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giovedì 30 ottobre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo – parte quinta

I limiti del sindacalismo

L'autonomia del movimento operaio, unico soggetto rivoluzionario, è riflessa nella autonomia teorica dell'anarcosindacalismo, come schema strategico-tattico di resistenza e di attacco allo sfruttamento, come mezzo originale capace di sorreggere l'intero impianto della società libertaria, come formulazione autenticamente proletaria perché nata dalle esperienze della lotta quotidiana. Questa proclamata e praticata autosufficienza si presenta attraverso due presupposti fondamentali implicantisi l'uno con l'altro: i loro limiti assumono rilievo qualora siano confrontati e visti rispetto allo scopo implicito della loro azione, l'abolizione delle classi, l'abolizione dello Stato, la realizzazione della società anarchica.

Il primo presupposto è dato dalla identificazione del soggetto rivoluzionario che nello schema sindacalista viene ridotto alla classe operaia, anche se gli statuti delle Borse del lavoro prevedevano l'inserimento, nelle loro organizzazioni, delle masse contadine. La complessità dello scontro sociale, la trasformazione dei suoi rapporti di forza continuamente in evoluzione, l'imprevedibilità e la variabilità di altri fattori, ecc., sono ricondotti all'interno di un quadro riduttivo. La lotta sociale si riduce alla lotta economica tra classe capitalista e movimento operaio, nel senso che l'abolizione dello sfruttamento passa automaticamente attraverso l'abolizione della classe capitalista.

Così il secondo presupposto è dato implicitamente: la realizzazione della società libertaria non passa con lo sviluppo di un programma positivo dato e immesso forzatamente nel corso della storia. Programma e ideologia rivoluzionaria sono, per gli anarcosindacalisti, una conseguenza automatica derivante dall'eliminazione del nemico, il capitalismo. La dimensione rivoluzionaria e l'autenticità libertaria assumono valore solo alla luce di questa lotta, in modo tale che la garanzia e la positività dell'azione liberatrice vengono ricavate negativamente.

In questo modo i limiti dell'azione solamente economica risultano chiari: gli sfruttati sviluppando solo l'aspetto negativo, come lotta contro lo sfruttamento, rimandavano al dopo l'aspetto positivo, come lotta per il comunismo anarchico. Oltre a scindere i due momenti dell'interazione rivoluzionaria, cioè i mezzi e i fini, gli anarcosindacalisti non passavano dallo sviluppo della "coscienza di classe" a quello della coscienza rivoluzionaria. La loro azione rimaneva irrimediabilmente corporativa.

La società autoritaria e sfruttattrice, semplificata nell'immagine teorica dell'anarcosindacalismo, portava i suoi esponenti alla convinzione di aver scoperto il punto vulnerabile del sistema (la paralisi del lavoro) e la leva potente dell'azione rivoluzionaria (lo sciopero generale). Questo schema riduttivo, proprio delle analisi anarcosindacaliste, è ben riassunto nella rappresentazione meccanica dello scontro sociale, presente nel pensiero di Paul Delesalle riguardo allo sciopero generale tentato il 1° maggio 1906; a) sciopero generale ad opera di sindacati che paragoneremo a manovre di guarnigioni; b) cessazione del lavoro dovunque e a data fissa, che sarebbero le nostre grandi manovre; c) arresto generale completo, che metta il proletario in guerra aperta contro la società capitalistica; d) sciopero generale-Rivoluzione.

La "lettura" tutta economica della società portava l'anarcosindacalismo a sottovalutare altre forme di lotta, o a renderle strumentali rispetto a quella economica. Scrive Cristian de Goustine, riguardo all'evoluzione del pensiero di Pouget dall'anarchismo all'anarcosindacalismo "Contro lo Stato, Pouget preconizza l'apoliticismo l'antimilitarismo e lo sciopero generale rivoluzionario. Infine, egli definisce il ruolo del sindacato della società futura. L'apoliticismo e l'antimilitarismo e l'idea della rivoluzione sociale sono dei contributi anarchici al sindacalismo. Ma essi ora cambiano di senso. L'apoliticismo non è più l'affermazione della lotta contro il governo come manifestazione dell'Autorità, ma la presa di coscienza della solidarietà degli interessi della classe operaia... Noi abbiamo visto che l'antimilitarismo è uno degli interessi della classe operaia... Nella dottrina sindacalista, l'antimilitarismo si fonda sul principio della lotta contro l'esercito, per quel tanto che rappresenta e difende gli interessi della classe borghese contro la classe operaia".

Quando nell'agosto del 1914, dopo una serie sfortunata di scioperi falliti, si tentò senza successo lo sciopero generale contro la guerra, l'anarcosindacalismo francese evidenziò tutti i suoi limiti, ma più dei suoi limiti le sue velleità. Con la concessione di alcuni miglioramenti economici, i sindacati si trovarono in difficoltà nell'agitazione quotidiana, e furono costretti a ripiegare su una azione più moderata. Quest'ultima fu il frutto anche dell'uscita e del ritiro di molti militanti anarchici dal sindacalismo francese, il quale si configurava ora come sindacalismo "puro".

L'azione rivoluzionaria dell'anarcosindacalismo trovava prima il suo referente nella classe operaia e nel rifiuto della funzione positiva dell'ideologia. Ora, l'azione rivoluzionaria, non era più impersonificata e portata avanti dalla classe operaia. Liberatasi di quest'ultima, senza più nessuna identificazione ideologica, essa si era resa autonoma e libera, arrivando all'attivismo "puro" di stampo fascista e soreliano. L'azione, di per sé stessa, dava la dimensione rivoluzionaria e non più lo scopo: questa era l'inevitabile parabola dell'interpretazione negativa della lotta, unita al rifiuto della funzione positiva della ideologia.

Nulla di nuovo se oggi, al posto dell'azione "pura", alcuni gruppi "rivoluzionari" scoprano e teorizzino la "situazione" rivoluzionaria, svincolata da ogni identificazione ideologica.

Se oggi risulta estremamente importante l'esperienza storica dell'anarcosindacalismo, ciò è dovuto all'innesto teorico dell'anarchismo nel movimento operaio. Quest'ultimo, praticando l'azione diretta, sviluppò la dimensione rivoluzionaria della sua forza, proprio in virtù della pratica anarchica adottata. Il soggetto rivoluzionario, però, rimane l'anarchismo e il suo movimento storico.



 

APACHES

In lingua  zufri,  Apache vuol dire  "Nemico" e questo dice tutto sul modo nel  quale questo popolo era visto dai propri vicini.  Gli Hopi, però, preferivano chiamarli  "Gente  dei Cactus",  per contrapporre il proprio modo di vivere alloro, errante e nomade. Gli Apache infatti non coltivavano la terra né allevavano bestiame, e l'asprezza del territorio nel quale vivevano non consentiva loro di accumulare troppe provviste  per l'inverno: dunque, le razzie costituivano  l'unico mezzo attraverso  il quale procurarsi il necessario. La Loro economia, in sostanza, si basava sulla rapina. Apache è un  nome affascinante, che suggerisce un'affinità tra queste  coriacee piante  spinose  e il  modo  nel quale gli Apache affrontavano la vita in ogni suo aspetto. Guerra compresa. La guerra della "Gente dei Cactus" era, infatti, "pungente" proprio come le spine di  queste piante:  gli Apache rifuggivano  lo scontro  in campo aperto ogni  qualvolta ne avevano l'occasione e preferivano affidarsi a fulminee  incursioni, dopo le quali sparivano nel nulla come fantasmi. Il  loro era un modo di combattere rapido e brutale, dunque, ma anche insidioso, fatto di agguati  e ingegnose imboscate. Gli  Apaches  normalmente utilizzano tre tipologie di imboscate da loro.La prima, divenuta in seguito talmente nota  da non  ingannare quasi più nessuno, consisteva nel mandare uno sparuto gruppo di guerrieri  contro il  nemico, fingendo casualità nel contatto, e di farli poi ripiegare velocemente in modo da attirare gli inseguitori in trappola; per la riuscita erano necessari cavalli freschi e veloci, guerrieri coraggiosi disposti a fungere da  esca e un nemico poco accorto che si facesse prendere dall'entusiasmo di una facile vittoria. Meno conosciuto era il trucco di fingere una fuga dopo le prime scaramucce e di riparare con apparente panico all'interno di una zona di folta vegetazione, dove quindi la visibilità fosse scarsa, per poi uscirne in due gruppi separati che, manovrando a semicerchio, sorprendevano il nemico da entrambi i fianchi. Ma lo stratagemma più usato era quello più semplice: osservare con invisibili esploratori la marcia del nemico per poi  organizzare una letale imboscata in un luogo favorevole lungo il tragitto, in genere angusti canyon o gole dalle pareti a picco. In alcuni casi, ci si poteva permettere il lusso di risparmiare le preziose munizioni e bersagliare dall'alto  i nemici con massi e grosse pietre. 

