L'umorismo è una profanazione perpetua, una costante provocazione del profano al sacro. Laddove l'uomo sa ridere, sparisce l'ombra degli dei. Ridere del dominio non basta ma è già l'inizio di una resistenza. Introducendo il dubbio nella sottomissione, l'ironia e il sarcasmo armano i rivoluzionari, aggrediscono il dispotismo e l'ingiustizia, indeboliscono la servitù volontaria. Le risate scavano in anticipo il fosso dove finiscono sepolti i tiranni che l'intelligenza sensibile stana e che gli uomini liberi combattono. La laicità ideologica della borghesia rivoluzionaria ha avuto il torto di prendersi talmente sul serio di fare della ragione una dea. In un contesto pesante dove tutto diventa stupidamente tragico, banale, ineluttabile, lo spettacolo integrato è oggi una farsa totalitaria organizzata. L'umorismo contribuisce a preservare fino all'ultimo soffio di vita la possibilità della leggerezza. Mostrare col dito, con la penna o con la matita il ridicolo del potere; ecco qualcosa che favorisce già la vita e apre un cammino al rovesciamento di prospettiva. Il potere che si esercita sugli uomini sottomessi si indebolisce quando questi alzano la testa con un sorriso sulle labbra. La loro muscolatura si rilassa, le loro smorfie da credenti, da cantanti di inni patriottici e da seguaci di liturgie idiote si disfano. La loro umanità dimenticata ritrova i sensi perduti della felicità, solo luce che continua a guidare donne e uomini in questa effimera e meravigliosa avventura che è la vita.
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