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giovedì 25 dicembre 2025

Le prime esperienze politiche di Luigi Galleani (1881-1891) (III°)

Nella stessa luce deve essere vista la sua partecipazione, nel settembre del 1887, al III Congresso del POI tenutosi a Pavia, partecipazione avvenuta su mandato della Lega dei lavoratori di Vercelli. Nonostante che il Congresso veda il tentativo da parte dei gruppi anarchici di qualificare il POI come partito socialista in senso anarchico rivoluzionario, non risulta che il Galleani abbia preso parte attiva nel sostenere la proposta avanzata in tal senso da Luigi Molinari con quelle prese di posizioni irruenti che caratterizzeranno la sua successiva dialettica politica. Si deve da ciò dedurre che al Galleani premesse non alienarsi in maniera definitiva le simpatie e l'appoggio di quei gruppi in nome dei quali partecipava al Congresso. Questo suo atteggiamento di attesa è confermato nell’ottobre 1887 dal «Fascio operaio». In un articolo pubblicato su questo giornale infatti esalta la validità dell'opera del «Fascio», gettando però le premesse di quella che avrebbe dovuto essere la naturale evoluzione del movimento operaio nel senso da lui auspicato :«il Fascio ha già fatto molto lavoro, a sbollire questi entusiasmi politici, e a richiamare l'attenzione dei lavoratori sullo stato e le necessità economiche, ha dimostrato più volte e luminosamente che governo e possidenti sono fatti della stessa carne e che ogni forma di reggimento nacque a tutelare non l'ordine sociale, ma le loro spogliazioni». 

Questa funzione di trait d'union che il Galleani esplica in questo periodo è illuminante per quanto riguarda la determinazione del contributo anarchico alla formazione dei quadri organizzativi del movimento operaio. Se infatti i limiti tradizionali di economicismo e di corporativismo che caratterizzano il movimento operaio in questo periodo vengono successivamente superati, ciò è dovuto in buona parte alla presenza tra le masse operaie del movimento anarchico, di cui il Galleani è, nel Piemonte, l'uomo di punta. L'organizzazione e la direzione degli scioperi e delle agitazioni proletarie dell'epoca da parte degli anarchici produrrà, come il Galleani auspicava, una progressiva assunzione da parte di un settore delle masse lavoratrici delle concezioni di lotta rivoluzionaria tipiche dell'anarchismo. 

In questa direzione si muove il Galleani che nel 1888 tiene una serie di conferenze in vari centri del Piemonte, quali Alessandria e Asti, polarizzando intorno al suo nome l'attenzione degli ambienti operai e socialisti dell'intera regione. Questa tattica qualifica la partecipazione del Galleani alla direzione degli scioperi dei renaioli e dei meccanici che scoppiano a Torino nel giugno del 1888 e degli scioperi dei bottonai e dei cotonieri di Vercelli rispettivamente nel luglio e nell'agosto dello stesso anno. Ed è la stessa tattica che viene impiegata nell'ambito prima della «Gazzetta operaia» e successivamente della «Nuova gazzetta operaia», «sta dunque a noi, non di accettare programmi e linee di condotta del partito operaio, ma di infiltrarci nelle sue file e imprimere alle sue azioni un carattere più rivoluzionario. Ricordiamoci che la borghesia è una classe ben organizzata e che per lottare contro di essa è necessario che anche noi ci organizziamo per non restare sempre dottrinari ringhiosi e impotenti». A questo fine viene programmata la sua partecipazione al congresso del partito operaio che si tiene a Bologna nel settembre 1888. Al Galleani, come rappresentante della «Nuova gazzetta operaia», è affidato il compito di adoperarsi per giungere alla «concordia delle forze» su «un terreno comune in cui le varie scuole possano lottare d'accordo senza equivoche con-fusioni di programma». 

Il fallimento di questo tentativo non fa desistere il Galleani dalla politica intrapresa, ché anzi vediamo intensificarsi la sua opera nella attività di direzione degli scioperi nel giugno dell'anno successivo, contrariamente all'ipotesi avanzata in campo storiografico che sostiene che il suo esilio francese sia da far risalire al periodo immediatamente successivo al Congresso di Bologna, quasi come conseguenza del risultato negativo della sua partecipazione al congresso stesso.