La rivoluzione come frattura

La rivoluzione come frattura, come rottura di un ordine è, ormai un concetto stabilito. Ed il problema, oggi, è ancora una volta sapere se vi sia necessariamente identità tra rivoluzione e violenza: le ideologie costituiscono l’indispensabile strumento di analisi di un tale problema. Senza di esse il rischio di una violenza senza rivoluzione diventa immenso. Così nel sottile rapporto tra ideologia e  rivoluzione i  grandi  termini del combattimento  erano  stati essenzialmente «libertà» ed «eguaglianza», per il trionfo delle quali la  rivoluzione  si  presentava come l'arma necessaria. Ma la rivoluzione - la  parola impiegata da uomini di grande spirito liberale: da Mazzini a Lamartine, da Danton a Marat – veniva assorbita anche da quanti lottavano contro quella stessa libertà: è in tal senso significativo che sia il fascismo che il nazismo, per esempio, si siano presentati come rivoluzioni senza averne nessuna delle caratteristiche ed essendo carenti di ogni ideologia. In sostituzione di questa intervenivano concetti quali la purezza della razza, la rievocazione dei motivi o la riscoperta di passati mitologici. Proprio questo far ricorso non già a concetti, ma a sentimenti (di dubbia natura, per di più) mostrava l'intrinseca debolezza di quelle che si pretendevano «rivoluzioni» pur presentandosi come il rimedio unico contro tutte le rivoluzioni.


giovedì 23 ottobre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo – parte quinta

I mezzi di lotta

Anche i mezzi di lotta contro lo sfruttamento capitalistico, per la liberazione degli sfruttati dal giogo del salariato, si sviluppano rigorosamente sul terreno della lotta economica attraverso l'uso rivoluzionario delle associazioni operaie.

Gli scioperi di resistenza allo sfruttamento padronale, il boicottaggio del lavoro e il sabotaggio delle merci, l'azione diretta sfociante nello sciopero generale, ecco i mezzi propugnati e praticati in quegli anni dall'anarcosindacalismo francese.

Questi mezzi sono gli unici, secondo gli anarcosindacalisti, che permettono agli sfruttati di lottare sul proprio terreno, essi implicano, di conseguenza, una pratica di solidarietà attiva e concreta. Inoltre essi, nel momento della lotta, si ricompongono uniti come classe che sta interamente unita in contrapposizione rispetto alla classe borghese. Lo sciopero generale abitua gli sfruttati non solo "alla solidarietà e all'iniziativa"; esso è una rappresentazione collettiva della inconciliabilità degli interessi, presenti nella società borghese, tra il movimento operaio e la classe capitalista. Nello schema strategico dell'anarcosindacalismo, lo sciopero generale sostituisce l'insurrezione rivoluzionaria.

La lotta economica è la sole efficace anche per un'altra ragione teorica. Se infatti gli sfruttati lottano sul proprio terreno, essi non hanno bisogno di una minoranza guida che animi e organizzi la lotta. In questo modo l'anarcosindacalismo francese era convinto di aver risolto il problema del rapporto tra minoranze rivoluzionarie masse sfruttate. Era questa però una grossa velleità: gli stessi esponenti riconoscevano esplicitamente il ruolo insopprimibile di esse (9) e la stessa pratica lo confermava (negli "anni eroici" del sindacalismo anarchico, 1895-1906, gli operai organizzati non superarono mai il 20% dell'intera loro classe e tra gli organizzati solo una minoranza era nelle Borse del lavoro, l'organizzazione più combattiva).


Le origini del discorso e del dialogo

La “nascita del pupazzetto” secondo Kellogg e Morris, ripresa da D. Morris, riguarda in realtà solo la progressiva differenziazione della figura umana per parte dell'infante e — per le fasi da a a f — di uno  scimpanzé di età comparabile. Ma la serie progressiva secondo lo schema riportato può testimoniare altrettanto bene per la graduale codificazione linguistica del disegno a contorni in conformità alla teoria dell'informazione. Scimmia  o  infante, l'operatore inizia in effetti marcando segni a caso sul bianco del foglio; ed ha manovrato, dapprima  solo per  gioco, il mezzo tracciante che gli è stato messo in mano. A un certo punto l'operatore regolarizza il groviglio (c) nella matassa (d) e la matassa nel circolo (e) . Ha staccato così un disco dal campo operatorio e distinto in tal punto  un  corpo dallo spazio  che lo  racchiude. Il circolo, appena  tracciato, diventa cossi il segno di quel corpo. È in fondo la vecchia distinzione di figura e sfondo cara alla Gestaltpsychologie. Ma non è che  il primo passo. Una  e una sola disgiunzione binaria (pari a un bit — un'unità cioè — di informazione): ed è chiaro fin d'ora che ogni ulteriore determinazione  potrà essere di qui  in avanti analogamente indicata mediante l'aggiunta di analoghe disgiunzioni. Nella fase immediatamente successiva (f) riprende infatti (all'interno del cerchio) la marcatura disordinata della prima fase (a). E quando le marche visibili saranno almeno quattro (meglio se più di quattro), verrà spontaneo (k) di selezionarne  quattro sole (soppresse idealmente le ridondanti o crescenti): da leggere intanto come occhi-naso-bocca; da riproporre, subito dopo (l),  come tratti anzi emergenti e decisivi per l'allestimento del rudimentale ritratto. È un procedimento  praticamente identico al modello  proposto a suo tempo da Vitruvio per l'origine del linguaggio parlato. Gli uomini primitivi — dice in sostanza Vitruvio  — erravano da prima come fiere nei boschi, privi del linguaggio e di qualsiasi  barlume di vita associata. Scoperto per caso il fuoco,   cominciarono a radunarsi attorno ad esso per goderne i vantaggi; e a cooperare al fine di custodirlo e alimentarlo. «In quelle radunanze  di uomini — la traduzione procede di qui in avanti parola per parola — capitava loro di emettere suoni (voces) diversi a seconda del tirar del fiato; in un  secondo tempo, divenuta [ormai tale pratica] un'abitudine quotidiana, costituirono così come capitava anche certi aggregati di suoni (vocabula) e infine, significando [con il loro mezzo] le cose con cui più spesso gli avveniva di aver a che fare, cominciarono per caso a parlare a proposito. E questa fu l'origine dei discorsi e del dialogo». Il disegno nasce, come il parlato, per caso. Ma ciò che conta è il processo finalizzante che presiede alla selezione e alla fissazione delle mutazioni casuali. Sempre meno automatico, sempre più storicamente determinato, sarà quindi lo strumento principe per l'elaborazione consapevole del pensiero visivo nel corso delle grandi civiltà storiche.


