La radice dell’autorità non risiede in un particolare comandamento, ma nel comandamento stesso, nel fatto di comandare. Lo Stato è la forma suprema dell’autorità secolare, che realizza la volontà di potere dell’epoca moderna impersonificata nell’astrazione universalizzante del diritto, per cui questa istituzione dura solo fino a che esiste una volontà dominatrice che viene considerata identica alla propria volontà, cioè fino a che gli uomini acquisiti all’idea che la legge è uguale per tutti, considerano lo Stato una manifestazione del loro volere, tanto da identificarsi in esso e sottomettersi. Per lo Stato nessuno può avere una volontà propria e, se qualcuno dimostra di averla, esso deve escluderlo, rinchiuderlo o esiliarlo. Infatti, se tutti dimostrassero di avere tale volontà, lo Stato non esisterebbe. Lo Stato non è pensabile senza il dominio e la schiavitù; deve dominare tutti coloro che ne fanno parte: questa si chiama appunto volontà dello Stato. Ecco perché ogni stato è dispotico, sia il despota uno solo oppure siano molti o addirittura tutti.
La volontà dominatrice dello Stato si realizza grazie all’universale identificazione nella legge, dato che questa non è più l’emanazione di un signore ma della volontà popolare. Ma l’alienazione statale riposa sull’astrazione dell’ideale umano. Lo Stato moderno cioè lo Stato al suo stato puro, si fonda proprio su questa pretesa di rappresentare istituzionalmente le ragioni dell’idea umana, dell’umanità.
Lo Stato come la Chiesa, non può essere riformato, ma solo abolito. Si tratta di un’abolizione radicale che non ammette deroghe o modifiche perché costituisce la premessa di ogni futuro discorso sulla positività sociale dell’unico: l’esistenza comunitaria di questi dipende dalla non esistenza dello Stato.
Nessun commento:
Posta un commento