Alla luce di ciò l’ecologia non può che essere ecologia sociale, attenta cioè innanzitutto a «depurare» i rapporti sociali da ogni forma di costrizione o di gerarchia e a valorizzare invece al loro interno la varietà, la simbiosi, la libertà. È la natura stessa, secondo Bookchin, a fornire all’umanità le indicazioni per la creazione di un’etica autenticamente ecologica.
La risoluzione della crisi ambientale deve passare attraverso il riconoscimento da parte dell’uomo di essere natura fattasi autocosciente e capace di scelta. Di essere in grado cioè di continuare, non più sulla base di «leggi necessarie» (come nel mondo inorganico) o, della determinazione istintuale (come nel mondo animale), ma appunto per libera scelta, la tendenza dell’evoluzione naturale verso la complessità delle forme di vita e delle interazioni, di cui l’homo sapiens è fin qui il più alto prodotto.
L’ecologia sociale di Bookchin racchiude una serie di concezioni che imprimono una direzione utopica e radicale al dibattito sulle tematiche ambientali e culturali. Essa si caratterizza dunque per una precisa scelta di campo che conduce Bookchin a considerare la crisi ecologica non già un problema congiunturale risolvibile con più o meno semplici riaggiustamenti quantitativi all’interno del sistema vigente, ma una crisi strutturale per superare la quale occorre creare una nuova cultura, fondare nuovi valori. Gli esiti degli sforzi di Bookchin appaiono stremamente interessanti. Ciò soprattutto per quanto concerne la ricostruzione della genesi e dello sviluppo storico delle strutture di dominio istituzionali e culturali che oggi permeano i rapporti sociali ed economici. La stessa concezione dell’evoluzione naturale, per quanto inevitabilmente fondata in modo metafisico, fissa una serie di principi euristicamente fecondi e preziosi per superare alcune delle difficoltà fondamentali del pensiero contemporaneo. Si pensi in particolare al dualismo natura-umanità, biologia-società, necessità-libertà. Da ciò deriva una posizione filosofica in grado di riconoscere all’umanità prerogative assolutamente uniche, ma non aliene, all’interno del panorama naturale, non per questo però intenzionata ad attribuire alla natura un ruolo di pura resextensa, di puro «magazzino degli utensili » a disposizione dell’uomo.
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