NOI VOGLIAMO

Noi vogliamo dunque abolire radicalmente la dominazione e lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, noi vogliamo che gli uomini affratellati da una solidarietà cosciente e voluta cooperino tutti volontariamente al benessere di tutti; noi vogliamo che la società sia costituita allo scopo di fornire a tutti gli essere umani i mezzi per raggiungere il massimo benessere possibile, il massimo possibile sviluppo morale e materiale; noi vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza.

E per raggiungere questo scopo supremo noi crediamo necessario che i mezzi di produzione siano a disposizione di tutti, e che nessun uomo, o gruppi di uomini possa obbligare gli altri a sottostare alla sua volontà né esercitare la sua influenza altrimenti che con la forza della ragione e dell'esempio.

Dunque espropriazione dei detentori del suolo e del capitale a vantaggio di tutti, abolizione del governo.

Ed aspettando che questo si possa fare: propaganda dell'ideale; organizzazione delle forze popolari; lotta continua, pacifica o violenta secondo le circostanze, contro il governo e contro i proprietari per conquistare quanto più si può di libertà e di benessere per tutti.



giovedì 16 ottobre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo – parte quarta

La carta d'Amiens

Il riferimento teorico fondamentale della teoria anarcosindacalista è dato dall'autonomia del movimento operaio. Esso rappresenta il vero e unico soggetto rivoluzionario, il solo in grado di sviluppare l'azione liberatrice in virtù della sua funzione produttrice dell'intera ricchezza sociale. Per riappropriarsi di essa, perché l'autonomia del movimento operaio diventi feconda di pratica rivoluzionaria, l'intera classe degli sfruttati deve trovare la sua unità sulla base del vero denominatore comune: l'eguale condizione sociale dovuta allo sfruttamento economico. La realizzazione di questa unità, condizione fondamentale della forza del movimento operaio, si ottiene solo escludendo, all'interno delle associazioni operaie, ogni "scuola politica" perché fonte di possibile discordia e divisione.

"La Confederazione del lavoro non può divenire una potenza che a immagine del comitato federale delle Borse, che conta il più gran numero di rappresentanti delle diverse scuole socialiste, elemento stesso della sua vitalità perché i delegati che partecipano e prendono posto, abdicano alle loro preferenze politiche limitandosi alle loro discussioni corporative". Così Fernand Pelloutier riassume il pensiero che anima le Borse del lavoro, pochi giorni prima che egli ne diventi segretario, in una riunione a Nîmes organizzata per decidere se entrare nella Confederazione Generale del Lavoro che verrà fondata nel settembre 1895 a Limoges. Questa tendenza verrà accentuata l'interno della C.G.T. dopo il 1902, quando al congresso di Montpellier, la federazione delle Borse e la C.G.T. formeranno una unica organizzazione. Pouget, che sarà per alcuni anni segretario aggiunto riconferma questo punto di vista in un opuscolo dal titolo "Il partito del lavoro". Scriveva Pouget "Il partito del lavoro coordina degli interessi e non delle opinioni. Questa potenza d'assorbimento delle divergenze individuali è la ragione dell'accordo che lega forzatamente la comunità di interessi, e dà, al Partito del Lavoro, una superiorità di vitalità e di azione mettendolo al riparo dai torti presenti nei partiti politici".

Il rifiuto della componente politica altro non è che il rifiuto dell'ingerenza dei "dottori del socialismo" nell'elaborazione di una autentica teoria proletaria. Quest'ultima si sviluppa sulla negazione stessa della funzione dell'ideologia, prodotto della cultura appartenente alle classi dominanti. Anche l'ideologia rivoluzionaria altro non è che una dimensione astratta e alienante, poiché i valori su cui è costruita, poggiano su un progetto positivo avulso dalla lotta sociale; il movimento operaio pertanto deve, anche nel campo teorico, elaborare per proprio conto i valori che sono alla base della sua azione di lotta quotidiana. "Nei militanti, desiderosi di dare il primo posto all'azione sindacale, vi è un sentimento di opposizione brutale alla borghesia, non vi è nessuna preoccupazione che si riattacchi ad un piano preconcetto e ad una teoria dell'insieme.Gli uni si sforzano di riallacciare le origini del movimento operaio attuale ai principi enunciati dalla concezione anarchica; gli altri si studiano al contrario di trovarli nella concezione socialista... Secondo me, il movimento operaio non risale a nessuna di queste due sorgenti". Questa precisa affermazione di Victor Griffuelhes segretario generale per tanti anni della C.G.T. conferma lo spirito e le idee che animavano l'anarcosindacalismo di quegli anni.

Esse troveranno compiutezza teorica nella famosa carta d'Amiens votata dal congresso confederale il 13 ottobre 1906 con 830 voti favorevoli contro 9 contrari. Questa riafferma la assoluta autonomia del movimento operaio rispetto ad ogni movimento politico e rivoluzionario, compreso quello anarchico per "rafforzare il più possibile i sindacati, l'razione economica va condotta direttamente contro il padronato; le organizzazioni confederate, in quanto gruppi sindacali, non devono occuparsi di sètte di partiti, che sono liberi al di fuori, e, indipendentemente dai sindacati, di lavorare per la trasformazione sociale che ritengono più appropriata". Inoltre l'anarcosindacalismo passa dalla fase di resistenza alla fase costruttiva, esso non è più un mezzo di opposizione allo sfruttamento capitalistico, ma l'organizzazione stessa su cui poggerà la società futura. "I sindacati raccomandano lo sciopero generale come mezzo per l'attuazione di questo fine, e affermano che il sindacato, attualmente un gruppo di resistenza, sarà in futuro il gruppo responsabile della produzione e della distribuzione, cioè la base dell'organizzazione sociale". Questa affermazione di assoluta autonomia non solo nel momento della lotta, ma anche in quello più complesso della ricostruzione sociale, pone una divisione abbastanza profonda con il movimento anarchico specifico: la negazione di efficacia di altri mezzi rivoluzionari sarà infatti combattuta e discussa al congresso internazionale anarchico di Amsterdam del 1907.



LA DISTRUZIONE - Charles Baudelaire

Accanto a me incessantemente s'agita 

il Demonio, e mi gira intorno come 

aria impalpabile; io l'ingoio e sento 

che mi brucia il polmone, e d'un eterno 

desiderio colpevole lo colma. 

A volte, conoscendo l'amor mio 

per l'Arte, mi si mostra sotto forma 

di donna seducente, e con speciosi 

pretesti, comportandosi da ipocrita, 

a filtri infami le mie labbra avvezza. 

In mezzo alle distese solitarie 

e profonde del tedio egli mi guida 

ansante e affranto di fatica, lungi 

dallo sguardo di Dio, e dentro agli occhi 

conturbati m'avventa vesti lorde, 

ferite aperte e tutto il sanguinoso 

triste apparato della Distruzione!




Senza integrazione non c’è disintegrazione

L’anarchia è la migliore forma di organizzazione sociale anche, e soprattutto, perché è l’unica che si adatta alla nostra forma di vita a meno di non supporre, ma sarebbe da sciocchi, che nel nostro genoma c’è anche la propensione alla autodistruzione.

Bisogna quindi amare e vivere nelle natura guardando gli animali non vuol dire lottare contro il progresso, ma contro la sua degenerazione. Nella nostra natura c’è sia l’anarchia che la tecnologia: non facciamo errori grossolani. Qui è non comprendere che anche la tecnologia, che è neutrale è stata poi assoggettata alle teorie dell’assurdo; se, come me, non poni cesura totale tra naturale e culturale allora anche la tecnica, in senso non banale, è natura: perché ne è emersione. 

