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giovedì 24 aprile 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXV

1967 

In seguito ai contrasti e alle polemiche particolarmente accese negli anni 1966-67, in Italia diversi gruppi si dichiarano autonomi dalla FAI, mentre giovani anarchici di Milano, Torino, Brescia e Vicenza si staccano dalla Federazione Anarchica Giovanile Italiana (FAGI) e costituiscono i Gruppi Anarchici Federati. I GAF fonderanno nel 1969 la sezione italiana della Croce Nera anarchica e sempre a Milano nel febbraio 1971 "A - Rivista anarchica", un mensile che si colloca tra le pubblicazioni libertarie più qualificate. - L'anarchico inglese Stuart Christie, reduce da una lunga detenzione in Spagna ove aveva introdotto materiale esplosivo, ricostituisce a Londra la Croce Nera anarchica (nome assunto dal Soccorso Rosso anarchico dopo l'involuzione burocratica della rivoluzione russa). Scopo principale è l'aiuto agli antifranchisti detenuti, la diffusione di notizie riguardanti l'attività rivoluzionaria in Spagna, la lotta al franchismo. Sezioni della Croce Nera nascono anche in Irlanda e successivamente in diversi paesi. 

1967-68 

Escono a New York i saggi American Power and the New Mandarins di Noam Chomsky, dedicati «Ai coraggiosi giovani che rifiutano di combattere in una guerra criminale». In essi il grande linguista americano d'origine russa si collega alla tradizione anarco-sindacalista e luxemburghiana per criticare il ruolo degli intellettuali anche di sinistra nel quadro delle complicità imperialistiche che legano gli Stati Uniti all'Unione Sovietica. 


PARLANO LE DONNE PARTIGIANE

Staffette

Durante il periodo della lotta clandestina, condotta nella nostra città dalle forze antifasciste, vivo e attivo è stato l’apporto dato da alcune donne. Compagne vere di ogni azione e rischio. Esse sono state utilizzate principalmente per i necessari collegamenti tra gli organi direttivi e quelli periferici, sia durante il periodo preparatorio sia durante la lotta in città. Che alcune donne abbiano preso parte attiva per la cacciata può forse far fuggire sulla bocca di alcuni eroi dell’ultima ora che hanno valorosamente resistito per mesi rinchiusi nelle loro più segrete stanze, magari una frase ironica, se non imbecillemente sapida. Ma noi che abbiamo conosciuto che cosa volesse dire la cospirazione e l’azione che questo pericolo – pur conoscendolo – lo abbiamo affrontato, noi che non nelle nostre cantine, ma in campo aperto, abbiamo lottato e combattuto, noi tutti possiamo riconoscere appieno il loro sacrificio. Ragazze che alla vita casalinga e a balletti cicalecci hanno volontariamente anteposto lotta di rischio e di fatica; ragazze che magari, con il cuore in tumulto e il sorriso sulle labbra portavano le armi che avrebbero abbattuto i nazifascisti; ragazze che ritornando dal mercato avevano strane spese di pomodori che nascondevano gli ordigni più vari; ragazze che incuranti della stanchezza presente e delle fatiche successive mai hanno rifiutato un incarico, mai si sono rifiutate. Cosi sono state le nostre compagne. 

Collaboratrici 

Accanto al gruppo di donne che hanno combattuto assieme ai partigiani sta una più grande schiera di compagne che – non potendosi accingere a tale rischio quotidiano – ha pur tuttavia rappresentato un sicuro aiuto per l’organizzazione dei Partigiani. Il patriota decide, nel sicuro del suo cuore, di salire alla montagna e abbracciati babbo e mamma, fratelli e fidanzata si unisce ai partigiani. Ed è da questo momento che inizia il lavoro umile, paziente, faticoso, segreto delle donne per i figli, fidanzati e compagni. È un lavoro segreto nella sua organizzazione e perciò tanto difficile. Difficoltà nella ricerca dei materiali, difficoltà nella propaganda, difficoltà ancor più grandi nella raccolta e nell’invio. Gli occhi della spia sono attenti giorno e notte; una sola parola può perdere tutto, ma la volontà delle Compagne ha saputo comprimere il battito del cuore, ha saputo superare, mai trepidando, le varie situazioni e nell’assoluta certezza ha compiuto sempre il proprio dovere. Ogni punto al fazzoletto rosso, alla fondina per la rivoltella è stato seguito dallo sguardo dell’amore più puro, ogni parola scritta per essi è stata dettata dal profondo dell’animo, ogni momento della giornata è stato un ricordo e un augurio continuo per il partigiano. E quando, con il 4 agosto, i nostri più cari Compagni sono entrati a Firenze, il lavoro delle Compagne ha potuto finalmente svolgersi apertamente, quanto esse hanno potuto fare lo hanno fatto nulla hanno negato; dall’indumento scucito alla camicia che di tale indumento aveva solo più il nome, dai piedi doloranti a tutte le altre necessità, per tutto hanno dato, spontaneamente, con il cuore, con gioia, con gli occhi brillanti di amore o amicizia. E l’abbraccio del partigiano è stato il premio più caro ai sacrifici e alle privazioni e per il partigiano caduto ogni donna ha eletto nel proprio cuore a figli e fidanzati imperituri tutti i Garibaldini di Firenze, della Toscana, dell’Italia intera.


