La politica è il luogo dell’esercizio del male, della gestione del male, sparso nelle anime individuali e nelle forme collettive in tutti gli aspetti: quello del privilegio, quello del vizio e quello della corruzione. È la fatalità del potere assumere su di sé questa parte maledetta, mentre la fatalità degli uomini al potere è quella di essere sacrificati a essa – privilegio di cui scontano tutti i benefici secondari.
Gli uomini al potere hanno un doppio problema: nell’ordine politico quello di esercitarlo, nell’ordine simbolico quello di sbarazzarsene. È esattamente come per il denaro; il problema economico è di guadagnarlo e di farlo fruttare, il problema simbolico è di liberarsene ad ogni costo, di allontanare da sé questa maledizione. Ed è un compito quasi impossibile. Basta vedere quegli speculatori venuti dal nulla e divenuti improvvisamente miliardari che tentano disperatamente di fare donazioni a destra e a manca, di investire in tutte le fondazioni di beneficenza e di promozione artistica. Ahimè! Per un terribile malefizio, realizzano profitti ancora maggiori, il denaro si vendica moltiplicandosi. Lo stesso vale per il potere: malgrado tutti i riti di interazione, di partecipazione, di devoluzione, il potere non è solubile nello scambio, e i dominati sono troppo accorti per assumere veramente la loro parte: preferiscono vivere all’ombra del potere.
Si sogna di vedere la classe politica dimettersi tutta d’un colpo, perché si sogna di vedere come se la caverebbe un corpo sociale senza sovrastruttura politica formidabile sollievo, formidabile catarsi collettiva. In ogni processo, in ogni messa in stato di pubblica accusa di un politico o di uno statista, riaffiora l’esigenza millenaria, mai appagata, ovviamente, di un potere che si scagli contro se stesso, che si smascheri da solo, lasciando spazio a una situazione radicale, insperata, disperata, certo, ma da cui sia spazzato via il campo inestricabile della corruzione mentale.
La corruzione: non è mai accidentale. È inerente all’esercizio del potere. Da qualunque parte provengano, coloro che raggiungono il centro nevralgico degli affari sono immediatamente e dappertutto trasfigurati dalla corruzione, ed è in ciò che suggellano la loro autentica complicità. Perché la corruzione delle èlite è esattamente quella di tutti: la corruzione è uno psicodramma collettivo e, poiché si hanno sempre i dirigenti che si meritano, se li disprezziamo lo facciamo come riflesso del disprezzo che ciascuno porta a se stesso in quanto animale politico.
La corruzione delle idee non fa eccezione. È questa astuzia a far si che, non appena sono investiti del potere, i politici si rivoltino automaticamente contro ciò o coloro che li hanno portati a esso, proprio come gli intellettuali si rivoltano molto presto contro le idee che li hanno ispirati. Inutile quindi lamentarsi di questo stato di corruzione, questa è la moneta vivente del potere.
Non esiste nessun altra soluzione se non l’abolizione di ogni forma di potere, lasciando il posto ad una società autogestita dove la gratuità e il dono saranno i soli rapporti sociali possibili.
Ogni volta che vi leggo è una boccata di ossigeno.
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