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giovedì 20 agosto 2015

Operai e contadini di Michail Bakunin

Con quale diritto gli operai imporrebbero ai contadini una qualsiasi forma di governo e di organizzazione economica? Col diritto della rivoluzione, si risponde. Ma la rivoluzione non è più rivoluzione quando essa agisce dispoticamente, e quando, invece di produrre la libertà nelle masse, essa provoca la reazione nel loro seno. Il mezzo e la condizione, se non lo scopo principale della rivoluzione, è l'annientamento del principio dell'autorità in tutte le sue manifestazioni possibili, è l'abolizione completa dello Stato politico e giuridico, perché lo Stato, fratello minore della Chiesa, come Proudhon ha molto ben dimostrato, è la consacrazione storica di tutti i dispotismi, di tutti i privilegi, la ragione politica di tutte le servitù economiche e sociali, l'essenza stessa e il centro di ogni reazione. Quando, in nome della rivoluzione, si vuol istituire lo Stato, non fosse altro che uno Stato provvisorio, si compie un'operazione reazionaria e si lavora per il dispotismo, non per la libertà, per l'istituzione del privilegio contro l'eguaglianza.
È chiaro come il giorno. Ma gli operai socialisti della Francia, educati nelle tradizioni politiche dei Giacobini, non hanno mai voluto capirlo. Ora, saranno costretti a capirlo, per buona sorte della rivoluzione e di loro stessi. Di dove è venuta loro questa pretesa tanto ridicola quanto arrogante, tanto ingiusta quanto funesta, di imporre un ideale politico e sociale a dieci milioni di contadini che non ne vogliono sapere? Evidentemente si tratta ancora di un'eredità borghese, un legato politico del rivoluzionarismo borghese. Quale è il fondamento, la spiegazione, la teoria di questa pretesa? È la reale o supposta superiorità dell'intelligenza, dell'istruzione, in una parola della civiltà operaia sulla civiltà delle campagne. Ma sapete che con tale principio si possono legittimare tutte le conquiste, consacrare tutte le oppressioni? I borghesi non hanno avuto mai altro principio per provare la loro missione e il loro diritto di governare, o, il che significa la stessa cosa, di sfruttare il mondo operaio. Da nazione a nazione, così come da una classe all'altra, questo principio fatale, che non è altro che quello dell'autorità, spiega e afferma come un diritto tutte le invasioni e tutte le conquiste. I tedeschi non se ne sono forse sempre serviti per giustificare tutti i loro attentati contro la libertà e contro l'indipendenza dei popoli slavi e per legittimare la germanizzazione violenta e forzata? Essi dicono che è la conquista della civiltà sulla barbarie. Fate attenzione, i tedeschi cominciano già ad accorgersi che la civiltà germanica, protestante, è ben superiore alla civiltà cattolica dei popoli di razza latina in generale, e alla cultura francese in particolare. Fate attenzione che essi non si immaginino ben presto di avere la missione di civilizzarvi e di rendervi felici, nella stessa maniera in cui vi immaginate di avere la missione di civilizzare e di emancipare i vostri compatrioti, i vostri fratelli, i contadini della Francia.
Io mi rivolterò insieme agli educandi contro tutti questi arroganti civilizzatori, si chiamino operai o tedeschi, e, rivoltandomi contro di loro, servirò la rivoluzione contro la reazione.

(Tratto da "Lettere a un francese", 1870)

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