Gli anarchici torinesi nella prima resistenza antifascista


Nel capoluogo subalpino i libertari federati nell’Unione anarchica piemontese, con numerosi militanti e dirigenti di primo piano nella Fiom e nell’Unione sindacale italiana locali, sono protagonisti del movimento consiliari sta dando forte impulso, insieme alla frazione comunista del Psi guidata da Antonio Gramsci, alla agitazione metallurgica e alla grande occupazione delle fabbriche del settembre 1920, propugnando una soluzione espropriatrice e rivoluzionaria. Organizzati nel corpo delle Guardie rosse con gli ordinovisti e nei Gruppi rivoluzionari d’azione, promossi dall’Unione anarchica italiana e aperti alla base operaia delle altre forze sovversive, gli antiautoritari torinesi sono tra i primi ad esporsi per difendere le industrie autogestite dai lavoratori dalla repressione governativa e dalle prime provocazioni e violenze delle squadre fasciste, sorte anche a Torino dall’arditismo di guerra con il patrocinio padronale. Proprio due giovani miliziani dell’Usi, Raffaele Van Dijck, anarchico belga, e Alfonso Garamella, emigrato pugliese, operai calzaturieri di presidio allo stabilimento chimico Capamianto, cadono vittime il 12 di quel settembre in uno scontro a fuoco con l’industriale Francesco De Benedetti, finanziatore del Fascio torinese, capo squadrista e proprietario della attigua omonima fonderia, tra i ritrovi delle prime bande nere. Già a questi tragici episodi sarebbe dunque possibile far risalire la primogenitura anarchica dell’antifascismo d’azione torinese. La smobilitazione delle occupazioni, concertata dai vertici riformisti di Psi e Cgil con il governo Giolitti e gli industriali, sancisce la sconfitta del movimento dei Consigli di fabbrica e chiude il Biennio rosso rivoluzionario. Dall’ottobre 1920 dilagano infatti la repressione statale e il terrore borghese contro gli operai, sempre più esercitato attraverso lo strumento della violenza squadrista, inaugurando il tragico Biennio nero. Presto si scatena la caccia agli arsenali messi al sicuro dalle avanguardie di fabbrica in vista della resistenza e di una nuova rottura rivoluzionaria, con una infruttuosa perquisizione al Circolo libertario “Francisco Ferrer” di Barriera di Milano e con successivi sequestri di armi, arresti e denunce a carico di diversi attivisti. Con il 1921 le brutalità fasciste si fanno sempre più gravi e frequenti. «Ricordo », testimonia Maurizio Garino, dirigente anarchico della Fiom, «che c’erano gli operai della
Fiat che uscivano e gli squadristi, quando individuavano un membro del Consiglio di fabbrica, o qualcuno che era un rosso... allora via! Giù! Bastonate!». A farne le spese, con i comunisti, sono in primo luogo i libertari, tra i quali il giovane meccanico Giovanni Barberis. Il corrispondente torinese di «Umanità Nova» denuncia la complicità delle autorità con i fascisti capeggiati dall’ex-anarchico interventista Mario Gioda, lasciati agire indisturbati e coperti, e fornisce puntualmente notizie sulle violenze delle camicie nere e sulla conseguente risposta organizzata del proletariato. Già in marzo, infatti, l’assemblea dei delegati dei Consigli di fabbrica, l’Uap, l’Usi e il neonato Partito comunista d’Italia danno vita ad un Comitato contro il fascismo, primo passo verso la costituzione di un fronte rivoluzionario d’azione antisquadrista in città. In anticipo su altre città Torino vede dunque rapidamente approntarsi la resistenza dei lavoratori. Sotto il fuoco delle squadre di Cesare Maria De Vecchi si trovano innanzitutto le strutture sindacali più combattive. Le sedi dell’Usi di via San Domenico 34 e di vicolo Pappagalli sono essere colpite tra le prime. Il 25 aprile anche la Camera del lavoro confederale, al 12 di corso Siccardi, viene attaccata e devastata dopo forte resistenza. Nel tentativo di vendicare le spedizioni punitive l’anarchico Mario Facta, giovane meccanico disoccupato, resta ucciso di lì a poco nel fallito attentato esplosivo contro il già noto ingegnere fascista De Benedetti, assassino confesso dei due miliziani sindacalisti caduti in settembre alla Capamianto occupata ma mai perseguito penalmente. Con l’inizio dell’estate, mentre l’artigiano individualista Guglielmo Casassa
