Ci hanno abituati a un’idea neutra dell’amicizia, come pura affezione
senza conseguenze. Ma ogni affinità è un’affinità in una comune verità.
Ogni incontro è un incontro in una comune affermazione, foss’anche quella della distruzione.
Non ci si lega innocentemente in un’epoca in cui
tenere a qualcosa e non demordere conduce regolarmente alla perdita del lavoro, in cui bisogna mentire per lavorare e, poi, lavorare per conservare i mezzi della menzogna.
L’unione di chi, partendo dalla fisica quantistica, giurasse di trarne tutte le conseguenze in ogni campo sarebbe altrettanto politica di quella dei compagni che lottano contro una multinazionale agroalimentare. Sarebbero condotti, prima o poi, alla
defezione, e allo scontro.
Gli iniziatori del movimento operaio avevano l’officina e poi la fabbrica
per trovarsi. Avevano lo sciopero per contarsi e smascherare i crumiri.
Avevano il rapporto salariale, che poneva lo scontro tra il partito del Capitale e il partito del Lavoro, per tracciare delle solidarietà e dei fronti su scala mondiale.
Noi abbiamo la totalità dello spazio sociale per
trovarci. Abbiamo i comportamenti quotidiani d’insubordinazione per contarci e smascherare i crumiri.
Abbiamo l’ostilità verso questa
civilizzazione per tracciare delle solidarietà e dei fronti su scala mondiale.
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