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giovedì 11 dicembre 2025

Le prime esperienze politiche di Luigi Galleani (I°)

1881-1883 

L'anno in cui Luigi Galleani si iscrive all'Università di Torino segna l'inizio di un periodo in cui il gracile movimento socialista torinese, rimasto in ombra dopo la costituzione, nel 1876, di una sezione internazionalista, riprende vigore, in un fervore di iniziative politiche che sboccheranno, nell'aprile del 1882, nella fondazione del periodico socialista «Proximus tuus». Sebbene il giornale si faccia promotore, in un certo qual senso, di una campagna di condanna nei confronti della «sterile intransigenza degli astensionisti che vogliono tutti i diritti o nessuno», l'appello da esso rivolto a tutti coloro che aspirano all'abolizione delle ingiustizie sociali, nonché l'affer-mazione della necessità della creazione di società operaie di resistenza, insieme alla convinzione, propugnata apertamente nelle sue pagine, che la proprietà collettiva delle terre e degli strumenti di lavoro costituiscono la base essenziale del socialismo, non possono che rappresentare un elemento catalizzatore degli interessi del Galleani, che usciva allora dal primo periodo di scapigliata vita universitaria, costellata di numerosi duelli, ma anche di fruttuose prese di coscienza sul piano politico. 

È indubbio che una ancora più rilevante influenza sulla formazione politica del giovane Galleani la esercitò la corrente, autodefinitasi comunista anarchica, che trova espressione nelle colonne del nuovo «Proximus tuus». Questo giornale esce nel settembre del 1883 e nel dichiararsi totalmente estraneo al proprio omonimo predecessore, porta tuttavia ad alcune estreme conseguenze quelle che potevano considerarsi presenze anarchiche, sia pure embrionali, di quello stesso giornale. Così dal concetto di proprietà collettiva delle terre e degli strumenti di lavoro si passa a quello della rivoluzione sociale che quando «avrà cambiato le basi fondamentali della società» instaurerà il comunismo anarchico che solo può segnare l'evoluzione delle classi oppresse. Sebbene non sia, allo stadio attuale delle ricerche storiografiche, documentabile la partecipazione e l'apporto del Galleani alla politica di cui si fa portavoce questo secondo «Proximus tuus», è da ritenersi comunque che egli non fosse del tutto estraneo a queste attività. Da un lato infatti troviamo una certa corrispondenza ideologica tra il contenuto del «Proximus tuus» e quello dell'«Operaio giornale della democrazia vercellese» che iniziò le pubblicazioni al principio del 1883 e che segna la prima documentata partecipazione del Galleani alla lotta politica. Dall'altro lato la fondazione da parte dello stesso Galleani del periodico «La boje» di Vercelli, sembra costituire elemento sufficiente per dedurre, se non la diretta partecipazione, almeno l'influenza esercitata su di lui dal gruppo che si era fatto promotore in Torino del giornale «La questione sociale», che si pone, dal punto di vista dei contenuti, come diretta prosecuzione del «Proximus tuus». I concetti espressi dal Galleani nella «Boje», infatti, si ricollegano in maniera assai evidente ai contenuti della «Questione sociale»: la rivoluzione sociale vista come unico strumento per realizzare l'emancipazione totale della classe proletaria e l'ideale libertario visto come fine ultimo a cui deve tendere il socialismo. 


SPARTACUS - Virgilia d'Andrea

Amate, disse, quest'amor   profondo 

Che  mi  disseta e  si disserra al sole... 

S'agita  e pensa e si rinnova il mondo, 

Pulsano  ai venti magiche   parole. 


E passa e  avvince la ribelle  fiamma 

Arco di  volo  e fulgido pensiero, 

Avanti,  avanti... arride l'orifiamma, 

Risplende, in alto, di bellezza fiero. 


E i caldi cuori pugnalati e franti 

Alle porte del  sogno, un di  saranno 

Ali azzurrate,  che ai ribelli canti, 

In folgori e  tempeste sorgeranno. 


...E mentre  nella mischia  agonizzava 

Gli  arrise attorno un'alba di splendore... 

L'essere grande  alfin si tramutava 

In sole, in luce, in palpito d'amore. 


O sole, o  luce, o scintillante aurora, 

Impeto  ardito di possente frana, 

Al  puro raggio  l'anima  s'indora 

E  sarà vita di grandezza umana. 


"Virgilia d'Andrea, poetessa dell'anarchia, degna di prendere il posto che lasciò vuoto il nostro Pietro Gori, scrive e canta perché sente e vuole, e perciò riesce più vera e più efficace di tanti poeti maggiori. Ella si serve della letteratura come di un'arma; e nel folto della battaglia, in mezzo alla folla ed in faccia al nemico, o da una tetra cella di prigione, o da un rifugio amico che alla prigione la sottrae, lancia i suoi versi come una sfida ai prepotenti, uno sprone agli ignavi, un  incoraggiamento ai compagni di lotta." (Roma - Aprile 1922, Errico Malatesta) 


Lo spettacolo è il capitale

Lo spettacolo compreso nella sua totalità, è nello stesso tempo il risultato e il progetto del modo di produzione esistente. Non è un supplemento del mondo reale, la sua decorazione sovrapposta. E' il cuore dell'irrealismo della società reale.  In tutte le sue forme particolari, informazione o propaganda, pubblicità o consumo diretto di divertimenti, lo spettacolo costituisce il modello presente della vita socialmente dominante. Esso è l'affermazione onnipresente della scelta già fatta nella produzione, e il suo consumo ne è il corollario. Forma e contenuto dello spettacolo sono entrambi l'identica giustificazione totale delle condizioni e dei fini del sistema esistente. Lo spettacolo è anche la presenza permanente di questa giustificazione, in quanto occupazione della parte principale del tempo vissuto al di fuori della produzione moderna. 



giovedì 4 dicembre 2025

Alexander Atabekian - Un anarchico sulle strade della libertà (V)

Mosca 1917 e la morte di Pyotr Kropotkin

Dopo aver lavorato come medico in Iran per molti anni, Atabekian si recò a Mosca nel 1917. Si sa poco ai suoi anni in Iran. Pare che lì incontrò il comunista Iraniano-Armeno Ardeshir Avanessian, il quale lavorava per lungo tempo nella farmacia di Atabekian (Iran Socialist and Communist Parties, Organization and Groups 1917-1991).

Atabekian partecipò al dibattito sulla Rivoluzione d'Ottobre sulle pagine del giornale "Anarxia" (l'organo della Federazione Anarchica). Vi scrisse 30 articoli in cui esprimeva le sue speranze di trasformare la Rivoluzione d'Ottobre in una rivoluzione anarchica e le sue critiche alla presa del governo da parte dei bolscevichi. Nel Novembre 1917, quando i Bolscevichi presero il controllo del governo, Kropotkin disse per la prima volta al suo caro amico Atabekian: "E' la fine della rivoluzione".

Atabekian e G. Sandomirsku misero su nel 1918 una tipografia che era organizzata su basi cooperative. Pubblicarono "Pocin", il primo periodico anarco-cooperativo di Mosca. Tutto il lavoro di composizione ed impaginazione di Pocin era sulle spalle di Atabekian. Il periodico pubblicava le memorie e le lettere di Kropotkin che era molto amico di Atabek e da questo davvero stimato. Ne uscirono 11 numeri e su 5 di essi comparvero articoli di Atabekian riguardo l'Iran ed il Medio Oriente.

