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giovedì 7 gennaio 2016

IL POTERE di Augusto Tretti

Il film descrive in maniera surreale le dinamiche dell'acquisizione del potere nelle varie epoche storiche, dalla preistoria al consumismo dell'Italia contemporanea, passando per l'Impero romano, la conquista del West a spese dei nativi indiani, il ventennio fascista. Tre belve: il leone, la tigre e il leopardo rappresentano rispettivamente i poteri militare, commerciale e agrario, e dialogando tra loro dimostrano che il potere, pur assumendo fisionomie diverse nei secoli, rimane sempre nelle stesse mani. Nell'età della pietra, connivente la paura, finisce nelle mani di un furbo che si fa passare per divinità del fuoco. Nell'epoca romana, per vincere l'insorgente coscienza degli agrari, deve ricorrere all'assassinio del tribuno Tiberio Gracco. Nell'epoca del Far West, per aumentare la propria potenza, non rifugge dal genocidio perpetrato da coloni, soldati e galeotti inglesi. Nell'Italia posteriore al 1919, il potere viene arraffato dal fascismo che ottiene l'appoggio dei portafogli borghesi, che distrugge le libertà democratiche e che si allea col Vaticano. Nell’Epoca moderna, infine si assiste ad un dialogo tra i tre poteri: Tigre: "Oggi i politici burattini non servono più". Leone: "Anche la parola patria non fa più effetto". Leopardo: "Dobbiamo cambiare tattica". Leone: "Diamo il potere ai militari" Tigre: "Ancora no , se vogliamo continuare a sfruttare e speculare dobbiamo farlo sotto le ali del parlamentarismo traendo profitto dalle leggi democratiche". Leopardo: "Narcotizzeremo le masse con la stampa, con la falsa cultura, con la televisione". Leone: "Distrarremo il popolo con lo sport!" Tigre: "Appagheremo la gente con i beni di consumo". Leopardo: "E favoriremo le aristocrazie operaie". L’uniformità e l’obbedienza delle masse sono assicurate non dalla violenza né dalla propaganda politica, ma dalla facile imposizione di un modello di vita improntato alla produzione e al consumo, nella costante ricerca del prossimo bisogno indotto da soddisfare.
Girato a basso costo, Il potere esplicita la sua povertà economica in ogni momento, così la povertà di mezzi è in questo caso non solo una condizione imposta dalla produzione, ma persino una scelta politica di fondo, quasi che Tretti abbia voluto protestare contro un certo cinema, italiano e non solo, dai budget altissimi e talvolta sprecati, dimostrando a quei produttori e registi che si può realizzare un film di fiction con messaggi forti e precisi anche con poche risorse economiche a disposizione.
Il potere, un apologo apparentemente naïf, girato con pochi mezzi e attori non professionisti, che si avvale del tono grottesco per lanciare pungenti staffilate riguardanti i meccanismi occulti che regolano la gestione del potere nei diversi periodi storici della storia umana. Tretti fa un cinema didascalico da sillabario, vuol raccontare una sua idea della società, e perché non gli piace. Ci riesce per una sua forza derisoria che si avvale d’impassibilità, di non-compiacimento. I volti esemplari, il modo di muoversi, la solitudine dei suoi attori (folle di otto persone, eserciti di dodici soldati), riportano il cinema a un eden dimenticato; a grandi spazi fatti di paesi, monti e campagne della memoria. 

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