Mont, ex minatore, è arrestato per il ferimento di una camicia nera, le “teste di morto” assaltano nuovamente la sede confederale, stavolta respinte, e alcune sedi del Pcd’I. La risposta operaia non si fa attendere e il 7 luglio «Umanità Nova» annuncia: «Corre voce che anche a Torino si stanno organizzando gli Arditi del Popolo. Di lì a poco, il 15 luglio, ai funerali di due militanti comunisti caduti in una rappresaglia, presenti migliaia di lavoratori, fanno per la prima volta la loro comparsa duecento Arditi del popolo che, inquadrati militarmente, sfilano dal Cimitero Monumentale per essere poi dispersi dalla Regia Guardia a Porta Palazzo. Per iniziativa della Lega proletaria dei mutilati e reduci di guerra, a maggioranza comunista, con l’adesione di numerosi miliziani delle Guardie rosse e dei Gruppi rivoluzionari d’azione e con l’appoggio dei partiti e delle organizzazioni economiche di classe, il 19 luglio si costituisce la sezione cittadina del «nuovo esercito di Difesa Proletaria». «Gli Arditi del Popolo costituiti a Torino». Aderiscono da subito anche l’Uap e l’Usi, che già organizza squadre di militanti a presidio delle proprie sedi, auspicando che l’arditismo popolare, forma militare dell’auspicato fronte unico rivoluzionario, «sappia nel momento della lotta unificare il proletariato». Oltre al comunista Mandelli, segretario politico cittadino della Lega proletaria, la Questura individua tra i comandanti degli Arditi del popolo del capoluogo gli anarchici antiorganizzatori Raffaele Schiavina, noto propagandista già redattore con Luigi Galleani del periodico «Cronaca Sovversiva», e Ilario Margarita, detto “Barricata”, muratore militante del Gruppo “Germinal” e dirigente locale Ilario Margarita, dell’Usi. Tra i miliziani libertari più noti figurano anche i libertari Giulio Guerrini, romano di nascita, falegname, ex combattente e ferito di guerra, iniziatore degli Arditi del popolo torinesi e responsabile della squadra del Pilonetto, spesso erroneamente citato dalle fonti e in letteratura come iscritto al Partito comunista; Carlo Peroni, tipografo novarese, già caporalmaggiore di fanteria e prigioniero di guerra; Giuseppe Odello, operaio metallurgico alla Fiat Lingotto, attivista del Circolo “Ferrer” e della Fiom, già guardia rossa; il barbiere Pietro Gibellino, immigrato dal vercellese; Domenico Rubatto, tornitore: tutti di età media sui trent’anni e appartenenti alle varie tendenze del movimento anarchico. Ma non pochi altri devono essere gli antiautoritari aderenti agli Arditi del popolo, come forse il fonditore di origine pisana Arduilio D’Angina, vicepresidente della Società di mutuo soccorso della categoria, decorato di guerra e capoguardia delle milizie consiliariste, per i quali non si hanno però ad ora riscontri certi dalle carte di polizia. Il ruolo dei libertari risulterebbe dunque niente affatto trascurabile, tanto che il labaro delle formazioni cittadine vede recare su un fronte le loro insegne rosse e nere. Marce, ronde ed esercitazioni si svolgono in queste settimane nei sobborghi operai e a Collegno, mentre gli scontri con le camicie nere si moltiplicano nel centro cittadino, a Moncalieri e in Borgo San Paolo, dove il libertario siracusano Umberto Consiglio, segretario della Cooperativa dell’Industria del Legno, tenente di fanteria nel recente conflitto mondiale, è tra i promotori della resistenza popolare, e per questo in seguito arrestato e condannato. Il direttorio torinese della nuova formazione antifascista si schiera intanto contro il trattato di pacificazione sottoscritto dai socialisti con Mussolini e plaude al Pcd’I, agli anarchici e all’Usi chiedendo ulteriore sostegno politico e materiale per l’organizzazione dei battaglioni. Forti di ventimila aderenti a livello nazionale, gli Arditi del popolo contano in Piemonte circa milletrecento miliziani suddivisi in otto sezioni territoriali tra le quali quella del capoluogo, con quasi un quarto degli effettivi dell’intera regione e nuclei in via di costituzione in provincia a Bussoleno e Carmagnola, primeggia per consistenza ed efficacia. L’organizzazione è però da subito nel mirino del capogabinetto Bonomi. A metà agosto un nuovo corteo delle centurie è ancora una volta sciolto con la forza dalla Guardia Regia al Parco del Valentino

