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giovedì 3 aprile 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXII

1958 

25 luglio-10 agosto - Congresso internazionale anarchico a Londra. Umberto Marzocchi, combattente libertario nella guerra di Spagna contro Franco, rappresenta la Federazione Anarchica Italiana. 

10 settembre - Morte di Rudolf Rocker. 

1960 

Si costituisce in Italia, dopo oltre cinque anni di preparazione ideologica, la Federazione Anarchica Giovanile Italiana (FAGI), caratterizzata da un attivismo che cerca di conciliare anarchismo e marxismo. 

1962 

28 settembre - Isu Elias, vice-console  franchista a Milano, è rapito da  giovani anarchici che lo sequestrano per alcuni giorni in segno di protesta contro la condanna a morte dello studente catalano Jorge Conill Valls. La polizia arresterà successivamente Amedeo Bertolo, Vittorio De Tassis, Luigi Geni, Giancarlo Pedron, ritenuti autori del rapimento a scopo dimostrativo. - Muore a Rouen Ernest-Lucien Juin, detto Emile Armand, nato a Parigi nel 1872. Ex ufficiale dell'Esercito della Salvezza, ex carcerato, nel primo decennio del Novecento è a Montmartre, all'"Anarchie" e nelle "Causeries" popolari fondate da Libertad, il teorico dell'illegalismo e dello scientismo. Autore di Sentimentalité

Estate I962-estate 1963 - Scoppiano violenti scontri a Torino tra operai e polizia. Dopo lunghi anni di «coesistenza perdente» della classe operaia col padronato nella capitale italiana dell'automobile, la violenza e la portata degli scontri (con battaglie che, come in piazza Statuto, durano fino all'alba, dal 7 all'8 luglio 1962) suscitano allarme e interpretazioni differenti. La stampa borghese come quella del partito comunista parla comunque di matrice «anarco-sindacalista» della lotta, e di «provocatori». Si tratta in realtà del modo ritrovato dell'autonomia operaia e dell'azione diretta, unitaria di base, una svolta che preannuncia le lotte assai più vaste del biennio 1968-69. La matrice materiale è da ricercarsi nella nuova composizione sociale del mercato del lavoro a Torino, profondamente modificato dall'emigrazione interna, che altera gli equilibri determinatisi dopo che il presidente della FIAT Valletta aveva sferrato negli anni del dopoguerra la sua offensiva. Valletta aveva duramente colpito le organizzazioni di sinistra nella maggiore fabbrica italiana. L'arrivo di manodopera dal sud immette nella frustrata, sconfitta classe operaia torinese l'apporto vivace di giovani non legati alle posizioni riformiste. Le conseguenze del luglio 1962 segnano anche la fine degli accordi separati tra datori di lavoro e sindacati più concilianti, la fine della discriminazione tra sindacati «democratici » e sindacati «social-comunisti ». In sei-sette anni anche il sindacato scissionista UIL si porterà in posizioni unitarie con CGIL e CISL. 



L’ARMATA BRANCALEONE – Mario Monicelli

Un drappello di sbandati si raggruppa intorno a Brancaleone da Norcia, uno spaccone in cerca di gloria militare e di facili avventure. Il minuscolo e sgangherato esercito si mette in marcia da Faleri, nei pressi di Viterbo. L'occasione propizia sembra presentarsi con l'arrivo di quattro ribaldi che propongono a Brancaleone di entrare in possesso di un feudo vicino a Crotone purché divida con loro i frutti dell'impresa. La compagnia si mette in viaggio per raggiungere le Puglie sperando che l'impresa frutti fama e quattrini. Ma il viaggio si rivela ben presto più difficile del previsto, pieno di tranelli e di sorprese. Scampato avventurosamente alla peste e alle voglie di una vedova insaziabile, Brancaleone segue dapprima Zenone, un bizzarro monaco diretto in Terrasanta, ma presto lo abbandona per salvare una giovane donna insidiata dai briganti, deciso a consegnarla intatta al promesso sposo. Anche questa impresa riesce solo in parte allo sciagurato drappello, che prosegue il viaggio come può, tra peripezie d'ogni genere. Brancaleone e i suoi si concedono una sosta presso la dissoluta famiglia bizantina di Teofilatto, dove il condottiero si sottrae a fatica alle voglie sadomasochiste della bella Teodora. L'armata giunge finalmente al castello di Crotone, dove  l'aspettano i pirati saraceni, decisi a impalare per direttissima i malcapitati. Solo l'arrivo di un gruppo di pellegrini cristiani diretti in Terrasanta salva Brancaleone e i suoi uomini dalla morte. L'armata Brancaleone si configura come un'opera di sintesi, in cui gli umori canzonatori dei Soliti ignoti sembrano impastarsi con lo spirito antiretorico della Grande guerra.  

