Una filosofia del rispetto per la natura può nascere solo sulle ceneri dell’idea dell’incontrollato e selvaggio dominio sulla natura e sulle ceneri di una cieca e utopistica sottomissione dell’uomo alla natura. La prima rischia di cancellare la natura (e con essa, ovviamente, anche l’uomo). La seconda è fondata su un rifiuto della presenza dell’uomo, su una sorta di senso di colpa per questa presenza e rischia di renderci impotenti. Entrambe queste filosofie tendono a distruggere, di là da tutte le loro buone intenzioni, la nostra possibilità di abitare la Terra. L’ideologia dell’incontrollato dominio può trasformare l’uomo in un sovrano, assiso su un mucchio di macerie in attesa di una tragica soluzione finale. La seconda può togliere all’uomo ciò che lo fa umano: la sua “emersione” dal mondo animale attraverso la costruzione di arnesi, del linguaggio, di complicate forme artificiali di vita associata. Questa nuova filosofia deve compiere due rinunce. Deve far sì che l’uomo riesca ad abbandonare, insieme e contemporaneamente, il sadismo dello sfruttatore e il masochismo de rinunciatario. Non si tratta di una facile impresa. Tali rinunce non implicano solo la revisione o l’abbandono di antiche e radicate ideologie e tradizioni di pensiero; esse comportano gravi disagi, suscitano resistenze notevoli, inducono alla messa in opera di potenti meccanismi di difesa. In primo luogo sadismo e masochismo costituiscono un intreccio non facilmente districabile. In secondo luogo, perché le due posizioni del dominio e della sottomissione rinviano continuamente e alternativamente l’una all’altra, sono l’una come lo specchio dell’altra e danno luogo a una sorta di moto pendolare delle idee. In terzo luogo, perché è facile che nella contrapposizione violenta fra le posizioni tradizionali trovino ascolto più le reciproche accuse di malafede che le analisi corrette. In quarto luogo, infine, perché questo tipo di contrapposizioni spinge molti a saltare, con poche e confuse idee, sul carro del vincitore del momento.
Non credo sia il caso di farsi illusioni. Credo che una larga parte della nozione comune o corrente di natura sia ancora oggi, come era alle origini, il risultato di proiezioni antropomorfe, sia intessuta di miti, sia legata a istinti e impulsi non razionali. La natura continuerà di volta in volta ad apparirci come una benefica forza creatrice, come un’invenzione continua di forme e, insieme, come una forza capace di produrre il male, priva di pietà, capace di suscitare i demoni della distruzione. E’molto probabile che nessuna filosofia possa sradicare dalla nostra mente quella antica e profonda ambivalenza che trovò espressione altissima nel grande poema di Lucrezio, che inizia non per caso con un inno a Venere genitrice e termina con un orrido quadro di desolazione e di morte.
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