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giovedì 31 gennaio 2013

ILLEGALISTI ED ESPROPRIATORI


L'espropriazione era il cosiddetto recupero, la ripresa individuale (o sociale, a seconda delle definizioni e dei punti di vista) professata dai fautori dell’illegalità in seno al movimento anarchico. Secondo alcuni, il furto giustiziere – che non era altro che la ripresa di quanto la borghesia aveva legalmente rapinato al popolo – minava il potere della borghesia sfidando le sue istituzioni, la indeboliva economicamente e contribuiva al sostentamento sia del recuperatore individuale sia delle organizzazioni anarchiche, sempre assillate da problemi finanziari. Inoltre, se preso in tribunale l’illegalista aveva la possibilità di poter  fare propaganda (non rischiando la morte come spesso gli attentatori alla dinamite), trasformandosi da accusato ad accusatore. La questione dell’illegalità si pose in quel periodo a molti anarchici, che avevano capito la generale sterilità degli attentati individuali.
Dal 1881 (congresso anarchico di Londra) al 1894 (attentato di Caserio contro Sadi-Carnot) il movimento anarchico era stato preso nella spirale della Propaganda coi fatti. Dopo tale data il movimento si divise in diverse posizioni, tutte però contrarie a tale tipo di azione. Una tendenza erano appunto gli illegalisti (che già nel 1879 a Parigi, con Faure e Reclus vedevano la validità ai fini rivoluzionari dell’attentato alla proprietà borghese, mentre Jean Grave vi si opponeva rifiutandosi di perpetuare il furto e la truffa che costituiscono l’essenza della società borghese). Gli espropriatori e illegalisti, erano giunti alla conclusione che ben più efficace della dinamite sarebbe stato contro la borghesia il colpirla nel suo punto debole, cioè nei suoi interessi economici, derubandola di quanto più denaro era possibile. Altra corrente era quella anarco-sindacalista, la quale propugnava un movimento anarchico di massa con l’entrata dei libertari nei sindacati, che ritenevano strumento in grado di far raggiungere gli scopi rivoluzionari (come avrebbero sostenuto Pouget e Monatte nel 1907 al congresso di Amsterdam); c’era infine la linea pura sostenuta da Errico Malatesta anche ad Amsterdam, che voleva un movimento anarchico coerente alle sue origini e tradizioni politiche.  

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