Sia pure con maggiore libertà inventiva e con una più immediata scioltezza di racconto, il traliccio di fondo è ancora una volta quello offerto da un gruppo di sprovveduti chiamati a tentare un'impresa più grande  di loro. Ma il motivo dei piccoli cialtroni votati al fallimento serve ora da pretesto per farsi beffe del Medioevo di maniera, che la tradizione romantica voleva pullulante di paladini e di donzelle, di castelli turriti e di mistici sospiri. Il Medioevo di cartapesta, che talvolta viene ancora ammannito nelle scuole come  epoca di alti ideali, si capovolge qui in un'epoca di fanfaronate e di crudeltà avvolta  nell'ignoranza, nella sporcizia, nella fame. Il film deve la sua particolare efficacia all'ironia beffarda e alla vena grottesca che, tra funebri rintocchi e foschi brillii, lo attraversano da cima a fondo e di cui il linguaggio maccheronico, felice amalgama   di spropositi verbali e di ammiccamenti parodistici di svariata provenienza, è una delle componenti più irresistibili. 

L’ironia di Mario Monicelli è volto alla decostruzione del Medioevo, soggetto sempre a un revisionismo che spesso nasconde la barbarie e l’ignoranza che ha contraddistinto sotto certi aspetti questo vasto periodo storico, e dell’eroismo rappresentato dai media e dai film kolossal hollywoodiani. L’armata Brancaleone, dunque, ha fatto scuola per le riflessioni profonde a livello culturale e cinematografico che ha saputo suscitare con l’ironia.



È ora di rovesciare il mondo esistente

"Finora la pratica non ha fatto che rinforzare il mondo esistente; si tratta ora di rovesciarlo".

Il vecchio mondo si contorce in convulsioni di rabbia scoprendo che le idee teoriche dei situazionisti sono destinate ad assumere un valore d'uso e che appaiono nella strada, che la reale dimensione del conflitto che esse annunciano è mondiale, la sua sfida irriducibile, lo scandalo della sua esistenza irrecuperabile...

Il nostro compito consiste in una critica inesorabile diretta anche contro i nostri cosiddetti amici che contro i nemici dichiarati; e per assolverlo, rinunciamo volentieri a una popolarità democratica a buon mercato...

Basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca. Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati...

Solo quando il meglio sarà sufficiente, il mondo sarà governato dalla più grande aristocrazia della storia, l'unica classe della società e la sola classe storica dei padroni senza schiavi...

Se se ne fottono di noi, non se ne fotteranno a lungo. Le rovine non ci fanno paura, noi erediteremo il mondo.



giovedì 27 marzo 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXI

1957 

Questa «invenzione» situazionista del conflitto tra le generazioni, s'intreccia all'esigenza dell'inventività di massa, e costituirà una delle componenti più vistose del Maggio 68, mentre la corrente di Debord darà un contributo particolare, di analisi creativa «diversa» al gauchisme francese, con cui comunque non si fonderà mai completamente. Essa continuerà infatti a rifiutare la ricomparsa della «figura paterna», impersonata vistosamente dal delirante culto del pensiero-del-presidente-Mao, per collocarsi in una certa misura parallelamente con le «provocazioni» degli anticonformisti olandesi: i Provos e i Kabouters-Goblins

