essere sgomberata. Più volte intimati di allontanarsi gli studenti si oppongono passivamente. Ma la polizia non scherza, e come vuole il meccanismo perverso della repressione, quando fa irruzione all'interno dell'Università, per portare via con la forza i manifestanti, è la fine della "dichiarazione delle fragole". E nella scena finale, quando gli studenti disposti in cerchi concentrici a cantare la struggente "Give peace a chance" di John Lennon, in attesa della carica della polizia, le note lasciano il posto alle urla dei feriti, ai colpi dei manganelli, alle sirene delle autoblindo. Ed è mattanza di "fragole" e di ideali.
Il progetto del film nella sua totalità nasce sia dalla rude cronaca, da un'affermazione del rettore della Columbia università che non si preoccupava di ciò che pensavano gli studenti "più di quanto mi preoccupi delle fragole", e dall'ondata di protesta che negli anni ’60 scosse tutto l’Occidente, una protesta antiautoritaria, che investì i valori di una società individualista e conformista che stentava a mutare; si rifiutò la repressione e l'autoritarismo delle vecchie generazioni, in nome di un mondo più libero. Il movimento di protesta perseguiva valori egalitari, anti-borghesi, anti- autoritari e anti-militaristi, sull'onda degli ideali espressi dal filosofo americano di origini tedesche, Herbert Marcuse; e rigettava i modelli tradizionali di vita imposti dalla politica, dalla religione, dalla scuola. La contestazione globale mise insieme classi e ceti; investì il mondo del sapere, la morale e i rapporti umani; sovvertì un modello culturale, sconvolse un costume, rifiutando totalmente uno stile di vita e soprattutto quelle istituzioni finalizzate a trasmettere modelli di disciplina, per loro natura rigidamente repressive o fondate su principi fortemente gerarchici, come l'esercito, la polizia, la magistratura, la chiesa, i partiti; istituzioni che furono fortemente contestate e violentemente rifiutate.
Certo è sempre stato un privilegio dell'età giovanile "essere contro". Essere contro tutte le storture del mondo, contro le ingiustizie, le discriminazioni, le guerre, le violenze. Ma hanno sempre lasciato il tempo che trovavano. In quegli anni, invece, si ebbe paura di loro: si ebbe paura che davvero riuscissero a cambiare le cose, che riuscissero a sovvertire l'ordine costituito, che soffiasse impetuoso quel vento di cambiamento capace di spazzare via governi e sistemi politici, in nome di una trasformazione radicale della società.
Il film di Stuart Hagmann è ricco di metafore, pensiamo ai tanti fili spinati o alla riprese attraverso le sbarre, simboliche affermazioni di libertà e di immagini iconografiche dai muri delle aule campeggiano le foto sia di Bob Kennedy che di Che Guevara, di Mao come di Fidel Castro, di slogan e di parole d'ordine, "Fragole e sangue" è forse il più letterale dei film sul sessantotto americano, e conserva ancora, nelle sue varie sfaccettature, una notevole forza magnetica e le pieghe dei ricordi di un futuro che non si è concretizzato.
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