Il diabete e la marijuana

Gli adulti con una storia di uso di marijuana hanno una minore prevalenza nella comparsa del diabete di tipo 2 e un minor rischio di contrarre la malattia rispetto a quelli che non hanno mai consumato cannabis, secondo i dati degli studi clinici pubblicati sul British Medical Journal.I ricercatori della University of California, Los Angeles, hanno valutato l’associazione tra diabete mellito (DM) e l’uso di marijuana tra gli adulti tra i 20 e i 59 anni in un campione rappresentativo della popolazione degli Stati Uniti di 10.896 adulti. I ricercatori hanno ipotizzato che la prevalenza del diabete di tipo 2 sarebbe ridotto nei consumatori di marijuana causa la presenza di vari cannabinoidi che possiedono proprietà immunomodulanti e anti-infiammatorie.

Lo studio ha riferito che fra i consumatori passati e presenti di cannabis risulta una minore prevalenza di diabete, anche dopo aver corretto il campione con le variabili sociali (etnia, livello di attività fisica, ecc.), nonostante tutti i gruppi fossero in possesso di una simile storia familiare di DM. I ricercatori peraltro non hanno trovato un’associazione tra uso di cannabis e altre malattie croniche, tra cui l’ipertensione, ictus, infarto miocardico, o insufficienza cardiaca rispetto ai non utilizzatori.

I ricercatori hanno concluso: “la nostra analisi degli adulti di età compresa tra 20-59 anni… ha dimostrato che i partecipanti che hanno usato marijuana avevano una minore prevalenza di DM ed una probabilità inferiore di sviluppare DM rispetto ai non-consumatori di marijuana.” Avvertono, però: “gli studi prospettici nei roditori e nell’uomo sono necessari per determinare una potenziale relazione causale tra l’attivazione del recettore dei cannabinoidi e il Diabete Mellito. Fino a quando tali studi non saranno effettuati, non sosteniamo l’uso di marijuana in pazienti a rischio di DM».

Precedenti studi condotti su animali hanno indicato che i cannabinoidi possiedono alcune proprietà anti-diabete. In particolare, uno studio preclinico pubblicato sulla rivista Autoimmunity ha riferito che le iniezioni di 5 mg al giorno del cannabinoide non psicoattivo CBD ha ridotto significativamente l'incidenza del diabete nei topi rispetto al placebo.


Una comunità di lotta in difesa del territorio

Una società libera sarà principalmente una società contadina: la conurbazione è una conformazione sociale strettamente capitalista, incompatibile con l’avvento della libertà e irrealizzabile in economie senza mercato. Queste due verità ci portano a considerare il cambiamento rivoluzionario da prospettive completamente nuove. Per questo motivo quando si parla di agricoltura biologica, sovranità alimentare o autosufficienza, cioè del lato positivo dell’anti-industrialismo, vale la pena specificare l’ambito in cui tutto ciò avviene, la situazione concreta del territorio. In una società in via di urbanizzazione totale, il territorio si trasforma in uno spazio vuoto a disposizione: una riserva generale di spazio alla mercé dei centri decisionali metropolitani. Nella nuova fase dello sviluppo capitalista l’oppressione ha soppresso il tempo e si è spazializzata: lo spazio sociale è una creazione del capitale e obbedisce alla sua logica. Lo sfruttamento del territorio gioca lo stesso ruolo dello sfruttamento del lavoro nella fase precedente; però, affinché questo avvenga in modo ottimale non solo c’è bisogno di riempire i luoghi di merci ma sono altresì necessari alcuni cambiamenti formali che adeguino la specificità territoriale all’economia e non blocchino l’espansione illimitata dei nuclei urbani. Cambiamenti che, oltre a banalizzare la vita in campagna, incentivino la de-industrializzazione, l’abbandono dell’agricoltura e la suburbanizzazione. Questa, diciamo, ultima campagna di razionalizzazione sociale si dota dei relativi strumenti giuridici: leggi che favoriscono l’attività urbanistica, quote agrarie, legislazioni sui suoli, riforme delle amministrazioni locali, normative per gli espropri, ordinamenti generali, pianificazione delle infrastrutture, ecc. Dall’altro lato la globalizzazione modella una nuova classe dirigente legata più alla gestione politica, finanziaria e imprenditoriale dello spazio che alla proprietà privata dei mezzi di produzione: una classe nata dalla trasformazione della borghesia in seguito alla sconfitta del movimento operaio e alla decomposizione delle classi tradizionali. Si tratta di una classe effimera, in perenne movimento, che si muove all’interno della divisione internazionale del lavoro e provoca un riordino territoriale globale o, detto in altri termini, che è responsabile di costringere il territorio a sottomettersi ai capricci del mercato mondiale. Dal suo punto di vista, qualsiasi resistenza al mercato costituisce un “arretramento” e ogni adattamento il “progresso”. In questo senso l’esistenza di una classe contadina autonoma rappresenterebbe la quintessenza dell’arretratezza, e la sua estinzione il massimo del progressismo. 