3 novembre - Muore d'infarto nel penitenziario federale di Lewisburg (Pennsylvania) il medico, psicanalista e scrittore Wilhelm Reich. Nato nel 1897 nella parte germano-ucraina dell'Austria asburgica, medico nel 1922, neuropsichiatra a Vienna, allievo di Sigmund Freud, suo primo aiuto clinico al Policlinico Psicoanalitico, animatore fino alla fine del 1930 di consultori socialisti di igiene mentale e felicità sessuale in vari quartieri di Vienna e  successivamente a  Berlino, nel 1933 è costretto a fuggire dalla Germania dall'avvento di Hitler. Esule a Copenaghen, Oslo, New York (1939), cacciato dal partito comunista e dalla Società di psicoanalisi, vive perseguitato dalle varie polizie, Gestapo, Ghepeu, FBI, e dalla società filistea che non gli perdona le sue geniali scoperte nel campo della repressione sessuale come base della personalità autoritaria. Odiato dai nazisti e dagli stalinisti, scrive in campo politico alcune opere fondamentali come Psicologia di massa del fascismo, La rivoluzione sessuale, La sessualità nella lotta sociale, Materialismo dialettico e psicanalisi. Appassionato difensore dei diritti dei bambini alla felicità, influenza ampiamente il pensiero libertario. Nel 1956 fu condannato a 2 anni di carcere per «disprezzo criminale della Corte» che voleva si giustificasse sulle teorie orgonoterapeutiche (cura di varie malattie, anche gravissime, con la energia da Reich detta «orgonica») e le cabine orgoniche e i suoi libri vennero distrutti. La rivoluzione «reichiana» rappresenta uno dei momenti di lotta libertaria contro l'autoritarismo sessuofobico di marca staliniana e maccarthista. - Suscita interesse negli ambienti anticonformisti americani la pubblicazione del libro Memoirs of a Revolutionist di Dwight Macdonald. Nato a New York nel 1906, l'autore racconta le esperienze di un intellettuale negli anni 30 e 40, impegnato a combattere il nazismo e lo stalinismo Avverso all'uso della violenza e dell'autoritarismo, egli attacca anche la sinistra trotzkista a proposito della repressione di Kronstadt. Macdonald non risparmia neppure Roosevelt, cui imputa di  avere mascherato di nobili intenzioni la partecipazione degli USA   alla seconda  guerra mondiale, una guerra «essenziale per gli interessi nazionali dell'America in un sistema capitalistico». 



HEIM Roger

Direttore del Museo di Storia Naturale di Parigi dal 1951 al 1965, è stato uno dei più importanti micologi del Novecento. Fervente antinazista, militò nella Resistenza francese e fu deportato a Buchenwald e a Mathausen.

Fu anche strenuo difensore della natura e un ecologista ante litteram, mobilitandosi per la difesa della foresta di Fontainebleau e per la salvaguardia dei varani di Komodo. Queste battaglie gli valsero la nomina di presidente dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.

Il suo nome è legato soprattutto alla storia della riscoperta dei funghi sacri messicani, in cui fu fedele compagno d'avventura di R.G. Wasson, contribuendo all'identificazione di numerose specie di funghi fino allora sconosciuti alla scienza occidentale, alcune delle quali portano ancora oggi il suo nome, ad esempio la Psilocybe mexicana Heim, la Psilocybe  aztecorum Heim, la Conocybe siligineoides Heim.


DIRITTO E DOMINIO

Il diritto non è che la volontà del dominatore. Anche la società politicamente più dispotica è sempre alla ricerca del diritto. Tutti i tipi di governo partono dal principio che tutto il diritto e tutto il potere appartengono al popolo preso nella sua collettività. Nessuno di essi, infatti, tralascia di richiamarsi alla collettività e il despota agisce e comanda “in nome del popolo” esattamente come il presidente o qualsiasi aristocrazia. Il diritto è dunque la legittimazione del dominio. Non di questo o quel determinato dominio, ma del dominio in quanto tale. Esso si pone in modo estraneo rispetto all’unico, in quanto per sua natura il diritto mi “viene concesso”. Che sia la natura o Dio o la decisione popolare, ecc., a concedermi un diritto, si tratta sempre di un diritto estraneo, di un diritto che non sono io a concedermi o a prendermi. Non è perciò la fonte del diritto a decidere la sua intima valenza di ratifica del dominio, ma il fatto che comunque esso è sempre un’entità che si pone sopra l’individuo. Per cui non può mai esistere una completa coincidenza tra il diritto e la volontà individuale, dal momento che ogni diritto è, per intrinseca definizione, una categoria particolare e ipostatizzata che si fissa in dimensione universale, mentre l’individuo è una dimensione unica, in sé irripetibile. Diritto storico, diritto naturale o diritto divino o qualsiasi altro diritto; il diritto di per se stesso non è in grado di risolvere i problemi dell’unicità posti al singolo.



