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giovedì 30 gennaio 2020

È questo il compito della critica radicale

Noi illustreremo al mondo nuovi principi traendoli dai principi del mondo.
Fatica e lotte di uomini hanno strappato ai principi del mondo il segreto di un mondo finalmente possibile, hanno fatto propria la coscienza di una speranza il sogno di una cosa. Si tratta oggi di infrangere  l'ultimo diaframma, di fare proprio il mondo stesso.
Noi non temiamo le rovine, erediteremo la terra, questo è certo. Noi portiamo un mondo nuovo dentro di noi e questo mondo ogni momento che passa cresce. Sta crescendo proprio adesso che stiamo parlando con voi.
È questo il compito della critica radicale.
Avanti con l'umanizzazione del pianeta e dell'universo naturale, l'umanizzazione dell'uomo stesso, è il possibile, che traspare al di là dei diagrammi del collasso capitalista, al di là della mostruosità imposta al mondo e agli uomini da un modo di produzione necrotizzante, fondato sulla valorizzazione del falso.
Basta con la produzione di profitto mortifero e di sotto-uomini ad esso incatenati, questo deve finire, o finirà ogni progetto umano. 
Questa certezza realizza e incarna, nel movimento reale, il contenuto delle teorie rivoluzionarie del passato superando la loro forma ancora idealisticamente coscienziale. Il passaggio in armi dalla speranza alla certezza, dalla coscienza alla esperienza vivente, alla vera gnosi, è la transizione necessaria.
La certezza fatica a liberarsi dalle forme vuote in cui l'ideologia la trattiene; a mano a mano che la falsa guerra sceneggiata dalla ideologia mostra ai rivoluzionari la corda con cui strozza il loro furore, la certezza avanza e la vera guerra procede.


PUBLIC ENEMY – pensieri e parole

Siamo stati accusati dai bianchi di aver realizzato un video su Martin Luther King, apostolo della pace, con immagini di inaudita violenza. È vero, in By Me The Time I Get To Arizona si vede il nostro leader, Chuck D. in divisa paramilitare mentre prepara una bomba, un senatore che muore avvelenato e un governatore ucciso da un'autobomba. Non voleva essere, come qualcuno ha scritto, una punizione o una minaccia nei confronti delle autorità dello stato dell'Arizona, uno dei due stati che non hanno accettato di celebrare il Martin Luther King Day, la festa nel giorno della sua nascita per ricordare un grande uomo. Voleva semplicemente far capire all'America bianca che cosa si prova a vedere tutti i leader della propria razza morire per mano di attentati. Ogni nostro rappresentante, ogni guida nera emersa negli ultimi decenni stata uccisa dai bianchi, da Martin Luther King a Malcom   X. È vero, Martin Luther King era un pacifista, ma se fosse vissuto abbastanza da vedere lo stato in cui ci troviamo oggi, forse avrebbe cambiato idea. Il sindaco di Phoenix, la capitale dell'Arizona, ha dichiarato che il video esprime tutte le cose per le quali Martin Luther King si era battuto. Non accettiamo questo discorso da una persona che non ha fatto niente per celebrare uno dei leader della mia gente. Noi siamo andati nelle scuole a spiegare il nostro punto di vista. Abbiamo parlato contro la droga, la violenza quotidiana, il crimine, contro tutte quelle cose che non aiutano a crescere e a migliorare la nostra situazione. In America ci sono un sacco di stronzi che si credono in gamba  solo perché vanno in giro a sparare con le loro pistole contro la gente del proprio quartiere. Noi non siamo per la violenza fine a se stessa. Noi chiediamo alla gente di ragionare con la propria testa, e se proprio si deve commettere qualche atto violento che almeno sia mirato al raggiungimento di qualcosa di importante, non al denaro o al predominio nel quartiere. Prendiamo il Sudafrica. Noi, i bianchi del Sudafrica li ammazzeremmo tutti, perché il Sudafrica è come la Germania nazista. I neri di laggiù non otterranno mai nulla con le buone tanto vale allora passare alle vie di fatto. 
Rap  significa picchiare, e solo metaforicamente parlare sopra il disco. Il rap è la Cnn dell'America nera. Il rap è vita, è lotta contro le ingiustizie. Con ogni mezzo. Il rap è telegiornale. Nostro compito e dare delle informazioni alla gente, affinché tutti sappiano che cosa sta succedendo. Il lavoro dei Public Enemy non è solo musica. È arte, rappresentazione  del quotidiano, notiziario. 
Il pericolo per i rapper è dire cose giuste alla mia gente ma non riuscire a cambiare la situazione. La giustizia si evolve solo quando l'ingiustizia è sconfitta.
Noi vogliamo un'Apocalisse, la vogliamo imminente per l'affrancamento della comunità nera. Noi vogliamo essere il Nemico Pubblico Numero Uno: contro l'ignoranza, contro i bianchi, contro la programmazione radiotelevisiva, l'alcolismo, l'indifferenza della stampa. Noi vogliamo essere contro.
Molti bianchi sono merda. Avrebbero bisogno di una bella calpestatina. Altri, come gli Anthrax o altri gruppi di heavy metal, sono a posto. Noi non abbiamo mai detto che non si deve lavorare con i bianchi. Noi siamo convinti che non si deve lavorare per i bianchi.

