Translate

giovedì 6 marzo 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LVIII

1954 

Giugno - La Fédération Communiste Libertaire francese e gli italiani Gruppi anarchici d'azione proletaria proclamano la nascita dell'Internazionale Comunista Libertaria, fondata sui seguenti principi di organizzazione interna: unità ideologica; unità tattica all'interno di ciascuna sezione dell'Internazionale; possibilità di tattiche differenti tra una sezione e l'altra, adeguate alle condizioni particolari dei diversi paesi, ma previa discussione in seno all'Internazionale. La  partecipazione  francese, particolarmente agguerrita, risente, più che dell'ideologia anarchica tradizionale, della formazione di giovani provenienti dal partito comunista francese e dai gruppi comunisti d'orientamento trotzkista. Essi portano con sé un'abitudine alla disciplina e al rigore organizzativo e d'analisi politica che contrastano con l'abito mentale anarchico. La loro prassi, che nasce dalla rimeditazione del marxismo alla luce dei fallimenti e dei tradimenti della dittatura staliniana, risente del pensiero del comunista-libertario francese Daniel Guérin (autore dell'importante opera Fascismo e grande capitale) che finirà con l'influenzare sempre più Georges Fontenis. La pressione di cosi contrastanti posizioni avrà come conseguenza, nel 1956, lo scioglimento della FCL che confluirà in un nuovo organismo cui aderiranno anche i trotzkisti lambertisti, e che sarà una delle componenti del gauchisme francese. 

Ottobre - Armando Borghi pubblica a Napoli il libro di memorie Mezzo secolo di anarchia che comprende eventi e figure dell'anarchismo internazionale dal 1898 al 1945. Gaetano Salvemini scrive nella  prefazione, rivolgendosi all'autore: «Se le vostre persone, le vostre opinioni e le vostre opere sono mal conosciute e giudicate, la colpa è vostra. Quando non siete in prigione, la prigione ve la costruite voi stessi colla vostra volontà, chiudendovi in un ghetto a parte. Se i benpensanti non vedono in voi che lupi mannari, questo non è dovuto solo ai loro pregiudizi, ma anche alla  loro ignoranza. Ne avevo sentite io sul tuo conto, prima di conoscerti di persona! Mi dici come potrei io accertare la verità, per esempio, sulla parte che tu prendesti, nel 1922, nella "Alleanza del lavoro",  se mi manca la tua versione, e se debbo lavorare solamente sulle versioni o fasciste o socialiste?». Sulle drammatiche circostanze della nascita e del clima generale dell'Alleanza del lavoro il Borghi scrive: «Durante la mia carcerazione, l'Unione Sindacale Italiana aveva inviato a Mosca due altri rappresentanti, sempre per trattare la questione dell'unità sindacale. Questa volta la scelta era caduta su due zucche vuote, che gli scaltri "compagni" fecero ballare a piacere. Una di esse, Mario Mari, veniva dagli Stati Uniti, e fece da violino di spalla. L'altra, Nicola Vecchi, era un sindacalista finito poi nel pozzo nero fascista. Tornarono dalla Russia con quel  patto, scritto e sottoscritto, di unione coi comunisti che l'anno prima è noto io avevo rifiutato. Per il partito comunista portava le firme di Egidio Gennari, Luigi Repossi e Umberto Terracini. Presi su di me la responsabilità di puntare pubblicamente i piedi. Il patto di "stretta collaborazione" (venne) respinto dall'Unione Sindacale Italiana. Ma  tutta la stampa comunista era al servizio di Nicola Vecchi nella polemica contro di noi. Più tardi Ugo Fedeli mi disse che gli risultava positivamente che era stata versata la somma di trentamila lire che il Vecchi riscuoteva a rate dalle mani del comunista Nicola Bombacci, finito poi anche lui fascista.


WALKABOUT – Nicolas Roeg

Una ragazza e suo fratello vanno a fare una gita nella savana australiana. Sono accompagnati dal padre. Mentre lei prepara il picnic, il padre, improvvisamente, estrae una pistola e comincia a sparare: i due ragazzi si nascondono e il padre si spara un colpo. La ragazza tranquillizza il fratello dicendogli che non è successo niente di grave. Lo prende per mano e cerca di tornare a casa attraverso il deserto. Al calar della sera si rendono conto di essersi perduti. II giorno dopo trovano un'oasi ma l'acqua finisce presto e la loro situazione appare disperata. Inaspettatamente, dal deserto, compare un giovane aborigeno. Egli sta compiendo il suo vagabondaggio - il periodo di sei mesi in cui, secondo le leggi tribali, egli deve vivere a contatto con la natura e trasformarsi in un uomo. L'aborigeno prende i ragazzi sotto la sua protezione e li conduce attraverso la vasta terra desolata. Finalmente trovano una fattoria abbandonata che sembra loro un buon posto per fermarsi. Ma poi l'aborigeno prende il ragazzo e gli mostra una strada che può ricondurli alla civiltà. Dispiaciuto dal fatto che il bambino e la ragazza tra breve se ne andranno ponendo fine alla vita in comune, l'aborigeno si dipinge il corpo e dà inizio ad una danza di corteggiamento; la ragazza, temendo un qualche tipo di violenza, si ritrae dal giovane. Lui continua  a danzare per ore. Al mattino lo trovano morto. Sconcertati, i due fratelli prendono la strada della salvezza, solo per essere accolti con ostilità nella prima cittadina che incontrano).

 In Walkabout lo scontro è insieme umano (la ragazza bianca e l'aborigeno nero) e culturale (la città, da una  parte, il deserto dall'altra). L'interazione è il prodotto di una necessita geografica e biologica (la ragazza è priva di aiuti nel mondo dell'aborigeno, come del resto lo sarebbe lui in quello di lei). Quanto alla separazione, non è altro che l'inevitabile conseguenza  di questa doppia origine così ricca di contrasti. Sono contrasti che Roeg rende subito espliciti, fin dalle prime inquadrature dove all'immagine di una città formicolante di vita si sovrappone quella del deserto fino a quando, da un buco in un muro, non compare in tutta la sua maestosità il panorama selvaggio che, poi, dominerà su tutto. Nel finale il procedimento appare rovesciato: è l'immensità del deserto a venire a poco a poco sommersa dalle immagini di case in costruzione, di cimiteri di oggetti abbandonati (il ragazzo che siede in un tram fuori uso)  e infine della stessa folla. Come risultato di questo montaggio di Roeg, città e deserto divengono simboli, ognuno dei quali destinato a nascere dall'altro. Gli abitanti della città appaiono sconcertanti come sabbie mobili, ma non per questo il mondo selvaggio, con tutto il suo fascino, pare privo di strutture sociali, anzi, e in esse predomina ciò che  più di ogni altro serve a sopravvivere:  l'esperienza. Natura e civiltà possono anche essere in contrasto;  cionondimeno hanno entrambe le stesse radici, gli stessi bisogni. Il modo con cui Roeg esamina questi bisogni rivela che ognuno di loro ha un terribile prezzo. 



Il potere della memoria

Il potere sulla memoria ha dato origine ad aspre lotte sociali e politiche e a continui sforzi da parte dello Stato per accaparrare la memoria collettiva.

Così la produzione di documenti che devono fornire lo stock e la base della memoria collettiva e il risultato di scelte e manipolazioni destinate ad imporre al futuro una visione orientata dal passato. Il documento non è innocente, esso serve ad avvertire, esso deforma quanto informa, impone un punto di vista durevole, è un documento/monumento.

