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martedì 19 aprile 2011

25 aprile per non dimenticare


Eravamo alle nostre case, ai nostri lavori, alla vita ordinaria. Siamo stati richiamati dalla piazza e dal rumore dei conflitti. Abbiamo udito, per troppo tempo individui disgustosi e immeritevoli fare sfregio della nostra Terra e monopolio del nome luminoso della Libertà. È giunto per noi il momento di serrare nuovamente tutte le fila, forti del nostro pensiero ideale e sicuri del nostro braccio di guerrieri e lavoratori. 
Il 18 dicembre 1922 a Torino le squadre di Pietro Brandimarte per vendicare la morte di due camerati, danno il via ad una feroce rappresaglia ancor oggi ricordata come “la strage di Torino”. Molti operai vengono aggrediti nelle loro case, bastonati di fronte ai loro familiari, altri vengono caricati sui camion e crivellati di colpi in riva al Po, nei prati della Barriera di Nizza, sulle strade della collina. Fra gli undici “sovversivi” trucidati dalle camicie nere ricordiamo l’anarchico Pietro Ferrero, che era stato due anni prima uno dei promotori e degli organizzatori dell’occupazione delle fabbriche a Torino nella sua qualità di segretario della F.I.O.M. torinese. Pietro Ferrero viene catturato e dopo essere stato colpito selvaggiamente, viene legato per i piedi ad un camion e trascinato a lungo per i viali di Torino; il suo corpo ormai irriconoscibile viene abbandonato ai piedi della statua di Vittorio Emanuele II ed è identificato grazie ad una tessera della Croce Verde. Miglior fortuna ebbe l’anarchico Probo Mari, attivista dell’U.S.I. torinese, portato in riva al Po dai fascisti che gli legarono le mani dietro alla schiena e lo gettarono nel fiume. Mari riuscì però a raggiungere la riva e a farsi ricoverare in ospedale.  
 Gli Arditi del Popolo, forti della loro autonomia e della loro determinazione, non facendo mistero dell’intenzione di contrastare e rispondere colpo su colpo al terrore fascista, capovolsero invece la mentalità perdente, legalitaria e pacifista ad oltranza che, pervadendo il movimento socialista, esponeva l’intera classe lavoratrice all’urto dell’aggressione fascista coi suoi inauditi livelli offensivi, esercitata da soggetti addestrati e psicologicamente abituati all’esercizio della violenza nonché pagati ed equipaggiati con le armi cospicuamente offerte dai depositi militari....Il fascismo non fu sempre irresistibile; ma s’impose grazie a connivenze, errori, sottovalutazioni che sarebbero stati pagati a duro prezzo per oltre vent’anni; prima che vecchi e nuovi arditi del popolo trovassero altre armi per un’altra liberazione, in quanto come osservato dallo storico inglese Deakin: “I partigiani del 1945 rappresentavano in un certo senso i vinti del 1922”.

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