Nella critica radicale del principio di autorità, in qualunque forma politico-istituzionale esso si presenti, Godwin immette per contro l’idea opposta: l’autogoverno, il principio secondo cui ciascuno deve essere abbastanza saggio da governarsi da solo senza l’intervento di stimoli che lo forzino. Essendo infatti il governo una transazione nel nome e per il bene di tutti, a cui è affidato il controllo delle nostre azioni e la decisione ultima sul nostro destino, è logico dedurre che ogni membro della comunità sia partecipe delle scelte collettive, in quanto nessun criterio soddisfacente può porre un uomo,o un gruppo di uomini, al comando di tutti gli altri. Inoltre il governo è un espediente istituito per la sicurezza degli individui: sembra quindi ragionevole che ciascuno debba partecipare a contribuire alla propria sicurezza. Con questa precisazione Godwin intende dire che l’istituzione governativa non ha, di per sé, compiti positivi; non deve promuovere il bene, ma soltanto limitare il male. Siamo, come si vede, all’esatto opposto di ogni positivismo giuridico e di ogni visione etica del potere. Questa funzione negativa del governo si giustifica entro l’ambito della patologia antropologica, scaturisce cioè dal riconoscimento di una persistenza dell’imperfezione umana, anche se l’uomo non è originariamente vizioso. La precisazione negativista si compendia pertanto in questa lapidaria definizione: “scopo del governo è di sopprimere quella violenza, esterna o interna, che potrebbe distruggere o mettere in pericolo il benessere della comunità o dei suoi membri”. E ancora: “il compito di curare che nessuno ecceda dalla propria sfera, è il primo scopo del governo. I suoi poteri al riguardo sono una combinazione dei poteri individuali di controllare i reciproci eccessi”. Una ragione in più dunque, per spingere tutti gli individui di una medesima società a partecipare alla gestione governativa sulla base dell’esplicito riconoscimento che il governo è, in tutti i casi, un male e che, per conseguenza, lo stadio più memorabile dello sviluppo umano sarà il periodo della dissoluzione del governo politico, quel brutale meccanismo che è stato l’unica perenne causa dei vizi del genere umano. Il governo infatti presenta nella sostanza gli inconvenienti più disparati, eliminabili soltanto con il suo completo annullamento.
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giovedì 28 giugno 2012
L’AUTOGOVERNO di William Godwin
Nella critica radicale del principio di autorità, in qualunque forma politico-istituzionale esso si presenti, Godwin immette per contro l’idea opposta: l’autogoverno, il principio secondo cui ciascuno deve essere abbastanza saggio da governarsi da solo senza l’intervento di stimoli che lo forzino. Essendo infatti il governo una transazione nel nome e per il bene di tutti, a cui è affidato il controllo delle nostre azioni e la decisione ultima sul nostro destino, è logico dedurre che ogni membro della comunità sia partecipe delle scelte collettive, in quanto nessun criterio soddisfacente può porre un uomo,o un gruppo di uomini, al comando di tutti gli altri. Inoltre il governo è un espediente istituito per la sicurezza degli individui: sembra quindi ragionevole che ciascuno debba partecipare a contribuire alla propria sicurezza. Con questa precisazione Godwin intende dire che l’istituzione governativa non ha, di per sé, compiti positivi; non deve promuovere il bene, ma soltanto limitare il male. Siamo, come si vede, all’esatto opposto di ogni positivismo giuridico e di ogni visione etica del potere. Questa funzione negativa del governo si giustifica entro l’ambito della patologia antropologica, scaturisce cioè dal riconoscimento di una persistenza dell’imperfezione umana, anche se l’uomo non è originariamente vizioso. La precisazione negativista si compendia pertanto in questa lapidaria definizione: “scopo del governo è di sopprimere quella violenza, esterna o interna, che potrebbe distruggere o mettere in pericolo il benessere della comunità o dei suoi membri”. E ancora: “il compito di curare che nessuno ecceda dalla propria sfera, è il primo scopo del governo. I suoi poteri al riguardo sono una combinazione dei poteri individuali di controllare i reciproci eccessi”. Una ragione in più dunque, per spingere tutti gli individui di una medesima società a partecipare alla gestione governativa sulla base dell’esplicito riconoscimento che il governo è, in tutti i casi, un male e che, per conseguenza, lo stadio più memorabile dello sviluppo umano sarà il periodo della dissoluzione del governo politico, quel brutale meccanismo che è stato l’unica perenne causa dei vizi del genere umano. Il governo infatti presenta nella sostanza gli inconvenienti più disparati, eliminabili soltanto con il suo completo annullamento.
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