e un’ondata di arresti colpisce con l’accusa di costituzione di banda armata almeno una cinquantina di militanti comunisti e libertari tra i quali Guerrini e Schiavina, in realtà estraneo alla struttura ardito popolare e contrario al carattere gerarchico e paramilitare di questa, che trovano su «Umanità Nova» la solidarietà dell’Uai. La stretta repressiva del governo porta dunque in Ottobre alla crisi definitiva del giovane mo-vimento antisquadrista cittadino, messo fuori legge e indebolito dalla defezione dei comunisti autoritari che ne avevano costituito la spina dorsale, i quali ora anche a Torino cedono al diktat dell’esecutivo nazionale spezzando il fronte antifascista e ripiegando nei ranghi delle squadre armate di partito, forti di ottocento effettivi. Due di queste resteranno tuttavia intitolate agli anarchici Mario Facta, e Vincenzo Todeschini, giovane operaio tipografo disoccupato iscritto alla Fiom caduto alcuni mesi prima in una disperata azione individuale contro la sede della Questura. Solo in seguito, talvolta molti anni più tardi, i dirigenti comunisti torinesi Gramsci, Tasca e Terracini produrranno una seria autocritica sul mancato sostegno all’organismo unitario ardito popolare e sugli evidenti limiti delle proprie formazioni esclusive nel contrasto al fascismo. Le forze residue degli Arditi del popolo e dell’antifascismo d’azione non irrigimentato dal Pcd’I devono tentare di riorganizzarsi in forme spontanee e semiclandestine intorno a Margarita, appena rientrato da Brescia, dove in qualità di segretario della Camera del lavoro sindacalista rivoluzionaria ha contribuito a dar vita al nucleo ardito-popolare locale, e a pochi altri. I fascisti si scateneranno in autunno e nell’inverno del 1922 in nuove provocazioni e violenze contro i tranvieri, i ferrovieri e gli operai della Fiat, tra i quali l’Usi e l’Uap hanno un significativo radicamento e che si contrappongono spontaneamente agli assalti, e colpiranno le sedi comuniste e anarchiche di Vanchiglia, in via Mongrando 30, e di Barriera di Casale, al 7 di via Casalborgone, difese dai militanti e dagli abitanti della zona. A fine aprile le camicie nere si riuniscono al Teatro Balbo per poi attaccare ancora una volta la Camera del lavoro. In settembre i lavoratori resistono ancora alle incursioni squadriste a Nichelino, a Moncalieri, a Pozzo Strada e alla Casa del popolo di Borgo Vittoria, in strada Lanzo 101, sede del Gruppo anarchico rionale “Bruno Filippi”. Nelle continue aggressioni resta ferito anche il libertario Giovanni Vaudano, mentre Consiglio e Peroni sono costretti ad abbandonare la città. Schiavina e Guerrini risultano intanto assolti insieme a una decina di militanti comunisti nel processo contro gli Arditi del popolo. Ma ormai tutto è perduto. Il 28 ottobre 1922 Roma è presa dai fascisti e il 31 la Camera del lavoro torinese, dove hanno sede l’Uap e il Gruppo anarchico “Centro”, è ridotta a un rogo. Cadono anche le ultime Case del popolo, le cooperative, i circoli e i giornali operai e rivoluzionari. L’11 novembre ventimila squadristi piemontesi sfilano in un imponente corteo. L’opposizione dei lavoratori è definitivamente spezzata, per prendere Torino si attende solo l’ordine di Mussolini. Tra il 18 e il 20 dicembre i “lanzichenecchi”, come spesso usa chiamarli «Umanità Nova», calati in città agli ordini del console Brandimarte, detto “Procellaria”, investono la città causando undici vittime operaie. Tra queste il segretario comunista libertario della Fiom cittadina Pietro Ferrero e Giovanni Massaro, manovale disoccupato dello Scalo Dora e simpatizzante anarchico, oltre a Carlo Berruti, massimo dirigente torinese del Sindacato dei ferrovieri passato di recente dalle file antiautoritarie, alle quali aveva aderito giovanissimo, al Pcd’I; mentre l’operaio Probo Mari, secondo alcuni studi anch’egli anarchico e militante dell’Usi, era riuscito a sopravvivere all’esecuzione. Scampati alla strage, Margarita e Guerrini riparano presto oltreconfine continuando la lotta antifascista. Come loro, lavoratori coscienti e uomini liberi, altri anarchici torinesi, nativi o acquisiti, saranno ancora protagonisti nel fuoruscitismo, nella cospirazione interna contro il regime, nella guerra rivoluzionaria contro la reazione in Spagna, nel maquis in Francia e nella Resistenza partigiana. 



