Il lavoro salariato riduce l’individuo a una cifra d’affari. Dal punto di vista capitalistico, il salariato non è una persona, ma un indice di costi di produzione e un certo tasso d’acquisto per il consumo.
Il lavoro salariato è la base dello sfruttamento e dell’espropriazione globale, così come il lavoro alienato e la produzione di merci sono la base del sistema spettacolare-mercantile. Cercare di migliorare il rapporto salariale significa migliorare lo sfruttamento del proletariato da parte della classe burocratico-borghese. Lo si può solo sopprimere.
Il rapporto salariale esige il sacrificio di più di otto ore di vita per otto ore di lavoro, scambiate per una somma di denaro che copre solo una piccola parte del lavoro fornito, poiché tutto il resto va a finire nelle tasche dei padroni. E questa somma deve essere a sua volta scambiata con prodotti sofisticati e inutili, con oggetti d’uso quotidiano pagati dieci volte il loro prezzo, con gadget alienanti; senza contare poi gli oboli agli altri vampiri: stato, specialisti di ogni genere, racket sindacali …
È falso credere che le rivendicazioni salariali possano mettere in pericolo il capitalismo privato o di stato: il padronato accorda agli operai solo quegli aumenti che sono necessari ai sindacati per riuscire a dimostrare che servono ancora a qualcosa; e i sindacati non chiedono al padronato che somme che non mettono in pericolo un sistema del quale non sono che gli approfittatori di secondo grado.
Non dobbiamo più vivere la maggior parte del tempo in funzione del denaro, di essere ridotti alla dittatura dell’economico, di sopravvivere senza poter gustare il piacere di vivere appassionatamente.
Noi dobbiamo lottare per dar vita ad una organizzazione sociale dove la ripartizione dei prodotti di comune utilità non sarà più legata alla logica della merce e della corsa al profitto, ma risponderà ai bisogni reali delle persone.
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