Le istanze locali dovrebbero costituire il primo anello verso la deregulation degli usi del territorio, la terziarizzazione dell’economia e, di conseguenza, verso la rapida mondializzazione delle risorse locali. I cambiamenti vengono sovvenzionati soprattutto grazie alle eccedenze prodotte dalla speculazione immobiliare: dunque, il trasferimento di capitali dall’industria, dall’agricoltura e dall’industria mineraria verso i servizi si baserebbe principalmente sulla costruzione di alloggi, strade e grandi infrastrutture. La campagna ha smesso di essere la dispensa di alimenti ed è diventata una cava di estrazione dei materiali, spalancando le porte alla concentrazione della popolazione, all’agricoltura industriale e alla “riconversione ambientale”, con risultati sempre più catastrofici per il territorio e i suoi abitanti. La terra non è più il crogiolo in cui si fonde l’identità tra gli individui e la loro comunità.

Una comunità di lotta – una forza sociale storica – può formarsi solo a partire da una volontà cosciente di separazione, da uno sforzo disertore figlio dell’opposizione totale al sistema capitalista o, che è lo stesso, dalla messa in discussione radicale dello stile di vita industriale, cioè dalla rottura con la società urbana. Disoccupazione giovanile o tagli del budget, il punto di partenza non ha molta importanza se gli animi che si scaldano vanno tutti nella stessa direzione; la cosa più importante è la conquista di un’autonomia sufficiente per discostarsi dai canali stabiliti andando al fondo della questione – la libertà – senza mediatori “responsabili” né tutori vigilanti. E ciò non si ottiene che prendendo chiaramente le distanze dalla fazione del dominio e preparandosi a una lotta lunga e ardua contro di esso.


giovedì 18 dicembre 2025

Le prime esperienze politiche di Luigi Galleani (1881-1891) (II°)

La formazione politica del Galleani deve quindi ricondursi, in questi primi anni della sua attività, alle due matrici fondamentali del socialismo legalitario e dell'anarchismo comunista, delle quali utilizza, senza per altro porsi il problema della loro interrelazione sul piano ideologico, gli spunti che più gli sono congeniali sul piano dell'attività operativa che egli va svolgendo in questi anni. 

Se infatti il fallimento degli scioperi torinesi del maggio-giugno 1886, seguiti da una dura repressione poliziesca, e il contemporaneo scioglimento del Partito Operaio Italiano determinano una reviviscenza di attività da parte degli anarchici in Torino, pare non si debba attribuire al Galleani una diretta partecipazione alla fondazione della «Gazzetta operaia» che di questi gruppi rappresenta la voce, ché anzi l'intervento successivo del Galleani nel giornale determina un dirottamento della linea politica originariamente assunta dal periodico. L'intransigenza della «Gazzetta operaia», che si proclama comunista anarchica, e che si concreta nella sua presa di posizione contro l'organizzazione delle forze anarchiche, nella sua recisa condanna del parlamentarismo, nel rifiuto dei mezzi di lotta legalitari e quindi nella opposizione alle correnti evoluzionistiche e operaiste del socialismo, viene stemperata proprio ad opera del Galleani, che, anche per l'influenza esercitata su di lui dalle nuove posizioni assunte da F. S. Merlino, si fa portavoce della spinta unitaria diretta a far confluire in un solo partito d'azione tutti «i compagni» piemontesi. 