Da ultimo, gli psicologi e gli psicanalisti hanno insistito, sia a proposito del ricordo, sia a proposito dell'oblio, sulle manipolazioni, conscie o inconscie, esercitate sulla memoria individuale dall'interesse, dall'affettività, dall'inibizione, dalla censura.

Analogamente, la memoria collettiva ha costituito un'importante posta in gioco nella lotta per il potere condotta dalle forze sociali. Impadronirsi della memoria e dell'oblio è una delle massime preoccupazioni delle classi, dei gruppi, degli individui che hanno dominato e dominano le società storiche. Gli oblii, i silenzi della storia sono rivelatori di questi meccanismi di manipolazione della memoria collettiva.  




giovedì 27 febbraio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LVII

1953 

Un gruppo operaio della Renault, promotore spontaneo di iniziative autonome, pubblica "Tribune ouvrière", che "Socialisme ou Barbarie" saluta come il primo tentativo, «dopo i comitati di lotta apparsi in alcune fabbriche nel 1947, di creazione a livello di fabbrica di un embrione di organizzazione operaia permanente e indipendente dalle burocrazie sindacali e politiche» (n.15/16). Il collegamento con gli operai della Renault cambierà il volto della rivista e il lavoro del gruppo, che cercherà di privilegiare l'inchiesta operaia, l'analisi delle contraddizioni capitalistiche nel mondo della produzione. La rivista si configura come il tentativo teorico di ricerca di una strategia rivoluzionaria per i paesi a sviluppo capitalistico avanzato. Questo lavoro di fabbrica darà come risultato la pubblicazione di una serie d'articoli, successivamente raccolti in volume: Il diario di un operaio di Daniel Mothé. 

Maggio - A Parigi scoppiano gravi dissidi al congresso della Fédération Anarchiste (l'unica organizzazione nazionale anarchica, ricostituita nel 1946, che comprende le principali tendenze, individualista, educazionista, anti-organizzatrice, umanista-libertaria, e con una forte componente massone-tradizionalista). L'Organisation Pensée Bataille (OPB), segretario generale Georges Fontenis, che nel maggio 1950 aveva già dato alla Fédération Anarchiste un «patto associativo» e che si era assicurata il controllo assoluto della regione parigina, fa approvare la norma della «responsabilità collettiva », che limita in pratica il diritto di autonomia delle minoranze. Il tentativo efficientista ha come fine un rilancio dell'organizzazione, che nelle mani degli anziani del Comitato Nazionale s'era ridotta a un circolo di parolai teorici, di conferenzieri senza alcun vero rapporto con le masse. Le dimissioni  dalla Federazione sono numerose (se ne vanno soprattutto gli anziani). Il gruppo di Fontenis darà (fine 1953) alla FA il nuovo nome di Fédération Communiste Libertaire e un orientamento neo-marxista, mentre gli anziani ricostituiranno la Fédération Anarchiste, avendo come organo di stampa  "Le Monde Libertaire". 

16 novembre - Muore a Roma Gigi Damiani. Nato nel 1876 nella stessa città, conobbe fin da ragazzo persecuzioni e arresti. Durante   gli anni della reazione (1894-1898) fu condannato al domicilio coatto nelle isole Tremiti, Favignana e Lipari. Liberato, emigrò in Brasile ove rimase per lunghi anni e diresse numerose pubblicazioni anarchiche ("La Battaglia", "La Plebe", "Guerra sociale" ecc.). Alla fine della prima guerra mondiale, a causa della sua attività di militante anarchico, venne deportato in Italia. Si stabili a Milano, quale redattore del quotidiano "Umanità Nova" al fianco di Errico Malatesta. Diede qui il meglio di sé, al punto di essere considerato il miglior giornalista anarchico di lingua italiana. Devastato il giornale dagli squadristi di Mussolini nel marzo 1921, si spostò a Roma ove il 3 luglio "Umanità Nova" riprese le pubblicazioni. Dopo la nuova distruzione del quotidiano operato dai fascisti (settembre 1923) fondò a Roma il settimanale anarchico "Fede", che fu tra gli ultimi a cedere di fronte alla dittatura fascista. Fuggito all'estero, passò dalla Francia al Belgio alla Spagna. Restò in Tunisia fino alla caduta del fascismo. Tornò a Roma nel febbraio del  1946, assunse la direzione del settimanale "Umanità Nova" che resse fino alla morte. Autore di opuscoli e di poesie satiriche, ha lasciato il suo testamento  politico nel libretto intitolato La mia bella Anarchia



Joshua Slocum il marinaio

Per sentirsi anarchico non è necessario aver letto Bakunin, Kropotkin e Proudhon. Allo stesso modo, non c’è bisogno di essere un esperto di letteratura nautica per mettersi a posto una barca e diventare un velista giramondo, (tipo la vita a bordo come via d’uscita dalle costrizioni sociali, il navigare con pochi soldi, l’autocostruzione di barche, ecc.)  Persino Joshua Slocum, il primo uomo a compiere un giro del mondo in solitario, nel 1895, aveva avuto la sua barca in regalo, quando era poco piú che un relitto, e la ricostruì da solo. Nonostante la sua carriera di capitano di lungo corso, quando decise di intraprendere la sua famosa circumnavigazione non gli restavano nemmeno i soldi per un cronometro, e si accontentò di basarsi sulla navigazione stimata per la longitudine, usando solo un orologio economico per l'ora approssimata, e rilevamenti del sole a mezzogiorno per la latitudine. Per molti aspetti, era un fenomeno da baraccone: in un'epoca in cui i mari erano solcati solo da mercantili, pescherecci e navi da guerra, nessuno poteva immaginarsi che un uomo volesse navigare per puro piacere, e affrontare un giro del mondo in solitario non poteva che essere considerato delirante. Nel suo libro “Sailing Alone around the World”, il capitano Slocum scrive: All'allontanarmi sempre più dal centro della civilizzazione, ascoltavo sempre meno commenti circa cosa fosse e cosa non fosse redditizio. La signora Stevenson, parlando del mio viaggio, non mi chiese nemmeno una volta che cosa ne avrei ricavato. Quando arrivai in un villaggio Samoano, il capo non mi chiese il prezzo del gin, né quanto avrei potuto pagare per del maiale arrosto, ma disse “Dollari, dollari: l'uomo bianco conosce solo i dollari. ” “Non pensare ai dollari. La tapo ha preparato l'ava; beviamo e godiamocelo, il nostro taro è buono; mangiamo. Sull'albero c'è frutta. Lascia scorrere il giorno; perché mai dovremmo rimpiangerlo? Ci sono milioni di giorni a venire. L'albero del pane è giallo nel sole, e la veste di Taloa è ottenuta dall'albero dei vestiti. La nostra casa, che è bella, non ci è costata nient'altro che il lavoro di costruirla, e la porta non ha serratura alcuna” Mentre i giorni scorrono ameni in queste isole del Sud, noi nel Nord stiamo lottando per le mere necessità della vita. Essi hanno un'ottima ragione per amare il loro Paese e temere il giogo dell'uomo bianco, perché una volta che l'abbiano al collo, la loro vita non sarà più così poetica.