Utilizzare gli strumenti interni al sistema che si contesta scatenando le contraddizioni, questo è necessario, senza integrazione non c’è disintegrazione: generando paradossi l’anarchia sarà possibile.

giovedì 9 ottobre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo – parte terza

Le borse del lavoro

Questa ricostituzione avviene per gradi. Nel 1886 si costituisce la Federazione nazionale dei sindacati, organizzata sul raggruppamento per mestieri, ad indirizzo inizialmente moderato e riformista. Un anno dopo a Parigi viene fondata la prima Borsa del lavoro, negli anni seguenti altre ne verranno fondate in altre città francesi. Esse formeranno una federazione a partire dal febbraio 1892 con il loro congresso svoltosi a Saint-Etienne. Le Borse, a differenza dei sindacati, svolgono diverse funzioni, oltre a sviluppare la resistenza al padronato: ufficio di collocamento, cassa di disoccupazione, aiuto economico agli operai di passaggio e agli emigranti stranieri, ricerca e studio statistico dell'economia locale nazionale, diffusione della cultura scientifica ed umanistica attraverso conferenze, servizio di biblioteca, ecc..

Sebbene all'inizio avessero avuto l'appoggio delle autorità locali municipali e a volte dirette sovvenzioni governative, con l'entrata di molti anarchici esse finirono per diventare veri centri operai rivoluzionari. La loro azione, dopo il 1892, si farà sempre più autonoma rispetto ad ogni ingerenza politica e governativa, e dal 1895, con la nomina di Pelloutier a segretario generale, esse diverranno di ispirazione decisamente anarcosindacalista.

Nello stesso anno viene fondata la Confederazione Generale del Lavoro, prodotto dell'unione di molti sindacati nazionali; le Borse, però, vi aderiranno solamente nel 1902. Anche la Federazione dei sindacati nazionali era venuta, negli anni precedenti, ad un atteggiamento sempre più autonomo rispetto alle "scuole" e a partiti politici. Nel 1888 con il congresso di Bouscat, e nel 1892, con quello di Marsiglia, vengono ripetutamente affermati i temi dell'autonomia operaia e dello sciopero generale. Due anni dopo nel 1894, al congresso di Nantes, presenti anche alcuni delegati delle Borse, i guesdisti di ispirazione marxista che avevano proposto la strumentalizzazione delle lotte economico-sindacali per la conquista del potere, vengono clamorosamente battuti. È proprio il discorso della anarchico Pelloutier a fare riapprovare lo sciopero generale. Dal 1895 con la costituzione della C.G.T. e l'influenza anarchica delle Borse, inizia il vero periodo anarcosindacalista del movimento operaio francese, periodo che si concluderà dopo il 1908 per il fallimento di alcuni tentativi di sciopero generale, per lo scontro feroce e l'epilogo sanguinoso di parecchie lotte sociali, per la diversa situazione politica ed economica della Francia.

Comunque in questo periodo, definito eroico dallo storico francese Dolleans, la classe operaia si viene ad organizzare federalisticamente attraverso l'esperienza delle lotte. La propaganda anarcosindacalista porterà le camere sindacali, che nel decennio 1880-1890 erano passate da 500 a 1000, a salire, nel decennio 1890-1900 da 1000 a 2685 con 492.647 iscritti.

Sebbene esse organizzassero una parte minima del proletariato francese (nel 1902 su 3.285.911 operai dell'industria solo 614.000 sono organizzati) la loro opera di stimolo, portata avanti soprattutto dalle Borse, contribuì a sviluppare un entusiasmo ed un ottimismo prima sconosciuto. A rendere più intransigente la condotta della lotta operaia contribuiva in quegli anni anche la politica, parlamentare, legale e moderata della socialdemocrazia francese ed europea. È questo un altro motivo non indifferente dell'innesto dell'anarchismo nelle associazioni operaie, sulla scia di un ritorno originale, anche se male interpretato, allo spirito e agli insegnamenti della Prima Internazionale.

La pratica libertaria nella lotta economica, l'entrata consistente di molti anarchici nei sindacati, il decentramento federalistico e la gestione conseguente delle Borse del lavoro, l'asprezza dello scontro sociale di quegli anni, lo spirito di sacrificio e di eroismo di molti esponenti anarcosindacalisti, ecc., queste le ragioni della nascita e dello sviluppo anarcosindacalista. Su queste esperienze, per certi versi originali e proprie solo del movimento operaio francese, si viene ad elaborare una teoria conseguente che accamperà la pretesa di essere autenticamente unica ed autosufficiente.

In parte essa lo fu, perché caratteri di estremismo teorico culminante con la "Carta d'Amiens" delle 1906, non si ritroveranno nelle organizzazioni anarcosindacaliste di altri paesi, come Spagna, Italia, Argentina, ecc.. Vediamo quindi più da vicino questa teoria.



ALICE’S RESTAURANT MASSACRE – Arlo Guthrie

Questa canzone si chiama "Il Ristorante di Alice", è su Alice, e sul ristorante, ma “Alice’s Restaurant” non è il nome del ristorante, è solo il nome della canzone, ed è per questo che ho chiamato la canzone

"Il Ristorante di Alice".

Puoi avere quel che ti pare al ristorante di Alice,

puoi avere quel che ti pare al ristorante di Alice,

vacci a piedi e entraci, è giusto là dietro,

appena a un chilometro dalla ferrovia,

puoi avere quel che ti pare al ristorante di Alice.


Ora, tutto è nato due feste del Ringraziamento fa, è stato due anni fa nel giorno del Ringraziamento, quando io ed il mio amico siamo andati a fare una visitina a Alice al ristorante, ma Alice non vive nel ristorante, vive nella chiesa vicina al ristorante, nel campanile, con suo marito Ray e il cane Fasha. E siccome vivono in quella maniera, nel campanile, hanno un sacco di spazio giù al piano di sotto dove prima ci stavano le panche da chiesa. E siccome hanno tutto quello spazio, e vedendo come hanno portato via tutte le panche da chiesa, hanno deciso che non dovevano portare fuori la loro spazzatura per un bel po’ di tempo.

Siamo saliti là sopra, abbiamo trovato tutta la spazzatura che c’era dentro e abbiamo deciso che sarebbe stato un gesto da amici portare la spazzatura alla discarica cittadina. Così abbiamo preso una mezza tonnellata di spazzatura, l’abbiamo infilata dietro un furgone Volkswagen rosso, abbiamo preso pale, rastrelli e attrezzi per smaltire, e abbiamo fatto rotta verso la discarica comunale.

Beh, siamo arrivati là e c’era un grosso segnale, con una catena tutta attorno alla discarica, che diceva “Chiuso il giorno del Ringraziamento”. Non avevamo mai sentito prima di una discarica chiusa il giorno del Ringraziamento, e con le lacrime agli occhi siamo andati via nel tramonto, cercando un altro posto dove buttare la spazzatura.

Non ne abbiamo trovato nessuno, finché non siamo arrivati in una stradina laterale, e sul lato della stradina laterale c’era un altro burrone di una decina di metri, e in fondo al burrone c’era un altro mucchio di spazzatura. Abbiamo deciso che un grosso mucchio è meglio di due piccoli mucchi, e piuttosto di portare su quell’altro abbiamo deciso di buttare giù il nostro.

Questo è quel che abbiamo fatto, siamo tornati alla chiesa, abbiamo fatto una

cena di Ringraziamento assolutamente imbattibile, siamo andati a dormire e non ci siamo svegliati che la mattina dopo, quando abbiamo ricevuto una telefonata dall’agente Obie. Ha detto, “Ragazzo, abbiamo trovato il tuo nome su una busta in fondo a mezza tonnellata di spazzatura, e volevamo giusto sapere se ne sai qualcosa.” Io gli ho risposto: “Sì, signor agente Obie, non posso mentire, ho messo io la busta sotto quella spazzatura.”