L'interesse del Galleani nei confronti del Partito operaio e per l'organizzazione di cui esso è espressione, gli fa superare almeno momentaneamente la polemica che ad esso lo opponeva a proposito del concetto di lotta di classe. In questo stesso anno infatti (1887) il Galleani si fa promotore di una serie di iniziative dirette a incidere nella realtà operaia ai fini della realizzazione di quel programma «unitario» di cui si era fatto sostenitore. Per sua ispirazione nascono quindi a Vercelli il circolo socialista Difesa del lavoro e la Lega dei lavoratori che, avendo come movente ispiratore i concetti di resistenza propri del partito operaio, lasciano in ombra quello che poteva essere l'aspetto polemico dell'intervento del Galleani. In questo periodo infatti egli va puntualizzando quella che è la sua posizione politica nei confronti dei movimenti socialisti. Ma se da un lato questa chiarificazione lo libera definitivamente da quelle reminiscenze democratiche e legalitarie, che avevano caratterizzato i suoi primi anni a Torino, ciò non gli impedisce sul piano operativo di portare avanti un discorso interlocutorio che deve servirgli, nei suoi intendimenti, quale strumento di pressione ai fini di un progressivo ribaltamento su posizioni più decisamente anarchiche di quei gruppi dei quali egli si è fatto parte attiva. Così nel luglio-agosto del 1887 lo troviamo impegnato in un giro di propaganda nel biellese, che ha lo scopo di diffondere tra le masse proletarie della zona il concetto di resistenza economica e di promuovere un movimento unitario in vista di quella che sarà la rivoluzione, che emanciperà tutte le classi sociali ed eliminerà ogni oppressione autoritaria. 


RUBY TUESDAY – The Rolling Stones

Lei non dice mai da dove viene

ieri non importa se é passato

mentre il sole splende

o nella notte scura, nessuno lo sa

lei viene e va


Arrivederci Ruby Tuesday

chi può darti un nome

se cambi ogni giorno

mi manchi sempre


Nessuna domanda sul perché lei vuole essere libera

Oh! ti dirà che é l’unico modo di essere yeah

Lei non può essere incatenata

ad una vita dove non si ottiene niente

e niente é perso, a un tale costo


Arrivederci Ruby Tuesday

chi può darti un nome

se cambi ogni giorno

mi manchi sempre


Non c’é tempo da perdere, l’ho sentita dire

prendi i tuoi sogni prima che scivolino via,

lontano morendo

Perdi i tuoi sogni e perderai la testa

ingiusta la vita vero?


Arrivederci Ruby Tuesday

chi può darti un nome

se cambi ogni giorno

mi manchi sempre



La Madre di tutte le Stragi

È stata la madre di tutte le stragi, quella che ha iniziato in Italia la stagione del terrorismo e soprattutto del terrorismo di Stato.

C‘è una frattura nella società italiana che non si è ancora ricomposta. E pensare che sono passati quasi sessant’anni. La cosiddetta frattura data infatti dal 1969. Quell’anno, segnato da una sequenza impressionante di attentati piccoli e grandi, ha il suo drammatico epilogo il 12 dicembre 1969. Bombe a Milano: alla Banca nazionale dell’agricoltura (17 morti e quasi cento feriti) e una bomba inesplosa alla Banca commerciale italiana di piazza Cordusio. Bombe a Roma: alla Banca nazionale del lavoro in via Veneto (14 feriti) e all’Altare della patria, in piazza Venezia (quattro feriti).

Da quella strage inizia una storia infinita che si concluderà nei tribunali ben 36 anni dopo: il 3 maggio 2005. Con un epilogo incredibile: quelle bombe non le ha messe nessuno. Tragitto più breve, invece, ha la ricerca di responsabilità della morte nella questura di Milano di un fermato subito dopo gli attentati. Si tratta del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli che, stando alla sentenza del 1975 dell’allora magistrato e oggi senatore del Pd, Gerardo D’Ambrosio, sarebbe precipitato da una finestra del quarto piano per colpa di un «malore attivo», un malore così improvviso da non permettere ai poliziotti presenti nella stanza di riuscire a fermare la caduta.

Perché frattura? Perché quelle bombe e quei morti ci raccontano il «lato oscuro» del potere, di una classe politica, degli apparati dello stato italiano. Ci raccontano la volontà di «normalizzare» con il terrore i fermenti di una parte consistente della società italiana che voleva un profondo cambiamento. Ci raccontano come la paura di perdere il potere politico abbia «consigliato» la politica delle bombe.

