Una società libera sarà principalmente una società contadina: la conurbazione è una conformazione sociale strettamente capitalista, incompatibile con l’avvento della libertà e irrealizzabile in economie senza mercato. Queste due verità ci portano a considerare il cambiamento rivoluzionario da prospettive completamente nuove. Per questo motivo quando si parla di agricoltura biologica, sovranità alimentare o autosufficienza, cioè del lato positivo dell’anti-industrialismo, vale la pena specificare l’ambito in cui tutto ciò avviene, la situazione concreta del territorio. In una società in via di urbanizzazione totale, il territorio si trasforma in uno spazio vuoto a disposizione: una riserva generale di spazio alla mercé dei centri decisionali metropolitani. Nella nuova fase dello sviluppo capitalista l’oppressione ha soppresso il tempo e si è spazializzata: lo spazio sociale è una creazione del capitale e obbedisce alla sua logica. Lo sfruttamento del territorio gioca lo stesso ruolo dello sfruttamento del lavoro nella fase precedente; però, affinché questo avvenga in modo ottimale non solo c’è bisogno di riempire i luoghi di merci ma sono altresì necessari alcuni cambiamenti formali che adeguino la specificità territoriale all’economia e non blocchino l’espansione illimitata dei nuclei urbani. Cambiamenti che, oltre a banalizzare la vita in campagna, incentivino la de-industrializzazione, l’abbandono dell’agricoltura e la suburbanizzazione. Questa, diciamo, ultima campagna di razionalizzazione sociale si dota dei relativi strumenti giuridici: leggi che favoriscono l’attività urbanistica, quote agrarie, legislazioni sui suoli, riforme delle amministrazioni locali, normative per gli espropri, ordinamenti generali, pianificazione delle infrastrutture, ecc. Dall’altro lato la globalizzazione modella una nuova classe dirigente legata più alla gestione politica, finanziaria e imprenditoriale dello spazio che alla proprietà privata dei mezzi di produzione: una classe nata dalla trasformazione della borghesia in seguito alla sconfitta del movimento operaio e alla decomposizione delle classi tradizionali. Si tratta di una classe effimera, in perenne movimento, che si muove all’interno della divisione internazionale del lavoro e provoca un riordino territoriale globale o, detto in altri termini, che è responsabile di costringere il territorio a sottomettersi ai capricci del mercato mondiale. Dal suo punto di vista, qualsiasi resistenza al mercato costituisce un “arretramento” e ogni adattamento il “progresso”. In questo senso l’esistenza di una classe contadina autonoma rappresenterebbe la quintessenza dell’arretratezza, e la sua estinzione il massimo del progressismo.
Le istanze locali dovrebbero costituire il primo anello verso la deregulation degli usi del territorio, la terziarizzazione dell’economia e, di conseguenza, verso la rapida mondializzazione delle risorse locali. I cambiamenti vengono sovvenzionati soprattutto grazie alle eccedenze prodotte dalla speculazione immobiliare: dunque, il trasferimento di capitali dall’industria, dall’agricoltura e dall’industria mineraria verso i servizi si baserebbe principalmente sulla costruzione di alloggi, strade e grandi infrastrutture. La campagna ha smesso di essere la dispensa di alimenti ed è diventata una cava di estrazione dei materiali, spalancando le porte alla concentrazione della popolazione, all’agricoltura industriale e alla “riconversione ambientale”, con risultati sempre più catastrofici per il territorio e i suoi abitanti. La terra non è più il crogiolo in cui si fonde l’identità tra gli individui e la loro comunità.
Una comunità di lotta – una forza sociale storica – può formarsi solo a partire da una volontà cosciente di separazione, da uno sforzo disertore figlio dell’opposizione totale al sistema capitalista o, che è lo stesso, dalla messa in discussione radicale dello stile di vita industriale, cioè dalla rottura con la società urbana. Disoccupazione giovanile o tagli del budget, il punto di partenza non ha molta importanza se gli animi che si scaldano vanno tutti nella stessa direzione; la cosa più importante è la conquista di un’autonomia sufficiente per discostarsi dai canali stabiliti andando al fondo della questione – la libertà – senza mediatori “responsabili” né tutori vigilanti. E ciò non si ottiene che prendendo chiaramente le distanze dalla fazione del dominio e preparandosi a una lotta lunga e ardua contro di esso.

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