giovedì 17 aprile 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXIV

1965 

Assume particolare rilievo, nella Nuova Sinistra americana, la presenza di un neo-anarchismo dovuto agli scritti di Noam Chomsky, Paul Avrich, Murray Bookchin, Sam Dolgoff (e che si svilupperà, oltre che negli Stati Uniti, anche nel vicino Canada, ove sorge la casa editrice «radical» Black Rose Books di Montréal che pubblica la rivista "Our Generation"). Bookchin in particolare mette a fuoco negli scritti pubblicati tra il 1965 e il 1970 sulla rivista americana "Anarchos" una critica della vita quotidiana che va oltre i limiti della contingente opposizione alla guerra nel Vietnam per affrontare i compiti del «post-scarcity anarchism», cui la cibernetica apre nuove possibilità di realizzare una società libertaria, antiautoritaria, a misura d'uomo. 

31 ottobre-4 novembre - A  Carrara, l'VIII congresso nazionale della FAI delibera di dare all'organizzazione una base statutaria, con norme («Patto d'Associazione» riproducente quello scritto nel 1920 da Malatesta e Fabbri) che vincolano gli aderenti. I gruppi contrari si ritirano e fondano il 19 dicembre a Pisa i Gruppi di iniziativa anarchica  (GIA). Il giornale "L'Internazionale" è il loro organo di stampa; esso sviluppa, fiancheggiato dal gruppo dell'americana Adunata dei Refrattari, una dura polemica contro la FAI, considerata un partito autoritario e sclerotizzato, con una Commissione di Corrispondenza equivalente a un Comitato Centrale, mentre dovrebbe «restare un tramite di informazioni e collegamento ».

1966

30 aprile - Viene rapito a Roma monsignor  Marcos Ussia, consigliere ecclesiastico dell'ambasciata franchista in Vaticano. Il gesto, compiuto da anarchici spagnoli, ha valore di protesta contro la dittatura sanguinaria di Francisco Franco che ha ripreso in quegli anni le condanne a morte con il garrote (strangolamento in una morsa d'acciaio) degli oppositori politici. Ussia sarà rilasciato l'11 maggio successivo. 


25 APRILE - Italo Calvino

Forse non farò

cose importanti,

ma la storia

è fatta di piccoli gesti anonimi,

forse domani morirò,

magari prima

di quel tedesco,

ma tutte le cose che farò

prima di morire

e la mia morte stessa

saranno pezzetti di storia,

e tutti i pensieri

che sto facendo adesso

influiscono

sulla mia storia di domani,

sulla storia di domani

del genere umano.