Dopo aver parlato con Obie per circa tre quarti d’ora al telefono, siamo finalmente arrivati al nocciolo della questione, e lui ha detto che dovevamo scendere laggiù e raccogliere la spazzatura, e che dovevamo anche andare a parlare con lui al commissariato. E così siamo montati sul furgone Volkswagen con le pale, i rastrelli e gli arnesi per smaltire e ci siamo diretti al commissariato di polizia.

Ora, amici, c’erano solo due cose che Obie avrebbe potuto fare al commissariato: la prima era che avrebbe potuto darci una medaglia per essere stati tanto onesti e coraggiosi al telefono, cosa che non era molto probabile e che non ci aspettavamo; e l’altra era che avrebbe potuto sgridarci e dirci non farci più vedere a portare ancora in giro spazzatura per tutto il circondario, che era quel che ci aspettavamo; ma quando siamo andati al commissario c’era un’altra possibilità che non avevamo nemmeno preso in considerazione, e insomma siamo stati tutti e due arrestati. Ammanettati. E io dissi: “Obie, non penso di poter raccattare la spazzatura con queste manette addosso.” E lui: “Zitto, ragazzo. Siediti dietro sulla macchina di pattuglia.”

Ed è quel che abbiamo fatto. Ci siamo messi a sedere dietro sulla macchina di pattuglia e ci siamo recati sulla (inizio citazione) Scena del delitto (fine citazione). Voglio raccontarvi della città di Stockbridge, Massachusetts, dove tutto questo è accaduto. Avevano tre segnali di stop, due agenti e una macchina della polizia, ma quando ci siamo recati sulla Scena del Delitto c’erano cinque agenti e tre macchine della polizia, dato che si trattava del peggior crimine degli ultimi cinquant’anni, e tutti volevano andare sul giornale. E stavano pure usando ogni sorta di roba da sbirri che era stata non so quanto a ciondolare inutilizzata al commissariato.

Rilevavano le tracce di pneumatici col gesso, le impronte digitali, le tracce coi cani segugi, e presero pure ventisette fotografie a 8/10 colori su carta patinata con cerchietti e freccette, e una dicitura sul retro di ciascuna che spiegava come ognuna di esse avrebbe potuto essere utilizzata come prova contro di noi. Presero fotografie all’arrivo, alla partenza, del settore nord-ovest, del settore sud-ovest, per non parlare della fotografia aerea. 

Dopo tutto quel patire, siamo tornati in prigione. Obie disse che che ci avrebbe messo in cella. Disse: “Ragazzo, ti metto in cella, dammi il portafoglio e la cintura.” E io dissi: “Obie, posso anche capire che tu voglia il mio portafoglio, così non avrò soldi da spendere in cella, ma per che cazzo la vuoi, la mia cintura?” E lui disse: “Ragazzo, non vogliamo che tu ti impicchi.” Io dissi: “Obie, pensi che io mi impicchi per sparpagliamento di spazzatura?” Obie disse che voleva essere sicuro, e, amici, lo voleva sul serio perché tirò via pure la ciambella del cesso in modo che io non potessi sbattermela in testa e affogarci, e portò via anche la carta igienica perché non potessi piegare le sbarre, srotolare fuori, insomma srotolare la carta igienica fuori dalla finestra, far scivolare fuori il rotolo e evadere. Obie voleva essere sicuro, e fu quattro o cinque ore più tardi che Alice (vi ricordate di Alice? E’ una canzone su Alice), insomma Alice arrivò, e con qualche paroletta un po’ incazzata a Obie ci tirò fuori di galera su cauzione, e tornammo alla chiesa facendoci un'altra cena di Ringraziamento assolutamente imbattibile, e non ci alzammo fino alla mattina dopo, quando dovevamo tutti quanti andare in tribunale. 

Siamo entrati, e ci siamo messi a sedere, Obie entrò con le ventisette fotografie a 8/10 colori su carta patinata con i cerchietti e le freccette, ognuna con una dicitura sul retro, e si mise a sedere. Un tizio entrò e disse: “Tutti in piedi.” Tutti ci siamo alzati in piedi, e Obie si alzò con le ventisette fotografie a 8/10 colori su carta patinata, e il giudice entrò, si mise a sedere con una guardia, si mise a sedere e noi ci mettemmo a sedere. Obie guardò il guardiano. Poi guardò le ventisette fotografie a 8/10 colori su carta patinata con cerchietti e freccette, ognuna con una dicitura sul retro, e scoppiò a piangere perché Obie si rese conto che si trattava di un tipico caso di mala giustizia americana, e che non ci poteva fare nulla, e che il giudice non avrebbe guardato le ventisette fotografie a 8/10 colori su carta patinata con i cerchietti e le freccette, ognuna con una dicitura sul retro che spiegava che ciascuna avrebbe potuto essere utilizzata come prova a nostro carico. Insomma ci fu appioppata una multa di 50 dollari, e dovemmo ritirare su la spazzatura sotto la neve, ma non è questo che ero venuto a raccontarvi.

Ero venuto a raccontare della visita di leva.

C’era un palazzo a New York, si chiama Whitehall Street, dove entri, dove ti viene fatta una puntura di qualcosa, e poi vieni ispezionato rilevato infettato scartato e dichiarato abile-arruolato. Ci andai un giorno per fare la mia visita attitudinale, ed entrai, mi misi a sedere, la sera prima mi ero divertito un mondo e mi ero inciuccato e così mi sentivo proprio alla grande, e avevo un aspetto proprio alla grande quando entrai là quella mattina. Perché volevo somigliare a un tipico ragazzo americano di New York, gente, accidenti se lo volevo, volevo sentirmi come un tipico –insomma volevo essere un tipico ragazzo americano di New York, e entrai, mi misi a sedere e fui rivoltato in tutti i modi e tutte le salse, e ogni tipo di cose brutte, meschine e orribili del genere. Entrai, mi misi a sedere, e mi diedero un pezzo di carta che diceva: “Ragazzo, vai dallo psichiatra, stanza 604.”

Andai su, e dissi: “Strizzacervelli, voglio uccidere. Cioè, insomma, voglio uccidere. Voglio vedere, voglio vedere sangue, sangue rappreso, visceri e vene da prendere a morsi. Voglio mangiare cadaveri carbonizzati. Voglio dire uccidere, Uccidere, UCCIDERE, UCCIDERE.” E cominciai a saltellare su e giù berciando “UCCIDERE! UCCIDERE!”, e lui cominciò a saltellare su e giù insieme a me berciando “UCCIDERE! UCCIDERE!”. Poi arrivò il sergente, mi appuntò una medaglia, mi rimandò giù nella hall e disse: “Sei quello che fa per noi, ragazzo.”

La cosa non mi fece sentire troppo bene.

Scesi giù nella hall beccandomi ancora più iniezioni ispezioni rilevazioni scartazioni e ogni sorta di cose che mi stavano facendo in quel posto di merda là, e ci restai due ore, tre ore, quattro ore, ci rimasi a lungo beccandomi ogni sorta di cose brutte stronze bastarde e insomma ci stavo proprio passando un brutto quarto d’ora là, e loro stavano ispezionando e iniezionando ogni mia parte, non lasciavano intatta neanche una parte. Scesi ancora, e quando alla fine arrivai a vedere l’ultima persona, entrai, entrai e mi misi a sedere dopo aver dovuto passare tutta quella roba, entrai e dissi: “Cosa vuoi?”. Lui disse, “Ragazzo, abbiamo solo una domanda da farti. Sei mai stato arrestato?”