Nel gennaio 1921, insieme a Kropotkin morente nella sua casa di Dimitrov, c'erano Atabekian ed il suo dottore. Atabekian non lo lasciò solo un attimo fino all'ultimo respiro.

Kropotkin morì il 13 Aprile 1921. La cerimonia di stato preparata dai bolscevichi venne declinata dalla famiglia. Il suo funerale venne organizzato da un comitato anarchico di cui faceva parte Atabekian. Il funerale di Kropotkin fu l'ultima e più grande manifestazione anarchica in Russia.

Un mese dopo la morte di Kropotkin, la dittatura Bolscevica represse crudelmente la rivolta di Kronstadt. Furono avviate una serie di operazioni contro gli anarchici in tutta la Russia. Nelle prigioni segrete della Ceka (la polizia segreta russa) decine di anarchici venivano fucilati ed uccisi. centinaia di anarchici venivano imprigionati o costretti all'esilio in Cecenia e Kyrgyzstan. Anche Alexander Atabekian non sfuggì alla tirannia bolscevica. Venne arrestato dalla Ceka nel 1920 con l'accusa di aver violato la Legge sulla Stampa. Venne condannato a 6 mesi di campo di concentramento. Nel 1921, quando venne di nuovo arrestato, venne condannato all'esilio nel Caucaso. Grazie all'intervento della famiglia di Kropotkin, la sentenza venne sospesa. (Repression de I’anarchie en Russie sovietiste, Editions de la "Librairie Sociale" Paris).

Cosa ne fu di Atabekian in seguito? Un completo enigma. Le fonti in Amsterdam ci dicono che egli morì in un lager sovietico nel 1940, mentre A.Burkov (di Yerevan) sostiene che egli morì a Mosca. Secondo le fonti francesi venne mandato in esilio. Un'altra fonte, l'autore di "Anarchici nella Rivoluzione Russa", Paul Avrich asserisce che Atabekian, come altri anarchici russi, risulti disperso.

E' poco nota l'ampia letteratura costituita da Greci, Ebrei ed Armeni, come Atabekian "in questa geografia". Oltre al fatto che molte di queste pubblicazioni si trovano in diversi paesi, quei rari e pochi reperti rimasti in Turchia non sono stati ancora né raccolti né classificati. Il discorso di "questa geografia" o di "queste terre" che sembra essere "perfetto" dovrebbe essere liberato dalle pregiudiziali politiche d'ora in avanti.




STRANGE DAYS – Kathryn Bigelow

Los Angeles, 30 dicembre 1999. La vigilia del millennio, il ventunesimo compleanno della civiltà. La tensione sale in tutto il mondo nelle ultime ore del secolo e l'umanità è col fiato sospeso, in attesa del conto alla rovescia che la porterà nell'anno 2000. E la fine del mondo o l'inizio di uno nuovo? La tecnologia digitale di contrabbando ha sviluppato quello che è considerato il massimo del divertimento illecito: l'esperienza umana nella sua forma più pura e integra, direttamente dalla corteccia cerebrale. Lenny Nero, traffichino, ex-poliziotto, è l'accattone di questi sogni rubati. È il Babbo Natale del subconscio dove l'esperienza reale e disperata di qualcuno diventa il Technicolor di qualcun altro.

La forza di Strange Days sta proprio nella sua genesi a metà degli anni Novanta con cui gettare un occhio critico alla fine della decade di riferimento. Un near-future quindi, che non guarda a dieci/vent’anni in avanti, piuttosto a poco meno di quattro anni dopo. In un domani mascherato da presente o di giorni di un futuro (ormai) passato da cui la Bigelow delinea una distopia feroce, amara, cupissima che cova al suo interno una riflessione critica della sua epoca.

Strange Days dopo 30 anni rimane uno dei momenti cinematografici più importanti degli anni ‘90. Kathryn Bigelow in quel giro di boa del decennio, ci regalò un sontuoso affresco distopico, un’istantanea perfetta di ciò che sarebbe stato il nostro mondo da quel momento in poi. Apparenza, egoismo, solitudine, il trionfo di un capitalismo selvaggio che ha nel voyeurismo la propria espressione più dominante, da quel 1995 sono diventati tristemente familiari.

Strange Days affronta il tema della solitudine, della differenza tra immagine e realtà artificiale, dell'imminente tecnocrazia che ci dominerà. Al centro, Lenny Nero, ex poliziotto che spaccia chiavette di memoria dentro cui ci sono le esperienze di altre persone, da rivivere sotto forma di realtà virtuale. Questo grazie allo SQUID, uno specifico lettore che nel mercato nero è richiestissimo e che Nero usa per rivivere i momenti più belli vissuti con la sua ex Faith, che l'ha lasciato per il losco producer discografico Philo Gant e con cui sogna ancora di ritornare. Lo SQUID ha creato anche un piccolo mercato di snuff movies. Uno di questi mostrerà a Lenny lo stupro e l'omicidio di Iris, una prostituta di sua conoscenza.

"Non è come la TV, solo meglio" spiega Lenny Nero e in quello SQUID in quella penetrazione dello sguardo altrui, c'è la grande rivoluzione, la grande profezia di Strange Days, c'è ciò che siamo diventati oggi, con i social media, con tutto ciò che internet ha tolto di personale all'esperienza, ora sottomessa ad una invasione della privacy, alla mercificazione per gli altri, poco importa che sia volontaria o meno. La memoria non vi inganni, era cominciato tutto proprio in quel periodo, anzi quell'anno, con il sex tape di Pamela Anderson e Tommy Lee. La prima volta che uno SQUID per così dire ci arrivò dritto in faccia, la prima volta che la vita, la semplice vita degli altri, bella o brutta che fosse, ci venisse offerta in pasto senza il consenso altrui. Da lì a pochi anni cominceranno i reality show, poi verrà il tempo dei social media che fanno ciò che Strange Days ci mostra qui: rendono spettacolo tutto. La società dello spettacolo, ecco cosa Strange Days ci ha offerto, ci ha predetto, ci ha mostrato aprendo uno squarcio sul XXI secolo.



Modernità costellata di individui servi-potenti

Il potere ha ormai preso le sembianze di una scena integrale alla quale nessuno può assistere senza partecipare. Lo spettatore è anzi il figurante di uno show per cui non si staccano biglietti né si prenota la poltrona, essendo spettacolo la forma attuale del mondo. Sia che prevalga in noi il rifiuto della politica oppure la lotta e l’indignazione civile, gravitiamo intorno allo stesso nodo:  l’esibizione sfrenata del potere come messa-in-scena. Ma se ciò è avvenuto, forse qualcosa era già attivo in noi all’alba della spettacolarizzazione della politica; forse v’è un fatto antecedente che riguarda la natura medesima degli spettatori. Il problema attuale della classe politica consiste nel fatto che non si tratta più di governare, ma di mantenere l’allucinazione del potere e ciò esige dei talenti del tutto particolari. Produrre il potere come illusione è come manovrare capitali circolanti, come danzare davanti a uno specchio. E se accade che non c’è più il potere, la ragione è nel fatto che tutta la società è passata alla servitù volontaria. Ma ciò è avvenuto in una strana maniera: non più come volontà di essere servi, bensì come ciascuno divenuto servo della propria volontà. In una somma di volere, di potere, di sapere, d’agire, di riuscire, ognuno si è piegato a tutto questo, e il colpo sul potere è perfettamente riuscito: ognuno di noi è divenuto un sistema asservito, auto-asservito, poiché ha investito tutta la sua libertà nella volontà folle di trarre il massimo dallo sfruttamento di se stesso.

