Il Labirinto del Fauno è una favola nera. Ofelia è una Dorothy immaginaria che affronta prove di volta in volta degne di un'Alice nel paese delle meraviglie. Tutto avviene forse nella mente della ragazza, ma al tempo stesso intorno a lei ogni dettaglio del suo meraviglioso arabesco di morte e rinascita è un riflesso della vita reale. Ofelia segue le tracce di una natura ferita dalla follia umana, intravede la fame e il terrore dei resistenti, assiste all'agonia della madre, s'impossessa degli strumenti della violenza ma si rifiuta di usarli, scegliendo di non adeguarsi alla logica perversa imposta dal patrigno e trovando proprio in questa rinuncia la chiave per la salvezza.
Il film si sviluppa su due piani paralleli, apparentemente antitetici ma del tutto funzionali l’uno all’altro: da una parte abbiamo il mondo reale, sporco di sangue e carico d’odio; dall’altro abbiamo il mondo fatato con cui interagisce Ofelia, popolato da mostri legnosi, orchi mangia bambini, rospi giganti e fate-insetto; un mondo quest’ultimo che può assicurare alla bambina una vita felice lontano dalle persone che possono farle del male. I due piani più volte tenderanno a confondersi e fondersi, insinuando il dubbio nella mente dello spettatore su cosa sia reale e cosa non lo sia, in una perfetta sincronia di generi che va dal fantasy al bellico.
Il labirinto del Fauno si svolge in Spagna dopo la Guerra Civile, all’epoca del Generale Franco e si occupa dell’essenza stessa del fascismo; nel film il fascismo non viene trattato in modo diretto ed esplicito, ma in maniera per così dire simbolica, codificata.
“Perché io adoro i film che fanno pensare, per me il fascismo rappresenta l’orrore con la O maiuscola e proprio per questo diventa l’argomento ideale attraverso il quale raccontare una favola per adulti, poiché il fascismo è innanzitutto una forma di perversione dell’innocenza, e quindi dell’infanzia. Per me il fascismo rappresenta in un certo senso la morte dell’anima, perché obbliga a compiere scelte dolorose, laceranti che lasciano un segno indelebile e profondissimo in coloro che lo hanno vissuto.
Il vero mostro di questo film è il Capitano Vidal, interpretato da Sergi López, di gran lunga peggiore e più spaventoso delle creature che si nascondono nell’ombra del labirinto. Il fascismo ti consuma, centimetro per centimetro, non necessariamente fisicamente ma sicuramente spiritualmente.” (Guillermo Del Toro)
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