L’urto dei contrari segna differenze e deflagrazioni. La filosofia del contrasto o della rivolta invita alla scoperta del singolo, del ribelle, raccoglie il desiderio di essere e non di apparire, raccoglie le passioni che si liberano dell’oggettività e tendono a modificare gli strati molecolari della quotidianità.
La filosofia della rivolta è l’ateizzazione della fraternità cristiana. L’incominciamento di una trasgressione, di un condursi oltre la tolleranza del pensiero ammanettato, un’aprirsi alla strategia dell’osare che mette a fuoco e disconosce la ragione del più armato.
La filosofia della rivolta avversa il dolore del presente, lacera gli ultimi fuochi dell’ordinario amministrato nel traboccamento violento dei cospiratori dell’uguaglianza che infrangono gli specchi della metafisica del peggio; pratica di sopravvivenza, la filosofia della rivolta si spinge ai bordi dell’essere, oltre i graffiti del caso, più a fondo delle gocce di sole nella città degli spettri; nell’avventura, nella trascendenza, nei giochi di guerra per la liberazione di se stessi e di una umanità intimidita, terrorizzata, offesa all’origine della sua esistenza.
Ri/voltarsi è superare la nausea dello spettacolo. Lavorare contro una psicopatologia del non vissuto quotidiano. Le istituzioni non sono sorte per caso, ma per compensare la debolezza di chi vi partecipa. Ma ogni istituzione si fonda sul sacrificio dei suoi membri, si nutre di vita umana.
Abolire i rapporti, le rappresentazioni, le relazioni degli individui con le istituzioni, significa andare a realizzare la propria vita, le proprie passioni, i propri mondi. La libertà nasce dalla separazione degli individui dal prestabilito e la critica radicale è l’arma più efficace per realizzare la conoscenza, il passaggio dalle armi della critica alla pratica dell’utopia insinua momenti sovversivi dove occorre farsi candidi come colombe e astuti come serpenti, per andare a produrre ovunque la lacerazione dell’immaginario istituzionalizzato.
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