E io provvidi a raccontargli la storia di tutto quel gran casino al Ristorante di Alice, con tutta l’orchestrazione e partitura armonica in cinque parti e cose del genere e tutto il fenome… -e lui mi stoppò là e mi disse: “Ragazzo, sei mai stato processato?”

E io provvidi a raccontargli la storia delle ventisette fotografie a 8/10 colori con i cerchietti e le freccette, ognuna con una dicitura sul retro, e lui mi stoppò là e mi disse: “Ragazzo, voglio che tu ti metta a sedere su quella panca che dice Gruppo W…ORA, ragazzo!!” 

E insomma io andai a quella panca, a quella panca là, dove c’erano quelli del Gruppo W, dove ti mettono se non hai i requisiti morali necessari per entrare nell’esercito dopo aver commesso un certo crimine, e c’era ogni sorta di gente brutta stronza e bastarda su quella panca. Stupratori di mamme. Accoltellatori di papà. Stupratori di papà! Stupratori di papà che se ne stavano là a sedere su quella panca, accanto a me! Ed erano dei tipi brutti stronzi bastardi orribili e criminali, quelli che stavano là a sedere accanto a me. E il più brutto, più stronzo e più bastardo, lo stupratore di papà più merdoso di tutti, mi si stava avvicinando e era un brutto stronzo bastardo orribile e ogni sorta di cose di quel genere, e era seduto accanto a me e diceva: “Ragazzo, cazzo hai fatto?” Io dissi: “Non ho fatto nulla, ho dovuto pagare 50 dollari e raccattare la spazzatura.” Lui disse: “Per cosa ti hanno arrestato, ragazzo?” E io dissi: “Per sparpagliamento di spazzatura:” E tutti allora si scostarono da me sulla panca, e mi fecero degli sguardi torvi e ogni sorta di cose brutte e stronze finché non dissi: “E ho creato un fastidio”. Allora tutti si riavvicinarono, mi strinsero le mani, e ci divertimmo un sacco sulla panca, parlando di crimini, di accoltellamenti della mamma, di stupro del papà, e sulla panca parlammo di ogni tipo di quelle cose alla moda. E tutto andava bene, fumavamo sigarette e ogni sorta di roba, finché non entrò il Sergente con dei fogli in mano, li tirò su e disse: 

“Ragazzi, questo-pezzo-di-carta-ha-47-parole-37-frasi-58-parole-vogliamo-sapere-dettagli-sulla-tempistica-del-crimine-e-ogni-altra-sorta-di-cose-che-potete-dire-attinenti-al-crimine-Voglio-sapere-motivodellarresto-nomedell'agente-e-ogni-altra-sorta-di-cose-che-potete-dire”, e parlò per tre quarti d’ora e nessuno capì una parola di quello che diceva, ma ci divertimmo a riempire i formulari e a giocherellare con le matite su quella panca, e io compilai tutto il Casino con partitura armonica in quattro parti, e ce lo scrissi proprio com’era, e tutto era a posto e posai la matita, ripiegai il pezzo di carta e là dall’altro lato, nel mezzo dell’altro lato, completamente da una parte sull’altro lato, fra parentesi, in lettere maiuscole, lessi la seguente dicitura:

(“RAGAZZO, TI SEI RAVVEDUTO?”)

Andai dal Sergente e dissi: “Sergente, certo che ci hai davvero un bel fegato a chiedermi se mi sono ravveduto, dico io, dico io, insomma, sono qui a sedere sulla panca, voglio dire sto qui a sedere sulla panca del Gruppo W perché vuoi sapere se ho i requisiti morali necessari per entrare nell’esercito, bruciare donne, bambini, case e villaggi dopo che sono stato uno sparpaglia spazzatura.” Lui mi guardò e disse: “Ragazzo, non ci piacciono i tipi come te e ora mandiamo le tue impronte digitali a Washington.”

Amici, da qualche parte a Washington, racchiusa in qualche fascicoletto, c’è un’analisi in bianco e nero delle mie impronte digitali. E il solo motivo per cui vi sto cantando questa canzone, adesso, è perché magari conoscete qualcuno che si trova in una situazione del genere, oppure perché siete in una situazione del genere, e se siete in una situazione del genere c’è solo una cosa che potete fare, entrare e dire: “Strizzacervelli, puoi avere quel che ti pare al Ristorante di Alice.” Poi uscire. Sapete, se uno, magari solo uno fa così, possono pensare che è davvero fuori di testa e non lo prendono. E se lo fanno due persone, magari solo due persone ma assieme, in armonia, possono pensare che sono due finocchi e non prenderanno nessuno dei due. E provate a immaginare se lo fanno tre persone, tre persone che entrano, cantano una riga del Ristorante di Alice e escono. Penseranno che si tratta di un’organizzazione. E ve le immaginate, ve le immaginate cinquanta persone al giorno, dicevo cinquanta persone al giorno che entrano, cantano una riga del Ristorante di Alice e escono? Amici, penseranno che sia un movimento.

Ed è quello che è, Il Movimento Anti.casino “Ristorante di Alice”, e tutto quello che dovete fare per entrarvi è cantarlo la prossima volta accompagnandovi con la chitarra. 

Con sentimento. Così aspetteremo che venga sulla chitarra, qui, e lo canteremo quando verrà. Eccolo. 

Puoi avere quel che ti pare al Ristorante di Alice

Puoi avere quel che ti pare al Ristorante di Alice

vacci a piedi e entraci, è giusto là dietro,

appena un chilometro dalla ferrovia,

puoi avere quel che ti pare al ristorante di Alice


E’ stato orribile. Se vuoi farla finita con la guerra e cose del genere, devi cantare a alta voce. Sono stato a cantare questa canzone per venticinque minuti. La potrei cantare per altri venticinque minuti. Non ne sono fiero…o stanco.

E così aspetteremo che venga fuori un’altra volta, e stavolta con partitura armonica in quattro parti e sentimento.

Stiamo giusto aspettando che venga fuori, è quello che facciamo.

Tutto OK ora.

Puoi avere quel che ti pare al Ristorante di Alice

- tranne Alice -

Puoi avere quel che ti pare al Ristorante di Alice

vacci a piedi e entraci, è giusto là dietro,

appena un chilometro dalla ferrovia,

puoi avere quel che ti pare al ristorante di Alice


Da da da da da da da dum

Al Ristorante di Alice.




Libertà e eguaglianza - Carlo Cafiero

Il nostro ideale rivoluzionario è molto semplice: si compone, come quello di tutti i nostri predecessori, di questi due termini: libertà ed eguaglianza.

Vi è solo una piccola differenza. Ammaestrati dall'esperienza degli inganni commessi dai reazionari di ogni tipo e in ogni tempo per mezzo delle parole libertà ed eguaglianza, abbiamo ritenuto opportuno mettere a fianco di questi due termini l'espressione del loro esatto valore. Queste due monete preziose sono state falsificate tanto sovente che noi vogliamo in via definitiva conoscerne e misurarne esattamente il valore.

Affianchiamo dunque a questi due termini, libertà ed eguaglianza, due equivalenti, il cui significato preciso non può dar luogo a equivoci e diciamo: Vogliamo la liberta, cioè l'anarchia, e l'eguaglianza, cioè il comunismo.

Nessun nuovo governo o nuovo Stato, per quanto possa definirsi popolare o democratico, rivoluzionario o provvisorio.

