Ambientato tra il 1950 e il 1951 in una cittadina del Texas, Anarene, descrive l'inarrestabile decadenza delle cittadine del Far West, travolte dalle nuove avventure imperialistiche americane. L'attrattiva della grande città, l'evoluzione dei costumi sessuali, l'avvento della televisione, la guerra in Corea, tutto contribuisce a disgregare la vita di Anarene e questa viene attentamente analizzata in quelli che sono i punti d'incontro caratteristici di ogni paese: il cinema e il bar con il suo biliardo. La cittadina entra in crisi, una crisi totale di sfiducia in ogni valore ideale e morale, crollano tutti i miti, primo fra tutti quello della Grande America. Ed è proprio l'ultimo spettacolo del cinema, costretto a chiudere dalla concorrenza della televisione, il simbolo di tutto il film: è una scena del Fiume rosso di Hawks in cui John Wayne urla l'ordine di partenza di una mandria. John Wayne, il rappresentante della maggioranza silenziosa», il difensore dell'ordine costituito, l'anticomunista ad oltranza alla testa di una mandria silenziosa. Il duro epitaffio per una città morta, il cinema per Bogdanovich è materiale d'accertamento della propria identità, è fuga dal tedio ma è soprattutto verifica dello scadimento irreparabile dell'invenzione fantastica nell'atto stesso in cui si consegna allo spettatore come immagine,
Sullo sfondo di una nazione che sta cambiando faccia, (così come il mondo che appare totalmente stravolto nel secondo dopoguerra), Bogdanovich racconta un equilibrio sociale che sta lentamente lasciando il posto ad una società sempre più industriale e meno agricola. Anche il cinema, non sarà più lo stesso: i temi stanno cambiando, le esigenze della popolazione si trasformano e così pure le storie che vengono raccontate sul grande schermo. L’ultimo spettacolo fa proprio questo, mette in mostra i cambiamenti epocali che l’America sta attraversando. Il film, non a caso, si svolge nel 1951, l’anno del Fair Deal del presidente Truman, è l’anno del conflitto in Corea, le truppe nordcoreane invadono Seul, la capitale della Corea del Sud. La Guerra Fredda caratterizza l’ordine bipolare sotto cui volgere lo sguardo e, di conseguenza, la protezione dei clientes europei. Il governo americano accelera la corsa agli armamenti, mentre molti americani si abituano ai nuovi consumi (specialmente la televisione, che sarà causa del fallimento del cinema Royal); tutti questi cambiamenti, Bogdanovich sceglie di raccontarli da dentro, facendoli risuonare come un eco lontano di cui si percepisce il sibilo e, soprattutto, fanno da substrato agli eventi di “provincia” che sembrano essere apparentemente insignificanti.
Peter Bogdanovich ha 32 anni ed è stato critico cinematografico di molte riviste: New York Times, Variety, Cahiers du Cinema, Film Culture, Film Quarterly, Vogue e Saturday Evening Post. Iniziò, ad interessarsi attivamente di cinema nel 1966 come aiuto regista e scrittore di «The Wild Angels», una produzione Roger Corman. Nel 1968 diresse «Targets» per la Paramount presentato al Festival di Pesaro. Nel 1971 diresse un documentario su John Ford, presentato al Festival di Venezia, e nello stesso anno realizzò «L'ultimo spettacolo». Il suo ultimo film è «Ma papa ti manda sola?» realizzato nel 1972 dalla sua stessa casa di produzione, la Saticoy Production e interpretato da Barbra Streisand e Ryan O'Neal.
Splendido, struggente, finissimo film.., dimostra come si possa descrivere il tedio senza essere tediosi, con franchezza di tocco, verità di particolari, una giusta dose di umorismo e un'ammirevole direzione di attori. (Morando Morandini) Ecco un film curioso e controcorrente... così grondante amarezza da poter molto piacere alle anime umbratili che vestono il mondo di grigio.., film d'epoca pensato come un omaggio al cinema del tempo perduto esprime con accoratezza sincera quel bisogno di autentici affetti, quell'ansia di vero, quella fame di futuro in cui si traduce lo scoramento di molti americani.(Giovanni Grazzini)




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