Il film di Romero si propone come prodotto cinematografico originale e radicale. La dialettica tra l’interno (gli assediati) e l’esterno (gli zombie), si rivela più apparente che virtuale. Tra i vivi che stanno per morire e i morti viventi non c’è opposizione ma specularità. Il gruppo di uomini non si allea per respingere il pericolo, ma ripropone al suo interno una serie di conflitti sociali che si rivelano letali.
Sin da quando uscì nelle sale, critici e storici cinematografici videro ne La notte dei morti viventi un film sovversivo che opera una critica contro la società statunitense degli anni sessanta.
E' un'opera che ha generato un’immane quantità d’interpretazioni sociologiche, nonostante Romero abbia sempre affermato che niente di tutto questo fosse minimamente voluto. È altresì indubbio che la pellicola abbia risentito del cambiamento culturale del tempo. Si può quindi leggere tra i fotogrammi una critica alla guerra, all’individualismo capitalista, alla libera diffusione delle armi, al razzismo e all’inutilità dello Stato.
La certezza della sacralità della famiglia Americana, si sgretola completamente alla vista di una figlia che uccide e divora i propri genitori; le incomprensioni tra Ben, l’unico personaggio di colore nel film, e gli altri componenti del gruppo, fanno capire che l’integrazione razziale è ancora ben lontana dal divenire una realtà; la legge e l’ordine vengono ben rappresentati da gruppi volontari decisi a farsi giustizia da soli; lo spettro della guerra del Vietnam rivive tra le bande armate che pattugliano i campi e sparano e bruciano tutto ciò che si para davanti al loro cammino.
La notte dei morti viventi è un immensa radicale critica della ragione viva e vegeta. I morti sembrano più che infastiditi dal fatto di essere scimmiottati dai vivi, il cui ideale è diventato, con l’aumentare del benessere, uno stato di pura carcassa svuotata di senso e volontà, riempita di nevrotica propensione al consumo totale.
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