Modernità costellata di individui servi-potenti l’assassinio ininterrotto del potere insiste sul sorpasso della sua dimensione verticale e ascetica; è questo uno degli effetti collaterali della fine delle gerarchie politiche e della trascendenza teologica. Lo spettacolarizzazione della politica ne è il frutto maturo, necessario per convocare la rappresentazione iterata del potere nel vuoto della propria manifestazione. Se di questo si tratta, allora il potere è ormai una funzione rappresentativa “vuota”, una casella che solo il servo volontario più ambizioso può coprire e modellare a suo piacimento.

A partire dal momento in cui il potere non è più l’ipostasi, la trasfigurazione della servitù, e che questa è integralmente diffusa nella società, allora non gli resta che crepare come una funzione inutile l’uomo politico più brillante, il supremo maestro della servitù volontaria, ci supera per auto-agonismo; questi ci porta con sé nello schianto eclatante del potere i cui bagliori sono oggi il nostro unico “spettacolo”


giovedì 27 novembre 2025

Alexander Atabekian - Un anarchico sulle strade della libertà (IV°)


La Federazione Rivoluzionaria Armena (ARF) ed i libertari

"Non puoi immaginare quanta tranquillità mi reca in questo momento la profonda amicizia di un generosissimo compagno. Egli è immigrato da Constantinopoli e rischia costantemente non solo la libertà ma anche la sua vita ed è uno di quei ribelli misconosciuti. Nonostante egli sia un libertario concorde con le nostre posizioni, lavora con la Federazione Rivoluzionaria Armena a causa della debolezza dei libertari ad Est. Non è qui per perdere tempo. E' un calzolaio e lavora dalle 4 del mattino alle 9 di sera per pochi soldi. Non vuole rimanere qui a lungo perché ha una personalità determinata e volitiva. La sua dedizione per la lotta è ancora una volta ammirevole. Lavora in pessime condizioni per guadagnarsi pochi centesimi" (lettera di Atabekian a Jacques Gross from Sofia, November 16-28, 1896. IISG Amsterdam).

La ARF venne fondata a Tbilisi nel 1890. All'inizio l'organizzazione era costituita da anarchici, socialisti e nazionalisti. Si dice che Khristaphor Mikaelyan, uno dei fondatori, era un sostenitore di Bakunin nonché difensore della azione diretta e della autogestione. (Minassian). Mikaelyan era un'icona della libertà nella letteratura armena in ragione della sua militanza e dei saggi di cui era autore. Al pari di Atabekian e di altri libertari di Istanbul, anch'egli era stato in Bulgaria, dove morì mentre stava preparando la bomba che era destinata al Sultano Abdulhamid II in Yildiz (Avetis Aharonian, The Fedayees).

La biblioteca "Droshak" della ARF aveva una ricca collezione; i testi di Kropotkin "Lo Spirito della Rivolta" ed "Appello alla gioventù" vennero pure pubblicati dalla "Droshak" ("Bandiera").

Le azioni di propaganda della ARF verso la popolazione musulmana e le azioni militari contro il governo ottomano permeavano gli intellettuali che diedero inizio al secondo movimento dei "Giovani Turchi". 50 militanti armati della ARF marciarono verso la sede del governo nel 1894 per protestare contro i massacri ai danni della popolazione armena. Assalirono poi la Banca Ottomana. Per un'intera giornata si susseguirono scontri armati, sparatorie ed arresti. Questi fatti portarono all'attenzione del mondo la questione armena all'interno dell'Impero Ottomano, oltre a suscitare una grande agitazione nella città di Istanbul. Lo stile ed i metodi della iniziativa erano inauditi per Istanbul. Forse fu la prima azione in stile "modem". Questa azione condotta dai Giovani Turchi usando nuovi metodi di propaganda, aveva alle spalle un'organizzazione basata su riunioni segrete. I Giovani Turchi presero possesso di una tipografia a Galata. Stamparono e distribuirono migliaia di copie delle dichiarazioni scritte da Abdullah Cevdet.

Le azioni della ARF ed i massacri del 1894 e 1895 influenzarono profondamente il pensiero degli intellettuali Ottomani. La dichiarazione dei Giovani Turchi chiamava i popoli dell'Impero Ottomano ad una guerra comune contro il dispotico regime (Yuriy Asatovic Petrosyan, JonTurkler, Istanbul 1974).

Nel frattempo un gruppo anarchico di 14 persone provenienti da diversi paesi europei e dalla ARF iniziò ad essere attivo ad Istanbul (Sukru Hanioglu, Abdullah Cevdet).

I libertari armeni che lavoravano con la ARF inviarono nel 1896 una dichiarazione all'Internazionale Socialista a Londra.

"Atabekian inviò una dichiarazione intitolata ‘Aux socialistes revolutionnaires et libertaires’ firmata come Libertairi Armeni al Congresso Internazionale di Londra (Luglio 18, 1896). La stessa si trova in ‘Der Sosyalist' (September 26, 1896)". (M. Nettlau, Anarchisten und Syndikalisten Band V, 482).

Minassian nota che i libertari armeni inserirono nella loro dichiarazione la denuncia della partecipazione degli Stati europei ai crimini del Sultano Hamit e contestualmente annunciavano "l'alba della rivoluzione sociale" ad Oriente.


Cactus Mescalinico: CARNEGIEIA GIGANTEA

Si tratta di un genere monotipico originario del Messico e del sud-est degli Stati Uniti e rappresenta il "gigante" in assoluto fra le cactacee: la sua altezza infatti può raggiungere anche i 20 metri, con una vita che supera anche i 200 anni. Nativo dell'Arizona. del sudest della California e del deserto messicano di Sonora, pur non essendo un enteogeno tradizionale, contiene alcaloidi psicoattivi.

Conosciuto popolarmente con il termine di saguaro, questo cactus è stato impiegato per secoli dagli Indiani per una varietà infinita di scopi. I Papago ne raccoglievano i frutti per farne una bevanda fermentata, utilizzata nella cerimonia della pioggia; questa avveniva in luglio o nei primi giorni di agosto e celebrava altresì il nuovo anno. Gli effetti della bevanda inebriante duravano una notte e un giorno.

Gli alcaloidi di questo cactus furono studiati per la prima volta nel 1928 e portarono all'isolamento della carnegina. Studi più recenti hanno evidenziato la presenza di altri tre alcaloidi tetraidroisoquinolici: la salsolidina. la gigantina e l'arizonina.