i refrattari

L'età dell'oro degli antichi era basata sulla proprietà comune, e mai venne in pensiero alle nature poetizzanti il passato, che la felicità degli uomini fosse compatibile con la proprietà individuale. Essi sapevano per intuizione o per esperienza che tutti i mali e tutti i vizi dell'umanità provengono dell'antagonismo degli interessi, creato dalla appropazione individuale, e mai essi sognare una società senza guerre, senza omicidi, senza prostituzione, senza delitti e senza vizi che non fosse anche senza proprietari.
E' perché noi non vogliamo più né guerre, né omicidi, nè prostituzione né vizi né delitti che lottiamo per la libertà e per la dignità umana. 
Malgrado tutti i bavagli la parola della verità risulterà sulla terra e gli uomini trasaliranno ai suoi accenti essi si alzeranno al grido di libertà per essere gli artigiani della propria felicità. Di modo che noi siamo forti della nostra stessa debolezza, perché qualsiasi cosa possa accadere di noi noi vinceremo
La nostra servitù insegna agli uomini che essi hanno diritto alla ribellione, la nostra prigionia insegna che essi hanno diritto alla libertà e con la nostra morte essi impareranno che hanno diritto alla vita.
Quando fra pochi istanti noi ritorneremo in prigione e voi ritornerete alle vostre famiglie gli spiriti superficiali pensano che noi siamo i vinti. Errore! Noi siamo gli uomini dell avvenire,  voi siete gli uomini del passato
Noi siamo domani Voi siete ieri
Perciò noi saremo felici della nostra sventura trionfanti della nostra miseria vincitori della nostra disfatta. Noi saremo felici qualunque cosa accada, perché noi siamo certi che al soffio dell'idea rinnovatrice altri esseri giungeranno alla verità, altri uomini riprenderanno il nostro compito interrotto e lo condurranno a buon fine; per ultimo siamo convinti che verrà giorno in cui l'astro che indora le messi brillerà sull'umanità senza eserciti, senza cannoni, senza frontiere, senza barriere, senza prigioni, senza magistrature, senza polizia senza legge e senza dei.
Liberi intellettualmente fisicamente e riconciliati con la natura  con loro stessi gli uomini potranno finalmente spengere la loro sete di giustizia all'armonia universale. cosa importa che l'armonia di questo grande giorno si è incorporata dai bagliori dell'incendio cosa importa che al mattino di questo giorno La rugiada sia sanguinosa. La tempesta è utile alla purificazione dell'atmosfera
L'uomo libero nell'umanità libera potrà camminare senza ostacoli di conquista in conquista verso l'infinito delle intellettualità.


