L'azione si svolge a Parigi alla fine degli anni cinquanta. Antoine Doinel è un ragazzino di 12 anni, vive con i genitori che mal ne interpretano i bisogni affettivi e le inquietudini tipiche dell'adolescenza, la madre un poco civetta e poco disponibile alle effusioni del ragazzo, il padre, abbastanza bonario ma superficiale e solo interessato alle gare automobilistiche. La famiglia vive in un piccolo appartamento, dove Antoine non possiede una propria camera da letto, infatti dorme nell'ingresso, vicino alla porta di casa. Ragazzino introverso e ribelle, Antoine ha come unico amico il compagno di classe René, con una situazione familiare simile alla sua: mentire a genitori e professori, marinare la scuola, vagabondare e rubacchiare sono gli unici mezzi per difendersi dall'indifferenza e dalla prepotenza degli adulti. Antoine passa con René una giornata fra cinema, flipper e luna park, cui si aggiunge alla fine la scoperta dell'adulterio materno. Il mattino successivo, per giustificare l'ennesima assenza da scuola, Antoine s'inventa la morte della madre, ma la bugia viene scoperta; si rifugia allora in una tipografia e vi trascorre la notte. L'indomani la madre si mostra premurosa e gli promette mille franchi se farà bene il tema in classe. Il professore lo accusa di aver copiato un brano di Balzac, autore che Antoine adora e a cui ha innalzato a casa una specie di altarino, e gli dà zero. Ospitato di nascosto a casa di René, decide con l'amico di rubare una macchina da scrivere nell'ufficio del patrigno, ma non riesce a venderla; così, mentre la sta riportando, viene scoperto dal custode. Il patrigno lo consegna alla polizia. Dopo una notte passata in guardina con prostitute e ladri, il giudice lo affida a un centro di osservazione per minorenni delinquenti, dal quale però Antoine riesce un giorno a fuggire, durante una partita di calcio, per arrivare al mare che non ha mai visto.
Lo spettatore non può fare a meno di indignarsi di fronte all'incomprensione del mondo adulto, alla sua incapacità di amare un ragazzino vispo e intelligente; non può fare a meno di provar tenerezza ritrovandolo a sonnecchiare in una tipografia abbandonata o a rubare una bottiglia di latte per la troppa fame. Antoine Doinel diventa il simbolo di un'infanzia tradita, della crudeltà di una maturità cinica che schiaccia la curiosità infantile. Assistiamo all’inevitabile trauma che il mondo infantile subisce al contatto col mondo adulto. Il monello che diventa tale in quanto non capito, non ascoltato in una società che esige una produttività immediata. Nessun film meglio di questo ci porta a compatire la solitudine del pre-adolescente che cerca di difendere i suoi sogni dalla cruda realtà. Così tra i fotogrammi del film possiamo intravedere una dura critica della nostra società partendo dalla scuola e passando dalla famiglia. Infatti notiamo come Il professore abbia fatto di Antoine il capro espiatorio del proprio fallimento, se la prende con lui anziché con sé stesso, e così riesce a credersi bravo e buono scaricando ogni giorno sul ragazzino l’ignoranza, l’insensibilità e la malevolenza proprie: vedendole e colpendole in lui invece che in sé. Ma è stato forse il professore che ha cominciato a sprecare questo bambino? No, non è stato lui. Il falso insegnante arriva sempre per ultimo e infligge il colpo di grazia. Ma chi dà inizio all’opera sono i genitori.
Perché l’abbandono dei bambini, finché si consuma fra le quattro pareti di casa, rimane quasi sempre invisibile, ignoto a tutti. Talora perfino quando sfocia in abusi. Mentre a scuola, dove il bambino abbandonato appare per la prima volta in pubblico, la mancanza d’affetto, il disprezzo e le aggressioni di cui è stato oggetto in famiglia si cominciano a vedere fin dal primo giorno nelle sue difficoltà di rapporto con gli altri, nella perdita del desiderio di conoscere, nella paralisi dell’immaginazione e del pensiero. Si cominciano a vedere. Ma chi, a scuola, sente il valore di un bambino al punto di non poter non tentare qualcosa per lui? E soprattutto: chi, da scuola, ha il coraggio di andare a ficcare il naso in casa sua?
"Les quatre-cent coups sarà il film più orgoglioso, più testardo, più ostinato - in due parole, per finire - il film più libero del mondo. Moralmente parlando. E anche esteticamente”. (François Truffaut)
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