Rivoluzione e Ribellione

Rivoluzione e ribellione non vanno considerate sinonimi. la prima consiste in un rovesciamento dello status quo, dell'ordine costituito ed è quindi un atto politico e sociale. La seconda ha, sì, come inevitabile conseguenza, una trasformazione dello stato di cose esistente, ma non nasce di qui bensì dall'individuale scontento degli uomini; non è una rivolta armata ma un insorgere di individui, un ribellarsi, senza alcun pensiero delle conseguenze che ne potranno derivare. La rivoluzione mira ad una organizzazione nuova; la ribellione ci porta a non lasciarci più organizzare, ma ad organizzarci da soli come vogliamo, e non ripone fulgide speranze nelle istituzioni. Non è una lotta contro l'ordine costituito perché, se essa ha successo, l'ordine costituito crolla da sè. Se il mio scopo non è rovesciare un ordine costituito ma innalzarmi al di sopra di esso, il mio proposito e le mie azioni non sono politici e sociali ma egoistici. La rivoluzione ci comanda di creare istitituzioni nuove, la ribellione di sollevarci o di innalzarci.


giovedì 20 novembre 2025

Alexander Atabekian - Un anarchico sulle strade della libertà (III°)

"Hamayankh" ("La Comune")

"Hamayankh", il primo periodico anarchico di Atabekian in armeno, vive 5 numeri a Parigi nel 1894 (Max Nettlau).Il periodico aveva 8 pagine contenenti articoli sull'anarchismo e sui movimenti rivoluzionari armeni in generale, poi brevi notizie sui movimenti anarchici nel mondo ed eventi politici, sotto il titolo di "Movimento Rivoluzionario Internazionale". Gli articoli sui massacri e sulla resistenza dominavano negli opuscoli pubblicati dalla ARF. Uno di questi opuscoli, "La Resistenza a Sason e Mus" è scritto in uno stile retorico lirico e nichilista. Oltre a pubblicare articoli della ARF, "Hamayankh" criticava anche le strutture autoritarie e centraliste dei movimenti rivoluzionari armeni.

"Hamayankh" era molto apprezzato tra gli immigrati armeni in occidente e nei Balcani (Max Nettlau). Stoianoff fece il possibile per diffonderlo verso i rivoluzionari armeni che venivano dai Balcani, dal Caucaso meridionale e dalla Turchia.

Non vi è nessun articolo con la firma di Atabekian su "Hamayankh". E' possibile che egli abbia scritto sotto pseudonimo a causa dei guai giudiziari seguiti all'espulsione da Parigi. Anahide Ter Minassian spiega l'assenza della firma di Atabekian sotto gli articoli come una possibile precauzione per la costante repressione ai danni degli anarchici.

"Hamayankh" venne pubblicato anche nella regione di Reshd in Iran. Per Minassian la pubblicazione di "Hamayankh" in Iran è da attribuire allo stesso Atabekian. Il titolo del giornale riflette le idee del suo editore. La data della sua pubblicazione (1880) è alquanto precoce (Tuncay - Zurcher, 199) Anche. Karekin Levonyan scrive che la prima versione iraniana di "Hamayankh" è del 1880 e che l'editore sia proprio Atabekian (Armenian Press, 1794-1934). La data del 1880 è problematica nel contesto della biografia di Atabekian.

Atabekian Visse a Shusha, fino alla fine delle scuole superiori. Diverse fonti datano la sua partecipazione al movimento comunista anarchico al 1890 e collocano il suo viaggio in Iran dopo il 1896. Il che renderebbe prematuro collocare la pubblicazione di "Hamayankh" al 1890.


LA CANZONE D’AUTUNNO - Paul Verlaine

I lunghi singulti

dei violini

d’autunno

mi lacerano il cuore

d’un languore

monotono.


Pieno d’affanno

e stanco, quando

l’ora batte

io mi rammento

remoti giorni

e piango.


E mi abbandono

al triste vento

che mi trasporta

di qua e di là

simile ad una

foglia morta.


Una società anarchica

Una società anarchica è, di per se stessa, comunista, essa sarà definibile una volta che noi ci saremo liberati dal peso di tutte le gerarchie interne ed esterne e avremo abbattuto tutti gli ordinamenti statali-capitalisti. Sarà definita quando ognuno sarà posto nella condizione materiale di potere seguire liberamente, senza alcuna ingerenza autoritaria, le sue particolari e inimitabili inclinazioni, fuori da tutti i tabù e da ogni genere di catene e inibizioni sociali.

E’ logico che questo modo di vedere la questione del vivere individuale e sociale porti a dar corso a nuove e più attraenti forme di vita liberata. Nella visione anarchica rivoluzionaria, il comunismo appare epurato da tutti i suoi più odiosi aspetti religioso-autoritari e viene quindi valorizzato criticamente nei suoi aspetti positivi, in quanto non mutila ne appiattisce la personalità dei singoli che comunitariamente lo mettono in pratica, ma, al contrario, il loro associarsi dà modo di esaltare qualitativamente le singole diversità.

In sostanza, l’utopia anarchica è un invito rivolto agli uomini per vivere la propria vita da protagonisti e non da anonime comparse, dentro il corso vivo degli avvenimenti interni ad una umanità non più popolata da fantasmi, ma da individui in carne ed ossa, divenuti finalmente consapevoli della necessità che l’unico ordine sociale che si può riconoscere è quello in armonia con il proprio movimento di vita, con la propria incessante ricerca di libertà e di desideranti orizzonti.


giovedì 13 novembre 2025

Alexander Atabekian - Un anarchico sulle strade della libertà (II°)

Alexander Atabekian e l'anarco-comunismo

I saggi scritti da Kropotkin nel 1879 e che comparvero sul giornale "Le Revolt" stavano provocando azioni di rivolta sia individuali che collettive, ponendo l'enfasi sull'importanza della trasformazione degli scioperi in ribellioni. Questi saggi vennero raccolti da Elisée Reclus e pubblicati col titolo di "Discorsi di un Ribelle" a Parigi nel 1885. Questa pubblicazione divenne molto popolare tra i giovani anarchici del tempo. Lo stesso Atabekian si unì al movimento comunista anarchico dopo aver letto Kropotkin. Iniziò a lavorare nella vecchia stamperia ucraina Kuzman (che era l'unico posto ri riferimento per gli anarchici di Ginevra) al fine di stampare i saggi in armeno ed in russo.

Vi preparò i seguenti saggi: "Ai contadini armeni" e "Lettera ai rivoluzionari armeni da una Organizzazione Internazionale Anarchica" (Max Nettlau, Anarchisten und Syndikalisten Band V).

Oltre a lavorare per questi opuscoli, Atabekian si stava mettendo in contatto con gli anarchici di Ginevra, di Parigi ed in Italia. Kropotkin, Max Nettlau, Stoianoff, Paraskev, Jacques Grave and J. Gross sarebbero stati presto i primi anarchici che egli incontrò e con cui ebbe scambi epistolari. Luigi Galleani, P. Stoianoff ed Elisée Reclus (i quali erano ricercati per le loro azioni durante il 1 Maggio 1890 a Parigi) si recarono a Ginevra dove incontrarono Atabekian. Fu qui, nella tipografia Kuzman, che stamparono il manifesto alla memoria degli anarchici condannati a morte a Chicago (ll Novembre, 1887) per poi affiggerlo nelle strade di Ginevra.

Atabekian, insieme a Stoinoff, incontrò Kropotkin a Londra, dove pianificarono l'invio degli opuscoli alla prima organizzazione anarchica nata nella Russia meridionale. Dopo il suo ritorno a Ginevra, Atabekian - ormai tipografo esperto nel creare sistemi di stampa pratici e multiuso - trasferì il suo lavoro nella tipografia Kuzman nella casa in cui viveva. (che sarebbe in seguito diventata il luogo in cui vennero conservati i manoscritti di Bakunin. Alcune parti dei manoscritti vennero pubblicati anonimi da Atabekian sulle pagine di Les Temps Nouveaux poco dopo). Egli stampò in russo il primo volume dell'opera di Bakunin "La Comune di Parigi e l'idea dello Stato" per i tipi della Anarchiceskaya Biblioteka che aveva messo su in casa sua. (Jaap Kloosterman, Les papiers de Michel Bakunin a Amsterdam).