Cameratismo amoroso

Altra denominazione dell'amore libero, dato che l'amore è prima di tutto, per gli anarchici individualisti, una varietà dei rapporti camerateschi (in clima di libertà o di libera disposizione di se stessi - fra anarchici oggi, fra tutti quanti nel bel tempo futuro dell'anarchia). Non dipende che dal libero accordo degli interessati. Non riguarda i terzi, ma non li esclude se l'accordo è unanime. Esclude la gelosia ma non la passione. Rifiuta tutti i pregiudizi. Accetta per esempio l'incesto e l'omosessualità. Non è sottoposto a nessuna nozione di durata. Può essere interrotto unilateralmente e la rottura deve essere accettata dall'altra parte. Non causa alcun diritto. La stessa persona può avere contemporaneamente parecchi rapporti di cameratismo amoroso. Lo scambio di sentimenti: la sua latitudine viene lasciata alla discrezione piena e completa degli interessati. 


giovedì 10 aprile 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXIII

1964-66 

Joan Baez e Bob Dylan, cantanti pacifisti e anti-autoritari, sono gli idoli degli studenti in questa prima fase tendenzialmente hippy e beat della contestazione giovanile ai modi di vita autoritari e violenti.  È caratterizzata dalle marce antimilitariste, dalla protesta pacifica, dalle reazioni passive agli attacchi polizieschi. In America l'opposizione alla guerra nel Vietnam si radicalizzerà via via in assalti ai centri di arruolamento, nel fenomeno della diserzione, nell'incendio delle cartoline-precetto ecc. Si sviluppa in questi anni anche il movimento contestatore dei giovani olandesi, detti Provos (dalla  parola  provocazione). I Provos si rifanno in modo esplicito all'anarchismo degli antimilitaristi olandesi del passato, da Ferdinand Domela Nieuwenhuis a Bart de Ligt. (Quest'ultimo è l'autore di un manuale di resistenza passiva, La conquista della violenza, molto diffuso tra i pacifisti americani e inglesi degli anni trenta che furono da esso attratti su posizioni anarchiche.) Per mezzo di azioni esemplari essi intendono «provocare» i borghesi e tutti coloro che vivono immersi nella consuetudine senza rendersi conto di essere alienati. Se il borghese scambia l'alienazione per uno stato di natura (e non lo vede per quello che è, una risultante storico-economica), bisogna aprirgli gli occhi. Non tanto con la violenza, quanto con l'appello all'immaginazione, da risvegliare con rumorose  dimostrazioni, happenings, eccentricità nel vestire e nei modi di vita (ripudio del tabacco e dell'alcool e adozione delle droghe leggere, per esempio). Inizialmente fraterno, il movimento trova che le sue predicazioni dell'aiuto reciproco si perdono nell'indifferenza o nell'utilizzo parziale da parte della società consumistica. Esso ricorre quindi, in un tentativo di estrema sdrammatizzazione, a scontri stradali, che per qualche tempo mobilitano la polizia contro i giovani. L'apparente bonomia della società del benessere deve cosi mostrare il suo volto feroce, repressivo e intollerante. Incapace di darsi continuità e strutture politiche, il movimento si scioglie nel 1967, confluendo in parte nella nuova contestazione più «politicizzata» del 1968, in parte rifluendo verso gli istituti tradizionali della rappresentatività locale (comuni ecc.). Quest'ultima tendenza ad accettare il sistema elettorale riaffiorerà ad Amsterdam all'inizio degli Anni Settanta nel movimento dei Kabouters-Goblins. 



DANTE DI NANNI – Stormy Six

Nel traffico del centro pedala sopra il suo triciclo

e fischia forte alla garibaldina.

Il carico che piega le sue gambe è l'ingiustizia,

la vita è dura per Dante di Nanni.


L'alba prende il treno e c'è odore di porcile

sui marciapiedi della sua pazienza,

e nella testa pesano volumi di bugie.

La sera studierà, Dante di Nanni.


Trent'anni son passati, da quel giorno che i fascisti

ci si son messi in cento ad ammazzarlo

e cento volte l'hanno ucciso, ma tu lo puoi vedere:

gira per la città, Dante di Nanni.


L'ho visto una mattina sulla metropolitana

e sanguinava forte, e sorrideva.

Su molte facce intorno c'era il dubbio

e la stanchezza.

Ma non su quella di Dante di Nanni.


Trent'anni son passati, da quel giorno che i fascisti

ci si son messi in cento ad ammazzarlo

e ancora non si sentono tranquilli,

perché sanno che gira per la città, Dante di Nanni.