dalla dichiarazione di Etievant all'Assise di Versailles
27 Luglio 1892

giovedì 23 gennaio 2020

Una dichiarazione di guerra aperta contro la gioia

il sociologo tedesco Werner Sombart, a partire dai primi anni del ’900, cominciò a descrivere la moderna società industriale come l’espressione della «potenza del diavolo», cioè di una potenza che affascinava gli esseri umani grazie alla sua capacità di celare ai loro occhi il destino che stava disegnando per loro: un destino angosciante a causa dell’affermazione dell’individualismo e dell’esasperazione di tutti i «bassi istinti che sonnecchiano nell’uomo» (avidità, desiderio di profitto e interesse personale), che avevano provocato la scomparsa di ogni forma di solidarietà umana; a causa del predominio di una razionalità puramente economica e strumentale; della diffusione del benessere e quindi della trasformazione del superfluo in necessario; dell’urbanizzazione e della scomparsa di quelle piccole comunità che avevano sino ad allora fatto sentire gli esseri umani parte di un tutto, che avevano dato senso alla loro esistenza. 
Queste convinzioni erano diffuse in vasti settori del mondo culturale e politico; era infatti opinione comune che l’essere umano, esposto all’eccesso di stimoli, alle continue innovazioni di cui si alimentava la logica commerciale propria della società di massa e alle infinite tentazioni prodotte dalla diffusione del benessere, dovesse inevitabilmente cadere vittima di un profondo senso di smarrimento, dovesse perdere la sua capacità di autocontrollo, perché sopraffatto dalla capacità di dominio esercitato dagli oggetti sugli esseri viventi. 
La società di massa veniva perciò spesso descritta come una vera e propria fabbrica di «invalidi della civilizzazione», cioè di persone svuotate della loro personalità, di «decadenti», di «inetti», di blasé, cioè di individui scettici, annoiati, indifferenti a tutto, di «uomini senza qualità». E, accanto a loro, anche di malati di mente, di criminali e di degenerati di ogni tipo, perché la corsa ai godimenti incoraggiata dalla crescita del benessere, che mirava a soddisfare bisogni fittizi, spingeva l’individuo ad una frenetica attività che consumava irreversibilmente il suo fisico e la sua mente. In effetti, non pochi osservatori erano convinti che ci fosse un rapporto diretto tra il livello di sviluppo economico e sociale di un paese e il deperimento fisico e mentale della sua popolazione.
Il successo che il genere fantascientifico, come sarebbe stato definito alcuni decenni più tardi, conobbe proprio in quei decenni grazie ad autori come Jules Verne e Herbert G. Wells, esprimeva bene la faccia oscura delle nuove scoperte scientifiche e i rischi a cui esse esponevano gli esseri umani a causa della difficoltà di controllare le forze che essi stessi avevano messo in moto. 
Una dichiarazione di guerra aperta contro la gioia, un tentativo perverso di togliere ogni incanto alla vita, di dimostrare che «nulla, assolutamente nulla è speciale, unico, meraviglioso» e che tutto poteva essere ricondotto a una routine meccanizzata.
Il risultato paradossale di tutto ciò, è che prima l’uomo ha creato la macchina e poi l’ha assunta come modello ideale da imitare.

La nostra vita è unica singolare irripetibile

Quando scienza e tecnologia, da strumenti di oppressione e dominio quali sono, possono essere trasformati in strumenti disponibili alla forza liberatrice dell'immaginazione, allora è possibile pensare e realizzare un mondo modellato dalla sensibilità estetica.
La realizzazione della dimensione estetica dell'esistenza accomuna i movimenti di avanguardia artistici e politici contemporanei. 
Su questo terreno, pratica artistica e pratica politica risultano convergenti. 
Oggi, infatti, agire politico vuoI dire creare forme autonome di esistenza, liberare la vita quotidiana, costruire come opere d'arte il tempo e lo spazio del nostro vivere. 
Oggi praticare forme di antagonismo e di sovversione adeguate all'attuale modo di produzione post-industriale (che regola, condiziona, determina, domina e mette in produzione tutti i singoli momenti della nostra esistenza) vuoI dire creare nuove forme di vita, vuoI dire assegnare ad ogni attimo, ad ogni azione della nostra giornata, un valore estetico. 
Oggi ogni prassi antagonista deve necessariamente tendere alla riconquista della pienezza dell'esistenza attraverso l'azzeramento della distanza che separa la pratica artistica dalla pratica di liberazione della vita quotidiana.
Sottrarre la nostra vita al dominio ed allo sfruttamento, al lavoro forzato ed al bisogno, alla mercificazione ed alla sopravvivenza significa non solo combattere contro questa forma della realtà, ma anche mettere in atto una realtà altra, mettere in atto forme e modi di vita differenti.
Significa immaginare una vita degna di essere vissuta e praticare questa immaginazione trasformando, subito, la forma, i modi, i tempi della nostra esistenza.
La nostra vita è unica, singolare, irripetibile. Essa può diventare l'unica e sola opera d'arte che valga davvero la pena di realizzare. 
Dobbiamo imparare a stimarla come cosa rara. Dobbiamo imparare ad assegnare, ad ogni suo momento, il valore che merita. Non possiamo svenderla ad un padrone, buttarla via nella noia della sopravvivenza, mortificarla con il lavoro forzato e con la vuotezza in cui cercano di imprigionarla.

E' possibile la decrescita senza uscire dal capitalismo?