Senza Padroni

Io sono un sostenitore convinto dell'uguaglianza economica e sociale, poiché so che al di fuori di questa uguaglianza, la libertà, la giustizia, la dignità umana, la moralità ed il benessere degli individui, allo stesso modo che la prosperità delle nazioni, non saranno mai altro che menzogne. Ma, essendo anche sostenitore della libertà, condizione prima dell'umanità, io penso che la uguaglianza debba stabilirsi nel mondo tramite l'organizzazione spontanea del lavoro e della proprietà collettiva delle associazioni produttrici liberamente organizzate non tramite l'azione suprema e tutelare dello Stato. (Bakunin)

La libertà di ogni individuo maggiorenne - uomo o donna - deve essere assoluta e completa. La libertà di andare e venire, di professare apertamente tutte le opinioni, di essere fannullone o attivo, immorale o morale, insomma di disporre a piacimento della propria persona e dei propri beni, senza renderne cono a nessuno; libertà di vivere sia onestamente del proprio la voro, sia sfruttando vergognosamente la carità o la fiducia del singolo, purché siano volontarie e prodigate da individui maggiorenni. (Bakunin)


giovedì 20 febbraio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LVI

1951

Al IV congresso della FAI (Ancona dicembre 1950) si dibatte dell'intervento sindacale. Prevale la linea di Armando Borghi, contraria sia alla riattivazione dell'Unione Sindacale Italiana (USI), sia all'entrismo nella CGIL. A  seguito del deliberato che «conferma il concetto tradizionale di movimento anarchico  aperto non esclusivamente politico», si verifica la fuoriuscita degli «orientatori». Questi, forti di circa trecento militanti, si costituiscono (1951) in GAAP. Contro l'immobilismo degli anarchici italiani, il documento programmatico della nuova organizzazione - estensori Arrigo Cervetto e Masini rilancia l'iniziativa della Federazione Francese per un Terzo Fronte antiimperialista. In campo internazionale propone invece una curiosa apertura alla «eresia titoista». 

Nella prima metà degli anni '50 del XX secolo, in una dimensione internazionale caratterizzata dalla dura contrapposizione tra i due blocchi egemoni (USA vs URSS), i Gruppi Anarchici di Azione Proletaria cercarono di sottoporre a una rigorosa analisi la mutata struttura dello sfruttamento capitalistico, sforzandosi di coglierne no vita e linee di tendenza, analizzarono l'azione dell'imperialismo internazionale, comunque mascherato, cercando di coglierne le caratteristiche e tentarono di formulare una proposta strategica capace di opporsi al disegno complessivo dell'imperialismo. Particolare attenzione venne posta all'analisi della cosiddetta fase di transizione dalla società capitalistica a quella post-rivoluzionaria, con un'attenta analisi del ruolo dello Stato, apparato di classe, da liquidare nella  fase rivoluzionaria. Iniziato nel 1949 all'interno della Federazione  Anarchica  Italiana, il percorso di questi operai comunisti  anarchici si separerà in modo lacerante dalla FAI nel 1950. Dal 1951 al 1956 i GAAP avranno una costante presenza all'interno del movimento operaio, perseguiranno una strategia di alleanze con tutte le forze rivoluzionarie, per la costituzione di un Terzo Fronte di avanguardie politiche antimperialiste, che li porterà ad approdi distanti dal comunismo anarchico. 

Dopo la scissione, la consistenza della FAI è così raffigurata da Fedeli: «Umanità Nova» stampa sulle quindicimila copie e «Il Libertario» attorno alle dodicimila, il «Seme Anarchico» di propaganda semplice ottomila e la rivista «Volontà» attorno alle duemila. La FAI si compone di almeno trecento gruppi sparsi in tutta Italia e riuniti in Federazioni locali e in Federazioni regionali, delle quali le più importanti sono: la Federazione Toscana, con sede in Livorno, quella Romagnola, con sede in Ravenna, la Marchigiana con sede in Ancona, la Federazione Ligure, in Genova, ecc. C'è in questo periodo una grande attenzione dell'opinione pubblica sul processo ai tre giovani anarchici aderenti al gruppo genovese «Inquietudine» - Gaetano Busico, Eugenio De Lucchi e Gaspare Mancuso - colpevoli di aver assaltato e devastato, per protestare contro il regime franchista, il consolato spagnolo a Genova. Insigni giuristi  come Giuliano Vassalli ne prenderanno le difese. Ciò mentre, dopo il caso di Pietro Pinna, nuovi clamorosi rifiuti intransigenti del servizio militare - quelli di Pietro Ferrua, Mario Barbani e Angelo Nurra - interrogano e scuotono dal torpore conformistico le coscienze più sensibili. I temi dell'antimilitarismo necessario e della guerra quale «follia omicida degli Stati»  rimangono costantemente all'ordine del giorno. La lotta sociale e la dimensione etica della disobbedienza individuale sono  le uniche concrete risposte da dare ai «guerrafondai di ogni colore». Insieme a questo vi è la denuncia aperta delle scoperte collusioni fasciste da parte del regime democristiano. 


NUVOLE SOPRA LA MIA CASA di Nima Yushij

Nuvole sopra la mia casa

nuvole sul mondo intero.

Dallo stretto passo precipita

un vento che porta distruzione, tristezza e torpore.

il mondo intero è desolato

come i miei sensi.

O suonatore di flauto

che hai perso la strada rapito dalla tua melodia,

dove sei?

Ci sono nuvole sopra la mia casa,

nuvole sul punto di piangere.

Nel ricordo dei giorni luminosi scivolati tra le mie dita

mi appare il sole sulla soglia dell’oceano

ma il mondo intero è rattristato e flagellato dal vento

e sulla strada il suonatore continua suonare il suo flauto,

lungo è ancora il cammino davanti a lui

in questo mondo sotto una coltre di nuvole.

 

Nima Yushij, nacque nel novembre del 1897. Fu un poeta iraniano considerato contemporaneo e padre/fondatore della poesia nuova persiana.


LA PARTECIPAZIONE

Ciò che rende così potenti i movimenti veramente popolari, è il fatto che essendo il prodotto di una grande passione unanime, essi trascinano tutti, i deboli come i forti, le donne, i vecchi, i bambini come i giovani e gli uomini maturi; è che l'assenza stessa di ogni ordine formale e di ogni regola artificiale, imposta da una autorità superiore, rende possibile questa partecipazione di tutte le età e di tutti i sessi al movimento generale; mentre la repressione definitiva delle forze popolari, che sempre scompaiono e sempre si ricreano, diventa proprio per questo motivo quasi impossibile.



giovedì 13 febbraio 2025

GUERRA

La guerra: macello di animali, di uomini, d'acciaio. L'aria è spazzata non dal vento ma dai vortici impazziti delle bombe-missile, da innaturali rapaci di ferro, volano paracaduti e non insetti; dio è stanco, forse muore: non ha più occhi per suo figlio, per i suoi figli. Il fiume della vita si disperde in rivoli incontrollabili. 

Sopravvivere diventa l'unico costante pensiero, l'unica azione impellente, qualcosa che sta incomprensibilmente fra l'istinto, la rassegnazione e la rabbia di doversi per forza dimenticare di fronte alla costrizione di una realtà imposta ferreamente dall'esterno.

Bisogna solo sopravvivere, adesso; è questa l'urgenza, l'imperativo più pressante: si può pensare solo a non morire, a nascondersi, a rifugiarsi.

La vita, come diceva proprio allora André Breton, è altrove.


VENUS – Shocking Blue

Dea sulla cima della montagna

Brucia come una fiamma d’argento

Il vertice della bellezza dell’amore

E Venere era il suo nome


Lei ha quel non so che

Eh già, tesoro, lei ha quel non so che

Sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio

Bene, sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio


Le sue armi erano i suoi occhi di cristallo

che facevano impazzire ogni uomo

Lei era oscura come la notte buia

Aveva quello che nessun altro aveva

wah!