Poiché la ricchezza comune è diffusa su tutta la terra e appartiene di diritto all'umanità intera, coloro che si trovano alla portata di questa ricchezza e in grado di utilizzarla la sfrutteranno in comune. Gli abitanti di un dato paese utilizzeranno la terra, le macchine, i laboratori, le case ecc., e se ne serviranno tutti in comune. Come parte dell'umanità, eserciteranno di fatto e direttamente il loro diritto a una parte della ricchezza umana.

giovedì 2 ottobre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo - parte seconda

Dopo la Comune

Abbiamo detto sopra che l'originalità dell'anarcosindacalismo francese risiede anche nel concorso di alcune contingenze storiche particolari. Innanzitutto, con la disfatta della Comune di Parigi il movimento rivoluzionario francese dovette subire un lungo periodo di durissima repressione "La sezione francese dell'Internazionale dissolta, i rivoluzionari fucilati, inviati al bagno o condannati all'esilio, i club dispersi, le riunioni proibite; il terrore diffuso e paralizzante i rari uomini scappati al massacro: tale era la situazione all'indomani della Comune" 

Le associazioni operaie ricostituite dopo alcuni anni presentavano caratteristiche moderate e corporative, condizione prima della tolleranza del governo, mentre al contrario l'organizzazione rivoluzionaria, perso o allentato il contatto con esse, si ripiegava su se stessa contribuendo in tal modo ad aumentare il distacco; distacco favorito anche dallo spostamento dei gruppi socialisti marxisti dal campo rivoluzionario a quello, più congeniale, politico-parlamentare. Dopo il 1880 questa situazione si aggravò con l'accentuarsi dell'isolamento del movimento anarchico rispetto alle associazioni operaie, isolamento che porterà una parte di esso a praticare la "propaganda del fatto".

È in questo quadro generale che si fa strada all'interno di alcuni ambienti operaie anarchici l'idea di ricostruire le associazioni operaie sulla base del principio fondamentale della Prima Internazionale: la lotta gestita dagli sfruttati stessi attraverso lo sviluppo delle loro organizzazioni. Era questa però una interpretazione leggermente distorta del programma della Prima Internazionale. Se infatti "l'emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi" il programma non aggiungeva che tale emancipazione deve farsi per forza sulla base dello sviluppo delle loro organizzazioni.


MATTATOIO 5 – George Roy Hill

Catturato dai tedeschi in Belgio, lo statunitense Billy Pilgrim viene trasferito in un campo di concentramento. Qui, subisce le persecuzioni di un altro internato, Paul Lazzaro, che lo crede responsabile della morte dell'amico Willy; ma viene anche difeso dall'anziano professore Edgar Derby, anch'egli prigioniero. Il gruppo dei prigionieri americani viene trasferito dai tedeschi a Dresda, nello Schlachtow Funf (Mattatoio 5). Il 13 febbraio 1945, gli statunitensi bombardano la città distruggendola e uccidendo centotrentacinquemila persone: un massacro orrendo ed inutile. Durante i lavori di sgombero delle macerie, Derby viene ritenuto ingiustamente un ladro e ucciso dalle SS. Finita la guerra, Billy torna accanto alla moglie Valencia e ai figli Barbara e Robert; riprende con successo la sua professione di oculista. Non riesce però a cancellare dalla memoria i momenti terribili del suo passato. Poi, esce miracolosamente vivo da un incidente aereo. Dopo la morte della moglie, finisce per abbandonarsi completamente alle proprie fantasie aliene. Un giorno, la figlia e il genero lo trovano morto nella sua villa in campagna. 
George Roy Hill è arrivato al cinema, dopo una lunga esperienza di  regia teatrale e televisiva, nel 1962 con il trasferimento sullo schermo   di una commedia di Tennessee Williams già da lui allestita  in teatro. Seguirono  Il mondo di Henry Orient, interpretato da Peter Sellers, Millie, un musical con Julie Andrews, e nel 1970, Butch Cassidy, un western interpretato da Paul Newman. 

La parte migliore del film è nella evocazione dei fatti che hanno ottenebrato  la mente del protagonista. Grazie ad un sapiente montaggio, abbiamo veramente  l'impressione di muoverci con lui nella  quarta dimensione. Gli avvenimenti si accavallano, si ingigantiscono, si sparpagliano, si scompongono, e ricompongono, come le figure di un caleidoscopio, senza che venga mai meno la profonda  unità  del racconto. Lo spettro della  guerra invischia questo poveraccio, privato della  pace dell'oblio. Le cose cambiano quando facciamo scalo su Tralfamadore, passando  bruscamente dal dramma alla quasi-commedia. Intorno all'odissea del soldato alle prese prima coi tedeschi e poi coi  liberatori e tenacemente perseguitato dall'odio di un commilitone  che lo accusa di aver causato la morte d'un compagno, il regista ha tessuto una fitta trama di analogie con gli episodi della vita  borghese: per modo che l'ospedale in cui  Billy  è ricoverato in seguito a un incidente aviatorio (da lui ben previsto standosene sul pianeta) collima col "Lager" dove fu internato, e l'elettrochoc cui è sottoposto con le bombe di Dresda e così via, riconoscendo infine nel figlio reduce dal Vietnam il disgraziato se stesso d'una volta. Tutte le strade insomma lo riportano a quella fatale notte; e sono strade fiorite di amenità,  perché il film non è drammatico come le cose che sottintende o anche esprime nelle belle sequenze della città devastata, ma piuttosto eroicomico, e in virtù del ricorso alla fantascienza (la quarta dimensione che risolve in se le altre) spesso anche comico soltanto o addirittura farsesco, come nell'episodio della moglie grassa che muore spiaccicata alla fine d'una pazza  corsa in Cadillac bianca. Spiando dalle vetrate della sua stazione spaziale, il protagonista sa tutto di se: anche quando morirà e per mano di chi (il commilitone) e tutto il suo agire nel film è una proiezione nel già vissuto, un beffardo esercizio di ricalco. Per intanto egli si gode la bella " starlette " Montana, il suo “presente” in un mondo di gioia. 



Procurare vertigine

Più la vita quotidiana si erode, si banalizza, si fa interattiva e più occorre contrastare questo movimento attraverso regole del gioco complesse e iniziatiche.

Più la realtà si riconcilia con il suo concetto in una generalità senza oggetto e più occorre cercare la rottura iniziatica e la potenza dell'illusione.

Se non possiamo fare del mondo l'oggetto dei nostri desideri, possiamo almeno farne l'oggetto di una convenzione superiore che appunto sfugge al nostro desiderio.

Ogni illusione, ogni forma iniziatica passa attraverso una regola severa.

Ogni oggetto creato, visivo o analitico che sia, concettuale o fotografico, deve ritrovare tutte le dimensioni del gioco in una sola: l'allegorico, il rappresentativo, l'agonistico, l'aleatorio e il vertiginoso.

Ricomporre lo spettro.

Un opera, un oggetto, un'architettura, una foto, ma anche un delitto, un evento, tutto ciò deve essere: l'allegoria, di qualche cosa, una sfida a qualcuno, mettere in gioco il caso, e procurare vertigine.


giovedì 25 settembre 2025

Alle origini dell'anarcosindacalismo - parte prima

Gli anni che vanno dal 1886 la 1914 segnano in Francia la nascita, lo sviluppo e la fine dell'anarcosindacalismo. Il posto che occupa, per la ricchezza e la complessità della sua esperienza storica, nell'ambito dell'anarchismo e del movimento operaio, è oggetto oggi di riflessione teorica. Nella sua esperienza concreta esso ha agitato alcuni problemi che investono l'interpretazione e l'uso della strategia del movimento anarchico e rivoluzionario.

L'anarcosindacalismo francese, nell'arco complessivo della sua esperienza, ha portato a maturazione una lacerazione che era latente all'interno del movimento socialista rivoluzionario fin dalla fine della Prima Internazionale: la divisione, provocata dai marxisti con la Conferenza di Londra del 1871, tra la lotta economica e la politica.

Il problema della divisione tra la lotta politica e la lotta economica implicava anche quello del rapporto tra minoranze attive e masse sfruttate, e finiva con l'investire l'interpretazione del significato della coscienza rivoluzionaria, e quello più in generale della "coscienza di classe".