La risposta tradizionale della sinistra consiste nell'attribuire al capitalismo la fonte di tutti i nostri insuccessi e tutte le nostre impotenze e dunque nel definire il luogo della cittadella da abbattere. In realtà oggi dare un volto all'avversario è problematico perché l'entità economica e quindi l'esercizio del potere è anonimo, dall'altra parte la servitù dei sudditi e più volontaria che mai, in quanto la manipolazione del pensiero comune è più insidiosa che mai. In queste condizioni come affrontare politicamente la "mega macchina"?. La critica specifica del capitalismo è stata già fatta in passato e bene...
Tuttavia non basta mettere in discussione il capitalismo bisogna contestare ogni società della crescita e su questo la sinistra tradizionale non ci aiuta. Contestare la società della crescita implica la messa in discussione del capitalismo certamente, ma l'inverso non è automatico. Il capitalismo più o meno liberista e il socialismo produttivista sono due varianti di uno stesso progetto di società della crescita fondata sullo sviluppo delle forze produttive, che dovrebbe favorire il cammino dell'umanità verso il progresso. L'economia capitalistica viene criticata, denunciata, ma la crescita delle forze che  scatena viene comunque qualificata come produttiva, mentre quelle forze sono soprattutto distruttrici.
In sostanza la crescita coltivata dal punto di vista del trinomio produzione/occupazione/consumo viene accreditata di ogni effetto positivo, anche se, considerata invece dal punto di vista dell'accumulazione, viene vista come l'origine di tutti i mali: la proletarizzazione dei lavoratori, il loro sfruttamento,  la loro pauperizzazione, senza prendere in considerazione l'imperialismo, le guerre, le crisi periodiche comprese quelle ambientali.
La concezione della società della decrescita non è un impossibile ritorno all'indietro di un compromesso con il capitalismo. Essa è un superamento della modernità 
"non è possibile convincere il capitalismo a limitare la crisi esattamente come non è possibile per un essere umano  smettere di respirare" scrive  Murray Bookchin
La decrescita va necessariamente contro il capitalismo e non tanto perché né denuncia le contraddizioni e i limiti ecologici e sociali, ma in primo luogo perché ne mette in discussione lo spirito, come condizione della sua realizzazione.

giovedì 16 gennaio 2020

La disobbedienza civile per una nuova società

La disobbedienza civile consiste nel passare oltre le decisioni di uno Stato che truffa i cittadini per sostenere le truffe del capitalismo finanziario. Perché pagare allo Stato-bankster delle tasse vanamente destinate a riempire l'abisso delle malversazioni quando potremmo destinarle in ogni collettività locale all'autofinanziamento delle energie gratuite? La democrazia diretta delle assemblee autogestite ha il diritto di ignorare i diktat della democrazia parlamentare corrotta. Tiriamo partito dalla mutazione in corso per costituire delle collettività in cui il desiderio di vivere abbia il sopravvento sulla tirannia del denaro e del potere. 
La disobbedienza civile verso uno Stato che ci truffa è un diritto. Dove vanno le nostre tasse e imposizioni varie? Non al settore pubblico che cade a pezzi a vantaggio di truffatori pubblici e privati. Non alle scuole che stanno diventando un allevamento in batteria di schiavi gettati sul mercato. Non agli ospedali gestiti come imprese da rendere redditizie, dove i pazienti diventano dei clienti di cui approfittare e le cure lasciano il posto all'affarismo. 
L'avvenire appartiene a delle collettività autogestite che mettano al servizio di tutti la produzione di beni e di servizi indispensabili (energie naturali, biodiversità, insegnamento, case di salute, trasporti, metallurgia, tessile). Si tratta di produrre per noi e non più per commercializzare delle derrate che dovremo poi acquistare al prezzo del mercato quando sono i lavoratori che le hanno concepite e fabbricate. Il tempo è venuto di rompere con le leggi di un affarismo che programma insieme al suo fallimento quello delle nostre esistenze. Bisogna che le relazioni umane soppiantino le relazioni commerciali e le annullino.
La gratuità è l'arma assoluta contro il sistema mercantile. 
E' tempo di prendere coscienza che il vecchio mondo sta crollando. Se non vogliamo sparire con lui, il compito più importante è gettare le basi di una nuova società.

FEMME FATALE – The Velvet Underground

Eccola che arriva!
attento a come ti muovi
ti spezzerà il cuore in due
davvero
Non è difficile da capire
basta guardare il colore falso dei suoi occhi
ti esalterà solo per umiliarti
che pagliaccio
Perché tutti lo sanno (è una femme fatale)
le cose che fa per piacere (è una femme fatale)
non è che una smorfiosetta (è una femme fatale)
guarda come cammina
senti come parla
Sei segnato nella sua agenda
sei il numero 37, dai un'occhiata
sorriderà per farti mettere il muso
che pagliaccio!
Ragazzino, lei viene dalla strada
sei finito prima ancora di cominciare
si prenderà gioco di te come un fantoccio
è proprio così
Perché lo sanno tutti (è una femme fatale)
le cose che fa per piacere (è una femme fatale)
non è che una smorfiosetta (è una femme fatale)
guarda come cammina!
senti come parla!