Altre sue edizioni in armeno e russo per l'Anarchiceskaya Biblioteka furono:

Kropotkin: Diritti Politici (1893), Decomposizione dello Stato (1892), Anarchismo (1893), Le Minoranze Rivoluzionarie (1894), Lo Spirito di Rivolta (1893; Elisée Reclus: Ai nostri fratelli contadini; Errico Malatesta: Tra contadini (articolo pubblicato con una prefazione per gli Armeni nel 1893); Jacques Grave: Perché siamo rivoluzionari? (1894) (M. Nettlau, Anarchisten und Syndikalisten Band VS. 481.82)

Nel suo articolo intitolato "Anarchismo e Movimenti Armeni nell'Impero Ottomano", Anahide Ter Minassian nota che sulle prime pagine degli opuscoli pubblicati da Atabekian vi è il timbro "pubblicato con l'autorizzazione del Ministero dell'Istruzione" (in lingua ottomana) (Osmanii Imparatorlugu’nda Sosyalizm ve Milliyetcilik (1876-1923), ed. Tuncay, Mete - Jan Zurcher, Erik)

Questi opuscoli circolavano tra gli immigrati armeni, grazie a Stoianoff che si recò nel Caucaso del sud, ad Istanbul ed anche in Bulgaria dopo essere stati espulso da Parigi. Secondo alcune fonti Atabekian cercò di far arrivare gli opuscoli a Izmir ed anche a Istanbul. (E' difficile stabilire se lo facesse in prima persona p tramite altri compagni. L'archivio di Atabekian è stato smembrato tra 4 paesi e solo una parte classificata).

I massacri ottomani ai danni degli armeni nel 1895 (Sason, Samsun, Zeytun etc.) prostrarono profondamente Atabekian. "Era così sconvolto dai massacri che fu per molto in tempo incapace di riprendere la sua attività politico-editoriale" (M. Nettlau Anarchisten und Syndikalisten Band V).

Atabekian continuò i suoi studi in medicina a Lione e a Parigi. Si laureò a Ginevra con una tesi sull'angina. Dopo il decreto di espulsione che gli venne notificato per le sue pregresse attività a Parigi, lasciò l'Europa si trasferì prima in Bulgaria e poi in Iran nella regione di Reshd, dove sarebbe rimasto per 16 anni.


FORTUNATE SON – Creedence Clearwater Revival

Certa gente è nata per sventolare la bandiera

Oh, sono rossi, bianchi e blu

E quando la banda suona Hail to the Chief*

Oh, loro puntano il cannone su di te, Signore 


Non io, non io

Io non sono il figlio di un senatore

Non io, non io

Non sono uno fortunato

Yeah!


Certa gente è nata con la camicia

Signore, non si fanno mancare niente

ma quando l’esattore bussa alla porta

Signore, le loro case sembrano

il mercatino dell’usato


Non io, non io

Non sono il figlio di un milionario

Non io, non io

Non sono uno fortunato


Certa gente è nata con le stelle negli occhi **

Oh, e ti mandano laggiù in guerra, Signore

e quando gli chiedi

“Quanto dovremmo dare?”

Oh rispondono solo di più, di più, di più


Non io, non io

Non sono il figlio di un militare

Non io, non io

Non sono uno fortunato


Non io, non io

Non sono il figlio di un militare

Non io, non io

Non sono uno fortunato



Tutto è di tutti

Si dicono delle belle cose sulla necessità di dividere ciò che si possiede con coloro che non hanno nulla. Ma chiunque provi a mettere in pratica questo principio è subito messo in guardia che tutti questi grandi sentimenti son buoni soltanto per i libri di poesie, non certo per la vita reale ... E ci abituiamo, ed educhiamo i nostri figli a vivere con una moralità a doppia faccia, da ipocriti! ... Ma una società non può continuare a vivere in questo modo; essa deve ritornare alla verità o sparire.

Tutto è di tutti! E purché l'uomo e la donna arrechino la loro quota di lavoro, hanno diritto alla loro quota di ciò che sarà prodotto da tutti. E questa quota concederà loro come minimo l'agiatezza. Finiamola con queste formule ambigue quali il diritto al lavoro, o a ciascuno il prodotto integrale del suo lavoro. Ciò che noi proclamiamo è il diritto all'agiatezza - l'agiatezza per tutti! 



giovedì 6 novembre 2025

Alexander Atabekian - Un anarchico sulle strade della libertà (I°)

Alexander Movsesi Atabekian nacque il 2 febbraio 1868 a Shusha, in una famiglia aristocratica armena (principesca - melik), da un medico. Atabekian studiò inizialmente in un college della sua città natale, laureandosi nel 1886, e poi proseguì gli studi in medicina all'Università di Ginevra (1889-1896) e a Lione. Dal 1888 al 1890,

Nell'ultimo quarto del 19° secolo, Alexander Atabekian è stato una figura attiva dell'anarchismo europeo, specialmente nel movimento anarchico russo e nei movimenti rivoluzionari in Armenia. Ha pubblicato in lingua armena ed in russo parecchi opuscoli, compresi i saggi su Bakunin, Kropotkin ed Errico Malatesta per i tipi della Biblioteca Anarchica che aveva fondato a Ginevra.

Max Nettlau rileva come sia stato grazie agli sforzi ed ai sacrifici di Alexander Atabekian, il quale studiava medicina a Ginevra, che fu possibile disporre delle pubblicazioni anarchiche in armeno tra il 1891 ed il 1894. (Max Nettlau, Anarchisten und Syndikalisten Band V).

Nei primi anni della sua formazione (1888-1890) Alexander Atabekian contribuì all'impaginazione di "Hinchak" ("Il suono della campanal") che era il periodico del Hinchakian Social Democratic Party, pubblicato da un socialista armeno, Avetis Nazarbekian. Gli articoli ed i saggi su "Hinchak" vertevano soprattutto sul genocidio degli Armeni compiuto dagli Ottomani, sulla resistenza armena e sui pogrom di cui furono vittime gli Armeni sia in Georgia che in Azerbaijan.

Lasciò il partito e divenne anarchico nel 1890 leggendo "Parole di un ribelle" , una serie di saggi scritti da Pëtr Kropotkin nel 1879 per il giornale "Le Révolt" , poi raccolti e pubblicati nel 1885 da Élisée Reclus.

Atabekian continuò la sua attività di propaganda anarchica verso i villaggi armeni ed ottomani e stabilì rapporti con i i militanti anarchici della Federazione Rivoluzionaria Armena (ARF) dopo che ebbe aderito al movimento anarchico in Europa (1890). I  suoi studi universitari ostacolarono la pubblicazione di propaganda rivoluzionaria; nel 1893 gli venne l'idea di trasferire la sua attrezzatura tipografica alla Free Russian Press di Londra, che stampava e distribuiva letteratura proibita in Russia, sia rivoluzionaria che liberale. Insieme all'anarchico bulgaro Paraskev Stoyanov, Atabekian incontrò Kropotkin, che gli chiese di tenere la sua attrezzatura tipografica, piuttosto che darla a persone le cui idee erano molto lontane dall'anarchismo. Il gruppo utilizzò invece la macchina da stampa di Atabekian per pubblicare quattro opuscoli in russo, tra cui l'inizio di " Parole di un ribelle" di Kropotkin . Nel 1894 diresse " Community" , l'unico periodico anarchico armeno, che uscì per cinque numeri.

