successo, lo colpisce a morte con un remo. Ana, scesa dall'autobus, racconta tutto al fidanzato George, che non ci crede e si arrabbia. Mentre camminano, vengono presi in ostaggio dalla banda di Topi, spietato trafficante clandestino. Il giovane che aveva preso l'autobus in ostaggio muore incidentalmente all'arrivo del conducente. Mentre Topi violenta Ana, George strappa la pistola al ragazzino della banda e uccide Topi. Il giovane scappa, arriva in un parcheggio dove altri stanno rubando benzina. Al trambusto, questi fuggono, il giovane li segue, il tassista pensa che sia il ladro e dà l'allarme. Gli abitanti del condominio scendono in strada e cominciano ad inseguirlo. Arrivato ad un cancellata,il giovane vi sale e diventa il bersaglio degli inseguitori. Dietro, il tassista si accende una sigaretta, getta il cerino in terra, la benzina caduta prende fuoco,esplodono le macchine e, di seguito, tutti palazzi vicini.

All'origine del film c'é un testo teatrale scritto da Dejean Dukovski, giovane autore macedone. Il regista, Goran Paskaljevic, é nato a Belgrado nel 1947 e morto a Parigi il 25 settembre 2020. "Ho letto la piece di Dejean -dice Paskaljevic- e mi ha colpito la sua forza. Sentivo il bisogno di affrontare un discorso sulla follia balcanica, sulla mia terra, sullo stato d'animo di gente tagliata fuori dal mondo, prigioniera del regime totalitario e dell'embargo. In queste condizioni chiunque può trasformarsi in una polveriera. E così é nato questo film, girato a Belgrado tra marzo e maggio 1998, per raccontare, in un sola notte simbolica, il labirinto in cui si é chiuso il mio Paese: un tunnel senza fine, senza speranza di luce".

"Bure baruta" (la polveriera) vuole rappresentare il momento difficile che sta attraversando il mio popolo. Ultimamente sono stati girati tanti film che sono incentrati sulla Bosnia. E' diventata quasi una moda. Volevo realizzare qualcosa di diverso, che parlasse dello stato d'animo dei miei connazionali, che descrivesse la grande tensione quotidiana che ci accompagna. Come dice uno dei miei personaggi siamo una polveriera pronta ad esplodere". 

"Tutto è stato girato a Belgrado. I permessi per le riprese non esistono. È un paese che vive nel caos. Nulla a che fare con i regimi dei paesi dell'Est a suo tempo. D'altronde non condanno soltanto chi sta al potere, ma tutta la classe politica, compresa la cosiddetta opposizione, che approfitta di quel caos e non cerca che a riempirsi le tasche. Se ne fregano. Ciò che può rovesciare il regime non è di certo un film, è soltanto la gente invadendo le strade, cosa che abbiamo fatto per tre mesi; la speranza è ritornata, era straordinario. Poi, tutto è stato spazzato via, oppure strumentalizzato. Dopo l'uscita del film, quando hanno letto le mie interviste, mi hanno trattato brutalmente da traditore del popolo serbo. Mi avevano lasciato girare tranquillamente, per puro lassismo; e le reazioni sono giunte soltanto quando hanno visto il risultato..."

Dopo la fine della Jugoslavia, Paskaljevic è costretto a lasciare il suo paese. Film di salutare sgradevolezza per le nostre coscienze narcotizzate.


Le norme è la libertà

 
Il grado di invadenza del governo occidentale contemporaneo probabilmente non trova uguali, per quantità di ambiti e meticolosità della prescrizione. Mai nella storia dell’umanità sono stati regolamentati in maniera così vincolante i comportamenti degli uomini. Non si può esercitare qualsiasi commercio senza autorizzazione. Sono stati vietati certi giochi di carte. Sono stati vietati innumerevoli alimenti di produzione casalinga o artigianale, ad esempio, sono stati regolamentati in maniera restrittiva i fermenti lattici utilizzabili per fare il formaggio. In diverse città le norme urbanistiche ti costringono scegliere il colore delle persiane. C’è l’obbligo per ogni cittadino di frequentare la scuola. Vaccinare i figli è indispensabile, anche per malattie oggi praticamente inesistenti. Ogni spazio  pubblico o  privato, è stato sottoposto a una sterminata, capillare. È proibita la coltivazione e il consumo di marijuana. Per molti cittadini del mondo non è più possibile spostarsi liberamente. Non si possono più raccogliere castagne o legna secca per riscaldarsi perché a tutto è stata assegnata una proprietà. Per raccogliere i funghi è richiesta una autorizzazione. Non si possono cantare canzoni in pubblico perché protette dai diritti d’autore. Non si possono fare fotocopie di libri. In diversi luoghi non si può dormire all’aperto e non si possono fare fuochi. Non ci si può riposare orizzontalmente su panchine. Non si può distillare la grappa o piantare una vigna senza prima pagare per una autorizzazione. 

Si potrebbe proseguire per pagine. Considerato che viviamo nell’auto-proclamata società della libertà. 

Questo insieme di divieti rende, di fatto, criminosi certi stili di vita, che pur non danneggiano nessuno. Si tratta di prevaricazioni che, evocando la tutela dei cittadini, permettono allo Stato di ergersi a censore di prassi difformi da quelle prevalenti. Lo Stato moderno viola tutti gli ambiti della vita, in modo da rendere virtualmente impossibile ignorare o sottrarsi alla sua influenza. Tutto questo per  implementare nuovi e più repressivi codici estetici e estinguere la possibilità di una socialità (giocare, riposarsi, mangiare, bere, dormire, amoreggiare, chiacchierare, commerciare, lavorare) gratuita per incanalarla in spazi appositi, a pagamento. Da una parte voto/delego dall’altra lavoro/guadagno/pago/consumo.