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giovedì 7 aprile 2016

Anarchia e violenza

Una storia dell’anarchia non può ignorare il problema della violenza, che per essere violenza politica si estrinseca secondo i moduli del terrorismo. Il concetto di terrorismo moderno si avvia ormai verso i 250 anni d’età, e il suo luogo di nascita può essere considerato la cupa potenza asiatica, come la definì Marx: la Russia zarista, detentrice di un altro primato terroristico: la provocazione poliziesca, capolavoro dell’Okhrana (polizia segreta della Russia zarista).
Giovani aristocratici sdegnati dalle barbarie e dall’arretratezza di una monarchia si rivoltarono contro la loro stessa classe. Studenti con l’animo pieno di sogni di libertà, generosi a volte velleitari, videro nell’attentato politico contro eminenti personalità del regime, lo zar e la sua famiglia non esclusi, il mezzo più rapido per sbarazzarsi della dittatura e per scuotere il popolo. Nello studio delle lotte politiche e zone adiacenti numerose forme di comportamento sono state definite terroristiche. Ogni gruppo politico in lotta deve adottare in assenza di regime parlamentare , atteggiamenti di lotta più o meno sanguinari. Il terrorismo è figlio dell’oppressione. Anche il cattolicesimo ha, in certa misura e in certe condizioni storiche, legittimato la violenza politica, come quando i gesuiti mandarono Ravaillac ad ammazzare Enrico IV. A quei tempi non si parlava ancora di anarchia, quindi il delitto politico non poteva essere scaricato sugli anarchici. Ancora non si era avuta l’identificazione del diverso nell’anarchico, che si avrà con la rivoluzione del libero pensiero iniziata dagli illuministi da Voltaire e da Rousseau con intenti diversi ma che tutti contribuiscono a infrangere le pastoie dei catechismi. L’anarchismo, inteso come pensiero compiuto e coerente, si fonda invece sulla premessa della perfettibilità umana, su un sereno ottimismo che eventi ed esperienze negative non riescono a scalfire. A differenza dell’evoluzionismo biologico-sociale para-darwiniano che vedeva nella lotta egoistica il motore della sopravvivenza della specie e del progresso, l’anarchismo scorge nella solidarietà la vera molla delle azioni umane, se appena la persona si rende conto delle possibilità di libertà insite nella sua natura e negate da una società alienante. L’umanità nuova sarà formata da libere coscienze capace di autogoverno interiore e sociale, in cui non avranno più posto gerarchie, autoritarismi e violenze.
È questa certezza, questo ottimismo e questa fiducia nella persona liberata che muovono i cuori più puri del terrorismo, dai nichilisti della Russia zarista agli attentatori della Francia fine secolo, all’assassinio di re Umberto I a Monza nel 1900 con cui Bresci volle vendicare le vittime dei fatti di Milano del 1898 e la complicità del Savoia col boia Bava Beccaris, di professione generale, così come è la violenza fascista che motiva i tre attentati anarchici a Mussolini.

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