Medicalizzazione

L'influenza sempre più pervasiva della medicina si è tradotta in un processo ancora più subdolo e insidioso di quanto non fosse avvenuto per la religione o per la legge. Recentemente la medicina ha dispiegato appieno le proprie potenzialità e si può parlare di un vero e proprio processo di medicalizzazione: il fenomeno in virtù del quale la  professione medica rivendica la propria esclusiva competenza su ciò che viene definito malattia e su qualsiasi fattore causale da cui questo può dipendere, a prescindere dalla propria capacità di affrontarlo in modo efficace.
Questo processo di espansione delle competenze della medicina, rispetto agli ipotetici fattori causali della malattia, può assumere diverse forme concrete: ad esempio nel campo della prevenzione l'intrusione nella vita del paziente si fa sempre più accentuata giacché l'idea stessa della prevenzione primaria richiede di intervenire prima che inizi la malattia, il medico deve mettersi attivamente in gioco per  convincere i potenziali pazienti che si deve fare qualcosa: i risultati conseguiti recentemente nel campo della genetica avallano ulteriormente questa prospettiva.
Il più radicale processo di medicalizzazione della società in cui sono maggiori le ripercussioni sociali della medicina è appunto quello della genetica. In questo ambito è facile prevedere che qualsiasi società che si trova ad affrontare una tasso di natalità in declino non potrà che preoccuparsi maggiormente della qualità delle vite che verranno essere prodotte e benché l'intero processo inizi inevitabilmente da un atto di esclusione per cui scegliamo di non avere dei figli con certi difetti genetici, il passaggio successivo sarà la selezione di certe caratteristiche ritenute degne di essere privilegiate e la protezione dell'individuo e della società rispetto a determinate caratteristiche considerate negative.
Vale la pena di riflettere su questo aspetto: il processo di etichettamento di un problema sociale in termini di malattia determina un drastico squilibrio di potere. Se si accetta che un determinato comportamento equivale ad una malattia, e che una malattia è uno stato di per sé indesiderabile, la questione non è più se affrontare il problema, ma come e quando affrontarlo.
Il dibattito sui temi del come l'omosessualità, la droga, l'aborto, i bambini iperattivi, i comportamenti antisociali finiscono così per concentrarsi sul grado di malattia insito nel fenomeno in questione o chi ne è portatore o per dirla diversamente sull'entità del rischio per la salute che ne deriva per la società.
Viene del tutto estromesso in tal modo la questione di principio di innegabile valenza morale: di quale libertà dovrebbe disporre un individuo rispetto al proprio corpo? E che cos'è che andrebbe curato aldilà dell'individuo in questione?
La pratica sanitaria è il nuovo campo di battaglia non perché presenti minacce o pressioni visibili, ma perché questi ultimi sono quasi nemici invisibili, non perché gli orientamenti gli strumenti della medicina e le persone siano di per sé malvagi, ma proprio perché non lo sono. E questo è ancora più terrificante. La banalità del male...
Nel caso che ci interessa il pericolo è ancora più grande poiché non solo questi processi si mascherano di una veste tecnica, scientifica, obiettiva, ma pretendono anche di servire al nostro bene.

giovedì 9 gennaio 2020

È venuta l’ora di rompere

La vita non è che una ricerca continua di qualcosa a cui aggrapparsi. Ci si alza al mattino per ritrovarsi, uno stock d’ore più tardi, di nuovo a letto, tristi pendolari tra il vuoto di desideri e la stanchezza. Il tempo passa e ci comanda con un pungolo sempre meno fastidioso. Le prestazioni sociali sono un fardello che non sembra ormai piegare le spalle, perché lo portiamo con noi ovunque. Obbediamo senza la fatica di dir di sì. La morte si sconta vivendo, scriveva il poeta da un’altra trincea.
Possiamo vivere senza passione e senza sogni – ecco la grande libertà che questa società ci offre. Possiamo parlare senza freni, in particolare di ciò che non conosciamo. Possiamo esprimere tutte le opinioni del mondo, anche le più ardite, e scomparire dietro il loro brusio. Possiamo votare il candidato che preferiamo, chiedendo in cambio il diritto di lamentarci. Possiamo cambiare canale ad ogni istante, caso mai ci sembrasse di diventare dogmatici. Possiamo divertirci ad ore fisse e attraversare a velocità sempre maggiore ambienti tristemente identici. Possiamo apparire giovani testardi, prima di ricevere secchiate gelide di buon senso. Possiamo sposarci fin che vogliamo, talmente sacro è il matrimonio. Possiamo impegnarci utilmente e, se proprio non sappiamo scrivere, diventare giornalisti. Possiamo fare politica in mille modi, anche parlando di guerriglie esotiche. Nella carriera come negli affetti, possiamo eccellere nell’obbedire, se proprio non riusciamo a comandare. Anche a forza di obbedienza si può diventare martiri, e questa società ha ancora tanto bisogno, a dispetto delle apparenze, di eroi.
La nostra stupidità non apparirà certo più grande di quella altrui. Se non sappiamo deciderci, non importa, lasciamo scegliere gli altri. Poi, prenderemo posizione, come si dice nel gergo della politica e dello spettacolo. Le giustificazioni non mancano mai, soprattutto in un mondo di bocca buona. In questa grande festa dei ruoli ognuno di noi ha un fedele alleato: il denaro. Democratico per eccellenza, esso non guarda in faccia nessuno. In sua compagnia non c’è merce o prestazione che non ci sia dovuta. Chiunque ne sia il portatore, esso pretende con la forza di un’intera società. Certo, questo alleato non si dà mai abbastanza e, soprattutto, non si dà a tutti. Ma la sua è una gerarchia speciale, che unisce nei valori ciò che è opposto nelle condizioni di vita. Quando lo si possiede, si hanno tutte le ragioni. Quando manca, si hanno non poche attenuanti. Con un po’ di esercizio, potremmo trascorrere intere giornate senza una sola idea. I ritmi quotidiani pensano al posto nostro. Dal lavoro al “tempo libero”, tutto si svolge nella continuità della sopravvivenza.
È venuta l’ora di rompere con l’unica globale comunità attuale: quella dell’autorità e della merce.
Il segreto è cominciare davvero.

