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giovedì 19 settembre 2013

Sabotaggio di Emile Pouget

La parola «sabotaggio» fino a una quindicina di anni fa, era soltanto un termine di gergo indicante non l'atto di fare del sabotaggio ma quello, immaginoso ed espressivo, di azione compiuta «a scarpate». In seguito esso si è trasformato in una formula di lotta sociale ed è al Congresso Confederale di Tolosa, nel 1897, che ha ricevuto il battesimo sindacale. Il nuovo venuto non fu accolto, in un primo tempo, negli ambienti sindacali, con eccessivo entusiasmo. Alcuni lo vedevano assai di malocchio rimproverandogli le sue origini plebee, anarchiche. Ciò nonostante non bisogna pensare che la classe operaia abbia atteso, per praticare il sabotaggio, che questo tipo di lotta ricevesse la consacrazione dei Congressi Corporativi. Il sabotaggio come tutte le forme di rivolta e di lotta è vecchio quanto lo sfruttamento umano. Da quando un uomo ha avuto la criminale ingegnosità di trarre profitto dal lavoro di un suo simile, da quel giorno lo sfruttato ha cercato d'istinto di dare meno di quanto esigesse il suo padrone. È nel 1895 che, per la prima volta, in Francia troviamo traccia di una manifestazione teorica e cosciente di sabotaggio.
Il Sindacato Nazionale dei ferrovieri faceva allora una campagna contro un progetto di  legge — il progetto Merlin-Trarieux — che cercava di interdire ai ferrovieri il diritto al sindacato. Si pose la questione di rispondere alla votazione di questa legge con lo sciopero generale e a questo proposito Guérard, segretario del sindacato, e con questo titolo delegato al Congresso dell'Unione Federativa del Centro, pronunciò un discorso categorico e preciso: i ferrovieri non sarebbero indietreggiati davanti a nessun ostacolo per difendere la libertà sindacale e avrebbero saputo, all'occorrenza, rendere lo sciopero effettivo ricorrendo a certi metodi. A partire dal 1895 la spinta è data. Il sabotaggio, che era stato praticato dai lavoratori inconsciamente e istintivamente, riceve — sotto la denominazione popolare che gli viene data — la sua consacrazione teorica e prende posto tra i mezzi di lotta accertati, riconosciuti, approvati e preconizzati dalle organizzazioni sindacali.
I proletari si comportano come un popolo che, dovendo resistere all'invasione straniera e non sentendosi abbastanza forte per affrontare il nemico in battaglia campale, si lancia nella guerra di imboscata, di guerriglia. In effetti il sabotaggio è, nella guerra sociale, ciò che la guerriglia è nelle guerre nazionali: esso nasce dagli stessi sentimenti, risponde alle stesse necessità ed ha sulle mentalità operaia identiche conseguenze. Esaminando le modalità del sabotaggio operaio, abbiamo visto che, indipendentemente dalla forma e dal momento di applicazione, la sua caratteristica principale è quella di colpire il padrone nei profitti. Contro di esso, così com'è indirizzato a colpire soltanto i mezzi di sfruttamento, le cose inerti e senza vita, la borghesia non ha rimedi sufficienti. 


(Tratto da Le sabotage, Librairie Rivière 1911)

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