Durante la Rivoluzione ottomana, Atabekian nutriva sentimenti contrastanti, sostenendo la lotta armena per la liberazione, soprattutto quando i resoconti dall'Anatolia, che filtravano al grande pubblico, rivelavano le sofferenze della popolazione cristiana armena per mano dei musulmani ottomani. Allo stesso tempo, criticò duramente il coinvolgimento della Russia, ma sapeva che senza di essa la Rivoluzione sarebbe stata una causa persa. Ciò non fermò le sue feroci critiche all'evento, che arrivarono al punto da essere emarginato dai partiti Hunchakian e Dashnak.

Dopo la laurea nel 1896, Atabekyan si stabilì in Bulgaria (poiché gli era stato proibito di entrare in Russia) e abbandonò gradualmente l'attività politica. Tra il 1896 e il 1917 lavorò come medico nella Persia settentrionale; dal 1914 al 1917 nell'esercito imperiale russo come capo di un ospedale da campo sul fronte caucasico. Dopo lo scioglimento dell'esercito imperiale in seguito alla Rivoluzione di febbraio, incontrò nuovamente Kropotkin e divenne un anarchico attivo a Mosca. Fu direttore del periodico anarchico Pocin dal 1919 al 1923, rappresentando la tendenza anarco-cooperativa del movimento libertario.



L’ULTIMO SPETTACOLO – Peter Bogdanovich

Ambientato tra il 1950 e il 1951 in una cittadina del Texas, Anarene, descrive  l'inarrestabile decadenza delle  cittadine del Far West, travolte  dalle  nuove  avventure imperialistiche americane. L'attrattiva della grande città, l'evoluzione dei costumi sessuali, l'avvento della televisione, la guerra in Corea, tutto contribuisce  a  disgregare la vita di Anarene  e questa viene attentamente analizzata in quelli che sono i punti d'incontro caratteristici di ogni   paese: il cinema e il bar con il suo biliardo. La cittadina entra in crisi, una crisi totale di sfiducia in ogni  valore ideale  e morale, crollano tutti i miti, primo fra tutti quello della  Grande America. Ed è  proprio l'ultimo spettacolo del cinema, costretto  a chiudere dalla concorrenza della televisione, il simbolo di tutto il film: è una scena del   Fiume  rosso di Hawks in cui John Wayne urla l'ordine di partenza di una mandria. John  Wayne, il rappresentante della maggioranza  silenziosa», il difensore  dell'ordine costituito, l'anticomunista  ad oltranza alla testa di una mandria silenziosa. Il  duro epitaffio per  una  città  morta, il cinema per Bogdanovich è materiale d'accertamento della propria identità, è fuga dal tedio ma è soprattutto verifica dello scadimento irreparabile dell'invenzione fantastica  nell'atto stesso in  cui si consegna allo spettatore come immagine,

Sullo sfondo di una nazione che sta cambiando faccia, (così come il mondo che appare totalmente stravolto nel secondo dopoguerra), Bogdanovich racconta un equilibrio sociale che sta lentamente lasciando il posto ad una società sempre più industriale e meno agricola. Anche il cinema, non sarà più lo stesso: i temi stanno cambiando, le esigenze della popolazione si trasformano e così pure le storie che vengono raccontate sul grande schermo. L’ultimo spettacolo fa proprio questo, mette in mostra i cambiamenti epocali che l’America sta attraversando. Il film, non a caso, si svolge nel 1951, l’anno del Fair Deal del presidente Truman, è l’anno del conflitto in Corea, le truppe nordcoreane invadono Seul, la capitale della Corea del Sud. La Guerra Fredda caratterizza l’ordine bipolare sotto cui volgere lo sguardo e, di conseguenza, la protezione dei clientes europei. Il governo americano accelera la corsa agli armamenti, mentre molti americani si abituano ai nuovi consumi (specialmente la televisione, che sarà causa del fallimento del cinema Royal); tutti questi cambiamenti, Bogdanovich sceglie di raccontarli da dentro, facendoli risuonare come un eco lontano di cui si percepisce il sibilo e, soprattutto, fanno da substrato agli eventi di “provincia” che sembrano essere apparentemente insignificanti.

Peter Bogdanovich  ha  32  anni ed è stato  critico cinematografico di molte riviste:  New York Times,  Variety, Cahiers du Cinema, Film  Culture, Film Quarterly, Vogue e Saturday Evening Post. Iniziò, ad interessarsi attivamente di cinema nel 1966 come aiuto regista e scrittore di «The Wild Angels», una produzione Roger Corman. Nel 1968 diresse «Targets» per la Paramount presentato al Festival di  Pesaro.  Nel 1971 diresse un documentario su John Ford, presentato al Festival di Venezia, e nello stesso anno realizzò «L'ultimo spettacolo».  Il suo ultimo film è «Ma papa ti manda sola?» realizzato nel 1972 dalla sua stessa casa di produzione, la Saticoy Production  e interpretato da Barbra Streisand e Ryan  O'Neal. 

Splendido, struggente, finissimo film.., dimostra come si possa descrivere  il  tedio  senza  essere  tediosi, con franchezza di tocco, verità di particolari, una  giusta dose di umorismo e un'ammirevole direzione di attori. (Morando Morandini) Ecco un film  curioso e controcorrente... così grondante amarezza da poter molto piacere alle  anime umbratili che vestono  il mondo di grigio.., film d'epoca pensato come un omaggio al cinema del tempo perduto esprime con accoratezza sincera quel bisogno di autentici affetti, quell'ansia di vero, quella fame di futuro in cui si traduce lo scoramento di molti  americani.(Giovanni Grazzini) 


Otto lettere: ANARCHIA

E' sorprendente come certe parole abbiano in se la caratteristica di spaventare gli animi, proprio mentre l'idea alla quale corrispondono se ne va per il mondo e, purché si nasconda sotto un altro nome, è tranquillamente accolta. Una di queste è la parola anarchia.  (César De Paepe)

Gli anarchici intendono vivere senza dio e senza padrone; senza principali e senza direttori; a-legali, senza leggi così come senza pregiudizi; a-morali, senza obblighi così come senza morale collettiva; vogliono vivere liberamente. Nel loro intimo sono sempre degli a-sociali, refrattari, al-di-fuori, marginali, fiancheggiatori, disadattati. E se saranno obbligati a vivere in una società la cui costituzione ripugna al loro carattere, vi si stabiliranno come forestieri. (Emile Armand) 

Si può essere cattolici, liberali, radicali, socialisti, sindacalisti persino, senza nulla cambiare nella propria esistenza... L'anarchia invece obbligava innanzitutto a conciliare perfettamente parole e azioni, esigeva un totale cambiamento del proprio modo di essere. (Victor Serge)


giovedì 30 ottobre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo – parte quinta

I limiti del sindacalismo

L'autonomia del movimento operaio, unico soggetto rivoluzionario, è riflessa nella autonomia teorica dell'anarcosindacalismo, come schema strategico-tattico di resistenza e di attacco allo sfruttamento, come mezzo originale capace di sorreggere l'intero impianto della società libertaria, come formulazione autenticamente proletaria perché nata dalle esperienze della lotta quotidiana. Questa proclamata e praticata autosufficienza si presenta attraverso due presupposti fondamentali implicantisi l'uno con l'altro: i loro limiti assumono rilievo qualora siano confrontati e visti rispetto allo scopo implicito della loro azione, l'abolizione delle classi, l'abolizione dello Stato, la realizzazione della società anarchica.