La mia macchina - Alberto Casiraghy

La mia macchina 
sta pulsando contro la tua. 
Solo la pelle trattiene 
il dolce contatto. 
Il battito all'unisono 
ci consente l'evidenza 
della gioia 
Quante emozioni ricevono 
queste carni 
in questi pochi lunghi attimi, 
Non riesco a 
capovolgere i miei pensieri. 
Sono sorpreso dai sentimenti 
Sono seduto sotto un albero 
e penso al viaggio 
delle sue radici. 

Alberto Casiraghy, nato nel 1952 a Osnago provincia di Lecco, uomo dai poliedrici interessi, artista visivo, violinista, autore di aforismi, conosciuto e apprezzato come tipografo ed editore, creatore della casa editrice Pulcinoelefante: libri piccolini stampati a mano con i caratteri mobili, accompagnati da opere d’arte e prodotti al massimo in trenta esemplari. Sono piccoli gioielli dedicati a chi ama la poesia e cerca la bellezza pescando negli abissi di se stesso. ma lui minimizza: «Sono soltanto pezzetti di carta...»

Il piacere di vivere non ha né regole né leggi

Il sogno di un'apocalisse ossessiona il subconscio della società mercantile. Solo l'idea di una rapida distruzione l'ha aiutata a sopportarsi, a contemplare il suo riflesso progressivamente incancrenito. La disperazione vendicativa dei millenaristi e dei rivoluzionari suicidi è stato il suo specchio più fedele prima che la sopravvivenza rivelasse la sua realtà d'agonia climatizzata, il suo suicidio al rallentatore inutile da perseguire, perché arriva per forza di cose.
Mentre la criminalità, Il terrorismo e i suoi edulcorati sostituti, esprimono i sussulti di una volontà di potenza moribonda, cresce la voglia di una festa funebre che inghiotte tutto il vecchio mondo in un'attesa in cui i piaceri servono da passatempo. 
Arrivati all'ultima degradazione, quando gli stessi sensi subiscono la riduzione dal biologico all'economico, i piaceri rivelano allo stesso tempo sia la loro inversione millenaria che la parte di vita assolutamente ribelle al recupero mercantile. 
L'ultimo ponte della proletarizzazione è gettato su un nuovo sentire da dove contempleremo il suo crollo finale. 
Una natura rinascerà poco a poco dov'è il desiderio creerà l'organo. 
Il piacere di vivere non ha né regole né leggi ciò che lo definisce, lo circoscrive, lo specializza è precisamente ciò che lo nega e lo rovescia: il lavoro, la costruzione, lo scambio, la separazione e la colpevolezza.
Mi rifiuto di scegliere tra due forme di morte, la mia sola stella è quella della vita a oltranza.