Lei ha quel non so che

Eh già, tesoro, lei ha quel non so che

Sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio

Bene, sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio


Venere


Lei ha quel non so che

Eh già, tesoro, lei ha quel non so che

Sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio

Bene, sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio


Dea sulla cima della montagna

Brucia come una fiamma d’argento

Il vertice della bellezza dell’amore

E Venere era il suo nome


Lei ha quel non so che

Eh già, tesoro, lei ha quel non so che

Sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio

Bene, sono la tua Venere, sono il tuo fuoco

Al tuo desiderio


Venere era il suo nome


Si piccola, lei ha quel non so che

Si piccola, lei ha quel non so che

Si piccola, lei ha quel non so che

Si piccola, lei ha quel non so che



L’Anarchia nel XX secolo – Parte LV

1951

24-25 febbraio - dopo il congresso di Ancona i gruppi che fanno capo a "L'Impulso" si riuniscono a Genova-Pontedecimo per una conferenza nazionale, nella quale si delibera la costituzione dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria (GAAP), dei quali "L'Impulso" rimane l'organo ufficiale. La conferenza dichiara in un comunicato di non riconoscere alcuna decisione presa nel congresso di Ancona,  «arbitrariamente presentato come congresso della FAI». GAAP criticano il basso livello ideologico del movimento anarchico, sentimentalmente legato all'esperienza «perdente» (sul piano rivoluzionario) della resistenza antifascista, ancora interna alla  società borghese, e indicano una via d'uscita dalla crisi dell'anarchismo nella formula: «non si entra né si resta nella storia se non rappresentando una realtà di classe». Animatori dei GAAP sono Arrigo Cervetto, Pier Carlo Masini, Tancredi Maroncelli, Ugo Scattoni, Renzo Sbriccoli, tutti dei gruppi tosco-laziali eccetto il giovane savonese Cervetto. La loro posizione ricorda quella dei «piattaformisti russi» del 1926 (viene diffusa infatti la traduzione italiana della Piattaforma di Arginov). La FAI giudica questi giovani   «troppo marxisti». Il loro «efficientismo» e il loro «classismo» ricordano in realtà la posizione dell'anarchico francese Georges Fontenis (con cui i GAAP entreranno in contatto) che in quello stesso periodo svolge un'analoga azione di revisione dell'anarchismo a Parigi. I due maggiori esponenti dei GAAP, Cervetto e Masini, daranno vita nell'ottobre 1956 alla Federazione comunista libertaria, in cui la corrente guidata da Cervetto avrà una   posizione chiaramente marxista, con l'accettazione della «dittatura del proletariato» giustificata da necessità «obbiettive». Marx, Lenin, Gramsci sono visti come pensatori libertari, avversi all'anarchismo solo sul piano tattico. Più cauta la posizione di Masini. Entrambi confluiranno comunque nella primavera del 1957 nel gruppo di Azione Comunista guidato da Bruno Fortichiari, Luciano Raimondi e   Giulio Seniga, tutti e tre provenienti dal partito comunista, dando  vita al Movimento della sinistra comunista. Viene stemperato il primitivo astensionismo parlamentare, viene incrementata la partecipazione alla vita sindacale nella CGIL e in generale una azione di pungolo sulla base comunista per aprirle gli occhi sui pericoli dei cedimenti revisionistici della direzione e sui tradimenti recenti e remoti della politica, giudicata «stalino-riformista» di Palmiro Togliatti. Dissolto negli Anni Sessanta questo gruppo, Masini diverrà il segretario provinciale della sezione di Bergamo del Partito socialista democratico italiano e fonderà la Biblioteca Max Nettlau dedicata alla storia del movimento anarchico e operaio, mentre Cervetto animerà tra Savona e Genova il gruppo leninista-bordighista, di forte impronta operaistico-economicista regressiva, «Lotta comunista». Alcuni seguaci di Masini faranno ritorno all'anarchismo, mentre altri aderenti ad Azione Comunista si divideranno tra il partito socialista italiano e i neo-gruppuscoli maoisti sorti anche  in Italia nella seconda metà degli Anni Sessanta. 


giovedì 6 febbraio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LIV

1950 

8-10 dicembre - Ad Ancona, IV congresso nazionale della Federazione anarchica italiana. Passata l'euforia legata alla caduta del  fascismo, anche all'interno del movimento anarchico ha inizio un più serio e intenso lavoro di assestamento. Non sipensa più a possibili moti rivoluzionari ma si cerca di indirizzare le forze e le varie iniziative alla precisazione delle idee e dei metodi anarchici e alla formulazione di nuove linee programmatiche, aggiornando, quando risulti necessario, quelle del passato. Hanno intanto abbandonato la FAI, o stanno per abbandonarla, diversi militanti (per lo più giovani) che si dichiarano favorevoli a un'organizzazione più vincolante e strutturata: all'uopo, dopo il congresso di Livorno dell'aprile 1949, si era costituito in quella città un comitato interregionale «per un movimento orientato e federato». Organo del comitato il mensile "L'Impulso", che esce dal settembre del '49. Questi giovani non partecipano al congresso di Ancona, che li  dichiara «in tal modo fuori dalla FAI». Anche i gruppi Bologna 1 e Milano 1 hanno affermato, per essere più liberi nel loro lavoro, di non potersi più considerare aderenti alla FAI. Il congresso «auspica che i Gruppi che seguono il periodico "L'Impulso" si convincano che il metodo da essi seguito contrasta con quelli dell'anarchismo conducendoli ad involuzioni autoritarie; e ritornino liberati dalle loro incrostazioni ideologiche marxiste, da anarchici, in seno al movimento della FAI». Il congresso infine si dichiara aperto a tutto il movimento, e non soltanto alle federazioni e gruppi aderenti alla FAI. La norma varrà anche per i congressi successivi. Nel clima della guerra fredda che vede minacciosamente contrapposti blocco occidentale capeggiato dagli Stati Uniti, e blocco orientale capeggiato dall'Unione Sovietica, a chiusura dei lavori il congresso lancia un manifesto al popolo: «La guerra è alle porte. La guerra, comunque venga, sarà lotta tra due imperialismi: il russo e l'americano, ambedue nemici dei popoli. Solo l'azione dei popoli potrà arrestarne il flusso mortale, avviando la costruzione rivoluzionaria di una società in cui non vi siano più né padroni, né generali, né politici, né preti, ma solo lavoratori liberamente all'opera per il bene comune: la società senza Stato, l'Anarchia». 


