O l’economia porterà a compimento la perdizione del vivente, o la società si fonderà sulla predominanza dei desideri affrancati dall’universo mercantile. O noi periremo nella stupidità crescente del profitto e del prestigio promozionale, o il primato del godimento porterà alla rovina il lavoro attraverso la creatività, lo scambio mediante il dono, il senso di colpa tramite l’innocenza, la volontà di potenza grazie alla volontà di vivere, gli appagamenti angosciati per mezzo del ritmo naturale del piacere e del dispiacere.
Una scommessa aperta. Tra la tendenza ad abbandonare il meglio per il peggio, e la trasmutazione dell’Es individuale. Tra il disprezzo di sé, questa virtù di cui si onora lo schiavo, di rimettersi ad una guida – politico, prete, medico, psicanalista, pensatore, istituzione, governo -, e un’arte di godere, pazientemente decantata dalle impregnazioni della morte.
Il movimento del Libero Spirito ha posto la domanda nel momento storico in cui il processo mercantile iniziava la sua accelerazione. La fine del XX secolo sentirà la risposta nell’esplosione finale della macchina per snocciolare l’individuo. Ma nelle parole pericolosamente strappate al linguaggio di Dio, e nelle parole trascinate, ai nostri giorni, nella derisione di una sopravvivenza insignificante e di una vita che non ha un senso riconosciuto, è lo stesso ciclone del godimento che, con la sua violenza intemporale, spazza la storia. La ricerca di un amore da inventare nella pura materia dell’umano fonda la misura universale di una società radicalmente nuova.
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