Ora, sebbene l'esperienza francese sia irripetibile, per alcuni caratteri di contingenza storica che cercheremo più avanti di spiegare brevemente, nondimeno essa rappresenta un esempio significativo di esasperazione pratica e teorica, dispiegata nel tentativo di risolvere i problemi lasciati aperti dalla Prima Internazionale. Questo esempio è oggetto, dicevamo, di riflessione teorica per l'attualità di alcuni temi presenti in questa esperienza, per il modo in cui sono stati affrontati, per la parabola, assolutamente originale, ma significativa, della sua intera evoluzione: dall'anarco-sindacalismo al sindacalismo "puro" di stampo soreliano. In parte essi sono presenti anche oggi nel dibattito teorico all'interno di alcune frange operaiste del movimento anarchico rivoluzionario italiano, con risultati peraltro assai modesti per le "scoperte" teoriche che questi gruppi hanno formulato in questi anni.


Il Potere del Cobra

Tra i serpenti, quello degno di maggiore attenzione è il cobra. Si afferma che, in genere, i morsi del cobra producano profondi cambiamenti mentali, con intensificazione delle percezioni e aumento del livello fisiologico di energia. Un uso tradizionale del veleno di cobra è quello praticato in India da  religiosi, i quali lo fumano, spesso in miscela con Cannabis indica, dopo aver seccato le ghiandole velenifere o averlo estratto e cristallizzato; i serpenti utilizzati sarebbero il cobra reale (Ophiophagus hannah) e il cobra indiano comune (Naja naja). Sembra che questa pratica derivi da una più antica; infatti, un testo indiano dell' VIII secolo  d.C., Sarngadhara Samhita, paragona la droga bhanga (bang, identificata con la canapa indiana) alla saliva del serpente, alludendo in questo modo alle proprietà psicoattive del veleno di serpente, presumibilmente il cobra. Il veleno dei cobra (isolato da un alto numero di specie, in particolare del genere Naja) è costituito essenzialmente da cardiotossine e neurotossine quali acobrotossina, clorotossina e caribdotossina, che agiscono sulla trasmissione del segnale nervoso, bloccandolo anche in modo irreversibile. Il veleno dei cobra è costituito per lo più da proteine, per cui anche in questo caso sarebbero distrutte dal calore della combustione, a meno che non si convertano in altri composti attivi, come evidenziato nel caso del veleno di scorpione fumato. Per il veleno del cobra comune sarebbero riportati effetti afrodisiaci; per esempio, a Saigon si trova un vino di cobra e a Hong Kong un preparato a base del contenuto della vescica biliare del rettile, contro l'impotenza e per aumentare la libido. 


LO STATO

Lo Stato non è pensabile senza il dominio e la schiavitù; deve dominare tutti coloro che ne fanno parte: questa si chiama appunto volontà dello Stato. Ecco perché ogni stato è dispotico, sia il despota uno solo oppure siano molti o addirittura tutti.

La volontà dominatrice dello Stato si realizza grazie all’universale identificazione nella legge, dato che questa non è più l’emanazione di un signore ma della volontà popolare. Ma l’alienazione statale riposa sull’astrazione dell’ideale umano. Lo Stato moderno cioè lo Stato al suo stato puro, si fonda proprio su questa pretesa di rappresentare istituzionalmente le ragioni dell’idea umana, dell’umanità.

Lo Stato come la Chiesa, non può essere riformato, ma solo abolito. Si tratta di un’abolizione radicale che non ammette deroghe o modifiche perché costituisce la premessa di ogni futuro discorso sulla positività sociale dell’unico: l’esistenza comunitaria di questi dipende dalla non esistenza dello Stato.

Per chiudere nessuno per lo Stato può avere una volontà propria e, se qualcuno dimostra di averla, esso deve escluderlo, rinchiuderlo o esiliarlo. Infatti, se tutti dimostrassero di avere tale volontà, lo Stato non esisterebbe.

giovedì 18 settembre 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte XCII

1975 

2 ottobre - A Pisa, il processo per il caso Serantini si conclude con la condanna a sei mesi e dieci giorni di reclusione del capitano Amerigo Albini e della guardia Giovanni Colantuoni. Il pubblico ministero aveva  invece chiesto l'assoluzione dell'Albini per insufficienza di prove. Il pretore li ha ritenuti entrambi colpevoli di false dichiarazioni al giudice istruttore che condusse le indagini sulla morte dell'anarchico. Scrive il  "Corriere della sera" del 3 ottobre 1975: «Per il pubblico ministero, invece, le false dichiarazioni del capitano Albini non ebbero rilevanza nell'inchiesta conclusasi con un proscioglimento generale in quanto rimasero ignoti gli autori del pestaggio; mentre una  diversa valutazione doveva essere data alle dichiarazioni della guardia Colantuoni. «Il pubblico ministero dott. Cariello era stato tre anni fa, vale a dire il 5 maggio 1972,  difensore d'ufficio, sia pure per poche ore, di Franco Serantini, arrestato e interrogato in carcere già agonizzante. «Ai due condannati sono stati concessi i  benefici della condizionale e della non iscrizione». Il 7 luglio 1972, alcuni mesi dopo la morte di Franco Serantini, il giovane anarchico Giovanni Marini veniva arrestato a Salerno sotto l'accusa di essersi difeso usando un coltello dall'aggressione di alcuni fascisti, provocando la morte di uno di questi.  Marini viene condannato,  nonostante l'incertezza delle prove, a 13 anni di carcere «duro». 


1976
 

10 maggio - Muore nel carcere di Stammheim la rivoluzionaria Ulrike Meinhof, ivi detenuta in attesa di processo. Le autorità parlano di suicidio. Il collegio di difesa accusa le autorità di avere commesso  un «delitto di stato». 

fine


Se io dovrò morire - Rifaat al-Areer

 Rifaat al-Areer, scrittore e docente universitario di Letteratura, che così scriveva pochi giorni prima che un bombardamento israeliano mettesse fine alla sua vita a Khan Younis, il 7 dicembre 2023:

Se io dovrò morire,

tu dovrai vivere

per raccontare la mia storia

vendere le mie cose

comprare un pezzo di stoffa

e qualche filo

(magari bianco con una lunga coda)

così che un bimbo, da qualche parte a Gaza

mentre fissa il cielo

in attesa di suo padre

– morto all’improvviso senza dire addio

a nessuno

né alla sua pelle

né a se stesso –

veda il mio aquilone

quello che tu hai costruito

volare alto

e pensare, per un attimo, che sia un angelo

a riportare amore.

Se io dovrò morire,

che porti allora una speranza

che la mia fine sia un racconto.

IL CAPITALE E IL DENARO

Il capitale è la forma immediata del denaro, la sua forma arcaica.

L’esistenza del denaro come idea in una testa è l’idea che il denaro può comprare tutto. Così, basta che il denaro penetri in una testa ed ecco che diviene ciò che manca, ciò che difetta, ciò che deve aumentare, ecco che diviene sete di denaro. 

La passione del denaro è la passione dell’universalità, è la passione d’essere tutto. Il denaro è immediatamente la contraddizione tra l’idea di tutto ciò che esiste e tutto ciò che esiste.

Il capitale è il denaro che vuol realizzarsi come denaro.

Il capitale è il denaro che sale alla testa.

Il denaro è immediatamente una menzogna sul denaro: mentre il denaro è essenzialmente ciò che manca, la rarità che esiste, il capitale come idea in una testa di capitalista e come attività del capitalista è: ciò che manca ma che può aumentare indefinitamente. 

E’ il denaro che vuol realizzarsi senza sopprimersi.

La disgrazia del pensiero borghese è di voler realizzare il denaro senza sopprimerlo.