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giovedì 27 febbraio 2014

PERCHÈ LUDDISTI

I luddisti combatterono un tipo di macchine che contenevano un modo di produzione ingiusto non solo verso di loro, ma verso tutti gli altri popoli e la natura. In questo senso furono l’unico movimento popolare che avesse colto il problema morale del processo industriale ai suoi albori. Invece, l’intera sinistra politica, abbracciando di fatto la fede nella neutralità della tecnologia industriale, contribuì a radicare nella mentalità moderna l’illusione che l’unica soluzione alle ingiustizie della nuova economia era la ridistribuzione del plusvalore prodotto dalle macchine con l’aumento dei salari e la sicurezza sociale. Ciò favorì ancor più lo sviluppo della logica industriale provocando l’automazione e il trasferimento dello sfruttamento degli operai nei paesi più ricchi alla natura e ai paesi più poveri che possiedono le materie prime e la manodopera disposta a lavorare per salari dieci volte più bassi (non solo per la minore sindacalizzazione, ma anche per il cambio favorevole e per la presenza di un vasto mondo rurale su cui scaricare i costi, che nei Paesi industriali sono a carico dei singoli e dello Stato).
I luddisti si opposero a un tipo di disoccupazione nuovo a livello di massa, per i non schiavi: la possibile mancanza di lavoro salariato senza più accesso alle fonti essenziali della sopravvivenza. La civiltà europea, rappresentata dai villaggi di tessitori del Lancashire, coincideva con una società capace di resistere alle crisi dell’arte della lana e del cotone: le comunità contenevano molti mestieri e le loro strutture territoriali, come le antiche città murate, potevano dar da vivere ai suoi abitanti per lunghi periodi di difficoltà economiche. All’operaio della fabbrica fu da allora sottratto ogni elemento dell’ambiente domestico; sua moglie, costretta al lavoro salariato, non fu più in grado di adempiere nemmeno ad una elementare funzione dell’autonomia di sussistenza: l’allattamento.
Le politiche economiche che, hanno creduto nella possibilità di una giustizia sociale tramite la distribuzione della ricchezza prodotta dalle tecnologie industriali, sono inciampate nella loro incapacità ad esprimere un progresso in cui il lavoro riprendesse il sopravvento sul capitale e ritrovasse quella libertà e dignità autonoma, che le economie artigiane e contadine di sussistenza gli avevano impresso prima della devastazione sociale introdotta dall’industria.

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