(Dante Di Nanni fu un giovane gappista del gruppo torinese, comandato in quel periodo da Giovanni Pesce. La notte del 17 maggio 1944, dopo l'attentato ad un'antenna radio, Di Nanni, ferito, si nascose nel rifugio collocato in una vecchia casa di Borgo San Paolo. Nel corso della giornata successiva però, probabilmente in seguito alla confessione estorta sotto tortura ad uno dei due compagni feriti e catturati nell'azione della notte precedente, la polizia fascista lo individuò e la mattina del 18 maggio tentò di arrestarlo. Il giovane si barricò in casa e per oltre tre ore si difese coraggiosamente con il lancio di bombe, ma alla fine, circondato dai nemici accorsi in forze, dovette soccombere.)



IL SAPER MORIRE

Cicerone dice che filosofare altro non è che accingersi a morire. Questo avviene perché lo studio e la contemplazione conducono in una certa misura la nostra anima fuori di noi e la occupano separatamente dal corpo, il che è una sorta di iniziazione e di somiglianza alla morte stessa; oppure ciò avviene perché tutta la saggezza e tutto il discorso del mondo si risolvono alla fine nell'insegnarci a non aver paura della morte. 

E' incerto dove la morte ci attenda, attendiamola ovunque. La premeditazione della morte è premeditazione della libertà. Il saper morire ci affranca da ogni soggezione e costrizione. Non v'è nulla di male nella vita per colui il quale ha ben compreso che la privazione della vita non è male.




giovedì 3 aprile 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LXXII

1958 

25 luglio-10 agosto - Congresso internazionale anarchico a Londra. Umberto Marzocchi, combattente libertario nella guerra di Spagna contro Franco, rappresenta la Federazione Anarchica Italiana. 

10 settembre - Morte di Rudolf Rocker. 

1960 

Si costituisce in Italia, dopo oltre cinque anni di preparazione ideologica, la Federazione Anarchica Giovanile Italiana (FAGI), caratterizzata da un attivismo che cerca di conciliare anarchismo e marxismo. 

1962 

28 settembre - Isu Elias, vice-console  franchista a Milano, è rapito da  giovani anarchici che lo sequestrano per alcuni giorni in segno di protesta contro la condanna a morte dello studente catalano Jorge Conill Valls. La polizia arresterà successivamente Amedeo Bertolo, Vittorio De Tassis, Luigi Geni, Giancarlo Pedron, ritenuti autori del rapimento a scopo dimostrativo. - Muore a Rouen Ernest-Lucien Juin, detto Emile Armand, nato a Parigi nel 1872. Ex ufficiale dell'Esercito della Salvezza, ex carcerato, nel primo decennio del Novecento è a Montmartre, all'"Anarchie" e nelle "Causeries" popolari fondate da Libertad, il teorico dell'illegalismo e dello scientismo. Autore di Sentimentalité

Estate I962-estate 1963 - Scoppiano violenti scontri a Torino tra operai e polizia. Dopo lunghi anni di «coesistenza perdente» della classe operaia col padronato nella capitale italiana dell'automobile, la violenza e la portata degli scontri (con battaglie che, come in piazza Statuto, durano fino all'alba, dal 7 all'8 luglio 1962) suscitano allarme e interpretazioni differenti. La stampa borghese come quella del partito comunista parla comunque di matrice «anarco-sindacalista» della lotta, e di «provocatori». Si tratta in realtà del modo ritrovato dell'autonomia operaia e dell'azione diretta, unitaria di base, una svolta che preannuncia le lotte assai più vaste del biennio 1968-69. La matrice materiale è da ricercarsi nella nuova composizione sociale del mercato del lavoro a Torino, profondamente modificato dall'emigrazione interna, che altera gli equilibri determinatisi dopo che il presidente della FIAT Valletta aveva sferrato negli anni del dopoguerra la sua offensiva. Valletta aveva duramente colpito le organizzazioni di sinistra nella maggiore fabbrica italiana. L'arrivo di manodopera dal sud immette nella frustrata, sconfitta classe operaia torinese l'apporto vivace di giovani non legati alle posizioni riformiste. Le conseguenze del luglio 1962 segnano anche la fine degli accordi separati tra datori di lavoro e sindacati più concilianti, la fine della discriminazione tra sindacati «democratici » e sindacati «social-comunisti ». In sei-sette anni anche il sindacato scissionista UIL si porterà in posizioni unitarie con CGIL e CISL. 