LO SCIACALLO DI NAHUELTORO – Miguel Littin

Ricostruzione fedele di una vicenda reale accaduta in Cile nel 1960, che ebbe per protagonista un contadino analfabeta, José del Carmen Valenzuela Torres, poi soprannominato lo sciacallo di Nahueltoro» per i suoi crimini. Dopo essere stato ospite di una vedova, Rosa, di cui diviene l'amante, José un giorno la uccide in preda all'alcool mentre tenta di rubarle la pensione. Anche i cinque figli di Rosa subiscono la stessa sorte. La fuga, e ancora un vagabondaggio  che sarà di breve durata: catturato, viene condannato alla fucilazione. Losciacallo di Nahueltoro è un'opera «didattica», nella sua più alta accezione, su come si semini nella coscienza umana l'idea di un massacro, come germogli questa idea e diventi operante e produttiva, e come poi questa violenza sia negata dallo stesso sistema che la produce, per non essere smascherato, con una esecuzione «esemplare». Il taglio didattico  scelto da Littin esclude ogni approccio moralistico al tema, e il linguaggio, che pretende d'essere scarno e rigoroso, fa trapassare non senza scosse, il realismo nella crudezza della metafora politico-sociale: Littin smonta gli avvenimenti e il «personaggio» di José. Attraverso una narrazione spezzata in «capitoli» che segnano la  parabola di José con accenti che rifiutano ogni adesione sentimentale alla vicenda, Littin esprime in prima istanza il grande delitto che lo Stato repressivo commette contro l'uomo concreto, un delitto di classe: lo «sciacallo» ci appare già morto prima di essere giustiziato, ironia della sorte, dopo che un barlume di coscienza cominciava a nascere nella sua «mostruosa» esistenza ormai in via di trasformazione, o meglio, come suggerisce l'autore, in via di «addomesticamento»: José, in tre anni di carcere, ha già imparato a leggere, a vestirsi, a riconoscere i valori della religione e della patria, a pentirsi e a pagare per la sua «diseducazione» sociale e civile, e a comprendere persino le colpe dell'alcolismo. Egli esprime l'acquisita tragica coscienza sociale nell'amara risposta al giudice che gli chiede le «ragioni» dell'infanticidio: «Perché non soffrissero, i poveretti». 

Ci siamo fatti avanti per realizzare film  con idee molto chiare, solo con poca pellicola, accantonando i moduli abituali della produzione cinematografica. E abbiamo potuto constatare che questa maniera di risolvere i problemi della produzione materiale risolveva contemporaneamente un certo numero di problemi politici inerenti al contenuto del film. Perché sappiamo che non è assolutamente possibile fare un cinema politicamente giusto se sul piano economico la produzione poggia sul compromesso. (Miguel Littin, in «Cahiers du Cinema» n. 251-252, luglio-agosto 1974)



La lotta contro l'ingiustizia

La lotta contro le ingiustizie ha smesso di dissimulare ciò che è sempre stata: la conquista da parte degli uomini di una merce che li conquista e rimpiazza con una forma umana - un'astrazione - la realtà vivente che esaurisce.

Scendere in strada con le armi della rivendicazione? Per fare che? Per reclamare dei diritti che mi saranno accordati al prezzo di nuove rinunce, mi arricchiranno a mie spese  e impoveriranno la mia vita?

La gente si è battuta per secoli per l'uguaglianza e prende oggi coscienza che la sola uguaglianza effettiva è il dovere imposto a tutti di sacrificarsi per lavorare, e di lavorare per niente o così poco, poiché l'avere declina, il potere rende ridicoli e la sopravvivenza si annoia.

Solo mi concerne la creazione di un mondo dove non ci sia più da pagare.




giovedì 30 gennaio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LIII

1950 

Nel 1909 lascia il suo Vallese, si arruola in piccole compagnie di buffoni che girano per le campagne scambiando spettacoli con vitto: un palco improvvisato all'aperto, sulla piazza del villaggio, barzellette piccanti per denunciare lo sfruttamento dell'uomo e satireggiare i re e i preti. Clovis ha scolpito un teatro di burattini, che anima lui stesso. Tre anni di nomadismo militante per le strade della Lombardia, che gli servono per imparare a fondo l'italiano e per conoscere la situazione sociale del regno, in cui il popolo si alimenta di polenta, mentre la «pellagra» fa strage. Clovis ne vede da vicino gli effetti a Pavia. Ma conosce anche, sempre più a fondo, la solidarietà dei lavoratori. In memoria di quel duro ma affascinante periodo, chiamerà Pavia una delle sue figlie. Torna nel  Vallese deciso a scuotere il giogo «padronale, governativo e clericale». Vuole «far uscire la politica dalle cantine e dalle sacrestie». Alla vigilia della prima guerra mondiale fonda con un pugno di amici sindacalisti, anarchici e liberi pensatori un piccolo giornale indipendente, stampato nella Stamperia cooperativa delle Unioni operai di Ginevra: "Le Falot", quattro pagine di cui una in italiano, "Il Fanale". Il primo numero esce il 10 maggio 1914, a Vouvry. Per quanto fortemente condizionato dal populismo e dal culto del lavoro tipici dell'epoca, è come un faro di luce improvvisa nelle tenebre del Vallese. Una luce che splenderà per otto anni, nonostante persecuzioni e boicottaggi d'ogni genere da parte delle autorità. Nel 1916  Pignat è imprigionato per due mesi come obiettore politico. Ma lui continua ad agire da internazionalista fervente, denunciando le atrocità del militarismo, le speculazioni e la miseria delle famiglie dei mobilitati. Solido, dolce nei rapporti umani, Clovis resta un inflessibile militante di base. Non vuole «fare carriera», diventare deputato. Collabora a "La Voix du Peuple", organo dei sindacati federalisti della Svizzera romanda, a "Libre Pensée Internationale", alle pagine francesi e italiane del giornale anarchico "Il Risveglio - Le Réveil", animato dal tipografo libertario Luigi Bertoni. La sua conoscenza  dell'italiano lo porta verso la «Muraria», il sindacato diffuso nella Svizzera tedesca che raggruppa soprattutto gli stagionali italiani, muratori e manovali. Il suo principale animatore è Augusto Vuattolo, un vecchio minatore diventato instancabile difensore dei diritti calpestati dei connazionali. Nel 1921 nasce, per iniziativa di sindacalisti tedeschi, la FLEL (Federazione Lavoratori Edilizia e Legno) e, il 21 ottobre  1922, "L'Ouvrier du bois et du batiment", organo ufficiale di lingua francese della FOBB di cui Clovis manterrà la responsabilità, assieme al segretariato romando, fino al 1946. S'affianca intanto a Pignat un giovane libertario, Lucien Tronchet, nato a Ginevra nel 1902. Tronchet ha sedici anni

quando, nel novembre del 1918, la truppa è mobilitata contro lo sciopero generale che paralizza la Svizzera. La truppa spara: morti e feriti tra gli scioperanti. Il giovane Tronchet, come già un tempo il giovane  Pignat, fa la sua scelta: diventerà sindacalista libertario, e come il suo maestro, sarà obiettore  politico quando la guerra mondiale tornerà a insanguinare il mondo. Tronchet andrà a combattere in Spagna nelle formazioni anarchiche, collaborerà con Pignat nell'appoggio alla resistenza italiana antifascista, diverrà nel dopoguerra infaticabile segretario della Camera del lavoro di Ginevra e resterà sempre al fianco dei lavoratori italiani immigrati. Sono Pignat, Augusto Vuattolo e Lucien Tronchet che dirigono l'importante sciopero «selvaggio» scoppiato il 19 maggio 1928, e che termina vittoriosamente dopo 15 giorni di scontri. Per la prima volta nella Svizzera romanda dopo il 1920 gli imprenditori dell'edilizia devono accordare una convenzione collettiva di lavoro, che comprende la riduzione della durata del lavoro, il rispetto degli orari e la fissazione di un minimo salariale. «Selvaggio » perché deciso e attuato dalla base, lo sciopero non riceve alcun appoggio finanziario da parte della Federazione, nonostante le pressioni di Pignat, che deve assumersi la piena responsabilità della lotta. Nell'esistenza di Pignat come del suo discepolo e biografo Lucien Tronchet (che nel 1971 pubblicherà a Losanna Clovis Pignat - Una vocazione sindacale internazionalista)  si possono vedere le caratteristiche di un filone libertario svizzero del nostro secolo, che dalle iniziali posizioni anarchiche evolve via via verso forme d'intervento sociale sempre più all'interno del sindacalismo, e in cui anche l'originaria tensione anarco-sindacalista si stempera in una visione riformistica che pure conserva ancora le vestigia dell'azione diretta e dell'autonomia di base. Si tratta di un «secondo tempo» del sindacalismo, in cui le antiche idee restano come semplice punto di riferimento (sovente retorico), e in cui predomina un empirismo volto alle realizzazioni immediate, legato agli equilibri interni del sistema. 