E nonostante il passare degli anni abbia depositato tanta polvere su quegli avvenimenti, abbia reso incerta la memoria, abbia appannato l’orrore, la frattura permane. Incredibile, vero? Eppure…

Quel 12 dicembre 1969, infatti, ha scritto un percorso della storia italiana. Ha modificato il discorso sociale e politico, tanto che si può con certezza affermare che c’è un prima e un dopo le bombe. Insomma, un tragico salto qualitativo.

Allora focalizzare l’attenzione su un fatto di quasi sessant’anni, richiamare il senso della memoria non è operazione solo storica, ma è qualcosa di ancor più rilevante. Non è un caso che classe politica e mass media stiano lavorando per modificare (ancora una volta) il senso e il significato di quegli avvenimenti. Se la frattura fosse stata ricomposta non ci sarebbe bisogno di voler rileggere la storia secondo «una memoria condivisa». Questo ritornello ripetuto ogni volta che si sente echeggiare «12 dicembre 1969» significa che l’operazione di rimozione non ha avuto quel successo ricercato da chi deteneva e detiene il potere.



giovedì 11 dicembre 2025

Le prime esperienze politiche di Luigi Galleani (I°)

1881-1883 

L'anno in cui Luigi Galleani si iscrive all'Università di Torino segna l'inizio di un periodo in cui il gracile movimento socialista torinese, rimasto in ombra dopo la costituzione, nel 1876, di una sezione internazionalista, riprende vigore, in un fervore di iniziative politiche che sboccheranno, nell'aprile del 1882, nella fondazione del periodico socialista «Proximus tuus». Sebbene il giornale si faccia promotore, in un certo qual senso, di una campagna di condanna nei confronti della «sterile intransigenza degli astensionisti che vogliono tutti i diritti o nessuno», l'appello da esso rivolto a tutti coloro che aspirano all'abolizione delle ingiustizie sociali, nonché l'affer-mazione della necessità della creazione di società operaie di resistenza, insieme alla convinzione, propugnata apertamente nelle sue pagine, che la proprietà collettiva delle terre e degli strumenti di lavoro costituiscono la base essenziale del socialismo, non possono che rappresentare un elemento catalizzatore degli interessi del Galleani, che usciva allora dal primo periodo di scapigliata vita universitaria, costellata di numerosi duelli, ma anche di fruttuose prese di coscienza sul piano politico. 

È indubbio che una ancora più rilevante influenza sulla formazione politica del giovane Galleani la esercitò la corrente, autodefinitasi comunista anarchica, che trova espressione nelle colonne del nuovo «Proximus tuus». Questo giornale esce nel settembre del 1883 e nel dichiararsi totalmente estraneo al proprio omonimo predecessore, porta tuttavia ad alcune estreme conseguenze quelle che potevano considerarsi presenze anarchiche, sia pure embrionali, di quello stesso giornale. Così dal concetto di proprietà collettiva delle terre e degli strumenti di lavoro si passa a quello della rivoluzione sociale che quando «avrà cambiato le basi fondamentali della società» instaurerà il comunismo anarchico che solo può segnare l'evoluzione delle classi oppresse. Sebbene non sia, allo stadio attuale delle ricerche storiografiche, documentabile la partecipazione e l'apporto del Galleani alla politica di cui si fa portavoce questo secondo «Proximus tuus», è da ritenersi comunque che egli non fosse del tutto estraneo a queste attività. Da un lato infatti troviamo una certa corrispondenza ideologica tra il contenuto del «Proximus tuus» e quello dell'«Operaio giornale della democrazia vercellese» che iniziò le pubblicazioni al principio del 1883 e che segna la prima documentata partecipazione del Galleani alla lotta politica. Dall'altro lato la fondazione da parte dello stesso Galleani del periodico «La boje» di Vercelli, sembra costituire elemento sufficiente per dedurre, se non la diretta partecipazione, almeno l'influenza esercitata su di lui dal gruppo che si era fatto promotore in Torino del giornale «La questione sociale», che si pone, dal punto di vista dei contenuti, come diretta prosecuzione del «Proximus tuus». I concetti espressi dal Galleani nella «Boje», infatti, si ricollegano in maniera assai evidente ai contenuti della «Questione sociale»: la rivoluzione sociale vista come unico strumento per realizzare l'emancipazione totale della classe proletaria e l'ideale libertario visto come fine ultimo a cui deve tendere il socialismo.