Nel pensiero kropotkiniano, non c'è un concetto di lotta sociale inteso quale lotta di classe, appunto perché il conflitto non è percepito da una specifica situazione spazio-temporale, ma scaturisce da una contrapposizione universale: il mutuo appoggio e la lotta sono momenti che attraversano tutta la storia dell'uomo essendo insiti alle leggi della vita; anzi, sono la vita stessa intesa sul piano storico-umano.
Per mettere in luce la pratica della solidarietà, egli sceglie l'età medievale e moderna perché, a suo giudizio, questo periodo mostra con maggiore chiarezza lo spirito comunitario. L'età comunale raffigura in generale, un modello societario fondato sull'autonomia e sulla decentralizzazione. Testimonia un 'epoca di libertà e di creatività popolare, di autonoma iniziativa individuale, e di spontanea edificazione collettiva, premesse fondamentali per una democrazia dal basso e per un esercizio effettivo del potere da parte del popolo.
La linfa vitale della storia, la sua ricorrente fecondità creativa, si rinviene nelle masse popolari anonime che con le loro migliaia di atti quotidiani di concreta e spontanea solidarietà collettiva hanno contribuito alla costruzione societaria, a stratificare cioè, nel corso dei secoli, quella civiltà selezionata di pratiche, di consuetudini e di saperi che globalmente costituiscono il work in progress della perfettibilità umana.
La sua tesi si riallaccia comunque, senza soluzioni di continuità con l'idea proudhoniana dell'autonomia del sociale rispetto alla eteronomia del politico; vuole confermare l'esistenza di una spontanea autofondazione della società quale premessa storica decisiva per concepire la possibilità di una sua edificazione anarchica
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