giovedì 2 gennaio 2020

È tempo di uscire dalla preistoria

L’abbondanza tra l’umanità primitiva si basava sul mantenimento di una bassa densità di popolazione. Piccoli raggruppamenti umani utilizzavano il loro ambiente senza trasformarlo in profondità. L’umanità futura sarà numerosa e tecnicamente efficiente. Sbarazzatasi della concorrenza e degli antagonismi che la attraversano e la animano, essa non addizionerà una moltitudine di processi produttivi separati, che si traducono in una incontrollata evoluzione, improvvisa e disastrosa. Ogni trasformazione particolare avverrà in funzione di una evoluzione e di un equilibrio globali.
Non si tratterà tanto di produrre quanto di partecipare al miglioramento e all’arricchimento dell’ambiente umano. Ogni individuo parteciperà agli sforzi e alle gioie senza volere, e senza aver bisogno d’accaparrare una parte del patrimonio comune. Potrà condurre una vita da nomade, perché dappertutto si sentirà a casa propria. Perderà il senso della proprietà, non si attaccherà agli oggetti, perché avrà timore di on averne; non si guasterà, così, né il corpo né lo spirito. Non si può esser liberi, sicuri, disponibili, ricchi di desiderio e di possibilità senza una certa privazione personale. Povero borghese che porta la sua ricchezza come una corazza sulle spalle! E ancor più infelice il proletario che non possiede né l’aereo né lo yacht per trasportare se stesso e i congiunti! Non si tratta di confondere passato e futuro. Il ritorno al paleolitico non è possibile se si esclude l’ipotesi della liquidazione della quasi totalità dell’umanità e della civilizzazione, per esempio con una guerra nucleare. Non è augurabile. I costumi delle società di cacciatori-raccoglitori possono sembrarci crudeli, le condizioni divita poco confortevoli, tuttavia ciò che veramente distingue quell’epoca dalle aspirazioni che ha prodotto il mondo moderno, è il suo carattere limitato. I cacciatori si accontentano di ciò che hanno e si accontentano di poco. Le possibilità sono ridotte, l’orizzonte limitato, le preoccupazioni terra-terra. Questo modo di vita si rivela piuttosto insipido. Le feste, le stravaganze sessuali sono soprattutto frutto dell’immaginazione degli esploratori: preti, sapienti, commercianti che – avendo poche possibilità di comparazione – si montano subito la testa. La vita sessuale degli Esquimesi appariva piuttosto saggia e misurata, anche se a qualcuno fra di essi è accaduto di fracassare il cranio di qualche prete che non voleva fare la cortesia di scopare le loro donne. Il passaggio all’agricoltura, alla società di classe, al capitalismo, sono stati il mezzo doloroso perché si sviluppassero le possibilità della specie; la disumanizzazione del lavoro, il mezzo per accedere ad una attività veramente umana.
È tempo di uscire dalla preistoria.

SOLDATO BLU di Ralph Nelson

Rapita dal capo Cheyenne Lupo Pezzato, Kathy, una giovane donna bianca, è liberata, dopo due anni trascorsi presso la tribù indiana, da un drappello di soldati. Inseguiti dai cheyenne di Lupo Pezzato, i soldati vengono raggiunti e sterminati: alla strage scampano soltanto Kathy e il giovane militare Honus. Durante la lunga e avventurosa marcia verso il piu' vicino forte, Kathy e Honus finiscono con l'innamorarsi e la giovane, cui la lunga permanenza tra gli indiani è servita a comprenderne le ragioni e a valutare i torti dei bianchi, riesce a rendere partecipe di questo stato di cose anche il suo compagno. Allorché, giunti i due al forte, uno squadrone di cavalleria è in procinto di mettersi in marcia per un assalto alla tribù cheyenne, Kathy parte precipitosamente alla volta del campo indiano per avvertire la tribù del pericolo che la minaccia. Nonostante un tentativo di parlamentare avanzato da Lupo Pezzato, lo squadrone muove alla carica, massacrando circa cinquecento indiani, più della metà dei quali sono donne e bambini. Honus, che ha avuto il coraggio di ribellarsi all'iniquo ordine dei suoi superiori, finisce in catene, mentre Kathy decide di dedicare la sua vita all'assistenza dei piccoli indiani sopravvissuti alla strage.
Quando il film venne girato, gli Stati Uniti erano impegnati nella contestata Guerra del Vietnam, e molti critici ci videro un riferimento al massacro di My Lai. Il film alla sua uscita, e per molto tempo ancora, creò parecchio scalpore, in quanto denunciava le ipocrisie e menzogne che avevano costituito la storia fondativa degli Stati Uniti, riguardo la politica adottata nei confronti dei Nativi americani e riguardo l'idea antropologica che si aveva su essi, e perché in maniera non del tutto velata, criticava la Guerra del Vietnam, denunciando la falsità e l'ipocrisia della società statunitense degli anni Sessanta e Settanta in merito tale guerra, tanto da diventare un manifesto di protesta della generazione che non si identificava con la società e la cultura dominante in America, e contribuendo ad alimentare un profondo dibattito storico-culturale e sociale, sia negli anni Settanta, sia nei periodi successivi Tutto questo anche perché nel film sono riversate, in maniera accennata, molte delle lotte e delle tematiche (oltre al Vietnam e ai Nativi americani) tipiche del
Sessantotto: femminismo, incarnato dalla protagonista; pacifismo e critica negativa della società borghese, con le sue "ipocrisie" e "convenzioni", la libertà e la condanna del capitalismo americano con il suo imperialismo e il razzismo.
I bianchi sono gli aggressori, gli invasori che vengono da terre lontane ad usurpare territori che non gli appartengono ed agiscono con crudeltà su donne e bambini senza alcuna discriminazione. I pellirossa si devono difendere, i bianchi vogliono solo conquistare, la differenza fra le due culture emerge in tutto, dalle trattative alle forme di combattimento: un capo indiano è tanto più rispettabile e temibile quanto più è coraggioso, rischia di persona, un capo bianco è solo di rado in prima fila, perché in genere manovra sul tavolo la tattica di combattimento in cui rischieranno la vita i suoi soldati pronti ad eseguire ciecamente gli ordini. Non molto diversa dalla conquista dei territori indiani deve essere sembrata agli occhi di Nelson la partecipazione degli USA nella guerra del Vietnam. Il regista dichiarò infatti "la posizione ufficiale del governo è che noi stiamo in Vietnam per onorare un impegno...non dimentichiamoci però che abbiamo stipulato 400 trattati con gli indiani, violandoli tutti, uno dopo l'altro ...ho tenuto a mostrare queste atrocità perché volevo proprio sconvolgere la gente, devastare le coscienze, e ricordare con tali immagini che la follia sanguinaria esiste ancora ai nostri giorni". 

