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giovedì 4 novembre 2021

Kropotkin, Scienza e Anarchia

Scrive Kropotkin: «L’Anarchia è il risultato inevitabile del movimento intellettuale nelle scienze naturali movimento che cominciò verso la fine del XVIII secolo». La identificazione kropotkiniana fra scienza e progresso sociale e fra scienza e anarchismo, stabilisce così il primato assoluto della conoscenza e della ragione nel processo dell’emancipazione umana, un processo quindi strettamente condizionato dallo sviluppo scientifico. Specificamente l’identificazione è fra il metodo dell’anarchia e quello induttivo delle scienze naturali. Lo scopo è quello di evidenziare, nell’accostamento metodologico, la sostanziale analogia fra natura e anarchia. Scrive infatti Kropotkin: «studiando i progressi recenti delle scienze naturali e riconoscendo in ogni nuova scoperta una nuova applicazione del metodo induttivo, vedevo nello stesso tempo, come le idee anarchiche, formulate da Godwin e Proudhon e sviluppate dai loro continuatori, rappresentavano pure l’applicazione di questo stesso metodo alle scienze che studiano la vita delle società umane». Kropotkin però non si limita a una identificazione attinente al campo metodologico, ma amplia tale identificazione al campo più vasto della concezione anarchica e della concezione della natura, fondendo così Scienza e Anarchia in una weltanschauung di forte significato: «l’Anarchia è una concezione dell’universo, basata sulla interpretazione meccanica dei fenomeni, che abbraccia tutta la natura, non esclusa la vita della società». Addirittura essa si delinea come strumento generale di comprensione scientifica in grado «d’elaborare la filosofia sintetica, ossia la comprensione dell’Universo nel suo insieme». Per Kropotkin, dunque, si può assegnare alla scienza non solo una funzione ideologica in senso progressista e libertario, ma anche, per converso, assegnare all’anarchismo il compito di una comprensione scientifica che si identifichi con quella delle scienze naturali. Natura, spontaneità, libertà, ecco i tre termini delineati sopra qui uniti dal filo della spiegazione scientifica come giustificazione della loro duplice sequenza progressiva, perché se si può arrivare all’anarchia partendo dalla natura, si può ritornare a spiegare questa partendo dall’anarchia. E ciò per il particolare significato che Kropotkin assegna alle scienze naturali, quelle scienze, appunto, in grado di operare l’accostamento fra natura e cultura, fra scienza e valori. L’accostamento è spiegato da Kropotkin in questo modo. Dopo la rivoluzione copernicana – che ha dato un colpo mortale al geocentrismo – ogni scoperta scientifica confermerebbe il fatto che la struttura dell’universo non ha un centro specifico di forza e di direzione della forza. Spingendo in questa direzione è possibile trovare un riscontro obiettivo il quale confermi che la struttura oggettiva della natura, della materia e dell’intero universo è costituzionalmente non gerarchica: «il centro, l’origine della forza, trasferito una volta dalla terra al sole, si trova ora sparpagliato, disseminato: è dappertutto e in nessun luogo». Pertanto la struttura dell’universo è costituzionalmente non gerarchica perché si basa su un’armonia «che è la risultante degli innumerevoli sciami di materia, che si muovono ognuno dinnanzi a sé tenendosi l’un l’altro in equilibrio». Il significato ideologico che Kropotkin dà a questa scoperta scientifica è evidente: è cioè una spiegazione descrittiva tesa a giustificare un valore normativo. Basti pensare al concetto di federalismo anarchico così come, ad esempio, è definito da Proudhon: «il centro politico è ovunque, la circonferenza in nessun punto». Il passaggio dalle scienze della natura alle scienze umane non trova quindi ostacoli per Kropotkin, perché questa costituzionale non gerarchia della materia è confermata non solo dall’astronomia, ma da «tutte le scienze senza eccezione quelle che trattano della natura, .. quelle che si occupano dei rapporti umani». Esse si informano al criterio che non esistono leggi naturali prestabilite, che l’armonia della natura è la risultante fortuita e temporanea di un processo di scontri e incontri all’interno della struttura materiale. Ciò che chiama legge non è altro che un rapporto fra certi fenomeni, i quali hanno un carattere condizionale di causalità: se un certo fenomeno si verifica in certe condizioni ne seguirà un altro e così via. Se un tale fenomeno dura dei secoli, «è perché ha impiegato secoli per stabilirsi; un altro non durerà che un attimo, se la sua forma di equilibrio è nata in un attimo». Pertanto non c’è «nessuna legge, ma il fenomeno: ogni fenomeno governa quello che gli succede, non la legge». Possiamo osservare anche qui una continuità fra il pensiero kropotkiniano e il pensiero anarchico in questa interpretazione antigerarchica della natura. Bakunin aveva scritto che in essa «non esiste alcun governo e quelle che si chiamano leggi naturali non sono altro che il normale svolgersi dei fenomeni e delle cose che si producono in modo a noi ignoto nel seno della causalità universale» La sostanziale supposta analogia fra l’anti-gerarchia della natura e l’anti-gerarchia della società umana è da realizzare, è per Kropotkin imposta dallo sviluppo scientifico, precisamente dalla sua metodologia che tende a costruirsi non attraverso sistemi generali precostituiti, ma secondo una continua analisi di divisione della materia in cellule autonome sempre più piccole e interdipendenti. Per cui se un tempo «la scienza studiava i grandi risultati e le grandi somme (gli integrali direbbe il matematico), oggi studia gli infinitamente piccoli, gli individui che compongono le somme e di cui ha finito per riconoscere l’indipendenza e l’individualità, contemporaneamente alla loro stessa intima aggregazione».


 

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