giovedì 20 marzo 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXX

1957 

Luglio - Nasce a Cosio d'Arroscia (Cuneo) l'Internazionale Situazionista, dalla fusione del «Movimento per un Bauhaus Immaginista», del «Comitato pisco-geografico di Londra» e dell'Internazionale Lettrista (sorta nel 1952 dalla rottura dell'ala radicale del Lettrismo nei confronti del fondatore Isidore Isou; si era espressa nella rivista "Potlatch"). Confluiscono pertanto nell'Internazionale Situazionista la ricerca sperimentale di Constant, Pinot-Gallizio e Jorn (tesa verso forme di realizzazione sempre più  estranee all'attività artistica tradizionale); l'indagine psicogeografica di A. Khatib, anticipata dalle osservazioni di Gilles Ivain (pseudonimo di Ivan Chtcheglov), che oppone al funzionalismo architettonico e urbanistico l'esperienza dello spazio urbano vissuto;  nonché la rimeditazione critica delle avanguardie (dadaista, surrealista, lettrista) operata da Guy Debord e Michèle Bernstein, che sfocia in un rifiuto del «mercato artistico», per un superamento dell'arte in direzione rivoluzionaria. In questa fase i situazionisti attaccano il mercato culturale della borghesia, che utilizza tutti i prodotti dell'arte, anche d'avanguardia, e li trasforma in merci. Viene contestata a Bruxelles l'assemblea generale dei critici d'arte  internazionali. Anche il surrealismo deve essere superato, ma per fare ciò si devono superare le condizioni alienate in cui si vive. L'immaginazione si scontra con la realtà organizzata. L'ispirazione  tecnico-scientifica  dell'IS si esprime in Constant e Pinot-Gallizio, che ipotizzano una nuova società post-economica e sur-poetica. Si tratta della copertura ideologica della fase espansiva del cosiddetto neo-capitalismo, che in quel momento ha bisogno di una dilatazione delle attività del tempo libero. Più rivoluzionaria la posizione di Guy Debord che afferma: «Io ritengo il capitalismo incapace di dominare e d'impiegare pienamente le sue forze produttive, incapace di abolire la realtà fondamentale dello sfruttamento, dunque incapace di lasciare il posto pacificamente alle forme superiori di vita evocate dal suo stesso sviluppo materiale» (IS, n. III). La posizione tecnico-scientifica non si discosta troppo da quella dei partiti riformisti, che anzi finiranno per adottarla adattandola alle esigenze produttivistiche del capitale europeo. Debord invece ipotizza un cambiamento della qualità della vita che è incompatibile con lo stato presente, sia esso capitalistico o neo-capitalistico che è poi la stessa cosa, ma implica un risveglio della rivolta proletaria. In questo modo Debord si colloca in una zona politica assai prossima    all'anarchismo e ai filoni dissidenti del comunismo (trotzkismo, luxemburghismo, comunismo dei consigli, posizioni del giovane Lukàcs, di Pannekoek, Korsch, Gorter), integrata da un'analisi della vita quotidiana che risente dell'opera, appena pubblicata, del « neo-marxista» Henri Lefebvre, Critique de la vie quotidienne. Infatti le organizzazioni storiche della classe, i grandi partiti operanti alla fine degli anni cinquanta (partiti socialisti e comunisti) non hanno saputo  fornire alcuna indicazione rivoluzionaria alle masse durante le crisi, per esempio, dello Stato francese. La totale mancanza di una risposta rivoluzionaria da parte della sinistra parlamentare e dei sindacati a essa collegati, nel maggio 1958, ha consentito la presa del potere da parte di De Gaulle, dimostrando il grado di putrefazione raggiunto da tutta una generazione di militanti e teorici social-comunisti. Cosi, il proletariato francese è rimasto senza un programma, una teoria, una guida capace di sostenere e indirizzare uno sciopero insurrezionale. Ciò dimostra che la rivoluzione «non può trarre la sua poesia dal passato, ma solo dal futuro».