Il primo presupposto è dato dalla identificazione del soggetto rivoluzionario che nello schema sindacalista viene ridotto alla classe operaia, anche se gli statuti delle Borse del lavoro prevedevano l'inserimento, nelle loro organizzazioni, delle masse contadine. La complessità dello scontro sociale, la trasformazione dei suoi rapporti di forza continuamente in evoluzione, l'imprevedibilità e la variabilità di altri fattori, ecc., sono ricondotti all'interno di un quadro riduttivo. La lotta sociale si riduce alla lotta economica tra classe capitalista e movimento operaio, nel senso che l'abolizione dello sfruttamento passa automaticamente attraverso l'abolizione della classe capitalista.

Così il secondo presupposto è dato implicitamente: la realizzazione della società libertaria non passa con lo sviluppo di un programma positivo dato e immesso forzatamente nel corso della storia. Programma e ideologia rivoluzionaria sono, per gli anarcosindacalisti, una conseguenza automatica derivante dall'eliminazione del nemico, il capitalismo. La dimensione rivoluzionaria e l'autenticità libertaria assumono valore solo alla luce di questa lotta, in modo tale che la garanzia e la positività dell'azione liberatrice vengono ricavate negativamente.

In questo modo i limiti dell'azione solamente economica risultano chiari: gli sfruttati sviluppando solo l'aspetto negativo, come lotta contro lo sfruttamento, rimandavano al dopo l'aspetto positivo, come lotta per il comunismo anarchico. Oltre a scindere i due momenti dell'interazione rivoluzionaria, cioè i mezzi e i fini, gli anarcosindacalisti non passavano dallo sviluppo della "coscienza di classe" a quello della coscienza rivoluzionaria. La loro azione rimaneva irrimediabilmente corporativa.

La società autoritaria e sfruttattrice, semplificata nell'immagine teorica dell'anarcosindacalismo, portava i suoi esponenti alla convinzione di aver scoperto il punto vulnerabile del sistema (la paralisi del lavoro) e la leva potente dell'azione rivoluzionaria (lo sciopero generale). Questo schema riduttivo, proprio delle analisi anarcosindacaliste, è ben riassunto nella rappresentazione meccanica dello scontro sociale, presente nel pensiero di Paul Delesalle riguardo allo sciopero generale tentato il 1° maggio 1906; a) sciopero generale ad opera di sindacati che paragoneremo a manovre di guarnigioni; b) cessazione del lavoro dovunque e a data fissa, che sarebbero le nostre grandi manovre; c) arresto generale completo, che metta il proletario in guerra aperta contro la società capitalistica; d) sciopero generale-Rivoluzione.

La "lettura" tutta economica della società portava l'anarcosindacalismo a sottovalutare altre forme di lotta, o a renderle strumentali rispetto a quella economica. Scrive Cristian de Goustine, riguardo all'evoluzione del pensiero di Pouget dall'anarchismo all'anarcosindacalismo "Contro lo Stato, Pouget preconizza l'apoliticismo l'antimilitarismo e lo sciopero generale rivoluzionario. Infine, egli definisce il ruolo del sindacato della società futura. L'apoliticismo e l'antimilitarismo e l'idea della rivoluzione sociale sono dei contributi anarchici al sindacalismo. Ma essi ora cambiano di senso. L'apoliticismo non è più l'affermazione della lotta contro il governo come manifestazione dell'Autorità, ma la presa di coscienza della solidarietà degli interessi della classe operaia... Noi abbiamo visto che l'antimilitarismo è uno degli interessi della classe operaia... Nella dottrina sindacalista, l'antimilitarismo si fonda sul principio della lotta contro l'esercito, per quel tanto che rappresenta e difende gli interessi della classe borghese contro la classe operaia".

Quando nell'agosto del 1914, dopo una serie sfortunata di scioperi falliti, si tentò senza successo lo sciopero generale contro la guerra, l'anarcosindacalismo francese evidenziò tutti i suoi limiti, ma più dei suoi limiti le sue velleità. Con la concessione di alcuni miglioramenti economici, i sindacati si trovarono in difficoltà nell'agitazione quotidiana, e furono costretti a ripiegare su una azione più moderata. Quest'ultima fu il frutto anche dell'uscita e del ritiro di molti militanti anarchici dal sindacalismo francese, il quale si configurava ora come sindacalismo "puro".

L'azione rivoluzionaria dell'anarcosindacalismo trovava prima il suo referente nella classe operaia e nel rifiuto della funzione positiva dell'ideologia. Ora, l'azione rivoluzionaria, non era più impersonificata e portata avanti dalla classe operaia. Liberatasi di quest'ultima, senza più nessuna identificazione ideologica, essa si era resa autonoma e libera, arrivando all'attivismo "puro" di stampo fascista e soreliano. L'azione, di per sé stessa, dava la dimensione rivoluzionaria e non più lo scopo: questa era l'inevitabile parabola dell'interpretazione negativa della lotta, unita al rifiuto della funzione positiva della ideologia.

Nulla di nuovo se oggi, al posto dell'azione "pura", alcuni gruppi "rivoluzionari" scoprano e teorizzino la "situazione" rivoluzionaria, svincolata da ogni identificazione ideologica.

Se oggi risulta estremamente importante l'esperienza storica dell'anarcosindacalismo, ciò è dovuto all'innesto teorico dell'anarchismo nel movimento operaio. Quest'ultimo, praticando l'azione diretta, sviluppò la dimensione rivoluzionaria della sua forza, proprio in virtù della pratica anarchica adottata. Il soggetto rivoluzionario, però, rimane l'anarchismo e il suo movimento storico.



 

APACHES

In lingua  zufri,  Apache vuol dire  "Nemico" e questo dice tutto sul modo nel  quale questo popolo era visto dai propri vicini.  Gli Hopi, però, preferivano chiamarli  "Gente  dei Cactus",  per contrapporre il proprio modo di vivere alloro, errante e nomade. Gli Apache infatti non coltivavano la terra né allevavano bestiame, e l'asprezza del territorio nel quale vivevano non consentiva loro di accumulare troppe provviste  per l'inverno: dunque, le razzie costituivano  l'unico mezzo attraverso  il quale procurarsi il necessario. La Loro economia, in sostanza, si basava sulla rapina. Apache è un  nome affascinante, che suggerisce un'affinità tra queste  coriacee piante  spinose  e il  modo  nel quale gli Apache affrontavano la vita in ogni suo aspetto. Guerra compresa. La guerra della "Gente dei Cactus" era, infatti, "pungente" proprio come le spine di  queste piante:  gli Apache rifuggivano  lo scontro  in campo aperto ogni  qualvolta ne avevano l'occasione e preferivano affidarsi a fulminee  incursioni, dopo le quali sparivano nel nulla come fantasmi. Il  loro era un modo di combattere rapido e brutale, dunque, ma anche insidioso, fatto di agguati  e ingegnose imboscate. Gli  Apaches  normalmente utilizzano tre tipologie di imboscate da loro.La prima, divenuta in seguito talmente nota  da non  ingannare quasi più nessuno, consisteva nel mandare uno sparuto gruppo di guerrieri  contro il  nemico, fingendo casualità nel contatto, e di farli poi ripiegare velocemente in modo da attirare gli inseguitori in trappola; per la riuscita erano necessari cavalli freschi e veloci, guerrieri coraggiosi disposti a fungere da  esca e un nemico poco accorto che si facesse prendere dall'entusiasmo di una facile vittoria. Meno conosciuto era il trucco di fingere una fuga dopo le prime scaramucce e di riparare con apparente panico all'interno di una zona di folta vegetazione, dove quindi la visibilità fosse scarsa, per poi uscirne in due gruppi separati che, manovrando a semicerchio, sorprendevano il nemico da entrambi i fianchi. Ma lo stratagemma più usato era quello più semplice: osservare con invisibili esploratori la marcia del nemico per poi  organizzare una letale imboscata in un luogo favorevole lungo il tragitto, in genere angusti canyon o gole dalle pareti a picco. In alcuni casi, ci si poteva permettere il lusso di risparmiare le preziose munizioni e bersagliare dall'alto  i nemici con massi e grosse pietre. 

