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giovedì 30 agosto 2012

DEATH WORK 1

L’irreversibilità della morte, il suo carattere oggettivo; è un fatto scientifico moderno. Esso è peculiare alla nostra cultura. Tutte le altre affermano che la morte comincia prima della morte, che la vita continua dopo la vita, che è impossibile discriminare la vita dalla morte. Contro la rappresentazione che vede l’una il termine dell’altra, bisogna cercare di vedere l’indeterminatezza radicale della vita e della morte, e l’impossibilità di autonomizzarle nell’ordine simbolico. La morte non è una scadenza, è una sfumatura della vita – oppure la vita è una sfumatura della morte. Ma la nostra idea moderna della morte è governata da un sistema di rappresentazione del tutto diverso; quello della macchina e del funzionamento. Una macchina funziona o non funziona. Così la macchina biologica è morta o viva.
In un primo momento il prigioniero di guerra il vinto è semplicemente messo a morte; più tardi egli viene “risparmiato”, diviene parte del bottino di guerra, diventa schiavo e passa alla condizione di domestico suntuario; soltanto con il passare dei secoli viene fatto passare al lavoro servile; tuttavia egli non è ancora un lavoratore giacché il lavoro apparirà nella fase del servo o schiavo emancipato liberato dall’ipoteca della messa a morte, e liberato precisamente per il lavoro.

Il lavoro, i tempi liberi, il salario, il controllo, in definitiva sono forme di morte lenta, sospensione della vita, esse non si oppongono come specie di morti diverse alla vita, esse sono morti differite, morti lente al cui opposto vi è la morte violenta e in definitiva la vita, da cui la morte ne è parte. Il sistema lavoro si oppone come morte differita alla morte immediata; questa morte non è violenta né fisica: è la commutazione indifferente della vita e della morte; la loro neutralizzazione nella sopravvivenza, la loro rappresentazione scenica.

(Archivio Bodo’s Project 1985)

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