Il sistema di dominio capitalista sull’esistente sociale attualmente, in Italia come spaccato del mondo, ha modificato le forme (conservandone il senso) della sua gestione: ora siamo alla miseria generalizzata, ed i gestori del potere ne spiegano l’ineluttabilità. La società dell’opulenza, la società cosi detta affluente lascia il passo alla carestia sociale, alla miseria vissuta direttamente dai proletari e giustificata ideologicamente (politicamente, economicamente, matematicamente) dai funzionari del regime. IN REALTA’ la guerra è già scoppiata in modo silenzioso ed estremamente funzionale. È la guerra della merce contro l’uomo, contro la volontà umana di riappropriarsi delle qualità per la vita e delle quantità (oggetti) necessarie a garantirla,. La strategia del sacrificio, della rinuncia, della carestia è la risposta organizzata politica del capitale alle tensioni di Autonomia Proletaria, alle capacità dei proletari e dei proletarizzati di scegliere una via d'uscita dalla sopravvivenza, e per la vita, in modo autonomo dai meccanismi di riproduzione allargata del capitale.
LA CARESTIA è la minaccia concreta cui tutti siamo sottoposti, per aver cercato di scoprire cosa c’era dietro la maschera dell’ABBONDANZA: ancora una volta sfruttamento economico ed ideologico. LA MISERIA è la risposta del sistema alla nostra aggressione continua alla pseudo ricchezza sociale, con gli espropri di massa, con le occupazioni delle case, con l’attacco al salario attraverso la negazione pratica dell’obbligo al lavoro (assenteismo, mutua, riappropriazioni individuali e di massa). Il capitale non può gestire la forza-lavoro perciò usa la sua forza (repressione) per comandare tutti al lavoro (dall’operaio produttore-consumatore di merci, al cittadino creatore-fruitore di comportamenti sociali). LA MISERIA impone la morale del sacrificio; LA CARESTIA la logica della produttività. LA (PARA)NOIA organizzata è il senso della partecipazione alla menzogna/verità dell’esistente sociale. Ma il proletariato sta scoprendo la sua strategia di rifiuto di ogni legge. Questa è la verità di ogni ribellione; ed ogni rivolta deve trovare questa sua verità. Organizzare la nostra risposta sul sociale significa, più che mai, contrapporre la nostra verità di ricostruzione/riappropriazione, alla realtà capitalista di annichilimento/spossessamento. La catena da perdere sono le nostre di/s/graziate abitudini; quelle di cui dobbiamo impadronirci, per stravolgerle, sono quelle di produzione, in fabbrica, o di distribuzione, nella iperorganizzazioni dei mercati. L’Autonomia Proletaria è la scelta sovversiva di ciascuno, è la base di OGNI costruzione liberamente sociale. Contro la crisi capitalistica, e dei suoi amministratori storicamente compromessi, stiamo reinventando le nostre leggi: leggi del piacere, leggi del gioco, leggi dell’erotismo, leggi delle comunicazioni inter/individuale, leggi della riconquista antilegale del valore d’uso etc. Queste leggi prodotte dai proletarizzati e valide solo per essi, sono il significato reale dell’autonomia proletaria. E chi cerca di codificarle, di organizzarle in nome di un partito è ancora una volta un balbuziente che, cantando cerca di celare la sua incapacità di esprimersi correttamente, senza frasi mozze, senza mistificazioni. La cosiddetta area dell’autonomia rischia di divenire un’area di parcheggio di ex-extragruppuscolari trombati che cercano il partito della verginità per crearsi la sufficiente verginità onde riproporre, una volta di più, un qualche nuovo partito. Le armi che offrono costoro sono le usuali armi povere offerte dai mercanti di entusiasmi: le armi necessarie, dalla dialettica al fucile, saprà inventarle autonomamente.
IL VOLTO OSCENO E GHIGNANTE DEL PROLETARIATO DISTRUGGE CON IL SUO APPARIRE LA SERIOSA IMMAGINE DI UN MONDO FONDATO SULL' AUSTERITA’ E SULLA PENURIA
Collettivo Informale di Autonomia Proletaria
(Volantino, ciclostilato in proprio via Milano n°16 Torino, 1977)
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