Essere simbolico alternativo

James Shreeve, alla fine del suo Neandertal Enigma, fornisce una bella illustrazione di un essere simbolico alternativo. Meditando su come avrebbe potuto essere una coscienza originaria, non-simbolica, ci presenta possibilità e differenze significative: ... gli dei del moderno abitano la terra, il bufalo, o il filo d'erba. Lo spirito di Neanderthal era l'animale o il filo d'erba, era la cosa e la sua anima percepite come una singola forza vitale, senza alcun bisogno di distinguerli con nomi diversi. Analogamente, l'assenza di espressioni artistiche non preclude la comprensione degli aspetti estetici del mondo. I Neanderthal non dipingevano sulle loro caverne immagini di animali, ma forse non avevano alcun bisogno di distillare la vita in rappresentazioni, perché le sue essenze erano già rivelate ai loro sensi. La vista di una mandria in corsa era sufficiente a ispirare un improvviso senso di bellezza. Non avevano tamburi né flauti di osso, ma erano in grado di ascoltare i ritmi esplosivi del vento, della terra e dei battiti del cuore degli altri, e di esserne coinvolti.



Il discorso della sopravvivenza

Tutto ciò che oggi si dice, si scrive, si pensa comporta una quantità crescente di cose di nessuna importanza, riguardo alla vita, minacciata da ogni parte, e sempre più presente man mano che declina il dominio delle false apparenze.

Intessuto da millenni sulla trama di una remuneratività di cui il piacere di vivere non sa che farsene, il discorso della sopravvivenza, nello scorso decennio, si è talmente sconnesso che poche parole sfuggono al ridicolo prodotto dal fallimento stesso di ciò che le sosteneva.

A battersi per il capitale in nome del progresso, contro il capitale in nome del proletariato, per la burocrazia in nome della rivoluzione, e incessantemente per la sopravvivenza in nome della vita, ciò che resta dell'umanità del XX secolo, ha conquistato, sul fronte delle forme tradizionali dell'impegno, la sensazione di una incommensurabile stanchezza.

L'ordine assurdo delle cose non sprona certo a dannarsi di fatica per ciò che non serve a nulla, anche se l'inerzia spinge ancora nelle arene dello sfacelo spettacolare qualche gregge politicizzato e gli ultimi cani malefici del potere.

Per me non è una certezza, ma una scommessa, cui ogni istante mi invita a non rinunciare mai, che finalmente dalle ambiguità dell'apatia generale venga fuori una volontà di battersi per creare se stessi armonizzando la società col godimento di sé.



giovedì 23 gennaio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LII

1950 

10 gennaio - Muore in Svizzera Clovis Abel Pignat, alias Tschombine Pategnon. Nato a Vouvry, nel Vallese, nel 1884, Pignat è stato fondatore e animatore della FOBB, la Federazione degli Operai del Legno e dell'Edilizia (Bois et Batiment) nella Svizzera romanda. Figlio di un soffiatore delle vetrerie di Monthey, operaio lui stesso sin da ragazzo, Pignat visse l'altra faccia della belle époque al fianco dei lavoratori. Giovanissimo, era rimasto molto colpito dallo spirito di solidarietà che animava gli operai italiani immigrati. Vecchi reduci dai cantieri del tunnel del Gottardo (iniziato nel 1872 e terminato nel 1880) raccontarono al giovane Clovis delle spaventose condizioni di lavoro. La settimana lavorativa era di 72 ore. Gli operai chiesero una ventilazione migliore nel tunnel e un aumento di 50 centesimi. Il capo dell'impresa, l'ingegner Favre di Ginevra, si rifiutò di trattare e fece occupare i cantieri dalla truppa, che sparò sugli operai italiani: 4 morti, otto feriti. All'ingegner  Favre venne eretta una statua, che si trova ancora oggi sulla piazza delle Alpi a Ginevra. Nel 1899 si ebbe la stessa  situazione nel Vallese, quando gli operai italiani del tunnel del Sempione  chiesero un misero aumento salariale. L'8 novembre, in risposta allo sciopero, i cantieri vennero occupati dall'esercito. Licenziamenti, espulsioni, scioglimento del sindacato: gli operai, terrorizzati, tornarono  al lavoro. Due delegati di Ginevra, Jean Sigg e Calame, ricostituirono clandestinamente il sindacato e il 1° luglio 1901 oltre 1500 operai scesero in sciopero. Una durissima repressione poliziesca piegò dapprima i siciliani, poi i calabresi, che sotto il fucile  puntato ripresero il lavoro. Solo i piemontesi resistevano. Clovis, che aveva 16  anni, si mise al loro fianco. Nel 1903, a Ginevra, i muratori piemontesi e savoiardi esigevano l'applicazione della giornata di dieci ore (60 ore settimanali), la soppressione del lavoro domenicale e dell'obbligo di alloggiare dove voleva l'imprenditore. Volevano anche un aumento di 2 centesimi all'ora: i muratori guadagnavano 50 centesimi orari, i manovali 45 e i porta-mortai 30. Al rifiuto padronale segui uno sciopero  durissimo, con arresti di militanti ed espulsioni, dal 2 luglio alla fine di settembre. Una nuova sconfitta. Ma i lavori rimasero sospesi a lungo, e lo sciopero costò caro anche ai padroni. La situazione andò avanti cosi fino allo agosto 1914, data dell'inizio del grande massacro che provocò la sospensione dei lavori e la mobilitazione generale. A Vouvry, amministrata da oltre mezzo secolo da uomini fedeli alle idee della rivoluzione del 1848, isola laica in un paese a maggioranza clericale, Pignat partecipa a queste lotte ma affina nel contempo il suo spirito di libero pensatore con letture dei classici federalisti e libertari. Si sposerà, avrà tre figli, diverrà il dirigente sindacale più amato della zona, ma rimarrà sempre un uomo semplice, intelligente, coraggioso, teorico e praticante dell'azione diretta, continuamente  immerso in scioperi «selvaggi». Conosce  Panait Istrati, lo scrittore popolare rumeno autore di Codine e Verso l'altra fiamma, rifugiato per qualche tempo  al villaggio e diventa suo amico. Nel 1906 il movimento anarco-sindacalista è particolarmente attivo nella vicina Francia sotto l'impulso, tra gli altri, di Emile Pouget e del suo giornale "Le Père Peinard": è l'anno in cui la CGT lancia una perentoria parola d'ordine d'azione diretta: «Dal 1° maggio, lavoreremo soltanto otto ore al giorno». Era la vecchia rivendicazione «dei 3 x 8» (otto ore di lavoro, otto di riposo, otto di tempo libero) avanzata dai sindacati americani e che già aveva portato alla repressione dei «martiri di Chicago» (1886-7). I sindacati europei avevano deciso che a partire dal 1888 la giornata del 10 maggio sarebbe stata consacrata ogni  anno, in memoria di questi martiri, a manifestazioni internazionali in favore delle otto ore e del progresso sociale. P in questo clima che Clovis Pignat matura la sua « vocazione». Per campare, fa mille mestieri: dalla vetreria passa alla fabbricazione delle pietre sintetiche per orologeria; è manovale di cantiere, taglialegna, segatore di assi. Lavora in una fabbrica di calce a 32 centesimi l'ora. Chiede un aumento, ma resta solo. Come tutti i giovani militanti d'avanguardia, deve andare lontano, perché nessuno gli dà più lavoro. 