La rivoluzione come frattura

La rivoluzione come frattura, come rottura di un ordine è, ormai un concetto stabilito. Ed il problema, oggi, è ancora una volta sapere se vi sia necessariamente identità tra rivoluzione e violenza: le ideologie costituiscono l’indispensabile strumento di analisi di un tale problema. Senza di esse il rischio di una violenza senza rivoluzione diventa immenso. Così nel sottile rapporto tra ideologia e  rivoluzione i  grandi  termini del combattimento  erano  stati essenzialmente «libertà» ed «eguaglianza», per il trionfo delle quali la  rivoluzione  si  presentava come l'arma necessaria. Ma la rivoluzione - la  parola impiegata da uomini di grande spirito liberale: da Mazzini a Lamartine, da Danton a Marat – veniva assorbita anche da quanti lottavano contro quella stessa libertà: è in tal senso significativo che sia il fascismo che il nazismo, per esempio, si siano presentati come rivoluzioni senza averne nessuna delle caratteristiche ed essendo carenti di ogni ideologia. In sostituzione di questa intervenivano concetti quali la purezza della razza, la rievocazione dei motivi o la riscoperta di passati mitologici. Proprio questo far ricorso non già a concetti, ma a sentimenti (di dubbia natura, per di più) mostrava l'intrinseca debolezza di quelle che si pretendevano «rivoluzioni» pur presentandosi come il rimedio unico contro tutte le rivoluzioni.


giovedì 23 ottobre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo – parte quinta

I mezzi di lotta

Anche i mezzi di lotta contro lo sfruttamento capitalistico, per la liberazione degli sfruttati dal giogo del salariato, si sviluppano rigorosamente sul terreno della lotta economica attraverso l'uso rivoluzionario delle associazioni operaie.

Gli scioperi di resistenza allo sfruttamento padronale, il boicottaggio del lavoro e il sabotaggio delle merci, l'azione diretta sfociante nello sciopero generale, ecco i mezzi propugnati e praticati in quegli anni dall'anarcosindacalismo francese.

Questi mezzi sono gli unici, secondo gli anarcosindacalisti, che permettono agli sfruttati di lottare sul proprio terreno, essi implicano, di conseguenza, una pratica di solidarietà attiva e concreta. Inoltre essi, nel momento della lotta, si ricompongono uniti come classe che sta interamente unita in contrapposizione rispetto alla classe borghese. Lo sciopero generale abitua gli sfruttati non solo "alla solidarietà e all'iniziativa"; esso è una rappresentazione collettiva della inconciliabilità degli interessi, presenti nella società borghese, tra il movimento operaio e la classe capitalista. Nello schema strategico dell'anarcosindacalismo, lo sciopero generale sostituisce l'insurrezione rivoluzionaria.

La lotta economica è la sole efficace anche per un'altra ragione teorica. Se infatti gli sfruttati lottano sul proprio terreno, essi non hanno bisogno di una minoranza guida che animi e organizzi la lotta. In questo modo l'anarcosindacalismo francese era convinto di aver risolto il problema del rapporto tra minoranze rivoluzionarie masse sfruttate. Era questa però una grossa velleità: gli stessi esponenti riconoscevano esplicitamente il ruolo insopprimibile di esse (9) e la stessa pratica lo confermava (negli "anni eroici" del sindacalismo anarchico, 1895-1906, gli operai organizzati non superarono mai il 20% dell'intera loro classe e tra gli organizzati solo una minoranza era nelle Borse del lavoro, l'organizzazione più combattiva).


Le origini del discorso e del dialogo

La “nascita del pupazzetto” secondo Kellogg e Morris, ripresa da D. Morris, riguarda in realtà solo la progressiva differenziazione della figura umana per parte dell'infante e — per le fasi da a a f — di uno  scimpanzé di età comparabile. Ma la serie progressiva secondo lo schema riportato può testimoniare altrettanto bene per la graduale codificazione linguistica del disegno a contorni in conformità alla teoria dell'informazione. Scimmia  o  infante, l'operatore inizia in effetti marcando segni a caso sul bianco del foglio; ed ha manovrato, dapprima  solo per  gioco, il mezzo tracciante che gli è stato messo in mano. A un certo punto l'operatore regolarizza il groviglio (c) nella matassa (d) e la matassa nel circolo (e) . Ha staccato così un disco dal campo operatorio e distinto in tal punto  un  corpo dallo spazio  che lo  racchiude. Il circolo, appena  tracciato, diventa cossi il segno di quel corpo. È in fondo la vecchia distinzione di figura e sfondo cara alla Gestaltpsychologie. Ma non è che  il primo passo. Una  e una sola disgiunzione binaria (pari a un bit — un'unità cioè — di informazione): ed è chiaro fin d'ora che ogni ulteriore determinazione  potrà essere di qui  in avanti analogamente indicata mediante l'aggiunta di analoghe disgiunzioni. Nella fase immediatamente successiva (f) riprende infatti (all'interno del cerchio) la marcatura disordinata della prima fase (a). E quando le marche visibili saranno almeno quattro (meglio se più di quattro), verrà spontaneo (k) di selezionarne  quattro sole (soppresse idealmente le ridondanti o crescenti): da leggere intanto come occhi-naso-bocca; da riproporre, subito dopo (l),  come tratti anzi emergenti e decisivi per l'allestimento del rudimentale ritratto. È un procedimento  praticamente identico al modello  proposto a suo tempo da Vitruvio per l'origine del linguaggio parlato. Gli uomini primitivi — dice in sostanza Vitruvio  — erravano da prima come fiere nei boschi, privi del linguaggio e di qualsiasi  barlume di vita associata. Scoperto per caso il fuoco,   cominciarono a radunarsi attorno ad esso per goderne i vantaggi; e a cooperare al fine di custodirlo e alimentarlo. «In quelle radunanze  di uomini — la traduzione procede di qui in avanti parola per parola — capitava loro di emettere suoni (voces) diversi a seconda del tirar del fiato; in un  secondo tempo, divenuta [ormai tale pratica] un'abitudine quotidiana, costituirono così come capitava anche certi aggregati di suoni (vocabula) e infine, significando [con il loro mezzo] le cose con cui più spesso gli avveniva di aver a che fare, cominciarono per caso a parlare a proposito. E questa fu l'origine dei discorsi e del dialogo». Il disegno nasce, come il parlato, per caso. Ma ciò che conta è il processo finalizzante che presiede alla selezione e alla fissazione delle mutazioni casuali. Sempre meno automatico, sempre più storicamente determinato, sarà quindi lo strumento principe per l'elaborazione consapevole del pensiero visivo nel corso delle grandi civiltà storiche.