Abbiamo cercato per generazioni di migliorare il mondo fornendo una quantità sempre maggiore di scolarizzazione, ma sinora lo sforzo non è andato a buon fine. Abbiamo invece scoperto che obbligare
tutti i bambini ad arrampicarsi per una scala scolastica senza fine non
serve a promuovere l’uguaglianza ma favorisce fatalmente colui che
parte per primo, in migliori condizioni di salute o più preparato; che
l’istruzione forzosa spegne nella maggioranza delle persone la voglia
di imparare per proprio conto; e che il sapere trattato come merce,
elargito in confezioni e considerato come proprietà privata, una volta
acquisito, non può che essere sempre scarso.
Ci si è improvvisamente resi conto che
l’istruzione pubblica attuata mediante la scolarizzazione obbligatoria
ha perso ogni legittimità sociale, pedagogica ed economica. Pertanto,
i critici del sistema scolastico propongono ora rimedi energici ed
eterodossi che vanno dal progetto dei “buoni-studio”, che permetterebbe a
ognuno di procurarsi l’istruzione che preferisce sul mercato libero, al
passaggio della responsabilità dell’istruzione dalla scuola ai media e
all’addestramento sul lavoro. Alcuni sostengono che la scuola
dovrà perdere il suo carattere di istituzione ufficiale dello Stato come
l’ha perso la Chiesa nel corso degli ultimi due secoli. Altri
riformatori propongono di sostituire la scuola universale con vari altri
sistemi che, a loro parere, assicurerebbero a tutti una migliore
preparazione alla vita propria di una società moderna. Queste proposte
di nuove istituzioni educative si possono grosso modo raggruppare in tre
categorie: la riforma dell’aula scolastica all’interno del
sistema scolastico; la disseminazione di libere aule scolastiche in
tutta la società; la trasformazione di tutta la società in un’unica
immensa aula scolastica. Ma queste tre prospettive – l’aula riformata, l’aula libera e l’aula universale - rappresentano in realtà tre momenti di un progetto di escalation educativa nel quale ogni fase minaccia un controllo sociale più sottile e più penetrante della precedente.
Io credo che l’abolizione dell’istituzione scolastica sia divenuta inevitabile e che tale fine di un’illusione dovrebbe colmarci di speranza. Ma credo anche che alla fine dell’“era della scolarizzazione”
potrebbe seguire l’era di una scuola globale che solo per il nome si
differenzierebbe da un manicomio globale o da un carcere globale, e dove
istruzione, correzione e adattamento diverrebbero sinonimi.
Credo quindi che lo sfacelo della scuola ci debba far guardare al di là
della sua fine imminente per valutare quelle che sono le alternative
fondamentali in questo campo. Esistono due possibilità: si
possono realizzare nuovi tremendi congegni educativi volti a inculcare
l’accettazione di un mondo che si viene facendo sempre più opaco e
proibitivo per l’uomo, oppure si possono porre le condizioni per un’era
nella quale la tecnologia venga usata per rendere la società più
semplice e trasparente, si che tutti gli uomini possano tornare
a conoscere i fatti e ad adoperare gli strumenti che plasmano la loro
vita. Possiamo, in altri termini, disistituzionalizzare la scuola oppure
descolarizzare la cultura.