Pensieri - Saito Kohei

Ma il problema è che alcune persone – o il capitalismo, se preferite – sostengono che possiamo risolvere la crisi climatica con la tecnologia e quindi la tecnologia sarebbe una condizione sufficiente per risolvere il problema. Non sono d'accordo. Il capitalismo, ad esempio, produrrà veicoli elettrici più numerosi e grandi a scopo di profitto, e richiederà più pannelli solari e turbine eoliche. Questo è un modo semplicemente insufficiente per combattere il cambiamento climatico. Sembra attraente per le persone nell'UE o in Giappone perché vogliamo vivere come facciamo oggi anche in futuro, ma il problema è che questo tipo di massiccia produzione e consumo nel nord del mondo, per il bene della crescita, rafforzerà l'imperialismo ecologico coloniale - e quindi il dominio - sulle persone e sull'ambiente nel sud del mondo. Penso quindi che dobbiamo adottare un modo di vivere molto diverso, che chiamo decrescita.

La bicicletta, invece, è low-tech, esiste da più di duecento anni, puoi ripararla da solo, è superecologica, non è costosa e non uccide persone. Possiamo quindi reimmaginare la bicicletta come una tecnologia conviviale nel senso usato da Ivan Illich. Io chiamo questo tipo di tecnologia aperta, in opposizione alla tecnologia chiusa preferita dal capitalismo, che chiude tutte le informazioni, isola dalle altre persone e ci aliena dalla natura.

In una vera democrazia dovremmo essere in grado di riflettere e decidere insieme cosa conta per noi come collettività e per noi stessi. Ma il capitalismo rende semplicemente impossibile una simile riflessione. Quindi penso che per raggiungere una società veramente democratica sia indispensabile superare il capitalismo.

Immaginare una fabbrica socialmente integrata a basso impatto ambientale, in grado di proteggere l’occupazione e i diritti acquisiti nel tempo, e nella quale gli operai siano coinvolti nel processo decisionale. Nonostante mille avversità e l’incuria da parte delle istituzioni, questo tipo di discussione ha aperto una breccia nell’immaginario collettivo


Violenza e civiltà

La violenza è inerente alla cultura. La cultura viene imposta e conservata con la violenza e mette a disposizione degli uomini i mezzi della distruzione. Lungi dal trasformare il genere umano attraverso un progresso morale, la cultura moltiplica il potenziale della violenza, le fornisce opere e istituzioni, idee e giustificazioni.

La violenza è il destino della nostra specie. Ciò che cambia sono le forme, i luoghi e i tempi, l'efficienza tecnica, la cornice istituzionale e lo scopo legittimante. Questo mutamento formale tuttavia non è uno sviluppo lineare, finalizzato e cumulativo. Assomiglia piuttosto a un andare e venire, a un costante saliscendi. Per breve tempo monta l'indignazione per i misfatti, ma presto scende nuovamente al livello usuale.



 

giovedì 16 gennaio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte LI

1948 

15-17 maggio - A Parigi, conferenza internazionale anarchica. La Federazione Anarchica Italiana è rappresentata da Giovanna Berneri e Cesare Zacaria.

1949 

10 giugno - Si svolge a Parigi, in una sala del Palais de la Mutualité, la prima riunione dei «lettori» della rivista "Socialisme ou Barbarie - Organe de Critique et d'Orientation Révolutionnaire", della quale era uscito in marzo il primo fascicolo. Sono presenti circa quaranta persone, dissidenti trotzkisti, rappresentanti della Gauche Communiste  Internationaliste, bordighisti del gruppo Internationalisme, anarco-sindacalisti e vari militanti delle organizzazioni di massa del movimento operaio. Alcuni di loro hanno partecipato all'insurrezione antitedesca dell'agosto 1944 e si erano battuti «senza alcuna illusione sul carattere della Liberazione, al solo fine di partecipare a una lotta operaia», come scriverà la rivista (n. 9). Dal dibattito emerge l'urgenza di una definizione dei compiti di un'organizzazione rivoluzionaria. Pierre Chaulieu (primo pseudonimo di Cornelius Castoriadis), un animatore della rivista che successivamente assumerà lo pseudonimo di Paul Cardan e, col Maggio '68, quello di J.-M.Coudray, afferma che la «burocratizzazione del movimento operaio non è più un problema soggettivo: la burocrazia è ormai una classe ancorata all'economia... pur rappresentando in rapporto alla società capitalistica un immenso accrescimento dello sfruttamento, la società "manageriale" è fortemente reazionaria sul piano economico: la burocrazia non ha alcuna ragione di sviluppare le forze produttive e il suo potere mondiale, pronosticato da Burnham, porterà a una regressione ancora più profonda della regressione feudale». Il proletariato quindi deve impadronirsi del meccanismo economico-politico e gestirlo per salvare se stesso e la società

tutta dalla barbarie. In tal modo si giustifica il nome della rivista, che riprende il programma politico di Rosa Luxemburg: se il proletariato non fermerà la mano al capitalismo, questo trascinerà con sé l'umanità nella sua caduta nella barbarie. Trent'anni dopo la morte della Luxemburg, il fenomeno della burocratizzazione del movimento operaio - che già lei aveva visto e denunciato nella socialdemocrazia tedesca - ha assunto sotto le vesti dello stalinismo proporzioni e connotati ancora più «feudali». Sul problema centrale della definizione del rapporto spontaneità-organizzazione e avanguardia-massa, si svilupperà per tutti gli anni cinquanta, con sfumature diverse, il dibattito interno alla rivista, che nelle giornate del Maggio '68 diverrà oggetto di un gigantesco dibattito collettivo teorico-pratico. A livello internazionale "Socialisme ou Barbarie" cerca di unificare varie minoranze di sinistra che oltre alle posizioni già elencate come presenti alla riunione del 10 giugno vanno dal gruppo anarco-sindacalista americano che pubblica  "Corrispondence" al gruppo olandese Spartacos vicino a Pannekoek, ai gruppi clandestini spagnoli, alla rivista italiana "Prometeo", alla formazione neo-socialista italiana di Unità Proletaria, a "L'impulso", organo dei GAAP che, come la Fédération Communiste Libertaire, «rappresentano una tendenza nuova affermatasi all'interno del vecchio movimento anarchico» ("Socialisme ou Barbarie " n. 15/16). 

8 novembre - Un gruppo di anarchici assalta a colpi di bombe a mano il consolato spagnolo di Genova. Vengono arrestati Eugenio De Lucchi, Gaetano Busico e Gaspare Mancuso, che saranno liberati un anno dopo grazie a un condono. 

Dicembre - A Parigi, congresso internazionale anarchico. Rappresenta la Federazione Anarchica Italiana Ugo Fedeli, vecchio militante nativo di Arezzo, segretario del Consiglio nazionale della FAI e attento storico del movimento libertario. 



CIÒ CHE VERRÀ - Michael Strunge

Ciò che verrà

sono monti in fiamme di voglia di vivere

e uccelli che canteranno con voce sottile e forte

la resurrezione della terra.

Ciò che verrà

sono tuoni di voci

gridate sugli abissi della città, un tempo grondanti veleno,

con la forza del ronzio di tutti i sensi:


«Noi conquistiamo di nuovo il nostro pianeta

rompiamo le immagini di noi nei rigidi elaboratori elettronici

di cemento.

