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giovedì 17 settembre 2015

Le radici del ‘68

Partiamo dal movimento americano che nel ’64-67 ebbe un enorme peso nella situazione italiana. Innanzitutto il movimento dei neri nelle due componenti fondamentali: quella violenta – in parte espressa dal movimento del Black Power, ma soprattutto incarnata dalla rivolta muta dei ghetti, culminata nella vera e propria insurrezione della metropoli operaia di Detroit, che vide impegnato lo stesso esercito USA in una settimana di combattimenti casa per casa - e quella pacifista e integrazionista, rappresentata da Martin Luther King.
Dalle testimonianze e dai resoconti della rivolta di Detroit si ricava la sensazione entusiasmante della rivoluzione: uno dei principali centri industriali e operai dell’epoca – allora Detroit non era ancora precipitata nel pozzo senza fondo della disperazione e della criminalità ove sarebbe stata gettata dalla ristrutturazione e dalla deindustrializzazione degli anni ottanta, ma era uno dei centri pulsanti del capitale mondiale, come Torino e Milano – caduto nelle mani dei desperados dei ghetti in armi, che avevano inflitto una sonora sconfitta alle forze repressive locali e affrontato un formidabile spiegamento di forze militari. Gli operai, occupate le fabbriche, erano stati però incapaci di uscirne per partecipare in massa all’insurrezione, bloccati nella stessa impasse, rivelatrice dei pregi e dei limti dell’autogestione condotta dai Consigli operai, che si sarebbe manifestata poi nel Maggio francese.
L’estate calda del ’67 accese la miccia del movimento studentesco europeo. Di grande impatto emotivo furono anche le manifestazioni del movimento per i diritti civili, che Martin Luther King aveva cominciato a indirizzare verso tematiche sociali.
Infine il movimento degli hippies  e degli studenti bianchi contro la Guerra del Vietnam – al cui interno si manifestavano componenti radicali – mise in pratica senza mediazioni la critica pratica della vita quotidiana. Gli hippies e gli studenti sperimentarono forme di vita comunitaria, liberazione sessuale, rifiuto del lavoro, critica della famiglia e dei ruoli sociali, illegalità, uso delle droghe che allargano la coscienza, nomadismo, riutilizzo delle tradizioni religiose per raggiungere l’estasi.
In Italia prima del ’68 l’underground era caratterizzato da poche e minoritarie manifestazioni contro culturali e comunitarie (Onda Verde, Barbonia City, case occupate in campagna, diffusione delle comuni nelle metropoli), che ebbero il merito d’incominciare a porre la questione della critica della vita quotidiana (soprattutto la liberazione sessuale, il rifiuto del servizio militare, le droghe leggere), ripresa più avanti ed in altri termini dai rivoluzionari che la integrarono con l’apporto dell’Internazionale Situazionista, e di dare inizio a quella rivoluzione dei costumi che, nella provincialissima e bigotta Italia degli anni Sessanta, avrebbe finito per cambiare irreversibilmente la vita di un’intera generazione e segnare tutta la società.

   

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