Una ventina di persone che si sono riunite nella villa del ricco borghese Nobile, dopo la cena non riescono, a causa di una forza misteriosa, a uscire dal salone in cui si trovano. Il tempo passa, e la situazione diventa intollerabile. Pur cercando di conservare il decoro del loro rango sociale, tutti i presenti si rivelano meschini e ipocriti, perdendo la superficiale convenzionalità. Riusciti finalmente a liberarsi dall’incantesimo, si ritrovano in chiesa per un Te Deum di ringraziamento, ma la situazione di impossibilità di uscire si ripete. Il film inizia mostrandoci per due volte consecutive l’ingresso dei personaggi nella villa: uguali sono i loro gesti, uguali le parole di convenienza che si scambiano. La ripetizione rituale è lo strumento che la borghesia utilizza per esorcizzare la propria fine; essa cerca di sopravvivere e di far sopravvivere i propri valori ripetendo formule sempre uguali, fingendo che il tempo non passi e che il mondo non muti. Dopo aver passato vari giorni nella stanza, gli ospiti “prigionieri” si degradano fino a uno stadio animalesco, sembrano tutti cadaveri che si illudono di vivere e di perpetuare il proprio potere mantenendo in vita i pregiudizi, le superstizioni, il moralismo, le consolazioni mistificanti dell’ideologia conservatrice. Persa ormai ogni vitalità, la borghesia continua ad esercitare il suo dominio tramite un apparato (chiesa, esercito, polizia, scuola, amministrazione) che ha la sua ragion d’essere in leggi, regolamenti, dogmi, divieti, tabù, riti. La società è dunque ordinata secondo schemi liturgici, ed in forza di essi viene regolata la sopraffazione dell’uomo sull’uomo.
Bodo’s Project è un progetto di comunicazione “altra” per la creazione e la circolazione di scritti, foto e di video geneticamente sovversivi. La critica radicale per azzerare la società della merce; la decrescita, il primitivismo, la solidarietà per contrastare ogni forma di privatizzazione iniziando dall’acqua. Il piacere e la gioia di costruire una società dove tutti siano liberi ed uguali.
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giovedì 4 ottobre 2012
L’ANGELO STERMINATORE di Luis Bunuel
Una ventina di persone che si sono riunite nella villa del ricco borghese Nobile, dopo la cena non riescono, a causa di una forza misteriosa, a uscire dal salone in cui si trovano. Il tempo passa, e la situazione diventa intollerabile. Pur cercando di conservare il decoro del loro rango sociale, tutti i presenti si rivelano meschini e ipocriti, perdendo la superficiale convenzionalità. Riusciti finalmente a liberarsi dall’incantesimo, si ritrovano in chiesa per un Te Deum di ringraziamento, ma la situazione di impossibilità di uscire si ripete. Il film inizia mostrandoci per due volte consecutive l’ingresso dei personaggi nella villa: uguali sono i loro gesti, uguali le parole di convenienza che si scambiano. La ripetizione rituale è lo strumento che la borghesia utilizza per esorcizzare la propria fine; essa cerca di sopravvivere e di far sopravvivere i propri valori ripetendo formule sempre uguali, fingendo che il tempo non passi e che il mondo non muti. Dopo aver passato vari giorni nella stanza, gli ospiti “prigionieri” si degradano fino a uno stadio animalesco, sembrano tutti cadaveri che si illudono di vivere e di perpetuare il proprio potere mantenendo in vita i pregiudizi, le superstizioni, il moralismo, le consolazioni mistificanti dell’ideologia conservatrice. Persa ormai ogni vitalità, la borghesia continua ad esercitare il suo dominio tramite un apparato (chiesa, esercito, polizia, scuola, amministrazione) che ha la sua ragion d’essere in leggi, regolamenti, dogmi, divieti, tabù, riti. La società è dunque ordinata secondo schemi liturgici, ed in forza di essi viene regolata la sopraffazione dell’uomo sull’uomo.
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