Un progetto libertario

Un progetto libertario dovrebbe avere due momenti: “uno etnografico e l’altro utopico, in costante dialettica fra loro, che siano in grado di produrre forme di contropotere: il mondo contemporaneo è pieno di testimonianze libertarie, di luoghi liberati, dei quali però non si rileva traccia nella narrazione ufficiale. Il contropotere prende forma nelle istituzioni tipiche della democrazia diretta, basate su determinati valori, quali la convivialità, l’unanimità, la prosperità, la bellezza, la gratuità.
E' ineluttabile che la dove esista un alto livello di disuguaglianza, tali valori assumano di per se valenza rivoluzionaria.
Un’azione rivoluzionaria è qualsiasi azione collettiva che affronti e respinga una qualche forma di dominio e di potere, e che nel contempo, alla luce di questo processo, ricostituisca nuove relazioni sociali. Le lotte contro le disuguaglianze tra Nord e Sud, le lotte contro il lavoro in quanto relazione di dominio, la negazione dell'autoritarismo, la resistenza alle regole imposte dalla società mercantile, l'affermazione della democrazia diretta sono i pilastri su cui si fondano le libere e autonome municipalità libertarie.
I movimenti libertari da sempre hanno fondato il loro agire sull'etica della pratica rivoluzionaria. E' necessario che i mezzi siano adeguati ai fini poiché c'è la consapevolezza che alcuna libertà è possibile con mezzi autoritari, al centro la necessità di dare forma concreta alla società che si desidera realizzare a partire dalle proprie relazioni personali. Conseguentemente non esiste un’unica “Grande teoria anarchica”, poiché questa sarebbe contraria ai suoi stessi presupposti. E' diffusa invece una forza , una passione nel diffondere i valori condivisi che nasce nello spirito e nel cuore dei processi del partecipazionismo anarchico, nei piccoli gruppi di affinità che non è settaria o prevaricatrice o autoritaria.
Ne deriva quindi il riconoscere il bisogno di differenti prospettive teoriche, unite da un insieme di impegni e analisi condivise, una discussione che si concentra su questioni pratiche, che tiene conto inevitabilmente di una serie di prospettive differenti, riunite dal desiderio condiviso di comprendere la condizione umana, in moto verso una libertà più grande. Una teoria sociale anarchica non può quindi che rifiutare in maniera consapevole ogni residuale avanguardismo. Il compito dei movimenti libertari è quindi guardare chi sta creando alternative percorribili, cercare di immaginare quali potrebbero essere le più vaste implicazioni di ciò che si sta già facendo, e quindi riportare queste idee, non come disposizioni, ma come contributi e possibilità.
Molto c'è da imparare osservando il resto del mondo, in Sudafrica e in India vediamo conclavi dove si afferma la pratica della democrazia diretta, così come fra i ribelli del Chiapas, la nozione e le esperienze di gruppi di affinità arriva dalla Spagna e dall’America Latina, e ancora le molteplici esperienze, spesso duramente represse, del grande movimento mondiale che sta occupando frammenti di territorio nelle varie città del mondo globalizzato.