Siamo il nuovo popolo

cantiamo le nostre anime

cosicché la mediocrità degli ingannatori e dei potenti

finirà in pezzi e in angoscia.

Noi siamo la nuova chiarezza

conquistata nella lotta contro le macchine

noi siamo la nuova forza creativa

che crea bellezza ed eternità

dalle rovine del vecchio

nella tecnologia, nella natura

nella scienza, nell’arte

nell’accordo…

(nella città, nello spazio!)»


Ciò che verrà

sono vittoria e saggezza

conquistate col canto del bambino

sul segnale elettrico del fiore.


Ciò che verrà

è il nuovo/vecchio

l’estraneo/evidente/sconosciuto

la consapevolezza della coesione del tutto

trovata nell’amicizia e nelle parole

tra le stelle e il popolo del mondo.


LA RAGIONE

"La ragione è l'utilizzazione di una grande documentazione generale con la creazione di nuove vie che prolungano la realtà al di là del presente, costruendo mentalmente dall'esperienza vissuta per conoscere il termine finale e modificare così l'azione presente per ottenere di modificare questo fine. Il sapere si divide nettamente in due parti: da una parte le conoscenze obiettive, suscettibili di dimostrazioni sensibili e che possano determinare una mutua comprensione degli umani davanti all'evidenza dei fatti; dall'altra le conoscenze soggettive, strettamente limitate al sapere individuale. Le divergenze provengono, invariabilmente, dal miscuglio o dalla sostituzione, più o meno cosciente, di una delle due conoscenze con l'altra. Quanti ragionano male o sono in malafede, operano questa sostituzione e, credendo o facendo finta di credere di essere sempre sul terreno obiettivo e impersonale, argomentano al contrario soddisfacendo abbondantemente la loro logica personale, fonte di dispute senza limiti. Le persone non possono avvicinarsi gli uni agli altri che quando si tratta di punti in comune che interessano a tutti, e la ragione non può esercitarsi che su questi punti". Questa citazione, tratta dall'Enciclopedia Anarchica, definisce benissimo il razionalismo scientifico comune a tutte le famiglie socialiste, nella loro cura di eliminare la metafisica della ragione, di cui la borghesia ha usato a suo vantaggio. 


giovedì 9 gennaio 2025

L’Anarchia nel XX secolo – Parte L

1946 

Marzo - L'Unione Spartaco e dissidenti della FAI danno vita alla Federazione libertaria italiana. Il giornale "L'Internazionale" diventa il suo organo. La FU I confluirà, dopo la scissione di Palazzo Barberini (rottura tra Saragat e Nenni), nel Partito Socialista dei Lavoratori Italiani, saragattiano, di tendenza filo-occidentale. 

1947 

17 novembre - Muore esule al Messico Victor Serge (nome di battaglia di Viktor Kibalcic), nato nel 1890 a Bruxelles da famiglia russo-polacca (il padre era uno studioso anti-zarista fuggito in Occidente, la madre, di piccola nobiltà polacca, aveva abbandonato   la vita borghese di Pietroburgo per andare a studiare a Ginevra). Il piccolo Victor aveva peregrinato coi genitori sulle vie del mondo tra  Londra, Parigi, la Svizzera e il Belgio. Aveva conosciuto la fame nella malinconica via di Whitechapel, luogo d'incontro londinese degli anarchici e dei rivoluzionari russi, nella Parigi della cosiddetta belle époque, in un sobborgo di minatori a Liegi. Il suo fratello minore mori di fame in Belgio; Serge si salvò perché il padre ottenne la nomina all'Istituto di anatomia dell'Università di Bruxelles. In una strada provinciale di Bruxelles attaccò briga e fece conoscenza con un ragazzino occhialuto che morirà sulla ghigliottina a vent'anni, coinvolto nei misfatti della banda Bonnot: Raymond Callemin, noto alle cronache criminali del 1912-13 come Raymond-la-scienza per la sua passione scientista di marca positivista. Raymond è allora un ragazzo che campa facendo tutti i mestieri: assieme i due scoprono il mondo delle letture, delle evasioni, e più avanti, della lotta di classe, delle battaglie di strada, delle viltà sindacaliste e della rivolta. A Parigi Victor, metà operaio metà intellettuale, diventa un rivoluzionario, Raymond dapprima un anarchico individualista, poi un bandito. Si lasciano, ma quando la banda  Bonnot  viene sgominata, anche Serge deve farsi 5 anni di carcere per le idee anarchiche che professa. Dal «mondo senza evasione possibile» del 1906-1912 Serge ha la forza di uscire trovando una ragione di vivere: la vittoria della rivoluzione. Scarcerato, è a Barcellona nel 1917; aderisce alla CNT, adotta il nome di Victor Serge, si batte nel Comité Obrero, vive l'angoscia e l'entusiasmo della guerra, del dopoguerra e dell'attesa del nuovo scatenata in Spagna e nel mondo dalla rivoluzione russa. Sconfitta l'insurrezione anarchica, internato in Francia, raggiunge Pietrogrado nel gennaio del 1919, aderisce al comunismo senza rinunciare del tutto alle sue  intime convinzioni libertarie, combatte per l'edificazione del socialismo accanto a Lenin, Zinoviev, Trotzki di cui condivide la sorte dopo la morte di Lenin. Vive al fianco del vecchio  rivoluzionario gli anni della rivoluzione nel vicolo cieco dal 1926 al 1928, lottando con l'opposizione di sinistra, trotzkista e operaia, contro la dittatura burocratica di Stalin. Vive dal 1928 al 1933 gli anni di resistenza alla controrivoluzione staliniana, le provocazioni poliziesche e lo strangolamento  dell'Opposizione. Arrestato nel 1933, deportato in  Siberia, viene liberato nel 1935 per intervento di Salvemini, di Romain Rolland e di altri progressisti riuniti in un congresso di scrittori. Deportato in Occidente, ritrova la Parigi delle lotte giovanili. Boicottato dai comunisti, per campare fa il correttore di bozze: è un operaio della penna, come in gioventù. Si dedica alla lotta instancabile contro il fascismo e lo stalinismo; dopo l'invasione della Francia da parte dell'esercito hitleriano, riesce (1941) a fuggire al Messico. Nato politicamente nell'anarco-sindacalismo, Serge dal   bolscevismo ritorna all'anarco-sindacalismo. Durante l'inverno 1937-38  lui, Max Eastman, Boris Souvarine, Ciliga e altri ex comunisti  e filo anarchici sollevarono la questione della responsabilità di Trotzki nella repressione  di Kronstadt nel 1921. Fu un tentativo di scoprire dove e quando esattamente si era manifestata  nel  bolscevismo la malattia mortale che aveva dato origine allo stalinismo. Anche Serge rimprovera a Trotzki di non avere rotto con il bolscevismo;  ma conserva del grande leader rivoluzionario un ricordo rispettoso che lo indurrà a collaborare tra il 1942 e il 1946 con Natalia Sedova  (vedova di Trotzki assassinato da un sicario staliniano nel 1940) alla stesura di Vita e morte di Trotzki (Parigi 1951). Oltre ad articoli e saggi politici, ha pubblicato numerosi romanzi, tra cui Anni spietati, e le importanti opere di carattere politico Gli anarchici e l'esperienza della rivoluzione russa, Memorie di un rivoluzionario 1901-1941 e L'anno primo della rivoluzione  russa