Mentre il 1914 ha sancito la decomposizione delle condizioni
antropologiche di verifica dell’ipotesi liberale – l’emergenza del Bloom (etimologia sconosciuta, forse dal russo Oblomov, dal tedesco Anna Blume o dall’inglese Ulysses –terminale di una civiltà inchiodata al proprio capezzale e incapace di distogliersi dal proprio naufragio, se non alternando brevi fasi di isteria tecnofila a lunghi periodi di astenia contemplativa; forma-di-vita crepuscolare, errante, che colpisce comunemente gli esseri umani nel mondo della merce autoritaria), il fallimento, evidente in carne ed ossa nelle trincee, dell’idea d’individuo e di ogni metafisica del soggetto – e il 1917 la sua contestazione storica da parte della “rivoluzione” bolscevica, il 1940 segna l’estinzione dell’idea di società, così palesemente travagliata, attraverso l’autodistruzione totalitaria. In quanto esperienze-limite della modernità politica, il Bloom e il totalitarismo sono dunque state le confutazioni più solide dell’ipotesi liberale. Ciò che peraltro Foucault chiamerà più tardi con tono divertito “morte dell’Uomo”, non è che la devastazione suscitata da questi due scetticismi, l’uno in direzione dell’individuo, l’altro in direzione della società, e provocati dalla Guerra dei Trent’anni che colpì l’Europa e il mondo nella prima metà del secolo scorso. Il problema di questi anni, è nuovamente quello di “difendere la società” contro le forze che conducono alla sua decomposizione, di restaurare la totalità sociale a dispetto d’una crisi generale della presenza che affligge ciascuno dei suoi atomi. Di conseguenza l’ipotesi cibernetica risponde, nelle scienze naturali come nelle scienze sociali, a un desiderio d’ordine e di certezza. Concatenamento più efficace d’una costellazione di reazioni animate da un desiderio attivo di totalità – e non solo attraverso una nostalgia di quest’ultima come nelle diverse varianti di romanticismo – l’ipotesi cibernetica è parente delle ideologie totalitarie come di tutti gli olismi, mistici, solidaristi come in Durkheim, funzionalisti ovvero marxisti di cui non fa che prendere il posto.
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