L’ARMATA BRANCALEONE – Mario Monicelli

Un drappello di sbandati si raggruppa intorno a Brancaleone da Norcia, uno spaccone in cerca di gloria militare e di facili avventure. Il minuscolo e sgangherato esercito si mette in marcia da Faleri, nei pressi di Viterbo. L'occasione propizia sembra presentarsi con l'arrivo di quattro ribaldi che propongono a Brancaleone di entrare in possesso di un feudo vicino a Crotone purché divida con loro i frutti dell'impresa. La compagnia si mette in viaggio per raggiungere le Puglie sperando che l'impresa frutti fama e quattrini. Ma il viaggio si rivela ben presto più difficile del previsto, pieno di tranelli e di sorprese. Scampato avventurosamente alla peste e alle voglie di una vedova insaziabile, Brancaleone segue dapprima Zenone, un bizzarro monaco diretto in Terrasanta, ma presto lo abbandona per salvare una giovane donna insidiata dai briganti, deciso a consegnarla intatta al promesso sposo. Anche questa impresa riesce solo in parte allo sciagurato drappello, che prosegue il viaggio come può, tra peripezie d'ogni genere. Brancaleone e i suoi si concedono una sosta presso la dissoluta famiglia bizantina di Teofilatto, dove il condottiero si sottrae a fatica alle voglie sadomasochiste della bella Teodora. L'armata giunge finalmente al castello di Crotone, dove  l'aspettano i pirati saraceni, decisi a impalare per direttissima i malcapitati. Solo l'arrivo di un gruppo di pellegrini cristiani diretti in Terrasanta salva Brancaleone e i suoi uomini dalla morte. L'armata Brancaleone si configura come un'opera di sintesi, in cui gli umori canzonatori dei Soliti ignoti sembrano impastarsi con lo spirito antiretorico della Grande guerra.  

Sia pure con maggiore libertà inventiva e con una più immediata scioltezza di racconto, il traliccio di fondo è ancora una volta quello offerto da un gruppo di sprovveduti chiamati a tentare un'impresa più grande  di loro. Ma il motivo dei piccoli cialtroni votati al fallimento serve ora da pretesto per farsi beffe del Medioevo di maniera, che la tradizione romantica voleva pullulante di paladini e di donzelle, di castelli turriti e di mistici sospiri. Il Medioevo di cartapesta, che talvolta viene ancora ammannito nelle scuole come  epoca di alti ideali, si capovolge qui in un'epoca di fanfaronate e di crudeltà avvolta  nell'ignoranza, nella sporcizia, nella fame. Il film deve la sua particolare efficacia all'ironia beffarda e alla vena grottesca che, tra funebri rintocchi e foschi brillii, lo attraversano da cima a fondo e di cui il linguaggio maccheronico, felice amalgama   di spropositi verbali e di ammiccamenti parodistici di svariata provenienza, è una delle componenti più irresistibili. 

L’ironia di Mario Monicelli è volto alla decostruzione del Medioevo, soggetto sempre a un revisionismo che spesso nasconde la barbarie e l’ignoranza che ha contraddistinto sotto certi aspetti questo vasto periodo storico, e dell’eroismo rappresentato dai media e dai film kolossal hollywoodiani. L’armata Brancaleone, dunque, ha fatto scuola per le riflessioni profonde a livello culturale e cinematografico che ha saputo suscitare con l’ironia.



È ora di rovesciare il mondo esistente

"Finora la pratica non ha fatto che rinforzare il mondo esistente; si tratta ora di rovesciarlo".

Il vecchio mondo si contorce in convulsioni di rabbia scoprendo che le idee teoriche dei situazionisti sono destinate ad assumere un valore d'uso e che appaiono nella strada, che la reale dimensione del conflitto che esse annunciano è mondiale, la sua sfida irriducibile, lo scandalo della sua esistenza irrecuperabile...

Il nostro compito consiste in una critica inesorabile diretta anche contro i nostri cosiddetti amici che contro i nemici dichiarati; e per assolverlo, rinunciamo volentieri a una popolarità democratica a buon mercato...

Basterebbe un colpo di vento per trasformare questo delirio permesso nel più grande incendio che la storia conosca. Non conosciamo altra bellezza, altra festa che quella che distrugge l'abuso delle banalità quotidiane e dei sentimenti truccati...

Solo quando il meglio sarà sufficiente, il mondo sarà governato dalla più grande aristocrazia della storia, l'unica classe della società e la sola classe storica dei padroni senza schiavi...

Se se ne fottono di noi, non se ne fotteranno a lungo. Le rovine non ci fanno paura, noi erediteremo il mondo.