Il potere, in ogni epoca passata e attuale, di qualunque colore sia; ci ha abituati a credere ai suoi ideologi ufficiali alle sue verità. Questo vecchio potere e questa vecchia verità avanzano pretese di assolutismo, non si accorgono della propria origine, dei propri limiti, della propria fine, del proprio volto vecchio e ridicolo e del carattere comico delle loro pretese di eternità e di immutabilità; non riescono a vedersi nello specchio del tempo. I rappresentati del potere e della verità recitano la loro parte con l’aspetto più serio, perché nella loro cultura la verità è ufficiale, autoritaria e si associa alla violenza, ai divieti, alle restrizioni.
Il potere, la violenza, l’autorità non usano mai il linguaggio del riso …
Il riso non impone divieti né restrizioni, il riso è la vittoria sulla paura che incatena, opprime e offusca la coscienza delle persone. Il riso ha rivelato un mondo nuovo soprattutto nel suo aspetto gioioso, è rimasto sempre l’arma della libertà nelle mani dell’uomo/donna. Il riso, l’eterna contrapposizione della serietà.
Sulla bocca del potere la società intimidisce, esige, vieta, opprime, terrorizza, incatena e mente.
Il riso non ha dogmi, non può essere autoritario, non è segno di paura, ma è coscienza di forza, è legato all’atto sessuale, alla fecondità, al mangiare, al bere, all’immortalità dell’uomo libero.
Si tratta quindi di insorgere nella pratica del rifiuto, spezzare la normalità rassegnata, prendere coscienza della diversità che pulsa, possedere se stessi ed essere posseduti dai propri desideri. Si muore si nasce nella stanza di sempre, ma la vita è altrove; dividersi dagli assenti, non significa propriamente solitudine ma voglia di mostrare i denti.
(Archivio Bodos: volantino 1986 Torino)
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